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Fotografia, torna “PhEST”: la IX edizione dal 30 agosto a Monopoli

Fotografia, torna “PhEST”: la IX edizione dal 30 agosto a MonopoliRoma, 18 giu. (askanews) – Torna a Monopoli, dal 30 agosto al 3 novembre “PhEST – See Beyond the Sea”, festival internazionale di fotografia e arte. La città costiera pugliese si trasformerà ancora una volta in un vivace palcoscenico culturale, accogliendo artisti di fama mondiale e i più originali talenti creativi. Giunto alla IX edizione, “PhEST” si conferma un luogo di dialogo interculturale che si celebra tra le vie, le piazze, i palazzi storici e le antiche chiese, offrendo ai visitatori un’esperienza unica e immersiva.


Il sogno è il tema scelto per questa edizione. Nell’anno in cui si celebrano i 100 anni del Surrealismo, il cui primo manifesto fu scritto proprio nel 1924 da André Breton, si omaggia l’onnipotenza del sogno, il gioco disinteressato del pensiero e lo si esplora in tutte le sue forme. “Le strade sono piene di artigiani ammirevoli, ma di pochi sognatori pratici diceva Man Ray, ma noi quest’anno di sognatori pratici da tutto il mondo riempiremo le strade di Monopoli” ha dichiarato il direttore artistico Giovanni Troilo. PhEST racconterà i sogni e le aspirazioni dei bambini monopolitani con il progetto All Humans Be Cats, realizzato in residenza artistica da Jan von Holleben, fotografo tedesco di fama internazionale che dedica gran parte della sua ricerca al concetto di “homo ludens”, un mix di teoria pedagogica e personali esperienze di gioco e ricordi d’infanzia. Il progetto di residenza ha coinvolto 800 bambini dei 4 Istituti Comprensivi di Monopoli che in questi mesi hanno proposto i loro sogni per poi trasformarli in divertenti e allegorici scatti fotografici con i bambini protagonisti. Il progetto fotografico sarà esposto al Porto Vecchio di Monopoli per tutta la durata del festival.


Artisti e professionisti da tutto il mondo – selezionati dal direttore artistico Giovanni Troilo con la curatela fotografica di Arianna Rinaldo – hanno già confermato la propria partecipazione in mostre, masterclass, portfolio review, concerti, installazioni, aprendosi alla comunità dei tanti creativi e appassionati che ormai tutti gli anni raggiungono il centro storico di Monopoli. PhEST esporrà i sogni simbolici di una comunità con i lavori di Gauri Gill e Rajesh Vangad, i sogni di appartenenza di Ismail Ferdous e Matthias Jung; i sogni letteralmente immersivi di Natalie Karpushenko, le rivisitazioni delle cantiche dantesche di Valentina Vannicola, l’American Dream, un sogno al capolinea, con il lavoro di Richard Sharum, i mondi onirici, dipinti, realizzati, interpretati, fotografati di Paolo Ventura, l’epilogo dei sogni con il progetto sul sogno dei migranti di César Dezfuli. La curatela dell’arte contemporanea è affidata anche per questa edizione a Roberto Lacarbonara che, per questa edizione dedicata al tema del sogno ha coinvolto Davide Monaldi, ceramista e scultore, che propone il suo immaginario ironico e cinico composto da figure ibride e aliene. Tra gli ospiti italiani e internazionali che prenderanno parte alla IX edizione di PhEST: Jan von Holleben – “All Humans Be Cats”, Residenza d’artista PhEST 2024.


L’inaugurazione sarà il 30 agosto in Piazza Palmieri con il DJ set di Mary Gehnyei che darà il via a una serie di eventi musicali. Il 31 ci sarà il concerto dei C’mon Tigre, un duo che prende ispirazione da culture, tradizioni e forme d’arte differenti con l’idea di oltrepassare i confini e di tradurre la propria musica in un’esperienza visiva, collaborando con alcuni dei più talentuosi illustratori, fotografi ed artisti di tutto il mondo. Sul tema del sogno si apre la IV edizione della PhEST Pop Up Open Call, contest internazionale realizzato in collaborazione con LensCulture, una delle piattaforme più autorevoli per la promozione dei talenti della fotografia contemporanea nel mondo con una comunità di oltre 2,5 milioni di partecipanti, in 145 paesi e attraverso 15 lingue in tutto il mondo. Dal 17 al 30 giugno potranno essere inviati lavori intensi, intimi e profondi interpretati con ogni linguaggio, tutti i media, immagini fisse o in movimento, dalla fotografia all’illustrazione, al collage, all’animazione. L’iscrizione è gratuita e prevede 2 categorie: Series (immagini fisse, illustrazioni) e Singles (video, animazione).

La Biennale Teatro 2024, spazio di desiderio e meraviglia

La Biennale Teatro 2024, spazio di desiderio e meravigliaVenezia, 17 giu. (askanews) – “Se non riusciamo a immaginare un mondo migliore e più armonioso, non avremo mai i mezzi necessari per ricostruirlo”. Sono partiti da qui i due direttori Stefano Ricci e Gianni Forte per dare vita alla 52esima edizione della Biennale Teatro, intitolata “Niger et Albus”, al termine di un quadriennio di direzione artistica contraddistinto dai colori. Un festival che continua a indagare i confini del teatro di oggi e apre spazi a giovani autori accanto a grandi nomi della scena internazionale.


“E’ il teatro contemporaneo, ma il teatro in genere è abbottonato a quella che è la nostra esistenza e l’esistenza è mutevole, quindi cercare di ingabbiare o di comprendere se c’è quel tipo di teatro o un altro. Il teatro è il tempo che abitiamo e quindi adottiamo quelli che sono gli strumenti a disposizione. E il teatro di oggi sicuramente sembrerà obsoleto fra cinque anni, proprio perché si nutre di tutto quello che riusciamo a respirare intorno a noi, fuori dal teatro. Quindi credo di lasciare quella che è una radiografia di quelli che sono stati questi quattro anni, delle possibilità che il teatro offre a livello planetario”. Stefano Ricci, nel tracciare un’immagine della scena contemporanea in qualche modo traccia anche un bilancio complessivo del quadriennio, nel quale la Biennale Teatro si è mossa con coraggio e attenzione a tante voci diverse. Anni che hanno cambiato anche gli stessi direttori, come ci ha detto Gianni Forte: “Questi quattro anni mi sono serviti tantissimo per poter fare un esame anche su me stesso. Sono anni che mi hanno aiutato a capire tante cose, di cose che avevo messo da parte, di cose che avevo nascosto dentro di me e non avevo il coraggio di tirare fuori. Credo che questi anni mi abbiano aiutato molto a riprendere fiducia in me stesso, è una cosa che avevo un po’ trascurato”.


La Biennale Teatro del 2024 si è aperta con il collettivo anglo tedesco Gob Squad Theatre e il suo spettacolo “Creation”, irrefrenabile riflessione sulla vita, il tempo, l’opera d’arte e il senso del palcoscenico.Uno spettacolo che traduce la volontà del festival di essere “uno spazio di desiderio, meraviglia, crocevia di dibattiti e confronti”. Che è probabilmente la cosa migliore che ci possiamo augurare.

Al Vittoriale in mostra le opere di Luisa Menazzi Moretti sugli ultimi anni di D’Annunzio

Al Vittoriale in mostra le opere di Luisa Menazzi Moretti sugli ultimi anni di D’AnnunzioRoma, 16 giu. (askanews) – L’ossessione per il sesso, i rapporti sovente tossici ed esaltati con le donne, la spavalderia, il cinismo, l’angoscia, la follia, la dipendenza dalla cocaina e la conseguente malattia, sono tema del ciclo fotografico con cui Luisa Menazzi Moretti partecipa a Il Vittoriale delle italiane, originale progetto dedicato a Gabriele D’Annunzio che verrà presentato al Vittoriale degli italiani di Gardone Riviera all’interno della VII edizione del Brescia Photo Festival, promosso da Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, in collaborazione con il Ma.Co.f – Centro della Fotografia Italiana.


La mostra – che si può ammirare fino al 30 settembre – a cura di Renato Corsini, direttore artistico del Brescia Photo Festival, espone gli scatti di 10 artiste, invitate a reinterpretare con il proprio stile il mito del Vate, con un lavoro site-specific in quella che fu l’ultima dimora del grande poeta.Insieme a Luisa Menazzi Moretti in mostra ci saranno Maria Vittoria Backhaus, Mariagrazia Beruffi, Patrizia Bonanzinga, Giusy Calia, Silvia Camporesi, Alessandra Chemollo, Caterina Matricardi, Antonella Monzoni e Ramona Zordini, 10 tra le fotografe italiane più talentuose e affermate.


Luisa Menazzi Moretti intitola il suo progetto “Ricordo, Rivedo” e sceglie due artifici: da un parte decide di scattare le immagini nel parco, per sentirsi meno vincolata dai ricordi d’infanzia, perlopiù legati agli interni degli edifici (il Vittoriale confina con il giardino botanico che fu del bisnonno Arturo Hruska, nella cui casa, da ragazzina, la fotografa soggiornò a lungo e spesso); dall’altra, decide di dare alle sue opere un’impronta astratta, quasi pittorica, “colorando” gli sfondi con campiture piatte di giallo e rosso – le tinte delle pareti esterne degli edifici del Vittoriale – in questo modo enfatizzandone i dettagli.(segue) L’autrice specifica che ogni fotografia è accompagnata e ha relazione con brani tratti dall’ultima opera del Vate, Il libro segreto, pubblicato nel 1935, ultima grande prova di D’Annunzio, ormai recluso nel suo eremo.


“Con la scelta di questa opera, – sottolinea l’artista- ho voluto incentrare il mio interesse sugli ultimissimi anni del grande poeta, più che su tutto il periodo passato al Vittoriale: anni difficili in cui si alternano lucidità, depressione, narcisismo, consapevolezza del proprio stato, esaltazione, desiderio di vita e di morte”.Fanno eccezione i brani che accompagnano Eremo, prima immagine della serie, Motti, dove la fotografa raccoglie i motti in latino e greco che si trovano nel parco, li traduce in italiano per farne una sorta di “filastrocca” e, infine, Memoria, ultima opera che chiude la serie, dove Menazzi Moretti decide di ribaltare i ruoli per dar voce, quale ultima testimonianza, ad alcune donne e muse che furono importanti nella vita di D’Annunzio. Le loro parole dichiarano quanto, infine, esse furono consapevoli del peso di quella relazione e, dunque, capaci di intraprendere un’ascesa liberatoria.


 

Biennale Teatro, Consegnato Leone Argento a collettivo Gob Squad

Biennale Teatro, Consegnato Leone Argento a collettivo Gob SquadVenezia, 16 giu. (askanews) – Il collettivo artistico anglo-tedesco Gob Squad ha ricevuto il Leone d’argento della 52esima edizione della Biennale Teatro di Venezia. La cerimonia si è tenuta nel salone d’onore di Ca’ Giustinian.


“Tutto può succedere, e di solito succede di tutto. Ogni spettacolo è assolutamente un unicum. Ballati, suonati, cantati, i loro lavori, da cui si esce così come dopo i postumi di una sbornia, sono un’occasione irripetibile per condividere passioni e desideri”, hanno scritto i direttori della Biennale Teatro Stefano Ricci e Gianni Forte a proposito degli spettacoli di quei “guerrieri della performance” (Arts Journal) che sono i Gob Squad, un collettivo artistico nato a Nottingham nel 1994 e incoronato a documenta X di Kassel solo tre anni dopo. E proseguono i direttori motivando il Leone d’argento: “Le loro personali esplorazioni, definite Live Art, o meglio Life Art, sono permeate da un’acuta visione della società, in relazione all’esistenza urbana contemporanea, dove autenticità e illusione, utopia e banalità, immediatezza e macchine teatrali, vita reale e media, entrano continuamente in rotta di collisione. Così, improvvisando, servendosi sia in teatro che in ambiti site-specific delle quattro R, ovvero i quattro passe-partout (Rischio, Regole, Ritmo, Realtà) per sviluppare strategie inaspettate, sorprendersi, sfidare loro stessi e saper reagire agli eventi casuali all’interno di una drammaturgia, giocando con la percezione di ciò che è familiare e trasformando la vita quotidiana in un’epopea, i Gob Squad offriranno al pubblico – invitandolo ad andare al di là del tradizionale ruolo di spettatore passivo – la possibilità di brillare come testimone diretto e attore principale di questo rito”.

Armando Testa a Ca’ Pesaro, l’artista (vero) nel pubblicitario

Armando Testa a Ca’ Pesaro, l’artista (vero) nel pubblicitarioVenezia, 16 giu. (askanews) – Una grande monografica che ricostruisce la carriera di Armando Testa, con le più celebri delle sue creazioni pubblicitarie, ma anche una consapevole immersione nella forza del suo lavoro come artista che, con il senno di poi, possiamo dire essere stato spesso in anticipo sui tempi. Ca’ Pesaro a Venezia apre le sue grandi sale all’ippopotamo Pippo e ai manifesti che hanno fatto la storia del costume popolare, ma pure a grandi murales e fotografie ossessive. A curare l’esposizione anche la moglie Gemma De Angelis Testa.


“Nonostante abbia seguito tutte le mostre di mio marito – ha detto ad askanews – ogni volta è un’emozione fortissima. Questa in maniera particolare perché ci ha lavorato anche un curatore straniero, inglese, un direttore di un museo, che comunque ha portato qualche cosa che non c’era forse nelle altre mostre. Una leggerezza, una freschezza, tantissime cose. Trovo che la mostra sia molto commuovente, quindi c’è lui, ma c’è lui oggi”. Alla curatela ha lavorato anche Tim Marlow, direttore del Design Museum di Londra. “È il genio di Testa – ci ha detto – può prendere qualcosa e farne un punto molto specifico, ma ha anche una risonanza universale. È un’intelligenza visiva, una poesia visiva. Lui inizia a fare l’artista da graphic designer e le due cose sono molto collegate”.


La sensazione più forte, pur a fronte delle icone storiche entrate nell’immaginario collettivo, è che la mostra trasporti lo spettatore non nel passato, ma in un presente che guarda anche al futuro, dal punto di vista della pratica, così come della consapevolezza sociale del lavoro creativo. Elisabetta Barisoni, direttrice di Ca’ Pesaro: “Assolutamente Armando Testa – ci ha spiegato – ha anticipato l’idea che non ci sia una soluzione di continuità tra le discipline, che per noi, intendo noi dalla generazione mia in poi, è abbastanza scontato. Per questo poi Armando Testa piace tantissimo anche ai giovani, che non lo hanno vissuto in televisione, non hanno vissuto nelle pubblicità, nei jingle, nei manifesti… veramente ha portato a un’altra dignità l’idea del creativo, del grafico, del pubblicitario”.


“Non si sentiva un pubblicitario – ha chiosato Marlow – si poteva permettere il lusso dell’ambiguità, e con l’ambiguità giocava con l’arte, ma ha sempre giocato anche con la pubblicità”. E il gioco funziona, è accattivante e strano, alcune sale sono rassicuranti, altre mettono più a disagio e in questo intreccio di ambiguità, appunto, la mostra veneziana diventa interessante e viva.

Al via la mostra di Marino Marini al Forte di Bard

Al via la mostra di Marino Marini al Forte di BardRoma, 15 giu. (askanews) – All’opera “Gentiluomo a cavallo”, concessa in prestito dalla Camera dei deputati, è stata assegnata la copertina del catalogo della mostra di Marino Marini, che aprirà oggi, sabato 15 giugno, fino al 3 novembre, al Forte di Bard.


La scultura è infatti tra i pezzi più rappresentativi della monografica dal titolo “Arcane fantasie”, organizzata in collaborazione con Sole24Ore Cultura e con il Museo Marino Marini di Firenze. Curata da Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento di Firenze, la mostra punta l’attenzione sulle principali fonti di ispirazione di Marini e sui temi ricorrenti della sua ricerca, presentando 23 sculture in tecnica mista e 39 opere su tela e carta. L’opera bronzea di Montecitorio ha dimensioni di 125x156x85 centimetri ed è stata realizzata nel 1937. L’attività dei prestiti di opere d’arte si inserisce nel contesto delle iniziative volte a valorizzare il patrimonio artistico della Camera, a beneficio dei cittadini ed appassionati, e a fini di studio. Funzionale a questo scopo è anche il portale arte.camera.it che consente un viaggio virtuale tra le opere (con relative informazioni) custodite dalla Camera sia a titolo di deposito temporaneo che a titolo di proprietà.


La scheda della scultura di Marini esposta a Forte di Bard è consultabile all’indirizzo: https://arte.camera.it/Camera-OA/detail/IT-CD-GA-OA-000002148/gentiluomo-cavallo.

Al via il 15 giugno la 52esima edizione della Biennale Teatro

Al via il 15 giugno la 52esima edizione della Biennale TeatroVenezia, 14 giu. (askanews) – Inizia domani, sabato 15 giugno (fino a fine mese), Niger et Albus il 52esimo Festival Internazionale del Teatro della Biennale di Venezia, diretto da Stefano Ricci e Gianni Forte (ricci/forte). “Un’avventura straordinaria”, promettono i direttori al quarto anno di mandato, il Festival animerà la città di Venezia e Forte Marghera con 130 artisti, 55 appuntamenti, 16 prime, di cui 7 produzioni e coproduzioni della Biennale.


“Se non riusciamo a immaginare un mondo migliore e più armonioso – scrivono i direttori – non avremo mai i mezzi necessari per ricostruirlo. Niger et Albus diviene allora, in questa 52esima edizione del Festival, la promessa di una nuova luce che si fa strada: ricca di performance e spettacoli magnetici, proseguirà ad appartenere a tutti noi interfacciandosi con le nostre essenze, la curiosità, le nostre aspirazioni, le contraddizioni, le nostre vulnerabilità per stupirci raccontando la metamorfosi di un mondo in perpetuo movimento. Con energia inventiva, la poliedricità delle proposte più eterogenee, il Festival offrirà un’avventura senza uguali, rimanendo per gli spettatori uno spazio di desiderio, meraviglia, crocevia di dibattiti e confronti, irradiando risolutamente la vitalità della città di Venezia, e non solo”. La nuova creatività trova spazio nel festival con drammaturghi, registi, performer, giovani artisti selezionati per Biennale College. E’ il caso di Stefano Fortin e Carolina Balucani, autori rispettivamente di Cenere e Sleeping Beauty, testi che, dopo le letture sceniche dello scorso anno, debuttano in forma compiuta per la regia di Giorgina Pi e Fabrizio Arcuri. Sempre sul fronte della drammaturgia, quest’anno sarà la volta di Rosalinda Conti con Così erano le cose appena nata la luce, di cui si vedrà la lettura scenica curata da Martina Badiluzzi; mentre Eliana Rotella e il suo Livido verrà visto sempre sotto forma di lettura scenica per mano di Fabio Condemi.


Anche Ciro Gallorano, dopo una serie di tappe di avvicinamento da cui esce vincitore del College Registi, presenterà sul palcoscenico del festival il suo Crisalidi, “un’indagine intima attorno alle grandi domande evocative di Francesca Woodman, in risonanza con le inquietudini dell’oggi”. Fresco di nomina sul fronte della performance site specific è, infine, Elia Pangaro con Bolide | deus ex machina, “un lavoro sulla velocità che caratterizza il nostro tempo annullandone il senso”, che si vedrà in azione in Via Garibaldi.


I “game-changer” della scena contemporanea, compagnie che sono espressione di nuove forme della teatralità e un nuovo modo di essere spettatori, saranno ospiti della Biennale. Back to Back Theatre, la pluripremiata formazione australiana che trova nella disabilità uno strumento di indagine artistica, vincitrice del Leone d’oro alla carriera, sarà per la prima volta in Italia alla Biennale con un suo spettacolo, Food Court. Gob Squad Theatre, il collettivo anglo-tedesco che riceverà il Leone d’argento, sarà presente con due opere emblematiche: Creation (Picture for Dorian) ed Elephants in Rooms, installazione visiva a schermi multipli. Sulla stessa lunghezza d’onda l’ensemble lituano – costituito dalla scrittrice Vaiva Grainyté, la musicista Lina Lapelyté, la regista Rugile Barzdžiukaité e già premiato con il Leone d’oro per il miglior padiglione alla Biennale Arte 2019 – presenterà Have a Good Day!, un’opera per dieci cassiere di un supermercato e pianoforte che è un affondo sottilmente eversivo dei nostri riti consumistici. Il regista e drammaturgo iraniano Amir Reza Koohestani, da anni presente sulle maggiori scene d’Europa, sarà a Venezia con il suo ultimo spettacolo, Blind Runner, dove il corpo a corpo ad alta tensione psicologica tra un uomo e una donna si intreccia alla storia di oppressione del suo paese.


L’attore, autore, regista affermatosi sulla scena non solo britannica per la forza dei suoi testi, Tim Crouch, sarà in scena con Truth’s a Dog Must to Kennel nella parte del Fool di Re Lear, dando corpo e voce all’ultimo tassello di un ciclo di monologhi, spin-off di commedie e tragedie del Bardo che affrontano Sheakespeare dalle retrovie, ricorrendo allo sguardo dei personaggi minori. Luanda Casella, regista, scrittrice e performer brasiliana residente a Gent, riscrive l’Orestea concentrandosi su Elettra. L’artista e regista svedese Markus Öhrn che con Karol Radziszewski, fotografo e artista polacco, denuncia in Phobia la violenza e gli stereotipi attorno alle minoranze di genere. L’artista multidisciplinare Miet Warlop torna a Venezia con il suo magico mondo dove tutto, persone e oggetti, è pronto ad animarsi e trasformarsi nelle più strane creature, come in After All Springville. Reduci dal successo parigino per l’installazione Bar Luna, realizzata al Centre Pompidou con Alice Rohrwacher, la regista Claudia Sorace e il drammaturgo e sound artist Riccardo Fazi, nucleo artistico di Muta Imago, affrontano per la prima volta un classico del teatro, Tre sorelle di Cechov. Milo Rau e il suo teatro militante a Venezia riserva la prima nazionale di Medea’s Children, che prende spunto, ancora una volta, da un vero e proprio caso criminale, per intrecciare tragedia moderna e tragedia classica. Gob Squad, Vaiva Grainyté, Lina Lapelyté, Rugilé Barzdžiukaité, Davide Carnevali, Tim Crouch, Muta Imago, Gianni Staropoli saranno, inoltre, artisti in residenza per le masterclass che integrano il programma del festival. Uno sguardo approfondito su tutti gli aspetti del fare teatro oggi.

Art Basel, il mercato dell’arte vale 65 miliardi di dollari

Art Basel, il mercato dell’arte vale 65 miliardi di dollariBasilea, 14 giu. (askanews) – È la fiera d’arte più importante al mondo ed è anche il momento in cui tutti gli attori della scena contemporanea si ritrovano e in qualche modo danno il polso della situazione. Art Basel è un grande evento economico, ma anche uno spazio per progetti che vanno oltre, come per esempio il campo di grano di Agnes Denes o le grandi installazioni museali della sezione Unlimited. Ma il focus principale restano i galleristi.


“Abbiamo 285 gallerie che provengono da 40 Paesi e territori in tutto il mondo – ha spiegato Vincenzo de Bellis, direttore fiere e piattaforme espositive di Art Basel – ci sono 22 nuove partecipazioni e nella sezione Unlimited esponiamo 70 progetti”. L’atmosfera è frizzante, la città di Basilea offre, oltre la fiera, altre grandi mostre come la magnifica collettiva alla Fondazione Beyeler, che esplora i confini del presente, o l’esposizione dedicata a Dan Flavin al Kunstmusem, dove i neon dell’artista americano brillano sulle nostre percezioni. Ma Art Basel è poi l’occasione anche per misurare il valore del mercato dell’arte, che negli ultimi mesi ha sofferto soprattutto per le vicende geopolitiche.


“Il mercato ha avuto una flessione del 4 per cento all’incirca – ha detto Eric Landolt, specialista del mercato dell’arte di UBS – ma si attesta ancora sui 65 miliardi di dollari, che è una cifra molto significativa”. Così come significativa è l’attenzione globale intorno alla fiera, a testimonianza della costante, seppur complessa, vitalità del sistema dell’arte

Scuola,Treccani: libertà,memoria, solidarietà parole chiave per studenti

Scuola,Treccani: libertà,memoria, solidarietà parole chiave per studentiRoma, 14 giu. (askanews) – “Libertà, difesa della memoria, inclusione e solidarietà”. Sono queste le parole scelte da 1500 alunni della scuola secondaria di secondo grado italiana nell’ambito di un progetto del Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM), portato avanti durante l’anno scolastico, per la “Promozione del libro e della lettura”, promosso dalla Fondazione Treccani Cultura ETS e da Edulia Treccani Scuola, polo ed-tech del Gruppo


Oltre 1500 studentesse e studenti di 12 scuole secondarie di secondo grado, distribuite in tutta Italia, hanno scelto come parole chiave di questa epoca Libertà, Futuro, Memoria, Inclusione e Solidarietà, nell’ambito di un progetto del Ministero dell’Istruzione e del Merito, portato avanti durante l’anno scolastico, per la “Promozione del libro e della lettura”, promosso dalla Fondazione Treccani Cultura ETS e da Edulia Treccani Scuola, polo ed-tech del Gruppo. Al primo posto della cinquina scelta dagli alunni la parola Libertà, votata da 500 studenti, seguita a pari voti da Futuro e Memoria, 375, e Inclusione e Solidarietà con 125 voti.


“Questa scelta – commentano Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, condirettori del Dizionario dell’italiano Treccani – dimostra quanto siano attenti i giovani all’attualità e alla realtà che ci circonda, anche dal punto di vista lessicale. Libertà, essere libero, non poter rinunciare alla libertà, in contrapposizione a schiavitù e prigionia, è un termine che ricorre sempre più spesso nel dibattito ed esprime il desiderio di pensare, operare e scegliere in modo autonomo la propria vita, tipico delle nuove generazioni. Ma il risultato della ricerca promossa dall’Istituto della Enciclopedia italiana nelle scuole conferma ancora una volta la rilevanza linguistica per i giovani di un futuro sostenibile, della conservazione della memoria storica e della diffusione di una sensibilità sociale fatta di solidarietà e inclusione”. Con il progetto “Ti Leggo. Viaggio con Treccani nelle forme della lettura”, Treccani Cultura vuole favorire la diffusione e la promozione del libro e della lettura attraverso una rassegna di iniziative culturali rivolte alle studentesse e agli studenti delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado, che prevede una riflessione con alcuni dei più importanti autori delle voci dell’Istituto della Enciclopedia italiana. Libertà è stata affidata a Filippo La Porta (Intellettuali, Treccani libri)Futuro è stata affidata a Gianluca Genovese (Rinascimento digitale, Treccani libri) Inclusione a Piero Sorrentino (Seconde generazioni, Echi Treccani)Memoria a Davide Grippa (Giacomo Matteotti, Treccani) Solidarietà a Sara Sanzi (Solidarietà, Treccani libri)

Il mistero e il racconto, cosa ci dicono le fotografie

Il mistero e il racconto, cosa ci dicono le fotografieMilano, 13 giu. (askanews) – La fotografia è un medium che vive soprattutto di mistero. Mistero per alcune immagini enigmatiche, certo, ma anche perché, come il XX secolo e gli ultimi due decenni hanno ampiamente dimostrato, è caduto del tutto il velo intorno alla pretesa oggettività del medium, e questo in molti casi vale perfino per i grandi fotoreportage. Per questo, quando si parla di fotografia come arte contemporanea, certo, ma non solo, “leggere” un’immagine è un lavoro che ha profondamente a che fare con la letteratura, con l’interpretazione (individuale, non imposta, come insegna Susan Sontag), con l’invenzione. E così il libro “La foto mi guardava” di Katja Petrowskaja, che esce per Adelphi, è un piccolo viaggio fatto di decine di storie legate ad altrettanti scatti, storie che sono racconti sospesi tra documentazione e fiction, tra dati e pensieri. Il genere ha un nome che mette un po’ soggezione: ecfrasi. Ma nei fatti la scrittrice ci offre pezzi di vita, indagini psicologiche o cronache che hanno lo stile di una short story raffinata, a volte felice, a volte drammatica o pericolosa. Scrivere, in fondo, questo fa.


Dal minatore del Donbass, che dà il titolo al libro, perché il soggetto di quella foto effettivamente sembra guardare tutti noi da lontanissimo, ma con una chiarezza quasi inquietante, alle campagne della Georgia: da Robert Frank all’immagine dei manoscritti di Kafka, Petrowskaja ripete insieme frammenti che vengono dal contesto dell’immagine, dalle sue vicende personali e culturali e dalla sua immaginazione. Il mistero non si risolve, per fortuna, ma abbiamo la possibilità di viverlo più in profondità, di esserne parte in modo più significativo. E spesso i brevi racconti sono dirompenti perché riportano attenzione sulla dimensione umana della storia, ma sono anche cronache di atti, come l’azione artistico-politica di Per Pavlenskij che ha dato fuoco al portone della Lubjanka a Mosca – storica sede dei servizi segreti zaristi, sovietici e poi della Russia putiniana – e per questo a, volutamente, essere accusato di terrorismo. La fotografia rappresenta l’opera, se volete, in maniera meravigliosa, ma l’opera porta in sé anche le conseguenze, la detenzione, la violenza, la repressione. Il nostro stare, come diceva ancora Sontag, “davanti al dolore degli altri”, è evidente con non può in nessun modo essere neutro. Letteratura, dicevamo, ovvero la continua compromissione con i fantasmi del mondo fuori (e ovviamente dentro) di noi. Cui le fotografie hanno il potere complesso di farci avvicinare. (Leonardo Merlini)