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Danza, Teatro e Musica: tre Biennali per le arti performative

Danza, Teatro e Musica: tre Biennali per le arti performative




Danza, Teatro e Musica: tre Biennali per le arti performative – askanews.it




















Venezia, 3 apr. (askanews) – Tre Biennali per stare dentro il sistema delle arti con ancora più autorevolezza. E allora ecco 70 novità, tra prime assolute, europee, italiane; 41 produzioni e coproduzioni, di cui molte commissionate; 48 giorni di programmazione per i Festival di Teatro (dal 15 giugno al 1 luglio), Danza (dal 13 al 29 luglio), Musica (dal 16 al 29 ottobre), che si estendono fino a 3 mesi di attività con le residenze dei giovani artisti di Biennale College. Si tratta di un intenso intervento della Biennale di Venezia nella produzione, la promozione e la documentazione della nuova creatività delle arti dal vivo, che vede quest’anno le nuove opere prodotte per e con la Biennale raggiungere la metà dell’intero programma.

“La Biennale – ha detto il presidente Roberto Cicutto – ha deciso da quest’anno di aumentare le risorse e il sostegno destinati ai Settori Danza Musica e Teatro e ai rispettivi Festival Internazionali. Questi Festival non sono mai stati concepiti come rassegne per mostrare il meglio delle produzioni nei campi di competenza dei tre direttori artistici, ma come lo sviluppo di un progetto che arricchisca conoscenza e sperimentazione in coerenza con un mandato quadriennale. Le maggiori risorse consentiranno anche al pubblico di poter più agevolmente assistere agli spettacoli che avranno un maggior numero di repliche, masterclass, installazioni e attività interdisciplinari. Soprattutto consentono alla Biennale di affidare commissioni, produrre o coprodurre nuovi spettacoli, colmando in parte (soprattutto nel Settore Musica) una falla nell’impegno pubblico rispetto a quanto si fa in altri Paesi. Il lavoro dei direttori artistici Wayne McGregor per la Danza, Lucia Ronchetti per la Musica, Stefano Ricci e Gianni Forte per il Teatro ha dimostrato nei primi tre anni del loro mandato le infinite possibilità nel tessere un filo ininterrotto fra maestri del passato, artisti contemporanei e professionisti del prossimo futuro. In questo modo si dà concretezza a quanto spesso si afferma ma difficilmente si realizza: far crescere donne e uomini all’inizio delle loro carriere, alimentandoli della lezione di chi li ha preceduti con spirito innovatore e di ricerca”. Sono oltre 450 gli artisti coinvolti, da 30 Paesi diversi, per i tre Festival di Danza, Musica e Teatro della Biennale di Venezia. Il Teatro vedrà in scena, tra gli altri, Armando Punzo, Leone d’oro alla carriera, con lo straordinario gruppo di attori-detenuti della Compagnia della Fortezza; Romeo Castellucci, che con le sue performance simboliche e visionarie attraversa generi, pubblici e continenti; due delle compagnie che maggiormente incarnano le tendenze degli ultimi anni, la catalana El Conde de Torrefiel e la fiamminga FC Bergman, destinataria del Leone d’argento. E ancora: le nuove voci di Boris Nikitin, attore, autore oltre che regista di ascendenze ucraino-franco-ebraiche, e di Bashar Murkus con il Khashabi Ensemble, teatro palestinese indipendente creato all’interno dello Stato di Israele, ad Haifa.

Spiccano per la Danza, fra i tanti appuntamenti in programma, un omaggio a Simone Forti, Leone d’oro alla carriera, con un’ampia mostra retrospettiva del suo lavoro di “artista del movimento” proveniente dal Museum of Contemporary Arts di Los Angeles; un trittico di coreografie che hanno la forza ipnotica della danza pura di Tao Dance Theater, Leone d’argento; Sidi-Larbi Cherkaoui, Javier De Frutos, Michaela Taylor, Alexis Fernandez, quattro coreografi per l’ensemble fondato dal super divo del balletto internazionale Carlos Acosta; la prima mondiale di Pontus Lidberg, coreografo, filmmaker e danzatore svedese che ha conquistato le compagnie più blasonate – dal New York City Ballet al balletto dell’Opéra di Parigi. E inoltre, le figure di Oona Doherty, Andrea Peña, Luna Cenere, giovani coreografe che si sono imposte recentemente all’attenzione di pubblico e critica. La Musica mette sotto i riflettori l’elettronica digitale a partire dal pioniere Morton Subotnick, passando per Brian Eno, Leone d’oro alla carriera, e l’eretico John Zorn, per arrivare al leggendario duo noto col criptico nome di Autechre, che ha portato la club culture ai confini con la musica d’avanguardia. Fra i tanti artisti invitati ci saranno: il musicista e performer Robert Henke, che rimette in circolo la tecnologia vintage dei pc Commodore; Brigitta Muntendorf che lancia la musica nello spazio con Orbit, voci di donne clonate dall’intelligenza artificiale e audio 3D, sottotitolo A War Series, ovvero le guerre che nei millenni si sono combattute contro il corpo femminile. Tante, inoltre, le figure dell’elettronica live più sperimentale, come Lamin Fofana, Jjjjjerome Ellis, Jace Clayton aka Dj Rupture, Steve Goodman aka Kode9, Loraine James, Aya, Emme, S280F, Soft Break, Yen Tech, Snufkin.

Biennale Teatro. I colori del Teatro. Dopo Blue e dopo Rot, ecco Emerald. Il progetto quadriennale dei direttori Stefano Ricci e Gianni Forte (ricci/forte) per il 51. Festival Internazionale del Teatro (15 giugno -1 luglio) si tinge di verde, evocando la città dei prodigi del paese di Oz, Emerald City e invitando il pubblico a un viaggio nello stupore. “Questa nuova edizione del Festival, piattaforma di una resistenza politica e poetica – ha detto i due direttori della Biennale Teatro, Ricci e Forte – continuerà a difendere l’idea che il Teatro, l’Arte e la Cultura debbano salvaguardare la loro missione di servizio pubblico; sarà un laboratorio ipnotico e vibrante di creazione scenica, riferimento essenziale come avamposto di utopie eroiche e meraviglie rivoluzionarie, e si drappeggerà in verde emerald, il cui orizzonte simbolico starà ad indicare il momento di un cambiamento profondo, di una trasformazione, di un passaggio ad una nuova fase della vita: la rigenerazione dopo l’inverno, la rivitalizzazione, la resurrezione, la rinascita e la libertà dell’essere umano. Celebreremo così un risveglio di primavera anche per il Teatro, investito ora più che mai a stimolare la fantasia, l’immaginario dello spettatore”. Biennale Danza. La chimica della danza. Altered States, titolo del 17. Festival Internazionale di Danza Contemporanea (13-29 luglio), è il terzo capitolo con cui il direttore Wayne McGregor continua a sondare questa disciplina mobile, in dialogo con le tecno-culture e il pensiero scientifico più avanzato, ma anche in relazione percettiva con lo spettatore. “Gli artisti e i lavori selezionati per la Biennale Danza 2023 – spiega il coreografo britannico – sono alchimisti del movimento. Il loro lavoro è guidato da un’insaziabile curiosità di esplorare e sperimentare sia nel processo creativo che nella performance; attraverso l’improvvisazione, l’installazione soma-sensoriale, il minimalismo radicale o con sorprendenti allontanamenti da forme e contesti consueti. Fondamentalmente, sfidano le ortodossie tradizionali della danza e, così facendo, ci portano a fare l’esperienza del nostro corpo rinnovato, connettendo i nostri modelli esterni del mondo con le meno conosciute mappe interne – alterando i nostri stati di conoscenza ed esperienza”.

Biennale Musica. In scena a Venezia dal 16 al 29 ottobre, il 67. Festival Internazionale di Musica Contemporanea Micro-Music secondo il Direttore Lucia Ronchetti “è dedicato al suono digitale, alla sua produzione e alla sua diffusione nello spazio acustico, attraverso tecnologie avanzate e ricerche sperimentali. Il Festival presenta un ampio spettro di tendenze stilistiche e ricerche creative innovative della scena musicale internazionale, secondo forme installative, performative e online, con molte prime assolute commissionate dalla Biennale Musica e coproduzioni con i più importanti festival internazionali”. Il Festival si articola in sei sezioni: Sound Microscopies; Sound Installations/Sound Exhibitions; Stylus Phantasticus-The Sound Diffused by Venetian Organs; Club Micro-Music; Digital Sound Horizons; Sound Studies.

Dream, Alessandro Sciarroni nel tempo sospeso del possibile

Dream, Alessandro Sciarroni nel tempo sospeso del possibile




Dream, Alessandro Sciarroni nel tempo sospeso del possibile – askanews.it




















Milano, 3 apr. (askanews) – Bastano pochi minuti per rendersene conto: lo spazio in cui siamo entrati come spettatori di una performance di danza contemporanea non è semplicemente uno spazio occupato da corpi e musica, è una dimensione, una possibilità alternativa, un racconto dolcemente distopico. È anche un mistero avvolgente, una contemplazione (quasi) senza oggetto, che a tratti sembra essere l’atto stesso del contemplare, in sé. Il luogo è il salone d’onore al primo piani della Triennale di Milano e lo spettacolo è “Dream” di Alessandro Sciarroni, uno degli artisti più significativi della scena contemporanea, e non solo nel campo della danza. Il contesto è il FOG Festival della Triennale, uno di quelli eventi che definiscono (più che presentare) la scena delle arti performative. Tutto è composito e sfaccettato, dentro l’ambiente della performance; tutto si articola con una sintassi che sembra appartenere a un diverso spaziotempo o, per lo meno, alla spiegazione di un’equazione scientifica complessa. Che Sciarroni e i suoi sei performer – Marta Ciappina, Matteo Ramponi, Elena Giannotti, Valerio Sirna, Edoardo Mozzanega e Pere Jou – riscrivono partendo dai fattori minimi, il gesto base, la radice del corpo in movimento (attraverso il tempo). Senza perdere la complessità, ma addolcendola nell’atmosfera sospesa propria del sogno.

È possibile che queste considerazioni non abbiano nulla (o forse abbiano solo poco) a che fare con la storia dello spettacolo che oggi si chiama “Dream” e che ha avuto una gestazione particolare, nato come script per una messinscena teatrale, poi diventato una performance e, contemporaneamente, un romanzo, che gli spettatori possono prendere quando escono dalla sala. Proprio in questo essere entrambe le cose sta la prima condizione onirica (che somiglia anche al Principio di indeterminazione della fisica quantistica) che rende possibile lo spettacolo (e il mondo, che su queste apparenti contraddizioni, abbiamo scoperto, fonda la propria realtà!). E su questa possibilità si costruisce tutto il resto, sostenuto dalla musica, ma costantemente appeso al filo fragile del movimento dei ballerini. E basta guardare Marta Ciappina per capire che la sua presenza sulla scena è una giustificazione a se stessa, somiglia all’idea dello spettacolo, senza esserlo, ma ovviamente essendolo ben di più. Avere e non avere, diceva Hemingway con disincanto. Giorni felici, ribatteva (forse) Beckett, con amarezza. Ma intanto lo dicevano e questo bastava, come basta la ritmica rallentata di uno spettacolo di lunga durata, cinque ore, ma di libera fruizione, generativa di altri movimenti e altre presenze: quelle che ogni spettatore, con il suo corpo oltre che con i suoi pensieri, aggiunge alla coreografia ufficiale di “Dream”. Ci sono gioie e ferite, ci sono luci che si alzano e si abbassano, il pianoforte a volte tace a volte suona Glenn Gould. Il mondo è finito, sussurra qualcuno, quello che vediamo è un Dopo, un Senza, una Futura Perdita. Che però si ricompone nella coralità fatta dalla somma implicita di tutti i movimenti di tutti i passi che, per citare Alberto Garutti, hanno portato i performer qui ora. Tutto è stato perduto, e in questa perdita ci si adagia, la si culla e cullandola la si nega. L’essere è, il non essere non è dei filosofi presocratici è qui davanti a noi, sotto entrambe le specie e sotto la specie dell’eternità: adesso è Spinoza che ci guida, il pensatore panteista, il suo dio in tutto sembra essere proprio quello che alimenta questo lungo sogno. Dove ognuno in fondo, può essere ogni cosa e ogni persona, se lo vuole. Anche Alessandro Sciarroni, artista.

(Leonardo Merlini)

Annalena Benini direttrice del Salone del Libro di Torino. Il ministro Sangiuliano: ottima scelta

Annalena Benini direttrice del Salone del Libro di Torino. Il ministro Sangiuliano: ottima scelta




Annalena Benini direttrice del Salone del Libro di Torino. Il ministro Sangiuliano: ottima scelta – askanews.it



















Milano, 3 apr. (askanews) – Annalena Benini è stata nominata direttrice del Salone Internazionale del Libro di Torino per il triennio 2024-2026. Lo hanno comunicato la Regione Piemonte, la Città di Torino e l’associazione Torino, la Città del Libro. Succede a Nicola Lagioia.

Giornalista de Il Foglio e scrittrice, classe 1975, Benini rappresenta, secondo molti commentatori, una scelta a sorpresa, che arriva però dopo lunghi mesi di confronto politico e di differenti posizioni tra i maggiorenti del Salone, dopo che sono cadute per diversi motivi molte candidature che sulla carta erano autorevoli, e a ridosso della manifestazione, che si terrà al Lingotto Fiere dal 18 al 22 maggio. “Annalena Benini è un’ottima scelta, una persona colta e di valore che saprà certamente fare bene. Come ho spiegato più volte, il ministero non fa parte della governance del Salone, ma posso dire che questa scelta mi trova concorde”, lo ha dichiarato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.

Annalena Benini nominata direttrice Salone del Libro di Torino

Annalena Benini nominata direttrice Salone del Libro di Torino




Annalena Benini nominata direttrice Salone del Libro di Torino – askanews.it



















Milano, 3 apr. (askanews) – Annalena Benini è stata nominata direttrice del Salone Internazionale del Libro di Torino per il triennio 2024-2026. Lo hanno comunicato la Regione Piemonte, la Città di Torino e l’associazione Torino, la Città del Libro. Succede a Nicola Lagioia.

Giornalista de Il Foglio e scrittrice, classe 1975, Benini rappresenta, secondo molti commentatori, una scelta a sorpresa, che arriva però dopo lunghi mesi di confronto politico e di differenti posizioni tra i maggiorenti del Salone, dopo che sono cadute per diversi motivi molte candidature che sulla carta erano autorevoli, e a ridosso della manifestazione, che si terrà al Lingotto Fiere dal 18 al 22 maggio.

La nascita di un linguaggio: Joan Mirò tra le due guerre

La nascita di un linguaggio: Joan Mirò tra le due guerre



La nascita di un linguaggio: Joan Mirò tra le due guerre – askanews.it


La nascita di un linguaggio: Joan Mirò tra le due guerre – askanews.it




















Bilbao, 3 apr. (askanews) – Di un artista come Joan Mirò siamo abituati a riconoscere i capolavori e lo stile più maturo e storicizzato. Ma, come in tutte le vite, anche nelle parabole dei maestri ci sono percorsi, cambiamenti, imprevisti. Il Guggenheim di Bilbao ha voluto raccontare proprio la nascita del linguaggio più noto di Mirò, analizzando il suo periodo parigino, tra il 1920 e il 1945.

“È un periodo molto speciale e particolare della carriera di Joan Mirò – ha spiegato ad askanews Lucia Aguirre, del team curatoriale del museo basco -. Quando arriva a Parigi comincia a cercare un suo linguaggio e la sua opera si sviluppa molto velocemente. Lui cerca di trovare la sua strada attraverso una ricerca sulla pittura e sui materiali. È un periodo incredibile nella sua traiettoria, e probabilmente uno dei più interessanti”. La mostra “Joan Mirò – La realtà assoluta” si articola su cinque momenti, che portano il pittore catalano dal realismo magico dei primi anni, con opere che appartenevano alle collezioni di Picasso e Duchamp, fino alle “Costellazioni” dei primi anni Quaranta, che in un certo senso indicano la via verso quella che sarà la grande stagione successiva e il consolidamento del suo linguaggio pittorico. Nel mezzo tante opere, alcune molto conosciute, che ruotano attorno a un’idea della visione e della rappresentazione.

“Mirò non era astratto – ha aggiunto Lucia Aguirre – e lui stesso lo dice più volte : semplicemente mostra il suo mondo. Molte di queste opere si chiamano pittura, niente di più, perché è lo spettatore che si deve mettere davanti alle opere ed entrare in questo linguaggio di Mirò”. I dipinti sono ricchi di dettagli particolari, pur su grandi campi di colore i piccoli elementi trovano il modo di spiccare, e a poco a poco prendono la natura di segni significanti, che aspirano a uno status di assoluto, legato comunque alla realtà, come dice il titolo dell’esposizione. Che restituisce, seppur attraverso l’opera di un unico artista, anche il senso di fermento e inquietudine che attraversò l’Europa tra le due guerre mondiali.

Pittura come materia e intimità: Lynette Yiadom-Boakye a Bilbao

Pittura come materia e intimità: Lynette Yiadom-Boakye a Bilbao



Pittura come materia e intimità: Lynette Yiadom-Boakye a Bilbao – askanews.it


Pittura come materia e intimità: Lynette Yiadom-Boakye a Bilbao – askanews.it



















Bilbao, 3 apr. (askanews) – La pittura, quando è buona, continua sorprendentemente a essere un mezzo espressivo e narrativo con pochi eguali, anche nell’arte di oggi. La sua capacità di mimesi con il reale batte strade che, benché note da secoli, si rivelano ogni volta nuove. Sono pensieri che vengono osservando la mostra che il Museo Guggenheim di Bilbao dedica alla pittrice e scrittrice britannica Lynette Yiadom-Boakye, dal bellissimo titolo “Nessun crepuscolo è troppo potente”.

In oltre 70 dipinti a olio e disegni a carboncino, l’artista, nata da genitori ghanesi, fissa persone e momenti di vita quotidiana, con una naturalezza e una lieve sensazione di felicità strisciante che sembrano essere la sua caratteristica più evidente. Ma, come ci ha spiegato la curatrice Lekha Hileman, nel lavoro di Yiadom-Boakye ci sono molti livelli di lettura. “Crea immagini che sono prodotti della sua fantasia, lei non ritrae persone reali, ma si tratta di composizioni prese da fonti visive diverse che l’hanno influenzata. Realizza delle figure che sembrano così vive, ma ci sono anche dei dettagli che stanno fuori da questo contesto: per esempio un uccello su una spalla, oppure un animale che non c’entra nulla. Tutte strategie per ricordarci che quella che stiamo guardano è una finzione”.

Una finzione che, pur nell’apparente ordinarietà dei soggetti, evoca costantemente un’idea di poesia concreta, oltre che storie che vanno ben oltre la semplice rappresentazione realistica. E la sua pittura fa pensare a una vicinanza estrema ai soggetti, pur con un piccolo perdurante senso di mistero sullo sfondo. Vengono in mente come riferimento, per esempio, le immagini di Nan Goldin, che come i dipinti di Lynette rimandano all’idea di intimità. “Il senso di intimità – ha aggiunto Lekha Hileman – è una parte molto importante del suo lavoro e sappiamo quanto è difficile trasmettere l’intimità in un’immagine, nello stesso modo in cui è difficile spiegare una poesia. Ma io credo che lei riesca molto bene a trasmettere questa sensazione, lo fa con un gesto molto tenero e noi vediamo negli sguardi di queste persone che qualcosa che nasce da dentro”.

Guardando le opere si capisce che l’artista ha un grande interesse per i risultati che la pittura può ottenere a livello di materialità e potenza di colore e composizione. In un certo senso i quadri indagano la pittura stessa e questa apparente presa di distanza dal tema del dipinto o del disegno si rivela in realtà uno strumento perfetto per esaltare la ricerca sulla nostra condizione di esseri umani. E la dimensione di “verità” della sua opera. Forse il segreto del fascino del lavoro di Lynette Yiadom-Boakye sta proprio qui. (Leonardo Merlini)

E’ morto a 71 anni il compositore Ryuichi Sakamoto

E’ morto a 71 anni il compositore Ryuichi Sakamoto



E’ morto a 71 anni il compositore Ryuichi Sakamoto – askanews.it


E’ morto a 71 anni il compositore Ryuichi Sakamoto – askanews.it



















Roma, 2 apr. (askanews) – E’ morto a 71 anni il compositore giapponese Ryuichi Sakamoto per un cancro che lo affliggeva da tempo. La sua discografia da solista include oltre 70 titoli e tocca diversi generi musicali come pop, elettronica, ambient, bossa nova, world music e contemporanea. Tra i riconoscimenti ottenuti c’è anche un Oscar nel 1987 per la colonna sonora del film “L’ultimo imperatore” di Bernardo Bertolucci. Negli anni Settanta ha fatto parte della Yellow Magic Orchestra, un gruppo di sofisticato pop elettronico.

Dramma climatico in Myanmar, a Bergamo la mostra “Semi di speranza”

Dramma climatico in Myanmar, a Bergamo la mostra “Semi di speranza”



Dramma climatico in Myanmar, a Bergamo la mostra “Semi di speranza” – askanews.it


Dramma climatico in Myanmar, a Bergamo la mostra “Semi di speranza” – askanews.it




















Roma, 1 apr. (askanews) – Temperature estreme, cicloni, allagamenti, frane, incendi. E quindi morte, fame e mancanza d’acqua, povertà, epidemie e migrazioni. Il Myanmar è il secondo Paese al mondo più soggetto a eventi meteorologici estremi legati ai cambiamenti climatici, mentre gli effetti di questi ultimi si sommano alle conseguenze di instabilità politica e scontri armati, alla crisi economica, agli effetti della pandemia di Covid-19. Nel mondo negli ultimi 20 anni si sono susseguiti 11mila disastri climatici che hanno provocato la morte di oltre 475mila persone e a pagarne le conseguenze più gravi sono tuttora i Paesi poveri e più vulnerabili, ancora oggi impreparati ad affrontare e reagire a tali catastrofi. L’impatto del cambiamento climatico sull’ambiente e sulla popolazione del Myanmar è raccontato dalla mostra fotografica “Semi di speranza. Voci e volti dal Myanmar” di Gianfranco Ferraro, curata da Sandro Iovine, fino al primo maggio al Palazzo Ex Ateneo, in piazza Giuliano, a Bergamo.

L’esposizione rientra nel calendario delle iniziative Bergamo-Brescia Capitale italiana della cultura e ha ottenuto il patrocinio dell’Aics – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. All’inaugurazione, oltre al fotografo Gianfranco Ferraro, il curatore Sandro Iovine, la presidente di Cesvi Gloria Zavatta, Massimo Pasquali per Aics, Sylvie Wabbes Candotti Resilience Advisor, Strategic Advocacy team, Emergency and Resilience Office di Fao, il sindaco Giorgio Gori per il Comune di Bergamo. La mostra non racconta un problema “lontano”, ma un allarme che riguarda tutto il pianeta. “Negli ultimi anni anche il nostro lato del mondo ha sofferto gli effetti reali dell’emergenza climatica: i fiumi si sono prosciugati, i ghiacciai si sono sciolti, gli incendi hanno distrutto boschi e campi, mentre trombe d’aria, piogge e grandinate hanno causato danni a strutture e ambienti. Di fronte alla consapevolezza che il pianeta sia ‘un’unica casa da preservare’, va ricordato che sono sempre i più poveri a subire le conseguenze più devastanti”, ha dichiarato Gloria Zavatta presidente di Fondazione Cesvi. In Italia nel solo 2022 gli eventi climatici estremi sono stati 310, il 55% in più in un anno, con un bilancio di almeno 29 morti. L’aumento più significativo ha riguardato siccità, grandinate, trombe d’aria e alluvioni. “Da quasi 40 anni ci occupiamo di emergenza climatica in tutto il mondo, in questo momento abbiamo attivi progetti di sostegno alle popolazioni colpite dagli effetti del cambiamento climatico in diversi Paesi, tra cui il Myanmar. Nell’area del Corno d’Africa, in Etiopia, Somalia e Kenya, colpite da estrema siccità e forte insicurezza alimentare, supportiamo mamme e bambini con programmi nutrizionali, agricoltori e allevatori attraverso formazione su pratiche sostenibili ed efficienti di agricoltura e allevamento. In Zimbabwe interveniamo con progetti agricoli innovativi e sostenibili per garantire un corretto ed efficiente sfruttamento del terreno e offrire alle popolazioni autosufficienza e guadagno dalle proprie colture. In Pakistan, vessato dalle alluvioni, siamo presenti con interventi di preparazione alle calamità e di emergenza legati a igiene e salute”, ha aggiunto Zavatta.

“Il cambiamento climatico, con i suoi effetti di breve e lungo termine che si stanno manifestando con una potente accelerazione nel corso degli anni, si è imposto prepotentemente alla riflessione internazionale, concretizzatasi nel programma d’azione dell’Agenda 2030. L’azione dell’Aics è tesa a sostenere i Paesi partner nella riduzione della vulnerabilità dei loro sistemi umani e naturali agli impatti del cambiamento climatico, migliorandone la capacità di adattamento e riducendo la loro esposizione ai rischi derivanti dai fattori climatici”, ha dichiarato Massimo Pasquali, referente Aics per i progetti promossi in Myanmar. “È importante che la fotografia affianchi gli interventi di realtà come Cesvi, perché grazie ad essa si offre la possibilità non solo di venire a conoscenza di cosa accade in certe aree del mondo, ma soprattutto si permette alle persone di soffermare lo sguardo per il tempo necessario a elaborare una riflessione su quanto stanno osservando, cosa che con i media più diffusi non sempre è facile o possibile”, ha dichiarato Sandro Iovine, curatore della mostra.

Il Garante della Privacy blocca ChatGPT: raccolta illecita di dati

Il Garante della Privacy blocca ChatGPT: raccolta illecita di dati



Il Garante della Privacy blocca ChatGPT: raccolta illecita di dati – askanews.it


Il Garante della Privacy blocca ChatGPT: raccolta illecita di dati – askanews.it




















Roma, 31 mar. (askanews) – Stop a ChatGPT finché non rispetterà la disciplina privacy. Il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma. L’Autorità ha contestualmente aperto un’istruttoria. ChatGPT, il più noto tra i software di intelligenza artificiale relazionale in grado di simulare ed elaborare le conversazioni umane, lo scorso 20 marzo aveva subito una perdita di dati (data breach) riguardanti le conversazioni degli utenti e le informazioni relative al pagamento degli abbonati al servizio a pagamento.

Nel provvedimento, il Garante privacy rileva la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI, ma soprattutto l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di “addestrare” gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma. Come peraltro testimoniato dalle verifiche effettuate, le informazioni fornite da ChatGPT non sempre corrispondono al dato reale, determinando quindi un trattamento di dati personali inesatto. Da ultimo, nonostante – secondo i termini pubblicati da OpenAI – il servizio sia rivolto ai maggiori di 13 anni, l’Autorità evidenzia come l’assenza di qualsivoglia filtro per la verifica dell’età degli utenti esponga i minori a risposte assolutamente inidonee rispetto al loro grado di sviluppo e autoconsapevolezza. OpenAI, che non ha una sede nell’Unione ma ha designato un rappresentante nello Spazio economico europeo, deve comunicare entro 20 giorni le misure intraprese in attuazione di quanto richiesto dal Garante, pena una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato globale annuo.

Peggy Guggenheim, mostra per riscoprire la luce di Edmondo Bacci

Peggy Guggenheim, mostra per riscoprire la luce di Edmondo Bacci


Peggy Guggenheim, mostra per riscoprire la luce di Edmondo Bacci – askanews.it



Peggy Guggenheim, mostra per riscoprire la luce di Edmondo Bacci – askanews.it



















Venezia, 31 mar. (askanews) – Esplosioni di luce e colore, una fortissima consapevolezza dello spazio e una pittura venata di “veggenza”. Edmondo Bacci oggi non è uno dei nomi di artisti del 900 più noti al grande pubblico, ma la mostra che è stata presentata alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia ci permette di reincontrare la forza dell’artista veneziano, nato nel 1913 e morto nel 1978, che proprio la collezionista americana aveva scoperto per prima.

“Quando incontra Bacci e vede le sue pitture – ha detto ad askanews la direttrice della Collezione Peggy Guggenheim, Karole P. B. Vail – Peggy se ne innamora, le paragona addirittura alle tele di Kandinskij, che amava molto. Quindi comincia a sostenerlo in maniera molto entusiasta, vende i suoi quadri in America e ci sono direttori di musei americani come Alfred Barr che compra un’opera che oggi abbiamo qua in mostra. E dunque lo aiuta moltissimo”. La mostra è intitolata “L’energia della luce” e intende approfondire la parte più lirica dell’opera di Bacci, nel momento più internazionale della sua carriera, gli anni Cinquanta, quando è già affermato negli ambienti legati allo Spazialismo di Lucio Fontana e tra gli artisti contemporanei più innovativi a livello nazionale. “Qual è la teoria principale di Fontana: in fondo – ci ha detto la curatrice della mostra, Chiara Bertola – lui dice che tutto è fare spazio, quindi occorre riuscire a liberarsi, occorre costruire spazio facendolo e non soltanto rappresentandolo. Quindi questa è una dimensione molto importante, che però gli artisti veneziani continuano a rappresentare attraverso la pittura”.

E nella pittura Bacci trova nuove strade, trova delle vere e proprie illuminazioni, come quelle legate alle sue “Fabbriche” così astratte, politiche e dense di colore o ai magnetici “Avvenimenti” degli anni successivi. Dipinti che si inseriscono nella storia dell’arte accanto per esempio a quelli di Vedova o di Tancredi, ma che prendono poi sempre una strada personale e innovativa. Tra l’altro la mostra presenta anche una serie di disegni e progetti sperimentali inediti. “Il percorso – ha aggiunto Bertola – si incentra soprattutto sugli anni Cinquanta, io ho voluto arrivare fino al 1958, quando la Biennale gli dedica una sala. Però ho voluto mettere una sorta di cesura importante, esponendo tutte le opere concettuali che lui realizza negli anni Settanta, perché rappresentano uno slancio straordinario, che reinterpreta di nuovo quel concetto di spazio, però con materiali completamente inediti e sperimentali”.

La mostra è realizzata con sostegno di Lavazza, Institutional Patron della Collezione Peggy Guggenheim, e all’inaugurazione è intervenuta Francesca Lavazza, Board Member di Lavazza Group. “È un passo avanti rispetto alla nostra collaborazione pluriennale – ci ha detto – abbiamo iniziato nel 2017 a sostenere questo progetto a Venezia perché crediamo in questa città come luogo di formazione di una nuova classe artistica progettuale”. L’esposizione, anche come omaggio alla venezianità dell’artista, dell’opera e del museo, si chiude con il confronto tra un’esplosione di Bacci e un Tiepolo. E noi sentiamo che, seppur in modi magari imprevedibili, tutto si tiene.

(Leonardo Merlini)