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Nuovo appello di Zelensky: abbiamo bisogno di più sistemi di difesa aerea

Nuovo appello di Zelensky: abbiamo bisogno di più sistemi di difesa aereaRoma, 2 mar. (askanews) – Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha lanciato un nuovo appello per il sostegno militare a Kiev allo scopo di “proteggere efficacemente” il popolo “dal terrorismo russo”.


“La Russia continua a condurre la guerra contro i civili. Ha lanciato un attacco notturno utilizzando i droni Shahed su Kharkiv, Odessa e le città della regione di Sumy. Uno dei droni ha colpito un edificio residenziale a Odessa, distruggendo 18 appartamenti”, ha scritto Zelensky su X. “Attualmente sono stati confermati due morti e altri otto feriti, tra cui un bambino. Le mie condoglianze vanno alle famiglie e ai cari del defunto”, ha aggiunto il presidente ucraino. Zelensky ha spiegato che “le operazioni di ricerca e salvataggio continuano 24 ore su 24”. “Tutti i servizi sono in loco. Le persone ricevono tutta l’assistenza necessaria. Ringrazio tutti i soggetti coinvolti”, ha detto ancora il presidente.


“Abbiamo bisogno di maggiori capacità di difesa aerea da parte dei nostri partner. Lo scudo aereo ucraino deve essere rafforzato per proteggere efficacemente il nostro popolo dal terrorismo russo. Più sistemi di difesa aerea e missili di difesa aerea sono ciò che salva vite umane”, ha concluso Zelensky.

Nato, Protezione Civile Svezia: “Se attaccati, c’è difesa totale”

Nato, Protezione Civile Svezia: “Se attaccati, c’è difesa totale”Blekinge (Svezia), 2 mar. (askanews) – “Dobbiamo preparare la società all’eventualità di una guerra: noi tutti siamo coinvolti”: a parlare ad askanews è Peter Ryman, Direttore dell’ufficio regionale della Protezione Civile della Contea di Blekinge, sede di una storica base navale al centro del Baltico, a Karlskrona. “La Svezia possiede quella che chiamiamo ‘difesa totale’ – sottolinea Ryman ricevendoci nella sede dell’ufficio regionale della cittadina che affaccia sul Mar Baltico – e si basa su due pilastri: la protezione civile e la difesa militare. La parte civile della difesa riguarda tutte le azioni che dobbiamo intraprendere per proteggere la società. Tra queste, l’assistenza sanitaria, l’acqua, l’elettricità, la gestione di una situazione di emergenza. Dobbiamo prenderci cura dei bambini, degli anziani. Dobbiamo preparare la società all’eventualità di una guerra. In questo sono coinvolti tanti attori: le agenzie governative, le organizzazioni di volontariato, le organizzazioni sanitarie. Insieme formano la protezione civile”.


In occasione della conferenza annuale sulla sicurezza e la difesa che si è svolta a Salen, il ministro svedese della Difesa civile, Carl-Oskar Bohlin, ha esortato i suoi connazionali a prepararsi alla guerra. “Penso che con l’adesione della Svezia alla Nato – risponde Ryman – occorra cambiare mentalità nel pensare che la guerra possa arrivare. Non abbiamo mai avuto questo livello di sicurezza in Europa dalla seconda guerra mondiale. Credo che il nostro ministro intendesse dire che bisogna essere preparati alla guerra che è la peggiore delle situazioni. Se si è preparati per quel tipo di crisi – prosegue il Direttore della Difesa Civile – sarà certamente più semplice gestire altri tipi di emergenze, come un’alluvione, un incendio”. Come siete preparati all’eventualità peggiore di una guerra? “Come amministrazione di Blekinge dobbiamo coordinare la situazione, gestire tutti gli aspetti organizzativi e far sì che le forze armate possano eventualmente combattere, in caso di attacco”, dice.


Per Ryman, quella di Blekinge potrà diventare una base strategica importante per l’intera Alleanza Atlantica. “La cosa più importante sarà occuparsi del supporto della nazione ospitante – sottolinea -. Penso che la Nato impiegherà delle forze – fanteria, truppe, navi, aerei – a Blekinge e noi dovremo occuparci del sostegno. Ciò significa elettricità, assistenza sanitaria, acqua, trasporti, logistica”. “Blekinge è un luogo molto strategico nel Mar Baltico – prosegue – e credo che l’adesione alla Nato aumenterà la nostra sicurezza. Se guardate la mappa, siamo al centro del Mar Baltico. Abbiamo l’Europa molto vicina”.

Navalny sepolto a Mosca, dalla folla cori di sfida al regime

Navalny sepolto a Mosca, dalla folla cori di sfida al regimeRoma, 1 mar. (askanews) – Una grande folla, circa tremila persone secondo i primi tentativi di conteggi sui social, è confluita oggi nella periferia sud-orientale di Mosca per l’ultimo saluto ad Aleksey Navalny, l’oppositore morto in una colonia penale nell’Artico russo il 16 febbraio, noncurante dell’ampio dispositivo di polizia e dei moniti risuonati ancora oggi dal Cremlino. “Quanti parteciperanno a manifestazioni non autorizzate” dovranno risponderne in base alla legge, ha dichiarato il portavoce presidenziale russo Dmitri Peskov. Recarsi presso la chiesa dell’icona della Madonna “allevia le mie pene”, nel quartiere di Maryno, per la cerimonia funebre non era vietato. E neppure andare al cimitero Borisov, un paio di chilometri più in là, dove la bara di Navalny è stata calata nella tomba mentre veniva suonata My Way di Frank Sinatra seguita dalla sigla finale di Terminator 2, film molto amato dall’avvocato-blogger diventato faro del fronte anti-Putin in Russia.


Ma la gente incolonnata tra due transenne dalla metropolitana alla chiesa e assiepata lungo il percorso tra chiesa e cimitero – due chilometri e mezzo – si è messa a scandire il nome dell’oppositore, ha gettato fiori al passaggio del carro funebre, si è lanciata in cori via via più coraggiosi: “non perdoneremo!”, “l’amore è più forte della morte!”. Qualcuno ha osato “la Russia sarà libera”. E anche “Russia senza Putin”, qualche isolato “no alla guerra” che potrebbe avere serie conseguenze una volta terminato il commiato. Anche il famoso motto di Navalny “Non aveva paura, noi non abbiamo paura” si è levato più volte dalla colonna in marcia dalla chiesa al cimitero. I più non sono riusciti a entrare in chiesa e nemmeno al cimitero, dove però i cancelli non sono stati sbarrati alle 17 come era stato annunciato e la gente ha continuato ad avvicinarsi alla tomba dopo l’orario di chiusura. Non sono stati ammessi alla cerimonia funebre i diplomatici arrivati a Maryno, tra questi l’ambasciatore americano in Russia Lynne Tracy, l’ambasciatore tedesco Alexander Graf Lambsdorff, l’ambasciatore francese Pierre Levy, oltre all’incaricato d’affari italiano Pietro Sferra Carini.


“Lyosha, grazie per 26 anni di assoluta felicità. Sì, anche per gli ultimi tre anni di felicità”, ha scritto sui social la vedova Yulia Navalnaya pochi minuti dopo la sepoltura, a cui lei non ha assistito, rischiando concretamente il carcere se rientra in Russia. “Non so come vivere senza di te, ma cercherò di renderti lassù felice per me e orgoglioso di me. Non so se riuscirò a sopportarlo oppure no, ma ci proverò”. “Dormi tranquillo fratello, non ti preoccupare di nulla”, il messaggio del fratello Oleg.


Piccole azioni alla memoria sono state tenute in tante città della Russia. Da vedere quale sarà la reazione del potere una volta passato il picco della commozione e dell’attenzione mediatica.

M.O., la Commissione Ue annuncia aiuti per 275 mln ai palestinesi

M.O., la Commissione Ue annuncia aiuti per 275 mln ai palestinesiBruxelles, 1 mar. (askanews) – La Commissione europea ha deciso oggi a Bruxelles di stanziare ulteriori 68 milioni di euro a sostegno della popolazione palestinese, nelle diverse aree in cui è stanziata o rifugiata in Medio Oriente, da erogare attraverso partner internazionali come la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa.


A questa cifra si aggiungono gli aiuti per 82 milioni di euro da erogare tramite l’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, l’Unrwa, nel 2024, portando il totale a 150 milioni di euro. La Commissione ha annunciato oggi che procederà al pagamento di una prima tranche di 50 milioni di euro di questa dotazione assegnata all’Unrwa la prossima settimana. Inoltre, la Commissione ha stanziato altri 125 milioni di euro in aiuti umanitari d’emergenza, attraverso il proprio ufficio Echo (“European Civil Protection and Humanitarian Aid Operations”) a favore della popolazione palestinese per il 2024. L’Esecutivo comunitario appalterà oggi stesso una prima tranche di questo aiuto complessivo, pari a 16 milioni di euro. L’anno scorso, questi aiuti umanitari d’emergenza distribuiti ai palestinesi dall’Ue sono ammontati a 100 milioni di euro.


In totale, quindi, con le decisioni di oggi, fra finanziamenti all’Unrwa e aiuti umanitari d’urgenza, la Commissione ha stanziato 275 milioni per la popolazione civile palestinese. Lo stanziamento da 82 milioni di euro per l’Unrwa, comunque, non è un assegno in bianco. Dopo l’esborso di 50 milioni di euro che avverrà nei prossimi giorni, la parte rimanente (32 milioni) degli aiuti complessivi assegnati all’Agenzia Onu sarà confermata solo dopo la verifica del rispetto di un accordo con la Commissione europea che è stato concluso stamattina. L’accordo, in effetti, prevede la possibilità per la Commissione di sospendere o recuperare i pagamenti qualora emergano informazioni credibili che indicano carenze significative nel funzionamento del sistema di controllo interno dell’Unrwa.


Alla luce delle gravissime accuse formulate il 24 gennaio contro alcuni membri del personale dell’Unrwa, riguardanti una loro possibile partecipazione negli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre in Israele, il 29 gennaio la Commissione aveva posto tre condizioni per continuare a fornire i suoi aiuti all’Agenzia dell’Onu. Come ha ricordato ieri il portavoce capo della Commissione, Eric Mamer, la prima di queste condizioni era “che l’Unrwa accettasse di lanciare un’inchiesta sul possibile coinvolgimento del suo personale, riguardo a quelle accuse molto gravi”, e di “rafforzare il proprio dipartimento interno per le indagini, per garantire che siano evitati questi rischi di partecipazione ad attacchi terroristici”. La seconda condizione era che l’Unrwa accettasse di effettuare “uno ‘screening’ di tutti i membri del proprio personale, in relazione alle possibilità di un loro coinvolgimento con Hamas”; e la terza riguardava l’accettazione da parte dell’Agenzia di “una verifica (‘audit’ ndr) condotta da esperti indipendenti, nominati dalla Commissione europea”. Le tre condizioni sono state tutte rispettate, ma bisognerà nei prossimi mesi verificare che siano messi in opera tutti gli impegni presi.


Per quanto riguarda la prima condizione, una nota pubblicata oggi a Bruxelles spiega che la Commission “ha accolto con favore l’indagine avviata dall’Ufficio delle Nazioni Unite per i servizi di supervisione interna, volta a far luce su queste gravi accuse contro agenti dell’Unrwa, e per aver creato un gruppo di revisione indipendente, guidato dall’ex ministra degli Esteri francese Catherine Colonna, per valutare se l’Agenzia sta facendo tutto ciò che è in suo potere per garantire la neutralità e rispondere alle accuse di gravi violazioni”. Inoltre, “a seguito degli scambi con la Commissione, l’Unrwa ha indicato di essere pronta a garantire che venga effettuata un riesame del suo personale, per confermare che non abbia partecipato agli attacchi, e che siano messi in atto ulteriori controlli per mitigare tali rischi in futuro”. E l’Agenzia si detta anche “d’accordo sul rafforzamento del suo dipartimento di investigazioni interne e della sua governance”. E questa era la seconda condizione. Infine, come prevedeva la terza condizione “l’Unrwa ha acconsentito all’avvio di un ‘audit’ dell’Agenzia che sarà condotto da esperti esterni nominati dall’Ue. L’audit esaminerà i sistemi di controllo per impedire il possibile coinvolgimento del personale e delle risorse dell’Unrwa in attività terroristiche”. In base alla conferma, stamattina, dell’intesa tra la Commissione e l’Unrwa su tutti questi punti, e dello scambio di lettere previsto nelle prossime ore in cui l’Unrwa confermerà i suoi impegni, la Commissione procederà a erogare all’Agenzia Onu la prima tranche di 50 milioni di euro, sugli 82 milioni previsti in totale per il 2024. La seconda e la terza tranche, di 16 milioni ciascuna, saranno erogate in linea con l’attuazione di questo accordo. “Siamo al fianco del popolo palestinese a Gaza e altrove nella regione. I palestinesi innocenti non dovrebbero pagare il prezzo per i crimini del gruppo terroristico Hamas”, sottolinea nella nota la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. I civili palestinesi “si trovano ad affrontare condizioni terribili che mettono a rischio la loro vita a causa della mancanza di accesso a cibo sufficiente e ad altri bisogni primari. Ecco perché quest’anno – conclude von der Leyen – rafforzeremo il nostro sostegno a loro favore con ulteriori 68 milioni di euro”. Il commissario per il Vicinato, Olivér Várhelyi, da parte sua ha evidenziato le condizioni che sono state poste all’Agenzia Onu: “È ora essenziale – dichiara nella nota – che l’Unrwa rispetti le misure e le condizioni concordate per la continuazione della nostra assistenza, e in particolare: lo screening del personale dell’Agenzia in relazione agli attacchi terroristici del 7 ottobre; il controllo del personale, prima del suo reclutamento e poi su base continuativa, con l’attuazione di garanzie aggiuntive; l’audit dei sistemi di controllo dell’Agenzia da parte di esperti esterni nominati dall’Ue, riguardo al suo personale e alle sue risorse; e il rafforzamento del suo dipartimento per le indagini interne, anche attraverso la creazione di una nuova unità investigativa sulla neutralità” dell’Agenzia stessa, ha concluso.

La Commissione Ue: la prossima settimana 50 milioni di euro all’Unrwa

La Commissione Ue: la prossima settimana 50 milioni di euro all’UnrwaRoma, 1 mar. (askanews) – La Commissione europea ha annunciato oggi che “la prossima settimana procederà al pagamento di 50 milioni di euro” all’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), prima tranche “degli 82 milioni di euro previsti per il 2024”. In una nota la Commissione europea ha ricordato le “gravissime accuse” mosse a fine gennaio da Israele su un presunto coinvolgimento di personale Unrwa nell’attacco del 7 ottobre scorso da parte di Hamas, affermando di aver “tenuto conto dell’azione intrapresa dalle Nazioni Unite e degli impegni che la Commissione ha chiesto all’Unrwa”.


Nello scambio avuto con la Commissione, si precisa nel comunicato, l’Unrwa ha detto “di essere pronta a garantire che venga effettuata una revisione del suo personale per confermare che non abbia partecipato agli attacchi e che siano messi in atto ulteriori controlli per evitare tali rischi in futuro”. Inoltre l’agenzia Onu ha accettato di avviare “un audit che sarà condotto da esperti esterni nominati dall’Ue” e ha concordato di “rafforzare il suo dipartimento di indagini interne e di governance”. “L’Unrwa e la Commissione hanno confermato oggi la loro intesa su questi punti. Su questa base, e a seguito dello scambio di lettere con l’Unrwa che conferma i suoi impegni, la Commissione procederà a erogare una prima tranche di 50 milioni di euro degli 82 milioni di euro previsti per il 2024 – si annuncia quindi nella nota – la seconda e la terza tranche di 16 milioni di euro saranno erogate in linea con l’attuazione di questo accordo”.


Nella stessa nota la Commissione europea ha fatto inoltre sapere di aver “deciso di stanziare altri 68 milioni di euro a sostegno della popolazione palestinese in tutta la regione, da erogare attraverso partner internazionali come la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa”.

Nato, esperto Svezia: la caccia ai sottomarini russi non è finita

Nato, esperto Svezia: la caccia ai sottomarini russi non è finitaStoccolma, 1 mar. (askanews) – “La Svezia è uno dei pochi stati al mondo che può effettivamente costruire i propri sottomarini, i propri aerei da combattimento e inoltre siamo molto bravi nella produzione”. Lo afferma Jacob Westberg, docente presso l’Università della difesa svedese, Dipartimento di studi bellici e storia militare in una video intervista con askanews, dove racconta il valore aggiunto che Stoccolma porterà nell’Alleanza. E se “la caccia ai sottomarini russi” potrebbe sembrare un’idea da film, la realtà supera la fantasia: “nella zona del Mar Baltico iniziò già durante la Guerra Fredda. E all’inizio degli anni ’80 furono numerose le operazioni”, aggiunge Westberg che peraltro in quell’epoca prestava servizio come coscritto nella Marina svedese. “E questo problema si è ripresentato”, aggiunge.


“Naturalmente sorvegliamo costantemente il nostro territorio, sia sul livello del mare che nell’aria”, precisa. “La differenza ora è che le capacità svedesi in quest’area potrebbero essere unite alle capacità della NATO in modo da avere una sorta di quadro comune di ciò che sta accadendo nella regione. E inoltre una sorveglianza comune costante 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. E collegando le risorse potremmo lavorare in modo più efficiente”.Per l’esperto il contributo della Svezia si vedrà in primis nell’area del Mar Baltico, dell’Artico e del Mare del Nord con “particolari risorse militari” come ad esempio “i sottomarini che sono stati sviluppati appositamente per funzionare nell’area del Mar Baltico, le nostre navi marittime, i nostri caccia aerei JAS”, risorse “molto richieste” perché “ad esempio, quando si tratta di sottomarini, i cinque sottomarini della Svezia dovrebbero essere visti nel contesto in cui la Germania ne ha solo sei e la Polonia forse uno”.


Westberg, interrogato su quali siano i benefici che Stoccolma porterà nell’Alleanza Atlantica parla – tra i numerosi aspetti – di quello che definisce un “importante contributo” ovvero “l’industria della difesa svedese, che è molto qualificata”. Inoltre, fa notare l’esperto, “il governo svedese si è detto disposto a contribuire alla rotazione delle truppe (Nato) in Lettonia a guida canadese – e dove è presente anche un contingente italiano – con un battaglione ridotto, come si dice. Si tratta di un battaglione meccanizzato composto da circa 600-800 uomini. E questo potrebbe iniziare già a gennaio 2025”.Vero è anche che una chiave fondamentale di quello che sarà il 32esimo Paese membro è la posizione geostrategica svedese, tra il Baltico e l’Artico. La Svezia potrà essere “molto importante come sorta di hub logistico, dove potremmo pre-immagazzinare l’equipaggiamento militare ma anche altre cose necessarie in guerra. Anche la città svedese di Göteborg, situata sulla costa occidentale, dispone di un porto molto importante che potrebbe essere utilizzato per i trasferimenti da oltre l’Atlantico e oltre. In Svezia, ma anche in Norvegia e, naturalmente”.


Ma per questo le infrastrutture dovranno essere affidabili e richiederanno un aggiornamento. “La sfida – continua Westberg -in questo senso è che ovviamente dobbiamo avere anche noi un sistema ferroviario funzionante e strade funzionanti: sono aspetti di cui stiamo discutendo molto in Svezia al momento e per i quali dobbiamo stanziare risorse”.La Svezia ha una lunga esperienza di collaborazione con l’alleanza atlantica, non è vero?, chiediamo a Westberg. “Sì, negli anni ’90 la NATO si è trasformata da organizzazione focalizzata sulla difesa collettiva. La NATO ha iniziato ad impegnarsi in un partenariato, cercando di promuovere la pace attraverso la cooperazione degli stati. La Svezia ha aderito al Partenariato per la Pace già a metà degli anni ’90. Gradualmente, anche la NATO ha cominciato a trasformarsi per essere attiva nella gestione delle crisi internazionali. Ciò ovviamente avveniva nel contesto di una mancanza di minacce percepite in Europa”.


Un tempo diverso rispetto a quello che si vive oggi. All’epoca “la Russia non era più vista come una minaccia militare”, così almeno era tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000. “E la Svezia è stata molto attiva per quanto riguarda la gestione della crisi internazionale. Abbiamo inviato truppe svedesi nelle missioni NATO in Kosovo. La Svezia ha partecipato attivamente in Afghanistan. Abbiamo anche inviato combattenti JAS svedesi all’operazione NATO in Libia nel 2011 e abbiamo partecipato anche a missioni NATO in Siria”. Ma Stoccolma non ha potuto partecipare alle questioni relative alla difesa collettiva. E da quando la Russia ha invaso e annesso la Crimea nel 2014, per la NATO, almeno in questa parte d’Europa, la difesa collettiva è tornata ad essere punto principale della cooperazione NATO. E per partecipare a tutto questo, la Svezia deve diventarne membro”.(Di Cristina Giuliano e Serena Sartini) 

Strage a Gaza City, si riunisce il Consiglio di sicurezza dell’Onu

Strage a Gaza City, si riunisce il Consiglio di sicurezza dell’OnuRoma, 29 feb. (askanews) – Il Consiglio di sicurezza dell’Onu terrà oggi una riunione a porte chiuse su quanto avvenuto oggi a Gaza City, dove oltre 100 persone sono rimaste uccise mentre aspettavano di ricevere aiuti alimentari. Lo riporta al Jazeera precisando che la riunione è stata richiesta dall’Algeria.


Le autorità della Striscia di Gaza, controllata da Hamas, hanno accusato le forze armate israeliane di aver aperto il fuoco sui civili che aspettavano gli aiuti; l’esercito ha riferito di una “violenta calca”, ammettendo di aver aperto il fuoco in un secondo momento a fronte di una situazione di pericolo per le truppe.

L’incaricato d’affari dell’ambasciata d’Italia a Mosca parteciperà ai funerali di Navalny

L’incaricato d’affari dell’ambasciata d’Italia a Mosca parteciperà ai funerali di NavalnyRoma, 29 feb. (askanews) – L’incaricato d’affari dell’ambasciata d’Italia a Mosca parteciperà ai funerali di Aleksei Navalny. Lo si apprende da fonti della Farnesina: su istruzioni del ministro degli esteri Antonio Tajani, il numero due dell’ambasciata seguirà la cerimonia nella chiesa del quartiere di Maryno nella zona sud-est di Mosca, domani alle 12 ora italiana. Due ore dopo, il corpo dell’oppositore di Putin sarà sepolto nel cimitero di Borisov, già pattugliato dalla polizia.

Svezia nella Nato, Gelot (Chiesa Stoccolma): giusto diritto autodifesa

Svezia nella Nato, Gelot (Chiesa Stoccolma): giusto diritto autodifesaStoccolma, 29 feb. (askanews) – La pace, la diplomazia e la risoluzione non violenta dei conflitti come faro per i politici. Ma “quando questi strumenti falliscono, c’è un grosso rischio per la popolazione, e lo stato ha diritto di difendersi. C’è dunque il diritto all’autodifesa. La Chiesa non si oppone all’adesione della Svezia nella Nato”: è quanto afferma Ludwig Gelot, segretario generale di Giustizia e Pace, la Commissione della diocesi di Stoccolma, in una intervista realizzata a Stoccolma da askanews.


“La situazione in Svezia sta cambiando rapidamente con l’inizio dell’adesione alla Nato – sottolinea -. Vediamo un grande cambiamento nella politica estera e anche nella percezione pubblica. Gli svedesi non erano molto favorevole all’adesione della Nato: negli ultimi 20-30 anni il tasso di approvazione era del 20-30%. Con la guerra in Ucraina, negli ultimi due anni, è quasi raddoppiato, superando il 60%. Oggi c’è una grande maggioranza di svedesi che vuole l’adesione alla Nato. C’è anche una percezione di paura. I sondaggi mostrano che il 77% degli svedesi è molto preoccupato per la minaccia rappresentata dalla Russia”. Per Gelot, il cambiamento non è avvenuto solamente a livello di opinione pubblica, ma anche all’interno del governo “secondo cui è arrivato il momento di avere una difesa più solida piuttosto che una posizione neutrale. La neutralità è sempre stata fonte di pace per la Svezia. Ora, invece, credo che l’invasione dell’Ucraina abbia dimostrato che forse questa politica non reggeva più e quindi c’è stato un rapido spostamento verso l’adesione alla Nato”.


Siete preoccupati per le dichiarazioni da parte di Mosca sulle possibili ripercussioni in Svezia in seguito all’adesione all’Alleanza Atlantica? “La Svezia è un obiettivo legittimo di ritorsione – risponde il segretario generale della Commissione Giustizia e Pace -. C’è da attendersi una qualche forma di ritorsione. E’ anche vero che le relazioni tra Svezia e Russia non sono sempre state pacifiche prima dell’invasione dell’Ucraina. Ci sono sempre state forme di destabilizzazione di basso profilo. Quando si tratta di informazione, di propaganda che cerca di influenzare l’opinione pubblica, ma anche in dominio cibernetico. Non si tratta di un atto di aperta belligeranza da parte russa – conclude il numero uno della Commissione incaricata della questione dalla diocesi di Stoccolma -. Spesso assume la forma di attività criminali, o di hackeraggio. Oggi quello che ci aspettiamo, o che probabilmente accadrà in Svezia, è un aumento di questo tipo di attacchi. Ciò che forse ci preoccupa di più è che, a lungo termine, non si andrà verso una soluzione pacifica”. Di Serena Sartini e Cristina Giuliano

Gli israeliani sparano sulla folla e fanno una strage a Gaza City. Hamas: negoziati a rischio

Gli israeliani sparano sulla folla e fanno una strage a Gaza City. Hamas: negoziati a rischioRoma, 29 feb. (askanews) – Il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, ha fatto sapere che il numero dei palestinesi accalcati in attesa degli aiuti e uccisi dagli israeliani a Gaza City questa mattina è salito a 104. Secondo il ministero, almeno 760 palestinesi sono rimasti feriti.


Per l’esercito israeliano le persone sono rimaste ferite perché spinte e calpestate durante quella che ha definito una “calca violenta” attorno ai camion degli aiuti umanitari. Una fonte dell’esercito ha aggiunto che durante la calca alcuni si sono avvicinati alle forze israeliane e minacciandoli e i soldati hanno sparato. Hamas potrebbe porre fine ai negoziati con Israele sul rilascio degli ostaggi dopo la strage. E’ quanto riporta l’agenzia di stampa britannica Reuters. “I negoziati condotti dalla dirigenza del movimento non sono un processo aperto a spese del sangue del nostro popolo”, si legge in un comunicato diffuso da Hamas.