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Incantesimi, sorelle e invocazioni: il paesaggio di Chiara Camoni

Incantesimi, sorelle e invocazioni: il paesaggio di Chiara CamoniMilano, 20 feb. (askanews) – È certamente una sorta di paesaggio fantastico che nasce dal quotidiano, dal ribaltamento delle prospettive e da un senso di incantesimo diffuso. È anche un nuovo modo di guardare allo spazio espositivo dello Shed di Pirelli HangarBicocca a Milano, inondato dalla luce come quasi mai prima d’oggi era capitato di vedere. La mostra personale di Chiara Camoni intitolata “Chiamare a raduno – Sorelle. Falene e Fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse” ha qualcosa di semplice, nella sua orizzontalità di topografia, ma è proprio questa sorta di mappa mentale e fisica a tracciare le coordinate di un possibile incantesimo che in qualche modo presiede alla convocazione delle opere.


“Questo tipo di meraviglia – ha detto l’artista nata a Piacenza nel 1974 ad askanews – è ciò che io mi auguro le mie opere possano suscitare al pubblico. Non sono il risultato di un progetto, di un percorso razionale, ma io credo di una zona più inconscia, più ombrosa che dà forma alle opere. Io stessa posso dire che le trovo e non so esattamente cosa trovo e quindi sono per me degli incontri”. La dimensione della mostra, che è curata da Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli, è collettiva e naturale. Le figure delle “Sisters”, antropomorfe o zoomorfe, nascono dall’accumulo, ma portano dentro di loro anche la forza del rituale e la metamorfosi concettuale dei materiali con cui sono composte, soprattutto la ceramica, ma anche ferro, plastica, oggetti trovati. Sono proto-divinità del femminile e insieme a loro volta invocano un’idea di comunità e rivendicazione identitaria.


“C’è un piacere nella trasformazione – ha aggiunto Chiara Camoni – nel prendere la materia, dare forma, toglierla e ridarla di nuovo. C’è una trasformazione che avviene a livello dei gesti, a livello della materia e c’è una trasformazione che avviene anche a livello simbolico. Sono che sotto un altro punto di vista rivelano immagini inedite”. Nella mostra sono importanti anche gli animali, dalle leonesse ai cani per arrivare a serpenti realizzati con comuni ciotole di porcellana, che diventano essi stessi elementi di un paesaggio dove il noto e il comune prendono forme nuove, sfocate e, in certi momenti e con certe condizioni di luce, preziose. Come il continuo ripensare se stesso che porta avanti Pirelli HangarBicocca, spazio espositivo in movimento e capace di non avere paura di cambiare e rimettersi in gioco ogni volta.

A un anno dalla scomparsa l’evento per ricordare Doina Botez a Roma

A un anno dalla scomparsa l’evento per ricordare Doina Botez a RomaRoma, 13 feb. (askanews) – “Doina Botez. Per ricordare. Il coraggio dell’espressione”: un anno dalla scomparsa dell’artista romena, il 20 febbraio a Roma, nella sede dell’Ambasciata di Romania, si svolgerà la commemorazione.


Nell’ambito dell’evento moderato da Giuseppe Rippa, direttore “Quaderni Radicali” e organizzato dall’ambasciata di Romania in Italia, in partenariato con l’Accademia di Romania in Roma e l’Associazione Culturale Doina Botez di Roma, interverranno: Gabriela Dancau, Ambasciatore di Romania in Italia, Ana Blandiana, poetessa, la professoressa Magda Cârneci, critico d’arte, poetessa e pubblicista, il professor Mihail Dobre, diplomatico e storico (intervento on-line), il professor Flaminio Gualdoni, critico e storico dell’arte (intervento on-line), Adrian Iancu, presidente dell’Associazione Culturale “Doina Botez” e il professor Bruno Mazzoni, docente dell’Università di Pisa. Durante l’evento sarà esposta al pubblico presente l’opera “Cosmar” (Incubo) firmata dall’artista romena Doina Botez. Si tratta di un dipinto pensato come omaggio a Eugen Ionescu, con riferimento alla sua famosa opera teatrale “I Rinoceronti”. Il tema dell’opera teatrale riflette le preoccupazioni artistiche e spirituali dell’artista, costanti e ricorrenti in ogni periodo della creazione. Il motivo del rinoceronte, il ciclo l’Allegoria del Gatto Arpagic o il ciclo del Mito di Leda testimoniano questo interesse altrettanto estetico e impegnato dell’artista per la storia dell’arte e per la Sua ferma posizione contro il totalitarismo.


Appartenente in uguale misura allo spazio culturale romeno e italiane e scomparsa prematuramente lo scorso anno, Doina Botez è stata un’artista apprezzata e amata tanto in Italia, quanto nel suo paese d’origine: la Romania. Il legame con l’Italia è sempre stato forte. Dopo l’inizio della sua carriera in Romania nel 1984 le venne conferita una borsa di studio, in Italia, nel quadro dell’accordo culturale italo-romeno. L’artista riuscì ad esprimere, nella sua opera, anche alcuni aspetti tragici della dittatura, fino alle ammonizioni per le illustrazioni dei versi della poetessa dissidente Ana Blandiana. In seguito, le autorità comuniste misero a bando la sua attività professionale nel campo dell’illustrazione di libri e questo è il momento cruciale che determinò la sua decisione di lasciare il Paese natio.


A novembre del ’89, un solo mese prima della caduta del regime comunista, partì per l’Italia: ha vissuto e lavorato a Roma dedicancodi esclusivamente all’attività di pittura e grafica e nel 2004 divenne cittadina italiana.

Gli universi del possibile: Wayne McGregor tra clima e visioni

Gli universi del possibile: Wayne McGregor tra clima e visioniMilano, 18 feb. (askanews) – Ci possono essere misteri e viaggi nello spazio e nel tempo; ci possono essere divinità divisive e segni magici; c’è una danza d’impianto tradizionale calata in un contesto fantascientifico; ci sono i corpi e la tecnologia; c’è la poesia e forse la storia del passato e del futuro; c’è la crisi climatica, c’è il buio, ma può esserci anche una speranza. Oppure potrebbe esserci molto altro, molte narrazioni diverse, molte visioni diverse. Unite però da un racconto coreografico e visuale che ha la forza di andare oltre e di mettere in scena l’urgenza del tempo che viviamo e di quello che potremmo (non) vivere ancora. Lo spettacolo “UniVerse: A Dark Crystal Odyssey” del coreografo britannico, e attuale direttore della Biennale Danza di Venezia, Wayne McGregor è uno spettacolo dalla straordinaria scenografia e dalle vaste profondità. Portato anche in Triennale Milano in occasione del FOG Festival, ha mostrato ancora una volta come oggi si possa ripensare l’idea stessa di palcoscenico, senza togliere la centralità dei corpi e dell’azione dal vivo, ma integrandola con le risorse della tecnologia e con un gioco sui piani di scena che genera una sorta di spettacolo nello spettacolo, non nel senso shakespeariano classico, ma in quello visivo e narrativo. Le immagini che appaiono davanti e alle spalle dei danzatori sono parte della storia, sono amplificatori, sono in certi casi veri e propri oggetti. Ma al tempo stesso sono spirito, sentimento, aspirazione, contrappunto e a volte sono tutto, come una grande oggetto gravitazionale dalla incommensurabile forza attrattiva.


Lo spettacolo di McGregor parla di clima, di un pianeta malato e di un’umanità che si divide, parla di paure contemporanee e antichissime, dello sguardo verso il cielo e le sue profondità scientifiche che vanno oltre la comprensione. Parla di uomini e viaggiatori, pronti ad andare, come cantava Battiato, “alle porte di Sirio”, ma anche, sulla scorta del film “The Dark Crystal” di Jim Henson al quale si ispira, della rottura dell’equilibro universale e delle conseguenti divisioni che si creano. Da qui le molte scene di scontro che caratterizzano la coreografia, da qui la tensione, resa più dolorosa dalla consapevolezza di un tempo che diventa sempre più breve, sempre più rischioso per noi. Ma poi arrivano le stelle, le galassie. I performer e il pubblico con loro alzano gli occhi al cielo e vedono la meraviglia senza fine, il sublime kantiano, ma nella forma della bellezza più pura, libera dalla paura, che invece sembra essere il sentimento più diffuso sulla terra. Dalla platea si ha la sensazione di poter essere in molti mondi diversi (e in molti sentimenti diversi) allo stesso tempo, con il conseguente senso di spaesamento; ma la musica, le immagini e i movimenti dei ballerini ricompongono questa incertezza in una visione che ha la potenza dello sguardo oltre la siepe dell’Infinito leopardiano, ma anche un’armonia strana e superiore: l’armonia della possibilità, di un’altra possibilità. Una storia diversa è possibile, sembra ricordarci McGregor, purché si sia prima compreso fino in fondo, proprio dentro i corpi sul palco e anche in parte in quelli seduti in sala, il contesto del presente. La sua drammatica poeticità, che è ciò a cui aggrapparsi, grazie alla voce recitante che appare a scandire i tempi e i momenti del racconto; un po’ come l’apparizione del monolito scandiva i salti evolutivi in un’altra Odissea, quella di Arthur Clarke e Stanley Kubrick, nel 2001 dei sogni collettivi. C’è anche qualcosa di panico, un sentimento spinoziano della Natura come tutto, come entità assoluta le cui processioni generano la fenomenologia. Ma nel caso di “UniVerse” è la stessa fenomenologia a farsi totalizzante, in un circolo che si rincorre e si completa proprio nel non chiudersi mai. Ogni scena alza ulteriormente la posta in gioco e spinge un passo oltre il confine da raggiungere. Ma trattandosi di un universo in espansione è chiaro che, come dei nuovi Kafka o Beckett, a quel confine non arriveremo mai, Godot lo continueremo ad aspettare. Però l’attesa è il viaggio stesso, l’attesa è il Tempo, che la grandezza della visione di Wayne McGregor riesce a piegare, per allargare ancora di più le porte delle nostre percezioni di spettatori. Il viaggio lisergico dell’astronauta Bowman diventa allora accessibile, con la stessa mancanza di certezze e di risposte, certo, ma con un punto di approdo che è ancora vicino, vicinissimo a noi. Perché la danza può curvare lo spaziotempo e riportarci a casa, sapendo che dopo aver vissuto questo spettacolo ogni cosa potrà anche apparirci diversa. E così, chissà, forse è così che si impara a sperare. (Leonardo Merlini)

Mast Bologna: video per la vertigine del presente accelerato

Mast Bologna: video per la vertigine del presente acceleratoBologna, 16 feb. (askanews) – Una serie di opere video che documentano il presente e le sue trasformazioni economiche, politiche, lavorative, sociali e ambientali. Il Mast di Bologna ha presentato una mostra con 29 artisti internazionali, un vero e proprio viaggio dentro i gangli, spesso segreti o comunque non visti, del mondo contemporaneo dell’ipercapitalismo. “Vertigo – Video Scenarios of Rapid Changes – riflette sulle dinamiche professionali e comportamentali e cerca di dare una forma visibile al senso di vertigine continua che attraversa le nostre vite.


“L’argomento è ciò che unisce i diversi artisti – ha detto ad askanews il curatore Urs Stahel – e ognuno di loro ha mostrato un aspetto cruciale e una volta arrivati alla fine della mostra si potrà avere una comprensione più forte della nostra realtà oggi. E abbiamo video che sono realizzati in modi completamente diversi: alcuni sono molto lenti, lunghi 15 ore, che raccontano un posto di lavoro in Cina dalle prime luci dell’alba alla notte e poi ci sono degli interventi molto brevi, divertenti, che abbiamo chiamato intermezzi e che fanno da commentario al mondo e alla stessa mostra”. Alla base del progetto c’è una riflessione sulla enorme massa di informazioni che ogni giorno ci viene gettata addosso da molteplici fonti, informazioni che divorano il resto e innescano una costante sensazione di angoscia e, per dirla con Mark Fisher, di scomparsa del futuro. Le opere esposte al Mast si muovono esattamente dentro questa prospettiva filosofica, quella di un presente che è al tempo stesso di apparente benessere e di reale deprivazione. Lo spirito del capitalismo è trionfante e demoniaco, è assoluto, è il nostro realismo. I film della mostra lo documentano, lo denunciano, a volte ne sono solo dei cronisti quasi asettici, ma in tutti è possibile provare a scorgere, se non una qualche alternativa, almeno un tentativo più profondo di capirlo e, in questo modo, avere le basi per un pensiero diverso.


I video sono magnetici, fanno paura, mettono angoscia, commuovono, ci allarmano. Ma quello che conta è il loro essere così dentro il racconto, così compromessi verrebbe da dire, e questo genera una sensazione di verità profonda, anche negli scenari più immaginifici, anche nei contesti più inafferrabili. Perché la nostra realtà è questa e la videoarte spesso ha la capacità decisiva di fissarla e documentarla più intensamente di altre discipline, ben sapendo che non è mai possibile fermarla o capirla davvero. (Leonardo Merlini)

Esce “Fuori piove una canzone di Jannacci” di Cosimo Damiano Damato

Esce “Fuori piove una canzone di Jannacci” di Cosimo Damiano DamatoRoma, 16 feb. (askanews) – Esce in tutte le librerie e negli store online, “Fuori piove una canzone di Jannacci”, con cui Cosimo Damiano Damato conclude (per Compagnia Edi- toriale Aliberti) la sua Trilogia dell’amore, delle inquietudini e delle rivoluzioni.


Iniziata nel 2017 con “La quinta stagione” e proseguita nel 2022 con “La disperazione di Kurt Cobain”, questa trilogia giunge al suo culmine con “Fuori piove una canzone di Jannacci”. L’autore, già noto per le sue incursioni nel cinema, teatro, musica e letteratura, si conferma un artista poliedrico capace di comunicare attraverso diverse forme d’arte. Il nuovo libro è un atto civile d’amore e anarchia verso la poesia, presentandosi come un antidoto alla deriva esistenziale. Le poesie antifasciste di Damato si rivolgono agli ultimi del mondo, narrando storie che contaminano il vissuto umano e artistico dell’autore con una visione neorealista. Ogni pagina è permeata di emozioni e sensazioni, creando un’esperienza olfattiva che canta e narra storie, offrendo al lettore l’opportunità di scoprire nuove visioni, fantasie, sogni, rivoluzioni e follie.


“È possibile che la poesia serva a salvare la vita – scrive nella prefazione Ernesto Assante – di certo di chi la legge, probabilmente di chi la compone. E quando la poesia, come nel caso di Cosimo Damiano Damato, si lega a doppio filo con la musica, anche se resta doverosamente silenziosa sulla carta, il gioco diventa sopraffino”. Cosimo Damiano Damato è un artista visionario e allo stesso tempo carnale. La postfazione di Stefano Senardi conferma la musicalità dei versi di Fuori piove una canzone di Jannacci, annunciando la possibilità di realizzare un disco.


Damato è attualmente impegnato a teatro nello spettacolo El pelusa y la negra (Maradona e Mercedes Sosa) con Simona Molinari, nello spettacolo Elettroshock (recital per Alda Merini) con Antonella Ruggiero e nello spettacolo Le rose di Sarajevo con Erri De Luca.

Jurgen Teller e Martin Parr, due mostre “umane” a Milano

Jurgen Teller e Martin Parr, due mostre “umane” a MilanoMilano, 16 feb. (askanews) – Due fotografi che guardano al mondo in modo impietoso, ma, proprio per questo, arrivano in fondo a suscitare una forma di nuova empatia, magari complessa, ma reale. A Milano hanno aperto due mostre di fotografia diverse, ma unite dal talento evidente degli autori: Jurgen Teller in Triennale e Martin Parr al Mudec.


“I need to live” è la grande esposizione su Teller, artista caleidoscopio dotato di spirito irriverente, capace di dare una forma visiva a pulsioni e intimità, con un linguaggio contemporaneo e di forte impatto. Il tono grottesco è spesso evidente, ma è altrettanto chiaro che c’è una vicinanza ai soggetti, spesso lo stesso fotografo o suoi familiari, che unisce ironia e affetto. Pur nella frequente nudità dei corpi, che sembra più un monito sulla fragilità umana anziché una forma di provocazione, i messaggi che arrivano sono esistenziali, toccano le grandi questioni della morte, dell’amore, della vita e dell’essere vivi, come dice il titolo dell’esposizione in Triennale. C’è un fondo di follia in ogni cosa, sembrano sottolineare le sue fotografie, del resto serve follia anche da parte di chi ha il coraggio, come fanno le immagini del fotografo tedesco, di affrontare la vita vera per quello che è, ossia, come diceva David Foster Wallace, “semplicemente troppa”. Teller gioca lo stesso tipo di partita, e anche la sua fotografia sembra “troppa”, ma proprio per questo ha la forza di apparirci poi “vera”. “Martin Parr – Short & Sweet” è invece il titolo della mostra allestita negli spazi dedicati alla fotografia del Museo delle Culture: un progetto curato dallo stesso fotografo britannico con Magnum Photos che si inserisce nella vocazione antropologica del Mudec utilizzando i linguaggi del contemporaneo. Anche qui con una forte componente grottesca, ma, di nuovo, senza giudizio, anzi con una sorta di ruvida tenerezza per i protagonisti delle sue fotografie quasi sempre coloratissime e così realistiche da sembrare perfino impossibili. Ma nonostante la vena surreale degli scatti, Martin Parr resta un fotoreporter, un cronista visivo che realizza reportage, come quello sulla spiaggia di Brighton, che sono al tempo stesso saggi visuali e indagini sociologiche amare, ma raccontate con una postura che possiamo definire comica, nel senso profondo e letterario del termine. L’umanità ritratta da Parr, sia che si tratti della regina Elisabetta, sia di ballerini improvvisati e sopra le righe, è senza filtro, ma è umanità, non lo dimentica, anzi sembra accettare i propri limiti e farli diventare quasi delle qualità. Che le fotografie riescono a farci intuire sotto tutto il rumore e la frequente volgarità del mondo che ci sta intorno.

Il tempo nel cuore del Tempo, il romanzo di esordio di Luigi Michetti

Il tempo nel cuore del Tempo, il romanzo di esordio di Luigi MichettiRoma, 15 feb. (askanews) – Montag pubblica il romanzo di esordio di Luigi Michetti, “Il tempo nel cuore del Tempo”.


Arturo Di Francesco si muove tra i boschi dei Monti Carseolani, nei luoghi che conosce fin da ragazzo. Quasi sessantenne, arriva a confondersi e perdersi nella notte, tanto che è costretto a trovare un rifugio di fortuna coprendosi di foglie per ripararsi dal freddo, ma l’unico spazio in cui finisce per muoversi diventa quello dei ricordi. Con la sua cardiopatia congenita, operato al cuore da bambino, spesso si smarrisce in un mondo fatto di sogni e allucinazioni indotte dai potenti farmaci antidolorifici che assume. Il tempo per Arturo diventa senza freni, va avanti e indietro, accelera e confonde i salti logici, eppure si riordina emotivamente mettendo assieme sentimenti e sogni. Il flusso di coscienza di un racconto senza briglie, tra il sonno e la veglia, porterà Arturo ad assaporare la profonda e gioiosa intensità della sua esistenza. Luigi Michetti ha lavorato come assistente al montaggio cinematografico e filmaker.Dal 2020 svolge un master “per la consulenza filosofica e le pratiche filosofich”. Tra le sue passioni spicca quella di Astrofilo.

Pittura viva nel presente: al Mart 24 giovani artisti cinesi

Pittura viva nel presente: al Mart 24 giovani artisti cinesiRovereto, 14 feb. (askanews) – Una sensazione di reale adesione al presente, che non significa “realismo” nel senso che abitualmente diamo al termine, ma rispecchia una capacità di calarsi nella contemporaneità del racconto del nostro tempo, restituendo attraverso i dipinti una sorta di rivelazione sul nostro essere parte dell’oggi. Ma è una rivelazione che non ha un “contenuto”, però ha esattamente la forma visuale dei modi in cui noi stessi stiamo davanti alla “realtà”. Sono pensieri che arrivano veloci e imprevisti mentre si visita la mostra “Global Painting”, che il Mart di Rovereto dedica alla “nuova pittura cinese”. Un progetto curato da Lu Peng e Paolo De Grandis e che ha portato in Trentino 24 giovani pittori dalla Cina.


La cosa interessante sta proprio nel fatto che tutti gli artisti esposti professano un ritorno alla centralità della pittura e, sebbene sia ovvio che il movimento contemporaneo si fonda su molti altri media – le immagini in movimento, la performance, la musica, per esempio – e su molte altre pratiche – l’installazione o l’arte digitale – è chiaro che qui, guardando i quadri portati al Mart, non si può negare che anche la pittura, questo tipo di pittura, abbia una vitalità e una intensità che la rendono decisamente attuale, capace di cogliere lo “spirito di finezza” del nostro tempo. Sia attraverso un utilizzo ironico, ma colto, delle varie lezioni pittoriche precedenti, che porta a grandi citazioni e rimandi, sia attraverso immagini che, nella loro disarmante semplicità, colgono delle essenze: come nel caso del ragazzo dipinto a bordo di quello che pare un lago, mentre sta per scattare una foto al paesaggio con il suo smartphone. Ecco, quello che fanno molti dei dipinti esposti al Mart è proprio questo: svelano uno sguardo, non danno risposte, ma pongono le domande in modo decisamente evidente e aderente alle dinamiche della società digitale globale. Come notano dal Mart, che si conferma uno spazio particolarmente adatto ad accogliere la pittura in generale, dalle opere in mostra scompare il nazionalismo, che lascia invece il posto a una consapevolezza della globalizzazione tecnologica imperante e a uno sguardo non eurocentrico che porta al tempo stesso una nota di disincanto e una di costante stupore. Anche in questo elemento apparentemente contraddittorio c’è un punto di forza dell’esposizione.

Contesteco Experience, a Roma il progetto tra arte e sostenibilità

Contesteco Experience, a Roma il progetto tra arte e sostenibilitàRoma, 13 feb. (askanews) – Dal 24 febbraio al 27 aprile 2024 a Roma, presso Esposizioni, nella Serra del Palazzo delle Esposizioni, torna “Fai la Differenza, c’è… Contesteco Experience”, progetto con un calendario di iniziative – tra l’esposizione di “personali / collettive” di riciclo creativo, incontri e testimonianze, atelier, laboratori e intrattenimento con artisti del recupero e artigiani del riuso – volto a promuovere la cultura della sostenibilità, in un percorso che fa da prologo alla V edizione del Festival della Sostenibilità.


Fai la differenza, c’è… Contesteco Experience, intende accompagnare bambini e ragazzi, adulti e insegnanti, operatori culturali e sociali, in un percorso anche di divulgazione che vuole stimolare l’intelligenza emotiva e la creatività e si propone, attraverso i linguaggi universali dell’arte e della creatività, la promozione di iniziative in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030. Tra gli artisti che sono stati coinvolti per l’esposizione ci sono Laura Buffa, Norberto Cenci, Madia Cotimbo, Mauro Pispoli, Tiziana Pecoraro e il Centro Diurno La Fabbrica dei Sogni. Ogni sabato mattina dalle ore 10.30 alle ore 12.30 circa ci sarà uno spazio d’incontro, confronto, discussione, riflessione e intrattenimento, nel format / talk Da Venti a Trenta, con interviste, racconti, testimonianze con esperti di Obiettivi dell’Agenda 2030, giornalisti e professori, startupper e imprenditori, che consentano di far scoprire, conoscere e rendere tangibile la sostenibilità e quali grandi impegni ci aspettano per raggiungerla. Il sabato pomeriggio, invece, dalle ore 15.30 alle ore 17.30 circa ci sarà uno spazio d’incontro, confronto e intrattenimento – nel Fab/Lab Point della Sostenibilità – con artisti del recupero, artigiani del riuso, upcycler, innovatori che attraverso atelier/laboratori dedicati a grandi e bambini, faranno toccare con mano la cultura della sostenibilità. Numerose le attività anche per i più piccoli: dal Contest’Oca 2030, un grande gioco dell’oca a squadre composte da grandi e piccini – dove per arrivare al traguardo si deve rispondere (bene) a domande sui punti dell’Agenda 2030 – a ‘Salviamo il pianeta! (Terra e mare)’ in cui i visitatori potranno scrivere e disegnare le loro idee e proposte per salvare il Pianeta e inserirle come messaggi in tante diverse bottiglie riciclate.


Tre gli appuntamenti, sabato 24 febbraio, sabato 30 marzo e sabato 27 aprile ci sarà “Parole e sound a impatto zero”, ossia flashmob, laboratori, free speech, letture che prevedono di non utilizzare energia elettrica; inoltre, “La cucina nell’arte”, la rivisitazione di piatti inseriti in opere d’arte della Chef Anna Maria Palma e come la cucina diventa opera d’arte con gli “impiattamenti” artistici. E il lancio del contest d’arte e di design sostenibile – Contesteco 2024, il concorso e l’esposizione d’arte e design sostenibile più eco del web – che ogni stagione propone un concept diverso: dopo il successo della scorsa stagione, le opere di riciclo creativo saranno realizzate nel rispetto dei requisiti e delle linee direzionali indicate nel seguente concept “E se dopo il Covid-19 e le guerre in corso, arrivassero gli alieni?”. Nel periodo di Contesteco Experience, verranno scelte le opere finaliste che verranno esposte nell’estate 2024 nel Centro Commerciale Euroma 2, all’interno della V edizione del progetto Fai la differenza, c’è il Festival della Sostenibilità 2024. Infine sabato 27 aprile l’appuntamento è con “L’incanto di Contesteco” – Le opere di Contesteco 2023 all’Asta per SOS Villaggi dei Bambini”. Chi volesse acquisire un’opera “Contesteco 2023” per donare un contributo in beneficenza a SOS villaggi dei bambini potrà scaricare il catalogo delle Opere degli Artisti di “Contesteco 2023” che hanno dato la loro adesione per l’Asta di Beneficenza.

San Valentino entra nella Treccani, il dizionario fa chiarezza sul santo e sulla festa

San Valentino entra nella Treccani, il dizionario fa chiarezza sul santo e sulla festaRoma, 13 feb. (askanews) – La Treccani celebra San Valentino, primo vescovo di Terni nato nella prima metà del IV secolo, e fa chiarezza sulla festa degli innamorati, in una voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Edoardo D’Angelo.


Al vescovo ternano è legata l’attribuzione del patronato sugli innamorati, derivata però da eventi molto più tardi che niente hanno a che vedere con la realtà storica del personaggio. Fu infatti Papa Gelasio I, intorno al 495, che decise di abolire la lasciva festa pagana dei Lupercalia, legata ai riti pagani di fertilità e purificazione tipici della fine dell’inverno, che andava dal 13 al 15 febbraio. In questo modo Valentino di Terni, la cui festa cadeva il 14 febbraio, venne assunto come il protettore degli amori casti e verecondi, delle unioni legali e ufficiali, diventando così negli anni più celebre di Papa Gelasio I. Ancora più estraneo e posticcio il prolungamento di questa prima deviazione cultuale: la fortunata associazione tra amore e giorno di s. Valentino, che ha avuto e ha una diffusione eccezionale soprattutto nei Paesi di cultura anglosassone. Essa fu probabilmente introdotta, si discute se ex nichilo o appoggiandosi a qualche tradizione, dallo scrittore inglese Geoffrey Chaucer (1343-1400), nel poema Il parlamento degli uccelli. Qui, associando la ricorrenza di Valentino al fidanzamento di Riccardo II d’Inghilterra con Anna di Boemia, il poeta chiama il santo a sovrintendere alla ‘festa dell’amore’ che a febbraio inoltrato s’impadronisce di tutte le creature disseminate sulla Terra da madre Natura, uccelli compresi (Oruch, 1981).


Il Dizionario Biografico degli Italiani, con i suoi 40.000 profili, tutti pubblicati in rete, traccia una biografia collettiva degli italiani che hanno contribuito alla storia artistica e politica, scientifica, religiosa, letteraria ed economica dalla caduta dell’impero romano d’occidente ad oggi.