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Caso Toti, l’imprenditore Spinelli: “Ho detto tutto al gip. Penso di meritare i domiciliari

Caso Toti, l’imprenditore Spinelli: “Ho detto tutto al gip. Penso di meritare i domiciliariGenova , 13 mag. (askanews) – “È andata bene, ho detto tutto. Fate i bravi, mi raccomando”. Lo ha detto l’imprenditore Aldo Spinelli, da martedì agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione, subito dopo l’interrogatorio di garanzia in Procura a Genova.


“Penso di meritarmelo”, cosí l’imprenditore Aldo Spinelli, protagonista dell’inchiesta che ha decapitato la Regione Liguria, ha poi risposto ad un giornalista che gli chiedeva se contasse di uscire dagli arresti domiciliari dopo l’interrogatorio di garanzia in Procura a Genova. Ai cronisti che gli domandavano se avesse chiesto la revoca della misura cautelare, ha replicato: “Quelle cose la fa il mio avvocato”. “Non sono assolutamente preoccupato”, ha poi concluso l’ex patron di Genoa e Livorno.


Ha scelto invece il silenzio, Matteo Cozzani, l’ex sindaco di Portovenere e attuale capo di gabinetto del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione elettorale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa: non ha risposto al gip durante l’interrogatorio di garanzia di questa mattina in Procura a La Spezia.

Liguria, il capo di gabinetto di Toti non risponde al giudice per le indagini preliminari

Liguria, il capo di gabinetto di Toti non risponde al giudice per le indagini preliminariGenova , 13 mag. (askanews) – Matteo Cozzani, l’ex sindaco di Portovenere e attuale capo di gabinetto del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti finito agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione elettorale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, non ha risposto al gip durante l’interrogatorio di garanzia di questa mattina in Procura a La Spezia.


Cozzani, difeso dall’avvocato Massimo Ceresa Gastaldo, è indagato sia dalla Procura di La Spezia che dalla Procura di Genova e anche lo scorso venerdì nel capoluogo ligure si era avvalso della facoltà di non rispondere ma aveva rilasciato dichiarazioni spontanee.

Festa della mamma, Antigone: 20 donne e 23 figli sono in carcere

Festa della mamma, Antigone: 20 donne e 23 figli sono in carcereRoma, 12 mag. (askanews) – “Nonostante gli impegni e nonostante il fenomeno sia di dimensioni limitate, si continua a non voler trovare soluzione al problema delle madri detenute con i loro figli, nella gran parte dei casi con meno di 3 anni. Anzi, con il ddl sicurezza, la situazione potrebbe peggiorare nella previsione, in questo disegno di legge contenuta, di cancellare il differimento della pena per le donne incinte e per le madri con figli fino a un anno di età” A dirlo è Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone.


Al 30 aprile erano 20 le donne recluse con i loro 23 bambini. La maggior parte (5 donne con 6 figli) si trovavano nell’Istituto a Custodia Attenuata per Madri del carcere di Milano San Vittore. In una recente visita dell’Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione nel carcere di Rebibbia femminile a Roma era stata trovata anche una donna in avanzato stato di gravidanza, in attesa di giudizio, in un istituto dove la ginecologa è presente solo due volte alla settimana e dove, di conseguenza, il supporto medico non è garantito con costanza come si richiederebbe in queste fasi. Una situazione, questa, rinvenuta anche in altri istituti e sezioni femminili. “La festa della mamma – sottolinea Susanna Marietti di Antigone – serva anche come elemento di riflessione sul tema delle madri detenute o future madri in attesa. I numeri, dalla pandemia di Covid-19 in poi sono sensibilmente scesi, passando dalle circa 50 presenze alle attuali 20. Un dato minimo, che avrebbe quindi facili soluzioni, che non vengono però percorse. Tra le soluzioni da individuarsi c’è quella delle case famiglia, dove queste madri possano scontare le loro pene, vivendo con i loro figli in un ambiente che non sia propriamente carcerario. Ad ora di queste strutture ne sono sorte solo due, una a Roma, che ospita attualmente 5 madri con 7 bambini, e una a Milano, dove sono ospitate 3 madri con altrettanti bambini. C’è bisogno di investire risorse per garantire che strutture di questo tipo sorgano in altre città, garantendo così l’interesse supremo del minore a mantenere il contatto con la madre e a vivere in un luogo più adatto al suo sviluppo”, continua la coordinatrice nazionale di Antigone.

Papa Francesco: il pianeta è in fiamme, no alla guerra e sì alla pace

Papa Francesco: il pianeta è in fiamme, no alla guerra e sì alla paceRoma, 11 mag. (askanews) – “In un pianeta in fiamme, vi siete riuniti con l’intento di ribadire il vostro ‘no’ alla guerra e ‘sì’ alla pace, testimoniando l’umanità che ci unisce e ci fa riconoscere fratelli, nel dono reciproco delle rispettive differenze culturali”. Così ha detto Papa Francesco che stamane ha ricevuto in udienza i partecipanti al Meeting Mondiale sulla Fraternità Umana organizzato dalla Fondazione Fratelli tutti.


Quindi il Santo Padre ha detto: “In proposito mi vengono alla mente le parole di un celebre discorso di Martin Luther King, quando disse: ‘Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli’. Sì, è proprio così. E allora ci domandiamo: come possiamo, concretamente, tornare a far crescere l’arte di una convivenza che sia davvero umana?”.

Nordio chiude il G7 di Venezia: assoluta concordanza di visione

Nordio chiude il G7 di Venezia: assoluta concordanza di visioneVenezia, 10 mag. (askanews) – Due giorni di “lavoro intenso, proficuo e amichevole”, in “un’atmosfera di assoluta concordia e simpatia” che, sul piano concreto, si è tradotta in “un’assoluta concordanza di visione su una serie di temi essenziali”, al punto che “c’è stato un accordo su tutto. Non formale e di facciata, ma un accordo sostanziale”. Il ministro della a Giustizia, Carlo Nordio, ha chiuso il G7 Giustizia di Venezia esprimendo “grandissima gratitudine nei confronti dei colleghi e grandissima soddisfazione per gli importanti risultati ottenuti”. In cima alla scaletta delle priorità da affrontare, la guerra in Ucraina, “un tema doloroso – ha puntualizzato il Guardasigilli chiudendo la due giorni veneziana – che ha visto tutti noi uniti non solo nel condannare l’aggressione russa ma anche nella conclusione di aiutare l’Ucraina nella sua ricostruzione e soprattutto nella lotta alla corruzione che insidia sempre le opere che richiedono notevole impiego di denaro”. Non a caso, i ministri della Giustizia di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone e Regno Unito riuniti a Venezia insieme all’Attorney General degli Stati Uniti d’America e al vicepresidente della Commissione europea, hanno adottato un documento programmatico: è il “G7 Justice Ministers’ Pledge to Support Anti-Corruption efforts for the Reconstruction of Ukraine”, ossia “l’impegno dei Ministri della Giustizia del G7 a sostenere gli sforzi anticorruzione per la ricostruzione dell’Ucraina”. Come si legge nella dichiarazione congiunta firmata da tutti i partecipanti del G7 Giustizia, “l’ulteriore sviluppo di misure anticorruzione nei settori chiave individuati nel Pledge permetterà all’Ucraina di rafforzare quelle istituzioni e agenzie che sono fondamentali per sostenere lo Stato di diritto e garantire la giustizia”. Tutti d’accordo, dunque, sulla necessità di “applicare sanzioni e altre misure restrittive nei confronti della Russia attraverso la rigorosa applicazione delle nostre rispettive leggi, anche ritenendo responsabili coloro che forniscono alla Russia finanziamenti e beni illeciti in violazione di tali misure”. Tra gli impegni assunti dai ministri della giustizia del G7, anche quello di “sostenere le indagini e le azioni penali volte a garantire l’assunzione di responsabilità per i crimini internazionali commessi in Ucraina e contro di essa a causa della guerra di aggressione della Russia, anche sostenendo le indagini e le azioni penali da parte dell’Ucraina, sostenendo la Corte penale internazionale e altri importanti meccanismi di responsabilità esistenti incentrati sull’Ucraina e conducendo nostre indagini e nostre azioni penali”. La due giorni veneziana ha anche portato alla costituzione del cosiddetto Venice Justice Group, un gruppo di studio “nato qui e che qui avrà il suo battesimo”. La sfida, per dirla con le parole usate dal ministro Nordio, è “rendere omogenea la normativa e l’organizzazione contro la criminalità transnazionale non solo per quanto riguarda la corruzione ma anche il traffico di esseri umani e soprattutto la lotta contro la droga”. Tra gli altri compiti del Venice Justice Group, valutare “l’impatto dell’impiego dell’intelligenza artificiale nel settore della giustizia, riconoscendo che l’utilizzo dei sistemi di IA non deve interferire con il potere decisionale dei giudici o con l’indipendenza giudiziaria”, contrastare “la diffusione di contenuti online illegali e di tutte le forme di disinformazione malevola online” come le fake news, e assicurare maggiore “coordinamento nel settore della giustizia nella lotta alla criminalità organizzata transnazionale, nonché traffico di stupefacenti, tratta di esseri umani e traffico di migranti, compresi i reati ambientali”. Ma per Nordio e gli altri ministri del G7, un “problema epocale” è quello costituto dalla preoccupante diffusione del fentanyl, “una droga letale e perniciosa”, l’ha definita Nordio che ha puntualizzato: “Se non attuiamo un’opera di prevenzione omogenea e severa da parte di tutte le nazioni, soprattutto di quelle del G7, rischiamo una forte diminuzione della nostra stessa democrazia”. Ecco perchè “l’introduzione di nuove sostanze psicoattive, tra cui il fentanyl, i nitazeni ed altre droghe sintetiche – affermano i ministri del G7 nella dichiarazione congiunta conclusiva – costituisce una delle sfide più urgenti che richiedono una più stretta cooperazione giudiziaria internazionale. I ministri della Giustizia del G7 riuniti a Venezia hanno infine ribadito il proprio impegno comune a fornire “risposte efficaci e sostenibili” per contrastare la tratta di esseri umani e il traffico di migranti, “anche nel quadro di un’azione più efficace contro la migrazione irregolare, incoraggiando una maggiore cooperazione tra le autorità responsabili dell’azione penale e quelle giudiziarie”.

Anm: la separazione delle carriere porterà ai pm di governo

Anm: la separazione delle carriere porterà ai pm di governoRoma, 10 mag. (askanews) – “Lo stesso progetto di separazione delle carriere, portato avanti con ostinazione pur dopo che la separazione delle funzioni è stata dilatata all’estremo e con buona pace del favor per la pluralità delle esperienze professionali, reca con sé il germe dell’indebolimento della giurisdizione, almeno quella penale”. Lo ha detto il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, nel corso del suo intervento all’apertura del 36 congresso dell’Anm a Palermo.


“L’indebolimento troverà compimento una volta che il pubblico ministero, separato dalla giurisdizione e collocato in un ideale ma ad oggi sconosciuto spazio di autonomia e di contestuale estraneità all’area dei tradizionali poteri dello Stato, sarà in breve attratto nel raggio di influenza del potere esecutivo, che mal tollera di non poter includere l’azione penale nei programmi di Governo”, ha continuato Santalucia. E “la prospettiva è tutt’altro che una fantasia spesa ad arte per contrastare quel progetto”. “Proprio perché molte democrazie occidentali conoscono la dipendenza del pubblico ministero dal potere esecutivo, sterilizzata nei suoi effetti distorsivi, nella maggior parte dei casi, da culture politiche e architetture istituzionali proprie di quei Paesi, la parabola di un riassetto istituzionale innescato dalla revisione costituzionale non sarà condizionabile nella sua traiettoria dalle dichiarazioni di chi oggi, alfiere della separazione, assicura e rassicura sulla piena indipendenza del pubblico ministero di domani”. Lo ha detto il presidente Santalucia nel suo intervento al congresso Anm.


“Si mette mano alla Costituzione mostrando di non aver compreso il senso di massima garanzia per i diritti dei cittadini dell’attuale impianto, di un pubblico ministero appartenente al medesimo ordine del giudice e accomunato al giudice per formazione e per cultura della funzione – ha continuato – Il messaggio costituzionale, che ora si vorrebbe cestinare, è che nella nostra Repubblica anche la magistratura inquirente non è e non può essere una magistratura di scopo; che essa condivide con la magistratura giudicante lo stesso disinteresse per il risultato dell’azione e del processo, indispensabile premessa per non restare indifferenti rispetto ai diritti e alle garanzie delle persone”.

Caso Falcinelli, il legale della famiglia: presenteremo denuncia a Roma

Caso Falcinelli, il legale della famiglia: presenteremo denuncia a RomaRoma, 10 mag. (askanews) – “Abbiamo riscontrato la massima disponibilità del procuratore capo Francesco Lo Voi e del procuratore aggiunto Ilaria Calò e quindi, nei prossimi giorni, presenteremo una denuncia. Al momento qui a piazzale Clodio c’è solo segnalazione del Consolato”. Così ha detto l’avvocato Francesco Maresca, legale della famiglia di Matteo Falcinelli, dopo l’incontro, negli uffici della Procura di Roma. Nel febbraio scorso – si ricorda – Falcinelli è stato oggetto di un violento arresto a Miami, in Florida, negli Stati Uniti.

Eternit, annullata in Cassazione la condanna a Stephan Schmidheiny

Eternit, annullata in Cassazione la condanna a Stephan SchmidheinyRoma, 10 mag. (askanews) – La Cassazione ha annullato la condanna nei confronti del magnate svizzero Stephan Ernest Schmidheiny, che aveva già ottenuto dalla corte di appello di Torino una riduzione della pena per omicidio colposo ad un anno e 8 mesi di reclusione. La Suprema corte ha rinviato gli atti ad altra sezione dei giudici di seconda istanza.


Il presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, ha spiegato: “Intanto la prescrizione incombe e le vittime rimangono senza giustizia”. Viene “negata la giustizia per Giulio Testore, impiegato nello stabilimento SACA Eternit di Cavagnolo (Torino) e deceduto nel 2008 a causa dell’asbestosi per l’esposizione all’amianto”, si sottolinea in una nota. Per le intossicazioni da amianto, nel 2018, in primo grado, Schmidheiny era stato condannato a 4 anni di reclusione per omicidio colposo. “Oltre a Testore, che aveva respirato il pericoloso minerale negli ambienti di lavoro per circa ventisette anni, era stato preso in esame il caso di Rita Rondano, deceduta nel 2012 per un mesotelioma pleurico a pochi mesi dalla diagnosi. La donna aveva subito una duplice esposizione alla fibra killer: residenziale, poiché abitava a meno di un chilometro dallo stabilimento di Cavagnolo, e da lavoro agricolo poiché svolgeva le sue mansioni su terreni poco distanti dallo stabilimento incriminato, in precedenza contaminati dall’amianto”.


In una nota dell’Osservatorio nazionale amianto si ricorda che “la difesa dell’industriale aveva tuttavia impugnato il provvedimento e in appello, in parziale riforma della sentenza applicata, il magnate svizzero aveva dovuto rispondere esclusivamente della morte di Testore. La pena era stata quindi ridotta a 1 anno e 8 mesi di reclusione, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale. La Corte aveva anche escluso il diritto al risarcimento per i congiunti dell’operaio perché firmatari di una transazione a chiusura di un altro processo penale contro altri dirigenti Eternit”. Così “gli eredi Testore avevano presentato quindi ricorso in Cassazione, ma anche i legali di Schmidheiny, che hanno ottenuto l’esclusione dei risarcimenti in favore degli enti e delle associazioni costituite parti civili, tra cui lo stesso Osservatorio Nazionale amianto. L’avvocato Ezio Bonanni sottolinea: “Non possiamo comprendere, né condividere, la decisione della Corte. Il nostro impegno, comunque, proseguirà in tutte le competenti sedi, per la bonifica, la messa in sicurezza, la tutela medica e risarcitoria di tutte le vittime e dei loro familiari”.

Si scaglia contro i poliziotti a Milano, un agente gli spara alla spalla

Si scaglia contro i poliziotti a Milano, un agente gli spara alla spallaRoma, 10 mag. (askanews) – Questa mattina alle ore 02.20 circa, gli agenti della Polizia Ferroviaria sono intervenuti in piazza Luigi di Savoia a Milano perché un cittadino egiziano di 36 anni, appena uscito dagli uffici Polfer di Milano Centrale dove era stato denunciato per rapina e resistenza a pubblico ufficiale, si era fermato dando in escandescenza e danneggiando arredi urbani.


I poliziotti, spiega in una nota la Questura di Milano, hanno tentato di bloccarlo mentre agitava una sorta di fionda rudimentale fatta da pietre chiuse all’interno di una stoffa e brandiva un pezzo di marmo recuperato da una lastra che poco prima aveva divelto. L’egiziano, sotto effetto di sostanze stupefacenti, si è scagliato con violenza contro gli operatori che, per tutelare la propria e l’altrui incolumità, hanno utilizzato il taser in dotazione nel tentativo di interrompere l’azione e, subito dopo, atteso che continuava ad avanzare, uno degli agenti ha esploso un colpo di pistola di ordinanza colpendolo l’uomo alla spalla sinistra. L’aggressore è stato, quindi, soccorso e portato immediatamente all’ospedale Niguarda dove i sanitari hanno accertato come il proiettile non avesse intaccato organi vitali. Il precedente intervento che aveva portato alla denuncia del 36enne, per rapina e resistenza, era stato effettuato all’esterno della Stazione da una pattuglia dell’Esercito Italiano che aveva richiesto l’intervento della Polfer. L’egiziano aveva rapinato un cittadino marocchino che, portato in ospedale in codice verde a seguito dell’aggressione subita, si era poi allontanato dal pronto soccorso, facendo perdere le proprie tracce.


L’uomo, negativo nella banca dati delle forze di Polizia, era già stato fotosegnalato lo scorso 24 aprile 2024 a Belluno poiché richiedente protezione internazionale con pratica approvata. In precedenza aveva fatto istanza ad Ascoli, dove la pratica era stata rigettata per irreperibilità.

Agente ferito a Milano, Questura: aggressore è pluripregidicato

Agente ferito a Milano, Questura: aggressore è pluripregidicatoMilano, 9 mag. (askanews) – Il 37enne pregiudicato arrestato per il tentato omicidio di un vice ispettore della polizia, accoltellato la notte scorsa alla stazione ferroviaria Milano Lambrate, “ha precedenti per rapina aggravata, furto, lesioni personali, stupefacenti e sequestro di persona, ed è stato condannato per reati in materia di stupefacenti e contro il patrimonio per i quali, dal 2013 al 2020, è stato più volte detenuto nelle carceri di Napoli e Ariano Irpino (Avellino)”.


Lo ha comunicato la questura del capoluogo lombardo, precisando che in merito alla sua posizione amministrativa, il 37enne “è stato fotosegnalato per la prima volta in Italia il 18 dicembre 2002 a Napoli come cittadino marocchino, e da allora si è trattenuto sul territorio nazionale in condizione di irregolarità”. A suo carico, il prefetto di Napoli “ha adottato due provvedimenti di espulsione rispettivamente nel 2004 e nel 2012”. Un altro provvedimento di espulsione è stato emesso nei suoi confronti anche dal prefetto di Avellino a luglio 2023, “quando, stante l’indisponibilità di posti nel Cpr, è stata data esecuzione mediante ordine del questore di Avellino a lasciare il territorio nazionale entro sette giorni”. Durante la sua permanenza in Italia, “l’uomo non era mai stato identificato nella provincia milanese, ma rintracciato e controllato per lo più sul territorio campano”. Nel 2021, l’Ufficio Immigrazione della Questura di Avellino “ha attivato le procedure di identificazione dell’uomo presso il Consolato marocchino, con esito negativo, in quanto la richiesta non ha avuto riscontri dall’Autorità diplomatica di quel Paese”. Infine, il 5 maggio scorso, il 37enn è stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale dagli agenti della Polfer di Bologna.