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Salvata in mare una migrante bambina, unica sopravvissuta a un naufragio

Salvata in mare una migrante bambina, unica sopravvissuta a un naufragioRoma, 11 dic. (askanews) – Ieri sera, al largo di Lampedusa, l’equipaggio della barca a vela Trotamar III della ong tedesca Compass Collective, ha salvato una ragazzina di 11 anni, originaria della Sierra Leone, superstite di un’imbarcazione affondata tre giorni fa a Sfax, in Tunisia. Era probabilmente l’unica delle 45 persone a bordo ad essere sopravvissuta alla tempesta nel Mediterraneo centrale, durata diversi giorni.


La tempesta degli ultimi giorni, spiega l’ong in una nota, ha anche impedito a numerose imbarcazioni delle ONG di salpare, per cui non è stato possibile prestare soccorso a questa imbarcazione di metallo. L’11enne ha galleggiato in acqua per tre giorni con due salvagenti improvvisati fatti con tubi di pneumatici riempiti d’aria e un semplice giubbotto di salvataggio. Ha dichiarato di essere stata in contatto con altre due persone in acqua due giorni fa. Ma il contatto era stato interrotto. La bambina non aveva con sé né acqua potabile né cibo ed era ipotermica, ma reattiva e orientata. Solo per caso, alle 3.20 del mattino, l’equipaggio ha sentito i richiami nell’oscurità e ha avviato immediatamente una manovra di salvataggio. A bordo della Trotamar III, l’equipaggio si è preso cura della ragazza e l’ha consegnata al servizio di soccorso di Lampedusa alle 6 del mattino.


“È stata una coincidenza incredibile che abbiamo sentito la voce della bambina nonostante il motore fosse acceso. E, naturalmente, stavamo ancora cercando altre persone. Ma dopo una tempesta durata giorni, con oltre 23 nodi e onde alte 2,5 metri, non c’era speranza”, ha raccontato lo skipper Matthias Wiedenlübbert. La Trotamar III è una barca a vela battente bandiera tedesca che dall’agosto 2023 supporta i soccorsi civili in mare nel Mediterraneo. In questi giorni sta viaggiando a sud di Lampedusa per aiutare le persone in difficoltà in mare. A mezzanotte di quella sera, l’equipaggio aveva già individuato un’imbarcazione in legno senza motore, che trasportava 53 persone, distribuito giubbotti di salvataggio e informato le autorità italiane. In altre missioni, fino a 64 persone sono state soccorse direttamente sulla Trotamar III.


Katja Tempel, di Compass Collective, ha commentato: “Anche in caso di tempo burrascoso, le persone sono costrette a prendere vie di fuga rischiose attraverso il Mediterraneo. Abbiamo bisogno di passaggi sicuri per l? rifugiat? e di un’Europa aperta che accolga le persone e dia loro facile accesso al sistema di asilo. Annegare nel Mediterraneo non è un’opzione.”. Dall’inizio delle sue operazioni, nell’agosto del 2023, l’imbarcazione lunga 13 metri ha assistito con diversi equipaggi di attivisti un totale di 1653 persone in difficoltà in mare e ha organizzato il loro salvataggio, allertando il centro di coordinamento dei soccorsi di Roma, mentre 231 persone sono state direttamente soccorse dalla Trotamar III.

Papa Francesco: meritorie le azioni di salvataggio in mare dei migranti

Papa Francesco: meritorie le azioni di salvataggio in mare dei migrantiCittà del Vaticano, 11 dic. (askanews) – Papa Francesco torna a lodare lo sforzo di quelle organizzazioni che soccorrono e aiutano i migranti in mare aggiungendo che, queste “si mettono in gioco”, “non guardando dall’altra parte” mentre, ha notato, “davanti alla vastità e alla complessità del fenomeno migratorio le Autorità civili non sempre riescono a farvi fronte pienamente secondo le loro responsabilità”. Parole nette utilizzate nel corso di una udienzaconcessa a operatori e responsabili della onlus ResQ- People saving people, che si occupano, appunto, di salvataggi in mare nel Mediterraneo.


Francesco, ricevendoli ha voluti ringraziarli “per la meritoria azione che svolgete – ha ricordato – a favore dei migranti che attraversano il Mar Mediterraneo e di quelli che percorrono la via balcanica. Grazie!”, ha aggiunto. “In effetti, il salvataggio di coloro che rischiano di affondare con misere imbarcazioni, come la prima accoglienza di quanti giungono in Europa al termine di lunghi viaggi con pericoli di ogni sorta, è un’opera quanto mai necessaria”, ha sottolineato il Papa, aggiungendo che l’azione di organizzazioni come ResQ, “ha lo scopo di salvare vite umane: vite di persone in fuga da luoghi dove imperversano gravi conflitti, che spesso innescano crisi umanitarie e comportano anche la violazione di diritti umani fondamentali”.


“Di fronte al dramma dei migranti forzati, che purtroppo a volte diventa tragedia, voi non siete rimasti indifferenti, ma vi siete chiesti: io, noi, che cosa possiamo fare? Voi non guardate da un’altra parte. – ha proseguito Francesco – Alla base di questo atteggiamento c’è la convinzione che ogni essere umano è unico e la sua dignità è inviolabile, qualunque sia la sua nazionalità, il colore della pelle, l’opinione politica o la religione”. Ma, “purtroppo tante volte non succede così e molte vite vengono sfruttate, respinte, abusate, ridotte in schiavitù”. “Ben venga allora – ha concuso il Papa – l’azione di coloro che non si limitano a osservare le cose, criticando da lontano, ma si mettono in gioco, offrendo un po’ del loro tempo, del loro ingegno e delle loro risorse per alleviare le sofferenze dei migranti, per salvarli, accoglierli e integrarli. Il migrante va accolto, accompagnato, promosso e integrato. Questa generosità, questa operosità è in sintonia con il Vangelo, che invita a fare del bene a tutti e in modo speciale agli ultimi, ai più poveri, ai più abbandonati, ai malati, alle persone in pericolo”.

Papa: meritorie le azioni di salvataggio in mare dei migranti

Papa: meritorie le azioni di salvataggio in mare dei migrantiCittà del Vaticano, 11 dic. (askanews) – Papa Francesco torna a lodare lo sforzo di quelle organizzazioni che soccorrono e aiutano i migranti in mare aggiungendo che, queste “si mettono in gioco”, “non guardando dall’altra parte” mentre, ha notato, “davanti alla vastità e alla complessità del fenomeno migratorio le Autorità civili non sempre riescono a farvi fronte pienamente secondo le loro responsabilità”. Parole nette utilizzate nel corso di una udienzaconcessa a operatori e responsabili della onlus ResQ- People saving people, che si occupano, appunto, di salvataggi in mare nel Mediterraneo.


Francesco, ricevendoli ha voluti ringraziarli “per la meritoria azione che svolgete – ha ricordato – a favore dei migranti che attraversano il Mar Mediterraneo e di quelli che percorrono la via balcanica. Grazie!”, ha aggiunto. “In effetti, il salvataggio di coloro che rischiano di affondare con misere imbarcazioni, come la prima accoglienza di quanti giungono in Europa al termine di lunghi viaggi con pericoli di ogni sorta, è un’opera quanto mai necessaria”, ha sottolineato il Papa, aggiungendo che l’azione di organizzazioni come ResQ, “ha lo scopo di salvare vite umane: vite di persone in fuga da luoghi dove imperversano gravi conflitti, che spesso innescano crisi umanitarie e comportano anche la violazione di diritti umani fondamentali”.


“Di fronte al dramma dei migranti forzati, che purtroppo a volte diventa tragedia, voi non siete rimasti indifferenti, ma vi siete chiesti: io, noi, che cosa possiamo fare? Voi non guardate da un’altra parte. – ha proseguito Francesco – Alla base di questo atteggiamento c’è la convinzione che ogni essere umano è unico e la sua dignità è inviolabile, qualunque sia la sua nazionalità, il colore della pelle, l’opinione politica o la religione”. Ma, “purtroppo tante volte non succede così e molte vite vengono sfruttate, respinte, abusate, ridotte in schiavitù”. “Ben venga allora – ha concuso il Papa – l’azione di coloro che non si limitano a osservare le cose, criticando da lontano, ma si mettono in gioco, offrendo un po’ del loro tempo, del loro ingegno e delle loro risorse per alleviare le sofferenze dei migranti, per salvarli, accoglierli e integrarli. Il migrante va accolto, accompagnato, promosso e integrato. Questa generosità, questa operosità è in sintonia con il Vangelo, che invita a fare del bene a tutti e in modo speciale agli ultimi, ai più poveri, ai più abbandonati, ai malati, alle persone in pericolo”.

Il 2024 è stato un anno difficile per Alpi, ghiacciai e biodiversità

Il 2024 è stato un anno difficile per Alpi, ghiacciai e biodiversitàMilano, 11 dic. (askanews) – Un 2024 difficile e dal segno meno nonostante le nevicate tardive della scorsa primavera. È questo il bilancio di fine anno che si prospetta per Alpi e ghiacciai alpini, quest’ultimi sempre più sottili e quasi tutti in forte arretramento su tutto l’arco alpino e con impatti su ecosistemi e biodiversità. Ghiacciaio simbolo di questo 2024 è l’Adamello, il ghiacciaio più grande delle Alpi italiane, che nel 2024 registra una perdita di spessore nel settore frontale di 3 metri ed effetti della fusione fino a 3.100 metri di quota. In espansione i collassi circolari dovuti alla contrazione della massa glaciale. Emblematica la foto scattata a settembre: con la fronte della sua lingua completamente scoperta, nonostante i 6 metri di neve misurati in tarda primavera sul Pian di Neve del Ghiacciaio. Non se la passano bene neanche il ghiacciaio del Careser (Gruppo OrtlesùCevedale) con 190 centimetri in media di perdita di spessore, e in Alto Adige i Ghiacciai della Vedretta Lunga (Val Martello) e della Vedretta di Ries (Valle Aurina) con una perdita di spessore sulle lingue tra il metro e mezzo e i due metri, solo per citarne alcuni.


A stilare questo bilancio, in occasione della Giornata internazionale della montagna, è Legambiente con i dati del quinto report di Carovana dei ghiacciai dal titolo ‘Gli effetti della crisi climatica su ghiacciai, ambiente alpino e biodiversità’, realizzato in collaborazione con il Comitato Glaciologico e Cipra Italia e presentato oggi a Milano all’Università Bicocca. L’associazione ambientalista torna a ribadire l’urgenza di mettere in campo piani e politiche di adattamento a livello nazionale e regionale, dai comuni montani fino a valle, e presenta un pacchetto di 12 proposte (6 dal carattere più generale e 6 specifiche per l’area alpina) per una road map europea che metta al centro montagne, ghiacciai e biodiversità e da attuare al più presto, già dal 2025, anno internazionale dei ghiacciai. In questa partita è importante che l’Italia faccia la sua parte. I ghiacciai, ricorda Legambiente, sono tra gli ambienti protetti dalla Direttiva Habitat, che li identifica come ‘Ghiacciai permanenti’. Dei 123 siti di importanza comunitaria che al loro interno possiedono ghiacciai, il 50% si trova in Italia. A pesare sul precario stato di salute dei ghiacciai alpini una crisi climatica che nel 2024 ha accelerato il passo, con caldo record e zero termico in quota in grado di annullare i benefici delle nevicate tardive di questa primavera; ma anche con 146 eventi meteo estremi, registrati da gennaio a dicembre 2024 sull’arco alpino, che hanno reso più fragile la montagna. Lombardia (49), Veneto(41) e Piemonte (22) le regioni più colpite. In alcuni casi alcuni eventi meteo hanno anche accelerato la fusione come nel caso delle polveri sahariane arrivate con alcune delle perturbazioni primaverili in quota.


Impatti, quella causati dalla crisi climatica e dalla fusione dei ghiacciai, che si ripercuotono sempre di più anche su flora e fauna. Tra le specie più a rischio ci sono i camosci che risentono sempre più degli effetti della crisi climatica. La diminuzione della quantità e della qualità del cibo disponibile rappresenta una condizione particolarmente critica, soprattutto a giugno, periodo in cui le femmine partoriscono e allattano e hanno un maggiore fabbisogno energetico. Ma anche lepre bianca, ermellino e pernice bianca. La mancata corrispondenza tra la stagione della neve e la muta espone questi animali ad una maggiore visibilità rendendo più difficile la ricerca di cibo e la fuga dai predatori. Studi recenti condotti sull’arco alpino evidenziano, inoltre, una perdita di area idonea per la pernice bianca compresa tra il 17 e il 59% a seconda degli scenari di riscaldamento ipotizzati. Tra le piante che vivono vicino ai ghiacciai quella maggiormente in pericolo è l’Artemisia genipi (fiore che cresce solo negli ambienti proglaciali delle Alpi Occidentali); ma ci sono anche la Saxifraga bryoides, la Saxifraga oppositifolia, la Cardamine resedifolia, il ranuncolo dei ghiacciai: tutte piante specializzate che perdendo il loro habitat verrebbero messe gravemente a rischio. In parallelo il vuoto lasciato dai ghiacciai viene popolato da nuovi ecosistemi e il bosco avanza. Se nei prossimi 100 anni la temperatura si innalzerà di 3 gradi centigradi, secondo uno studio di Science, le aree di vegetazione si dovranno spostare di circa 600 metri verso l’alto. Temi di cui Legambiente parlerà anche questa sera a Roma presso il Nuovo Cinema Aquila ore 21.00 dove, in occasione del Film Festival Antropocine, verrà proiettato il documentario di Carovana dei ghiacciai realizzato dal videomaker David Fricano per Legambiente.


‘Dopo gli anni critici del 2022 e del 2023, segnati da gravi perdite di massa glaciale non solo sul versante meridionale dell’Arco Alpino, il 2024 non ha portato il miglioramento sperato – dichiara Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di CIPRA ITALIA – La crisi climatica oltre ad accelerare il deterioramento di ghiacciai montani, permafrost e calotte polari, determina anche profonde trasformazioni nell’ambiente montano, generando nuove aree proglaciali. In queste aree emergono nuovi ecosistemi, ancora da studiare e tutelare, che richiedono un’attenzione particolare. Questo fenomeno è stato osservato durante la quinta edizione della Carovana dei Ghiacciai la scorsa estate ed è ulteriormente approfondito in questo report’. ‘Ignorare quanto sta accadendo in alta quota significa esporre il nostro pianeta a rischi insostenibili – sostiene Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – perché questi fenomeni hanno ripercussioni anche a valle. È necessario e urgente lavorare sulle politiche di mitigazione e di adattamento alla crisi climatica. Facendo rete con ricercatori ed esperti, e questo è anche l’obiettivo principale del protocollo d’intesa che l’associazione ha firmato con il Comitato glaciologico italiano, e le comunità locali. Da qui anche la necessità di definire al più presto una road map europea, di cui ci facciamo portavoce, per promuovere una gestione efficace e una protezione adeguata delle aree montane fragili ma importanti e degli ecosistemi’.


‘La perdita di massa che stanno subendo tutti i ghiacciai dell’arco Alpino viene – dichiara Valter Maggi Presidente del Comitato Glaciologico Italiano e Professore dell’Università di Milano Bicocca – ha portato alla scomparsa di numerosi piccoli ghiacciai specialmente nei massicci montuosi a minore quota. Questa perdita sta modificando in modo drammatico il paesaggio montano, la disponibilità della preziosa riserva d’acqua, andando ad impattare sulle comunità locali già colpite dai cambiamenti climatici’. Tra gli altri dati 2024, preoccupa anche quanto sta accadendo sul Ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso, Piemonte) con un – 1050 millimetri di acqua equivalente; sul Ghiacciaio del Grand Etrét (Valsavaranche, Valle d’Aosta): -1200 millimetri di acqua equivalente; sul Ghiacciaio di Timorion (Valgrisenche, Valle d’Aosta): -654 millimetri di acqua equivalente. Un’unica nota positiva arriva dal ghiacciaio del Montasio in Friuli-Venezia Giulia che ha fatto registrare un + 200 millimetri di acqua equivalente. Tre i casi simbolo 2024 degli impatti che la crisi climatica sta causando in quota indicati nel report: si va dal ghiacciaio Tschierva, situato sotto il Piz Bernina, la vetta più alta delle Alpi orientali, in Svizzera, dove il 16 aprile 2024 si è verificata una frana d’alta montagna con 8-9 milioni di metri cubi di roccia e ghiaccio che si sono staccati dalla montagna scivolando a valle; al rock glacier di Livigno, dove la degradazione del ghiaccio interno ha provocato, durante l’estate scorsa, una serie di colate di detrito. Sulle Alpi Occidentali il nubifragio del 29-30 giugno ha causato profonde trasformazioni morfologiche in Valle d’Aosta e Alta Val Sesia. Sei le proposte di carattere generale e sei quelle più specifiche per l’area pan-alpina presentate da Legambiente e al centro di una road map europea non più rimandabile. In particolare l’associazione chiede: 1) avviare con urgenza un piano di monitoraggio della biodiversità degli ambienti glaciali; 2) di completare il monitoraggio delle potenziali aree-rifugio; 3) avviare il recupero dei siti in cattive condizioni, preceduto da adeguati studi specifici sui processi ecosistemici determinati direttamente dai cambiamenti climatici; 4) rendere più stringenti oltre che cogenti gli obiettivi della strategia dell’UE sulla biodiversità al 2020 nelle aree montane; 5) orientare le scelte dell’Unione Europea alla tutela degli ambienti glaciali; 6) sviluppare nuove strategie per migliorare la protezione in situ degli ecosistemi in quota per garantire la loro esistenza e la funzionalità ecosistemica. Per quanto riguarda l’area pan-alpina, per Legambiente per accelerare l’attuazione della Convenzione delle Alpi e della Strategia europea per la regione alpina (EUSALP) serve 1) incentivare la connettività ecologica a livello di ecosistema alpino, 2) Implementare il percorso di definizione di Liste Rosse IUCN delle Alpi. 3) Porre particolare attenzione ai rischi antropici. 4) Evitare forme di overturism nelle aree dove la biodiversità e la geodiversità è già messa a rischio dai cambiamenti climatici e al contempo educare i turisti a una fruizione più attenta e consapevole; 5) Raggiungere l’obiettivo di tutelare almeno il 30% del territorio entro il 2030, attraverso strumenti giuridicamente vincolanti, con una particolare attenzione ai ghiacciai e alle nuove aree proglaciali 6) istituire contesti di confronto che coinvolgano amministratori regionali e locali, gruppi di ricerca, associazioni e imprese, per lavorare insieme con l’obiettivo di migliorare la capacità di governance dei ghiacciai alpini, della biodiversità e della geodiversità ad essi connessa.

Papa, appello per la pace in Siria

Papa, appello per la pace in SiriaCittà del Vaticano, 11 dic. (askanews) – Appello di Papa Francesco, al termine dell’udienza generale di oggi in Vaticano, per la Siria “in questo momento delicato alla sua storia”. “Auspico che – ha detto Francesco – si raggiunga una soluzione politica che, senza altri conflitti e divisioni, promuova responsabilmente la stabilità e l’unità del paese”.


“Prego perchè il popolo siriano possa vivere in pace e sicurezza nella sua amata terra – ha poi aggiunto il Papa – e le diverse religioni possano camminare insieme nell’amicizia e nel rispetto reciproco per il bene di quella nazione afflitta da tanti anni di guerra”.

Esplosione di Calenzano, Landini: insopportabili le lacrime del giorno dopo

Esplosione di Calenzano, Landini: insopportabili le lacrime del giorno dopoRoma, 10 dic. (askanews) – “Ormai periodicamente registriamo drammatiche stragi sul lavoro e sempre in siti gestiti da grandi imprese, dove spesso si intrecciano ditte esterne, appalti, subappalti e sono resi poco trasparenti i confini delle responsabilità, a partire dall’impresa committente”. Così in una nota il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in merito all’esplosione avvenuta ieri al deposito Eni di Calenzano, in provincia di Firenze, che ha causato la morte di cinque lavoratori e ventisei feriti.


Per Landini “è l’ennesima strage che dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, che questo sistema di impresa è fondato sull’insicurezza, sulla mancanza effettiva di procedure in grado di garantire la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori. Tutto ciò è reso ancora più inaccettabile nell’epoca dei sistemi di controllo digitale, dell’innovazione tecnologica, che se utilizzati garantirebbero la prevenzione nei luoghi di lavoro. Ma è la logica del risparmio, e quindi del profitto, ad avere la meglio sulla vita dei lavoratori. Se a ciò aggiungiamo anche la logica burocratica con cui il Governo interviene su questi temi, le lacrime del giorno dopo sono insopportabili”. La Cgil esprime “cordoglio” a tutti i familiari degli operai coinvolti, sostiene le iniziative di sciopero e mobilitazione proclamate in queste ore e invita tutti a dire “basta morti sul lavoro”, partecipando alla manifestazione di domani a Calenzano, alle 14.30, proclamata da Cgil Firenze, Cisl Firenze Prato e Uil di Firenze in occasione dello sciopero provinciale”.

Multe tolte ai novax, Burioni: ignoranti, il resto è la peggiore politica

Multe tolte ai novax, Burioni: ignoranti, il resto è la peggiore politicaRoma, 10 dic. (askanews) – “Multe tolte ai novax: i vaccini fino alla variante Omicron erano efficaci nel prevenire l’infezione, quindi chi ha scelto di rifiutare un vaccino sicuro ed efficace, oltre a infrangere la legge, ha messo in pericolo la sua salute e quella degli altri in nome della sua ignoranza. Questi i fatti INCONFUTABILI. Il resto è politica, ma quella peggiore”. Lo ha scritto sul suo profilo Facebook Roberto Burioni, virologo e microbiologo all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Esplosione nel deposito Eni di Calenzano, trovato il corpo di un’altra vittima

Esplosione nel deposito Eni di Calenzano, trovato il corpo di un’altra vittimaFirenze, 10 dic. (askanews) –  Sono stati trovati stamani i corpi di altre due vittime  dell’esplosione avvenuta ieri nel deposito Eni a Calenzano (Firenze). Entrambi i corpi erano nell’area della pensilina di carico dei mezzi, epicentro dell’esplosione. Sono così quattro le vittime accertate, mentre si cerca ancora un disperso. Una finora la vittima identificata, Vincenzo Martinelli, napoletano di 51 anni che viveva a Prato, conducente di un’autobotte rimasta coinvolta nell’esplosione. Mancano all’appello Carmelo Corso, di Catania, 57 anni, Davide Baronti, 49 anni, di Novara, Gerardo Pepe, 46enne tedesco ma residente in Italia e Fabio Cirielli 46enne di Matera. Uno di loro deve essere l’ultimo disperso, gli altri vittime da identificare.


Secondo una prima ricostruzione, l’esplosione sarebbe avvenuta durante le fasi di carico del carburante all’interno di un’autocisterna. tra le ipotesi una perdita di carburante, un’innesco fortuito come una scintilla. L’esplosione avrebbe poi innescato anche gli altri mezzi in sosta. Tre i consulenti nominati dal Procuratore di Prato Luca Testaroli che conduce le indagini, omicidio colposo plurimo, al momento, l’ipotesi di reato. 

Esplosione nel deposito Eni a Calenzano, l’innesco sarebbe partito da un’autocisterna

Esplosione nel deposito Eni a Calenzano, l’innesco sarebbe partito da un’autocisternaFirenze, 9 dic. (askanews) – Due vittime accertate e tre dispersi, e sono almeno venti i feriti ricoverati a seguito dell’esplosione in un deposito carburanti Eni a Calenzano, in provincia di Firenze. Sei persone sono ricoverate a Careggi, di cui quattro in osservazione breve intensiva. Molto gravi le condizioni di un paziente a Pisa. Altri due sono ricoverati sempre a Pisa, altri tre sono stabili in osservazione all’ospedale di Prato.


Secondo una prima ricostruzione, l’esplosione sarebbe avvenuta durante le fasi di carico del carburante all’interno di un’autocisterna. L’esplosione avrebbe poi innescato anche gli altri mezzi in sosta. Tre i consulenti nominati dal Procuratore di Prato, Luca Testaroli. Una delle due vittime accertate si chiamava Vincenzo Martinelli, 63 anni, di Napoli, era il conducente di un’autobotte rimasta coinvolta nell’esplosione. Mancano all’appello anche un operaio di Novara, 49 anni, uno di Catania, 57 anni, uno nato in Germania ma residente in Italia, 45 anni, e un operaio di Matera, 45 anni.

La misteriosa malattia in Congo, il report dell’Istituto superiore di sanità: ecco cosa sappiamo

La misteriosa malattia in Congo, il report dell’Istituto superiore di sanità: ecco cosa sappiamoRoma, 9 dic. (askanews) – L’Istituto Superiore di Sanità (Iss) ha aggiornato il suo sito con un primo piano dedicato alla malattia non diagnosticata in Congo.


CHE COSA SAPPIAMO A LIVELLO INTERNAZIONALE SULLA MALATTIA NON ANCORA DIAGNOSTICATA IN CONGO? – Tra il 24 ottobre e il 5 dicembre nella zona di Panzi, nella provincia di Kwango, in Repubblica Democratica del Congo, sono stati registrati 406 casi di una malattia non diagnosticata con sintomi di febbre, mal di testa, tosse, rinorrea (naso che cola) e dolori muscolari. Dai dati riportati dall’OMS, tutti i casi gravi sono stati registrati in persone con grave malnutrizione, e ad oggi sono stati segnalati 31 morti. La maggior parte dei casi si è verificata in bambini, in particolare sotto i cinque anni di età. I sintomi principali associati ai decessi consistono in: febbre, difficoltà respiratorie, anemia, e segni di malnutrizione acuta (la zona è colpita da una grave crisi alimentare). L’area è rurale e situata in una zona remota e difficilmente raggiungibile, a circa 48 ore di distanza dalla capitale Kinshasa. L’accesso all’area interessata è reso ulteriormente difficoltoso dalla stagione delle piogge attualmente in corso. Questo, insieme alla limitata capacità diagnostica nel paese, alla scarsa copertura vaccinale e al limitato accesso a farmaci e dispositivi di protezione sta ritardando l’identificazione della causa ed il controllo del focolaio. QUALI SONO GLI INTERVENTI IN ATTO NELLA ZONA? – L’Oms ha inviato sul posto un team di risposta rapida per identificare le cause del focolaio e rafforzare la risposta. Dato il quadro clinico dei casi e i sintomi riportati, tra le ipotesi considerate al momento come causa della malattia figurano polmonite acuta, influenza, Covid-19, morbillo e malaria, con la malnutrizione come fattore concomitante. Sono in corso test di laboratorio per identificare la causa, ma al momento non è escluso che più di una patologia stia contribuendo ai casi e ai decessi.


QUAL È IL RISCHIO DI DIFFUSIONE? – Secondo l’ultimo bollettino dell’Oms, il rischio di diffusione è alto per le comunità colpite. A livello nazionale il rischio è invece considerato moderato per la natura del focolaio che attualmente è localizzato alla zona colpita. C’è tuttavia il potenziale per una diffusione alle zone limitrofe. A livello regionale (si intende regione africana per OMS), europeo e globale il rischio al momento è basso. I CAMPIONI DI UN PAZIENTE CON FEBBRE RIENTRATO DAL CONGO SONO STATI INVIATI ALL’ISS: CHE COSA È SUCCESSO? – L’Istituto Superiore di Sanità si è attivato immediatamente una volta ricevuta la segnalazione che presso l’Ospedale San Luca di Lucca è stato ricoverato un paziente di rientro dal Congo con sintomatologia simile a quella descritta nel Paese africano, allertando il Ministero della Salute. La persona, ricoverata dal 22 novembre, è stata dimessa il 3 dicembre perché guarita, ma al momento non è sta effettuata una diagnosi. Alcuni campioni di siero prelevati dal paziente nella fase acuta e dopo la guarigione sono stati inviati all’Iss per le analisi.


QUANDO SARANNO PRONTE LE ANALISI DELL’ISS SUL PAZIENTE DI LUCCA? CHE TIPO DI ANALISI VERRANNO EFFETTUATE? – In assenza di una ipotesi verificata sull’origine dei casi verranno ripetuti i test già effettuati durante il ricovero, e compatibilmente con la quantità di campione ricevuto ne verranno effettuati altri su possibili cause della malattia. Al momento non siamo in grado di definire i giorni necessari al completamento delle analisi, in quanto richiederanno le opportune verifiche di qualità del campione. L’esito degli esami verrà comunicato al Ministero della Salute e alle autorità internazionali.