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Il cambiamento climatico minaccia calotte glaciali della Patagonia

Il cambiamento climatico minaccia calotte glaciali della PatagoniaRoma, 25 mar. (askanews) – Le calotte glaciali della Patagonia sono le più vaste di tutto l’Emisfero Sud, escludendo l’Antartide, e ricoprono parte della catena delle Ande in Argentina e in Cile. Nonostante si estendano per circa 16 mila chilometri quadrati sono ancora poco conosciute. Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista “Communications Earth & Environment”, del gruppo Nature, ha rivalutato il volume dei due campi di ghiaccio della Patagonia usando metodi geofisici di remote sensing e immagini satellitari. Queste calotte posseggono quaranta volte più ghiaccio di tutti i ghiacciai delle Alpi europee e lo studio ha mostrato quanto siano vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico.


Il gruppo di ricerca internazionale, guidato da Johannes Fürst dell’Istituto Geografico dell’Università di Erlangen-Norimberga, e composto da diverse Università e Istituti di ricerca, tra cui l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, ha valutato che le calotte glaciali della Patagonia contengono 5351 chilometri cubi di ghiaccio (riferiti all’anno 2000) e in alcune valli glaciali, raggiungono spessori di 1400 metri. “Sapevamo molto poco delle calotte della Patagonia, due enormi campi glaciali delle dimensioni di poco inferiori a quelle del Veneto” spiega Emanuele Lodolo, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS. “Fino ad ora non avevamo molte informazioni sul loro spessore e i volumi coinvolti, nonostante queste si estendano, rispettivamente, per circa 130 e 350 chilometri nella calotta settentrionale e meridionale, e con larghezze che superano i 60 chilometri” precisa Lodolo.


L’analisi delle mappe satellitari e delle informazioni geofisiche acquisite nello studio – informa OGS – hanno mostrato che alcuni ghiacciai nel settore del fianco orientale della calotta sono arretrati di svariati chilometri negli ultimi decenni, mentre altri sono rimasti essenzialmente stabili. Queste dinamiche sono influenzate dalla morfologia e dalla profondità dei bacini lacustri in cui confluiscono: dove sono più profondi, l’arretramento dei fronti glaciali è stato più consistente e veloce. “Mentre i ghiacciai nelle Alpi europee raramente hanno una velocità di più di 200 metri all’anno, la maggior parte dei ghiacciai della Patagonia supera questa velocità e alcuni raggiungono addirittura una velocità di diversi chilometri all’anno. Solo i ghiacciai che si originano dalle grandi calotte della Groenlandia e dell’Antartide occidentale presentano valori così elevati di velocità di scorrimento” spiega Emanuele Lodolo.


“Le calotte della Patagonia perdono ogni anno mediamente un metro di spessore di ghiaccio e questo ha effetti significativi non solo sulle risorse idriche della regione, ma su tutto l’ecosistema circostante” spiega Lodolo. “Tutto ciò alimenta grandi preoccupazioni, legate anche all’aumento del rischio di eventi meteorologici estremi che hanno colpito duramente la regione in questi ultimi anni” conclude il ricercatore. (Credits: foto di E. Lodolo)

Clima, sempre più eventi piovosi estremi per riscaldamento globale

Clima, sempre più eventi piovosi estremi per riscaldamento globaleRoma, 12 ott. (askanews) – Una ricerca congiunta dell’Università degli Studi di Brescia, dell’Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (ICTP) di Trieste e dell’Università Statale di Milano – condotta da Filippo Giorgi e James M. Ciarlo (ICTP), in collaborazione con la tesista magistrale Lara Belleri e Roberto Ranzi (Unibs) e con Maurizio Maugeri (Unimi) – dimostra il possibile incremento della frequenza e dell’intensità degli eventi precipitativi estremi a causa del riscaldamento globale nel recente passato e nel prossimo futuro.

La ricerca – pubblicata sul “Journal of Climatology” – prevede l’applicazione di un nuovo metodo di analisi dei dati pluviometrici, che consente di valutare se la frequenza dei record giornalieri di precipitazione durante un certo periodo dell’anno – cioè di valori maggiori di tutti quelli che si erano osservati nello stesso periodo negli anni precedenti – sia significativamente diversa da quella che si osserverebbe se la serie fosse stazionaria, cioè con statistiche costanti nel tempo. L’applicazione – informa una nota – ha esaminato quattro serie secolari di dati pluviometrici italiani, osservazioni pluviometriche giornaliere disponibili su griglia in diverse regioni del Pianeta e dataset di rianalisi ottenuti a scala globale, attraverso la sintesi dei dati osservati e dei campi che si producono mediante i modelli di previsione meteorologica. Il metodo è stato poi applicato a serie ottenute simulando con modelli climatici regionali ad alta risoluzione le condizioni climatiche del futuro, utilizzando sia un’ipotesi in linea con l’obiettivo dell’accordo di Parigi (RCP2.6), che una (RCP8.5) che si otterrebbe se non venissero prese misure di riduzione delle emissioni di gas serra, il cosiddetto scenario “business as usual”.

Valutando le deviazioni dei dataset rispetto a quanto ci si aspetterebbe in condizioni stazionarie, si è riscontrato come nella maggior parte delle aree del globo – nonostante qualche incoerenza tra le varie regioni – negli ultimi decenni, ci sia una tendenza all’incremento della frequenza dei record di intensità della pioggia con il tempo, e quindi di eventi piovosi estremi, in particolare sulla regione Europea. Per gli scenari futuri, i risultati indicano una forte tendenza all’aumento dei record di intensità della pioggia nello scenario “business as usual”, mentre questa tendenza è molto ridotta nello scenario dell’accordo di Parigi. I risultati hanno dimostrato che se saremo capaci di contenere le emissioni dei composti climalteranti rispettando quanto previsto dagli attuali accordi internazionali, l’accentuazione dei record pluviometrici sarà contenuta, e affrontabile con adeguate misure di adattamento. In caso contrario, alla fine del XXI secolo, in molte aree del globo, la probabilità di avere eventi pluviometrici di intensità senza precedenti rispetto al passato potrebbe aumentare fino a più del 100%, con gravi implicazioni per diversi settori socioeconomici.

“I risultati delle analisi effettuate dal team – osserva il prof. Roberto Ranzi, Ordinario di Costruzioni idrauliche e marittime e idrologia Unibs – mostrano come l’aumento delle precipitazioni giornaliere estreme sia già osservabile, mediamente, sul globo pur con significatività statistica che varia da luogo a luogo”. “I risultati di questa ricerca mettono in evidenza chiaramente come l’evoluzione futura della frequenza con la quale si presenteranno precipitazioni eccezionali dipenderà fortemente dalle misure che verranno adottate a livello planetario per contenere la crescita delle concentrazioni atmosferiche di composti climalteranti”, commenta il prof. Maurizio Maugeri, climatologo dell’Università Statale di Milano.

Clima, livello mare nel 2100 fino a un metro in più rispetto a oggi

Clima, livello mare nel 2100 fino a un metro in più rispetto a oggiRoma, 27 set. (askanews) – Se le emissioni di gas serra continueranno al ritmo attuale, nel 2100 il livello del mare sulla Terra potrebbe aumentare anche fino a un metro, con danni sempre maggiori per mareggiate e fenomeni estremi. La prospettiva arriva da uno studio pubblicato sulla rivista “Earth System Science Data” a cui hanno partecipato i professori Matteo Vacchi dell’Università di Pisa e Alessio Rovere dell’Università Ca’ Foscari di Venezia come primo autore.

La ricerca – informa Unipi – ha messo insieme tutti i dati esistenti relativi al livello del mare durante l’ultimo periodo interglaciale, 125mila anni fa, l’ultimo in cui la Terra è stata lievemente più calda rispetto ad oggi, circa 1-1,5 gradi su scala globale e 3-5 ai poli. Secondo l’atlante on line creato dai ricercatori, il livello dei mari all’epoca era tra i 3 e i 9 metri più alto di adesso. “Nel periodo interglaciale le condizioni climatiche erano dovute a un cambiamento nella configurazione orbitale della Terra – spiega Matteo Vacchi – il riscaldamento climatico odierno deriva invece, in larga parte, dall’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera dovuto all’effetto antropico”.

A livello globale le zone più vulnerabili all’innalzamento del livello del mare sono gli atolli nel Pacifico e le gradi piane costiere del sud-est asiatico. Per quanto riguarda il Mediterraneo sono particolarmente vulnerabili la laguna di Venezia, l’alto Adriatico, e in generale le grandi piane costiere, per esempio il Volturno di Napoli, ma anche la piana pisana in Toscana, e per il nord Africa le zone costiere pianeggianti della Tunisia, del Marocco e il Delta del Nilo. Prima responsabile dell’innalzamento dei mari sarebbe la fusione delle due grandi calotte polari del pianeta, Groenlandia e Antartide. Da questo punto di vista i dati messi assieme dallo studio sono fondamentali per delineare dei modelli climatici futuri. Se infatti si dovesse fondere tutta la calotta glaciale che copre attualmente la Groenlandia, il livello globale del mare salirebbe di circa 7 metri. Se invece si dovesse fondere tutta la calotta antartica l’aumento sarebbe di ulteriori 58 metri.

“Nella Terra ci sono stati dei periodi in cui il livello del mare è salito al di sopra dell’attuale – conclude Vacchi – ma quello che preoccupa oggi sono i tassi di risalita, ovvero l’accelerazione avvenuta negli ultimi 150 anni, in concomitanza con l’inizio della rivoluzione industriale che ha aumentato enormemente le emissioni di gas serra nell’atmosfera”. Il lavoro pubblicato su £Earth System Science Data” è frutto del progetto WARMCOASTS finanziato dall’Unione Europea, programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 (Grant agreement No. ERC-StG-802414), vinto dal professore Alessio Rovere.

Temperature record giugno-agosto, Onu: iniziato collasso climatico

Temperature record giugno-agosto, Onu: iniziato collasso climaticoRoma, 6 set. (askanews) – L’estate che volge al termine ha fatto registrare nei mesi di giugno, luglio e agosto le temperature medie globali più alte mai misurate, ha certificato l’osservatorio europeo Copernicus, secondo cui il 2023 sarà probabilmente l’anno più caldo della storia.

“Il collasso climatico è iniziato”, è l’allarme rilanciato dal segretario generale Onu Antonio Guterres in una nota, a commento delle dinamiche in corso: ondate di calore, inondazioni, incendi e siccità hanno colpito varie parti del globo, dall’Asia, all’Europa e il Nord America, in proporzioni drammatiche e spesso senza precedenti in termini di costo in vite umane e danni alle economie e all’ambiente. “La stagione giugno-luglio-agosto 2023”, che corrisponde all’estate nell’emisfero settentrionale, dove vive la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, “è stata di gran lunga la più calda mai registrata al mondo, con una temperatura media globale di 16,77°C”, comunica Copernicus, il cui database risale al 1940, ma può essere paragonato alle condizioni climatiche dei precedenti millenni, stabiliti utilizzando gli anelli degli alberi o la misurazione del ghiaccio. Dati sintetizzati nell’ultimo rapporto del gruppo di esperti climatici delle Nazioni Unite.

GLOC 2023, chiusa la conferenza sul clima: avanti con ottimismo

GLOC 2023, chiusa la conferenza sul clima: avanti con ottimismoOslo, 25 mag. (askanews) – Una Oslo spesso soleggiata e a tratti molto calda ha accolto la tre giorni della conferenza globale su spazio e cambiamento climatico, GLOC 2023, organizzata dalla International Astronautical Federation. Un momento di confronto e dibattito che ha visto più di 600 partecipanti da 45 Paesi, con la presenza di rappresentanti delle Nazioni Unite, del governo norvegese, della NOAA statunitense, di agenzie spaziali come NASA, ESA, JAXA, ASI, oltre che delle principali aziende del settore.

“Molte persone – ha detto ad askanews il presidente della IAF, Clay Mowry – ancora non capiscono quanto lo spazio ha impatto sulla loro vita di tutti i giorni. Per questo è ancora più importante che noi facciamo la propria parte sul tema del cambiamento climatico. Siamo convinti che nel futuro il nostro ruolo diventerà ancora più importante. Oggi stiamo pensando a nuove applicazioni satellitari, sia a livello pubblico sia privato, per permettere di capire che cosa succede nell’atmosfera”. Uno dei punti principali intorno a cui si è dibattuto nel Radisson Hotel di Oslo è stato quello dell’osservazione del nostro pianeta, legato alla raccolta dei dati satellitari, nell’ottica di arrivare a comprendere meglio le dinamiche del clima e fornire delle previsioni sui possibili scenari futuri. Nella prospettiva anche di affrontare misure di adattamento e di mitigazione dei fenomeni climatici più estremi, che da fuori l’atmosfera terrestre possono essere studiati in maniera più accurata. Per questo, come ci ha confermato il responsabile dell’osservazione della Terra dell’Agenzia Spaziale Italiana Francesco Longo, il messaggio che arriva da Oslo contiene speranze e possibilità.

“C’è un grandissimo ottimismo – ci ha detto Longo -. Noi siamo venuti qui proprio per pensare alle missioni che in futuro potranno contribuire alla lotta al cambiamento climatico. Abbiamo parlato con la NASA per una missione con ASI sui greenhouse gases, proprio sul ciclo dei gas a effetto serra, uno dei maggiori problemi a livello climatico e che necessita di misurazioni per sapere esattamente di che cosa stiamo parlando. E l’unica misura che è possibile avere è quella dallo spazio”. Naturalmente nessuno si è nascosto la gravità della situazione e la difficoltà di raggiungere gli obiettivi che erano stati fissati a Parigi, ma il settore spaziale, in questo primo evento globale interamente dedicato al cambiamento climatico, ha voluto anche ribadire l’impegno per lavorare al fianco della comunità scientifica nell’ottica di evitare la catastrofe ambientale sulla Terra. Oltre che presentare le già numerose iniziative che i vari soggetti portano avanti in tema di monitoraggio dei ghiacci, difesa degli oceani e delle foreste, sostenibilità agricola e supporto in caso di calamità naturali. Il tempo resta poco e la sfida è la più rilevante del nostro tempo.

(Leonardo Merlini)

GLOC 2023, Longo (ASI): cooperazione per prevenire catastrofi

GLOC 2023, Longo (ASI): cooperazione per prevenire catastrofiOslo, 25 mag. (askanews) – Il responsabile dell’osservazione della terra dell’Agenzia Spaziale Italiana, Francesco Longo, è stato tra i relatori alla Conferenza globale su spazio e cambiamento climatico GLOC 2023 in corso a Oslo. Con askanews ha parlato dell’impegno del comparto spaziale anche per prevenire gli eventi catastrofici come le recenti alluvioni in Emilia-Romagna. “C’è tutto un sistema che sinergicamente deve operare – ci ha detto – non esiste più la singola missione nazionale che aiuta un certo Paese, ma ci sono una serie di strumenti che lavorano insieme e possono cooperare. Per esempio nella recente alluvione in Italia non c’è stato solo il satellite COSMO SkyMed, ma c’è stata anche la banda L di SAOCOM, la cooperazione con gli argentini e ci sono stati anche dati della missione giapponese della JAXA, che ci ha aiutato a perimetrale le aree inondate, per dare supporto alle azioni della protezione civile”.

“Quello a cui stiamo assistendo è purtroppo un’evoluzione del clima verso situazioni che dobbiamo iniziare a fronteggiare non solamente post disastro, ma anche pre disastro. In questo senso interviene la cooperazione internazionale: ci sono da parte del Canada così come del Giappone disponibilità ad aiutare, così come facciamo noi, quando c’è un evento catastrofico. C’è una strettissima cooperazione. Qui ci siamo riuniti e abbiamo parlato di un tema: il contributo che abbiamo dato nel passato e che possiamo misurare, e quello che volgiamo dare nel futuro, insieme”.

GLOC 2023, satelliti norvegesi a tutto campo per studiare clima

GLOC 2023, satelliti norvegesi a tutto campo per studiare climaMilano, 24 mag. (askanews) – Gli effetti del cambiamento climatico si avvertono in maniera importante nella regione artica, ed è noto che i poli sono aree strategiche per lo stato di salute della Terra. Al centro della conferenza internazionale su spazio e clima GLOC 2023 organizzata a Oslo dalla International Astronautical Federation c’è il tema di “Ghiaccio e fuoco” e l’Agenzia Spaziale norvegese, NOSA, da anni lavora sul monitoraggio dei ghiacchi e delle nevi polari sfruttando la tecnologia satellitare. “La presenza o meno della neve – hanno spiegato dalla NOSA – ha un importante impatto in molte aree, compresi i processi atmosferici e l’equilibrio energetico della superficie terrestre. Il Permafrost è fondamentale per il nostro clima e stiamo sviluppando insieme a diversi istituti norvegesi un sistema di monitoraggio del terreno basato sui dati dei satelliti Copernicus”.

I ghiacciai, come è altrettanto ovvio, sono un altro elemento chiave in questo momento di crisi climatica, in quanto sono i principali responsabili dell’innalzamento dei livelli dei mari. “Anche in questo ambito – hanno aggiunto dall’Agenzia norvegese – i satelliti Copernicus ci permettono di monitorare lo stato dei ghiacciai in Norvegia e alle isole Svalbard”. I sistemi satellitari, poi, sono impiegati dalla NOSA anche per il monitoraggio degli oceani, sia dal punto di vista dell’ambiente sia del traffico marittimo. Ultimo, ma non meno importante, aspetto della strategia norvegese per il cambiamento climatico è quello per la tutela delle foreste, che si manifesta con la Norway’s International Climate ad Forest Initiative (NICFI) e riguarda la difesa delle aree forestali in tutto il mondo. E anche in questo caso l’attività satellitare risulta decisiva.

GLOC 2023, il progetto ESA per un digital twin della Terra

GLOC 2023, il progetto ESA per un digital twin della TerraOslo, 24 mag. (askanews) – Lo spazio può dare un grande contributo in termini di sostenibilità e di strumenti per fronteggiare il cambiamento climatico. È il messaggio che l’intero comparto vuole mandare da Oslo, dove si svolge la conferenza globale dell’International Astronautical Federation GLOC 2023, dedicata proprio alla crisi del clima. Tra i protagonisti anche l’Agenzia Spaziale Europea, diretta da Josef Aschbacher, che ha voluto sottolineare il lavoro per la creazione di modelli predittivi digitali attraverso i dati raccolti dai satelliti. “Il digital twin della nostra Terra – ha detto il direttore generale dell’ESA – è un grande obiettivo, difficile da raggiungere perché simulare la vita del pianeta con dei computer è una sfida notevole. Ma quello che già stiamo facendo è prendere aspetti legati al cambiamento climatico e a simularli per verificare degli scenari, per capire cosa può accadere se modifichiamo un parametro oppure un altro, per poter comprendere meglio il fenomeno”.

Fondamentali, ovviamente, nell’ottica di potenziare le simulazioni previsionali, i dati su cui basarsi, e anche questa parte viene svolta dall’Agenzia Spaziale Europea. “L’ESA – ha aggiunto Simonetta Cheli, direttrice del programma di osservazione della Terra dell’Agenzia – svolge un ruolo importante a supporto della lotta al cambiamento climatico. Da un parte abbiamo lo sviluppo di satelliti dedicati all’ambiente e al clima: noi oggi abbiamo in costruzione molti satelliti e abbiamo dati in archivio che servono a chi studia le evoluzioni e fa previsioni sul clima. Ma l’ESA fa anche scienza: con le variabili climatiche che oggi seguiamo, oltre 50 nel contesto della Convenzione sul clima delle Nazioni Unite, 27 sono quelle seguite in termini di informazione dall’Agenzia Spaziale Europea. Cosa vediamo: innalzamento dei mari, deforestazione, seguiamo temi legati alle risorse idriche, per esempio. E molto altro”. La sfida per garantire un futuro alla presenza umana sul pianeta quindi passa anche dallo spazio, luogo di contese economiche e militari, ma anche di ricerca e di studio sul mondo e sulle nostre vite.

GLOC 2023, Aschbacher (ESA): prendiamo il polso al pianeta

GLOC 2023, Aschbacher (ESA): prendiamo il polso al pianetaMilano, 23 mag. (askanews) – “Il cambiamento climatico è e sarà il più grande problema dell’umanità per i decenni a venire e noi dobbiamo fare ogni sforzo per comprenderlo e combatterlo. Ognuno deve dare il suo contributo: le persone comuni, il settore energetico, quello agricolo: tutti dobbiamo aiutare a salvare il nostro pianeta”. Lo ha detto ad askanews il direttore generale dell’Esa – Agenzia Spaziale Europea, Josef Aschbacher, in occasione dell’inaugurazione di GLOC 2023 a Oslo, la prima conferenza mondiale dedicata a spazio e cambiamento climatico.

“Quello che noi facciamo nello spazio – ha agiunto il direttore – è misurare la Terra in tutti i suoi aspetti: l’atmosfera, gli oceani, le zone emerse, i poli. Tutte queste misurazioni vengono usate per comprendere il cambiamento climatico, ma anche per fare quello che noi chiamiamo prendere il polso al pianeta. E usiamo quello che abbiamo appreso per proteggere noi stessi e la Terra”.

GLOC 2023, Mowry (AIF): vogliamo dare informazioni per la Cop 28

GLOC 2023, Mowry (AIF): vogliamo dare informazioni per la Cop 28Oslo, 23 mag. (askanews) – “Abbiamo invitato relatori della comunità spaziale, ma anche di altri settori per instaurare un dialogo sulla sostenibilità e l’obiettivo qui è quello di produrre dei documenti tecnici a conclusione delle nostre discussioni nei vari panel per informare la Cop 28 che si terrà a Dubai. Vogliamo che lo spazio possa dare un contributo a questo momento nel quale i decisori e i governanti si confronteranno su come combattere e mitigare gli effetti del cambiamento climatico”. Lo ha detto ad askanews Clay Mowry, presidente della IAF – International Astronautical Federation in occasone dell’apertura di GLOC 2023 a Oslo, la prima conferenza mondiale dedicata a spazio e cambiamento climatico.

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