Festambiente Sud 2023 fino al 5 agosto, focus sull’acquaRoma, 21 lug. (askanews) – Un lungo viaggio fino al 5 agosto, tra i luoghi più suggestivi del Gargano, tra siti preistorici, conventi, antichi monasteri e battisteri, città UNESCO e necropoli pre romane, fino alle mura medievali della bella Vieste e le faggete vetuste dell’aerea protetta del Parco Nazionale del Gargano, patrimonio mondiale dell’Umanità. E al contempo uno sguardo sul mondo con il tema dell’acqua come questione globale e un programma internazionale caratterizzato da un gemellaggio musicale e culturale con il Brasile. FestambienteSud, il festival itinerante di Legambiente per il Sud Italia si svolge con concerti, cammini, forum e agrifood, attraversando come una carovana di bellezza il territorio di sei comuni: Rignano Garganico, San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo, Monte Sant’Angelo, Mattinata, Vieste e la maestosa Foresta Umbra. Il festival coltiva il radicamento sul territorio contribuendo a consolidare un vero e proprio itinerario culturale, già disegnato con la scorsa edizione e che FestambienteSud ha denominato “Gargano Sacro”. Il titolo scelto per questa IX edizione è “Arsura, vincere la sete del pianeta” e nei prossimi giorni il festival entra nel vivo della sua programmazione con due forum sul tema. Il primo in collaborazione con l’Acquedotto Pugliese si svolgerà a Mattinata il 27 luglio e affronterà il tema del riciclo e della depurazione dell’acqua come elemento fondamentale di nuovi cicli produttivi per promuovere l’economia circolare a più ampio raggio. Il secondo avrà luogo il 31 luglio a Vieste e ruoterà intorno alla questione dell’emergenza idrica dovuta ai cambiamenti climatici e alla salvaguardia degli ecosistemi dalle Alpi all’Amazzonia in America Latina. Obiettivo del festival è quello di diffondere, attraverso la musica e numerose attività ed esperienze, una maggiore consapevolezza ambientale. Tra gli ospiti musicali sono attesi nei prossimi giorni: Gianluigi Trovesi 4th venerdì 21, il duo Antonio Prencipe e Stefano Zeni sabato 22, Simone Cristicchi giovedì 27. Ci saranno, inoltre, due passeggiate concerto con Shannon Anderson il 28 luglio e Vincenzo Vasi il 29 luglio. Il tema dell’acqua vivrà nel festival anche con due produzioni artistiche con il giovane attore Giuseppe Armillotta: il laboratorio teatrale Gocce d’acqua e il monologo Acquazzone la sera del 22 luglio a Monte Sant’Angelo e in replica a Vieste all’alba dell’ultimo giorno, il 5 agosto, come evento di saluto. Non mancheranno eventi dedicati all’agrifood organizzati in collaborazione con Slow Food Gargano con laboratori e degustazioni per promuovere prodotti locali. L’immenso patrimonio naturalistico del Gargano, rappresentato principalmente dalla Foresta Umbra, ospiterà il 2 agosto la manifestazione Foresta dei Poeti con i finalisti del Premio Strega Poesia. Sarà a Vieste però che il festival avrà il suo clou dal 31 luglio al 4 agosto con un progetto speciale che collega il Brasile e l’Italia sotto la direzione artistica di Chiara Civello.
Si parte con Gilberto Gil, musicista amato in tutto il mondo, figura di spicco della cultura brasiliana e uno dei più grandi interpreti della musica del suo Paese. Lo spettacolo Aquele Abraço, unica data estiva in Italia, in programma il 31 luglio alla Marina piccola di Vieste, ripercorre i momenti più significativi di un cammino artistico leggendario che ha portato questo straordinario artista alla registrazione di oltre sessanta album, quattro milioni di vendite e nove Grammy. Ancora una data unica in Italia l’1 agosto è quella di Céu, cantautrice con collaborazioni importanti come quella con Herbie Hancock, tre Latin Grammy vinti e una nomination ai Grammy americani. Il suo è un universo creativo che fonde la tradizione afro-brasiliana con il più moderno urban-soul accompagnati da una voce tenera e composizioni di grande effetto. Il 2 agosto il programma prosegue con un doppio concerto. Si comincia con la cantante Barbara Casini e il sassofonista Javier Girotto, che in Terra Brasilis, accompagnati da Seby Burgio al pianoforte, compiono un percorso attraverso il Brasile, da Nord a Sud, dal mare al “sertão”, con un’apertura verso lo sconfinato mondo musicale latinoamericano. A seguire il nuovo e inedito live del duo As Madalenas, alias Cristina Renzetti & Tatiana Valle si arricchisce di colori e energia grazie a due strumentisti straordinari come il batterista e percussionista Bruno Marcozzi e Gabriele Mirabassi, uno dei massimi virtuosi odierni del clarinetto a livello internazionale. Altra leggenda della musica brasiliana, il 3 agosto a FestambienteSud arriva Marcos Valle, bossanovista di seconda generazione che sulle orme di Gilberto e Jobim, ha viaggiato intorno al mondo diventando un punto di riferimento anche per le generazioni successive, dai musicisti legati all’acid jazz inglese come Jamiroquai, Galliano, Incognito fino Jay-Z, Kanye West, Madlib e molti altri. Un monumento insomma, che torna in Europa nell’anno del compimento dei suoi ottant’anni e in concomitanza della ristampa celebrativa per il 20° anniversario del suo classico moderno Contrasts del 2003. Il 4 agosto l’ospite è un altro grande protagonista della musica brasiliana e internazionale: Jacques Morelenbaum, violoncellista e compositore dal tocco sublime, uno di quegli artisti che ha contributo a costruire il ponte di congiunzione tra il Brasile e tutto il mondo, con collaborazioni tra le tante con Antonio Carlos Jobim, Caetano Veloso, Gilberto Gil e Ryuichi Sakamoto. A FestambienteSud suonerà con Chiara Civello a quasi quindici anni di distanza dal loro primo incontro artistico in studio nel 2009, quando hanno registrato insieme Non avevo capito niente, la canzone scritta da Chiara Civello e arrangiata dal musicista che ha segnato il suono della musica brasiliana moderna. Ora, per questa speciale occasione, torneranno a emozionare il pubblico dal vivo con la partecipazione dell’Orchestra della Magna Grecia, ripercorrendo insieme quel ponte che da anni ormai consolida l’amicizia musicale tra Italia e Brasile. A fine concerto, ogni serata si concluderà con le selezioni musicali di Dj Meme, uno degli artisti e producer più noti della scena musicale brasiliana con quindici dischi d’oro, ventitré dischi di platino e collaborazioni con artisti come Mariah Carey, Toni Braxton, Dido, Desiree, Ricky Martin e Mario Biondi, solo per citarne alcuni. Tutti concerti saranno introdotti dal giornalista Rai ed esperto conoscitore della musica e della cultura brasiliana Max De Tomassi, che condurrà da Vieste la sua trasmissione Torsida in diretta su Rai Radio1.
Cultura digitale, successo per la sesta edizione di VideocittàRoma, 21 lug. (askanews) – Tre serate sold out, 20.000 presenze con un giorno in meno di programmazione e un incremento del 130% rispetto alla precedente edizione, 3 eventi extra diffusi nel territorio, 65 artisti nazionali e internazionali coinvolti, 33 live performance, 15 visual artist, 10 protagonisti del mondo della videoarte, 2 video mapping, 24 talk con 56 ospiti, 5 awards per le 5 categorie e un programma professionale che ha coinvolto 30 professionisti del settore per 23 masterclass e 17 espositori nell’area Expo, fra le novità di questa edizione; e ancora: 8 milioni di impressions per una copertura di quasi 3 milioni di utenti raggiunti e il coinvolgimento di 50 fra ambassadors e talent che hanno condiviso i contenuti del festival per una potential reach sui social media di 9 milioni di follower. Questi i numeri principali che segnano il successo della sesta edizione di Videocittà, il festival della visione e della cultura digitale ideato da Francesco Rutelli con la direzione artistica di Francesco Dobrovich che si è svolto dal 13 al 16 luglio al Complesso Eni del Gazometro Ostiense di Roma, sviluppando ulteriormente la tematica della Transizione, ecologica e digitale, inaugurata in occasione della scorsa edizione. “Alta qualità culturale ed artistica, innovazioni digitali sorprendenti, enorme crescita del pubblico, interazioni delle immagini ed esperienze per milioni di persone. Grazie a tutti quelli che hanno lavorato, creato, partecipato. L’anno prossimo vi stupiremo ancora meglio e di più. Ma quest’anno – anche dopo gli eventi a Tor Bella Monaca e Villa d’Este – non è ancora terminato: ci saranno nuovi eventi con il marchio Videocittà”, commenta Francesco Rutelli mentre Francesco Dobrovich aggiunge: “Con questa ultima e incredibile edizione Videocittà si conferma come un festival di riferimento della cultura digitale, offrendo a Roma un nuovo asset di comunicazione internazionale che ne mette in risalto lo spirito più innovativo e non sempre conosciuto”. Un’edizione che lascia ricordi nella memoria del pubblico, a partire da Mater Terrae, spettacolare e monumentale opera site-specific Mater Terrae firmata dallo studio artistico internazionale Sila Sveta – tra i principali produttori di spettacoli multimediali all’avanguardia, uno su tutti la cerimonia di chiusura della Fifa World Cup Qatar 2022 – con le musiche originali e spazializzate di Mace, che per quattro giorni ha trasformato il cilindro metallico più grande del Gazometro in una delle installazioni audio-video più grandi mai realizzate. Un’opera davvero stupefacente e emozionante, prodotta da Eni, curata da Videocittà con la produzione esecutiva di Eventi Italiani. E poi il video mapping Forme e colori di una scoperta realizzato da Luca Agnani Studio a cura dall’Istituto Nazionale Fisica Nucleare per celebrare il decennale della scoperta del bosone di Higgs, avvenuta nel 2012 al CERN di Ginevra e premiata con il Nobel per la Fisica nel 2013; le psichedeliche live av perfomance negli spazi dell’Opificio 41, la creazione site specific dei None Collective e la virtuale mostra collettiva di tipografia cinetica dal titolo Futura che hanno ridisegnato l’Altoforno; i Live e i DJ set di alcuni fra i più interessanti esponenti della nuova scena audiovisiva nazionale e internazionale, dal duo francese di musica elettronica The Blaze, , al pioniere della musica house e delle arti digitali Dixon, all’avant-pop dell’americana trapiantata a Berlino Lyra Pramuk, passando per gli italiani Bawrut, Ginevra Nervi, Bnkr44, Ginevra ed Elasi. Ancora: le opere di videoartisti come Janis Rafa e Invernomuto per la sezione curata da Damiana Leoni e Rä di Martino che ha visto anche la preziosa collaborazione con il Maxxi – Museo nazionale delle arti del XXI secolo; le presentazioni in anteprima di The Jackal Meta show 4 Attori – 2 Robot – Infiniti universi – in 5G e di Movie Meta Trade, il primo talk show sul metaverso nato dalla collaborazione tra Editori e Creators Digitali ANICA, Eldorado Agency e Netaddiction; ma anche gli incontri con gli artisti curati da Daniela Collu, i talk curati da Alessandro Luna sul rapporto fra giornalismo e new media e quelli a cura di Nicholas Ballario sulla relazione fra mezzi di comunicazione e cultura contemporanea. Senza dimenticare la mostra Parallel Lines – Rome Urban Spaces curata dal Polo Urbano del Gruppo FS Italiane. Fra visionarie installazioni, esperienze immersive, live, videoarte, virtual reality e tantssimi momenti di approfondimento dedicati agli addetti ai lavori e non solo, un’area raramente aperta al pubblico si è temporaneamente trasformata in un vero e proprio avanguardistico polo dell’audiovisivo, ospitando creators, makers e leader digitali, studiosi, curatori e ricercatori ma soprattutto presentando al pubblico della Capitale le creazioni di artisti di fama internazionale. Con Eni, Main Partner, il contributo di MiC, il sostegno di Regione Lazio, il patrocinio del Comune di Roma e in collaborazione con ANICA, il festival, che da 6 anni esplora le forme più avanzate dell’audiovisivo, si conferma così come uno dei principali appuntamenti internazionali con l’arte contemporanea e l’innovazione tecnologica.
Bergamo, Chiara Bersani in residenza per il progetto DesertersMilano, 19 lug. (askanews) – Dal 28 agosto al 3 settembre 2023 Bergamo ospiterà le prove di Deserters (Disertori), una live installation dell’artista Chiara Bersani composta da una performance interpretata da tre performer con disabilità motoria e da un grande ambiente nel quale i corpi si incontrano e agiscono, senza ausilio alcuno, lasciando i segni del proprio passaggio.
Il lavoro si confronta con i temi della vulnerabilità e dell’interdipendenza, e accoglie il pubblico in un ambiente scenico coinvolgente che mina gli stereotipi legati alla sfera intima, identitaria e sessuale che colpiscono di frequente le persone con disabilità. Attraverso quest’opera, Chiara Bersani si interroga su nuove pratiche relazionali e indaga il concetto esteso di accessibilità, rendendo conto della valenza politica di corpi disabili che, dopo aver subito con la pandemia un incremento violento di situazioni di segregazione, riacquistano spazio tramite lo svelamento e la condivisione di sonorità e canti di piacere. La componente sonora della performance si completa di una parte narrata, formulata per tradurre l’azione su un piano drammaturgico non visivo. L’audio descrizione può essere fruita simultaneamente alla presenza dei performer in scena, ma anche durante la loro assenza, da tutte le tipologie di pubblico.
Il titolo dell’opera si rifà alle parole di Virginia Woolf nel saggio On Being Ill (1926), per cui con la malattia “smettiamo di essere soldati nell’esercito degli eretti; diventiamo disertori”. L’invito dell’artista è infatti quello di abbandonare la posizione verticale, propria di una sedicente condizione di “salute” e “conformità”, per adottare una diversa prospettiva comune. Il periodo di residenza dell’artista a Bergamo si concluderà con una serata-evento all’Ex Oratorio di San Lupo durante la quale il pubblico potrà assistere alle prove finali della performance in vista del debutto alla Kunsthaus Baselland di Muttenz/Basilea, che dal 27 ottobre 2023 al 7 gennaio 2024 ospiterà la prima mostra personale di Chiara Bersani in un’istituzione europea, a cura di Lorenzo Giusti e Ines Goldbach.
Nella mostra di Basilea l’azione si svilupperà sopra a un grande tappeto nepalese annodato a mano, realizzato su disegno dell’artista, il quale elabora graficamente la narrazione performativa: l’intreccio di corpi non conformi e tralci vegetali si relaziona alle azioni dei performer; le lunghe frange di filato, poste su tutti i lati del tappeto, invadono l’ambiente e invitano il pubblico ad addentrarsi nello spazio scenico. La promozione del progetto prevede inoltre, nei prossimi mesi, un talk e un laboratorio, rispettivamente alla Galerie Stadtpark di Krems e al Pirelli HangarBicocca di Milano.
A conclusione del progetto, la partitura della performance, che argomenta e sintetizza la formazione degli attori e disciplina le differenti possibilità sceniche, e l’installazione ambientale entreranno a far parte delle Collezioni della GAMeC. Deserters (Disertori) è il progetto vincitore dell’undicesima edizione di Italian Council, il programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, e parte del palinsesto di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023. Il progetto è inoltre realizzato grazie al contributo di EssilorLuxottica.
La quarta ed. del Gibellina Photoroad 2023 al via dal 28 luglioRoma, 18 lug. (askanews) – Il paesaggio del pensiero, Gibellina 1980/1981/1982 la mostra di Mimmo Jodice diffusa tra il Mac Gibellina, Museo d’Arte Contemporanea ‘Ludovico Corrao’ e gli spazi esterni di Gibellina (Trapani). È con questo evento che si apre venerdì 28 luglio alle ore 11 al Mac, Gibellina Photoroad, la quarta edizione del festival di fotografia e arti visive open air e site-specific che si svolgerà nella cittadina del Belìce fino al 30 settembre, con installazioni fotografiche di grande formato, mostre outdoor, opere site-specific, video mapping, talk e visite guidate.
Organizzato dall’Associazione culturale On Image con la direzione artistica di Arianna Catania, e promosso da Comune di Gibellina e Fondazione Orestiadi, Gibellina Photoroad presenta 34 mostre, invitando quest’anno 49 artisti provenienti da 11 Paesi europei e extraeuropei che hanno accettato la sfida di progettare nuovi allestimenti, pensati per interagire con il tessuto urbano: dai maestri della storia della fotografia come Mimmo Jodice, a reporter come il fotografo Magnum Jonas Bendiksen e il vincitore di 10 World Press Photo Francesco Zizola, fino alle sperimentazioni dell””alchimista dell’immagine”, il giapponese Kensuke Koike, e l’artista olandese Sjoerd Knibbeler solo per citarne alcuni. Gibellina Photoroad offre uno spaccato ampio e variegato della fotografia internazionale e un osservatorio privilegiato sul mondo contemporaneo, attraverso immagini che interpretano il tema di questa quarta edizione: le “alterazioni”, ovvero lo spazio che si determina nella relazione dialettica tra genio creativo e forme precostituite, tra individuo e strutture sociali, la fotografia è dalla sua nascita un campo in cui questo conflitto si esprime alla sua massima potenza. Arte che nasce dalla tecnica, ideologicamente costretta, in qualche modo, a una positivistica aderenza alla realtà, essa in realtà non solo interpreta il mondo, ma lo modifica, lo trasforma, lo altera. Spiega la direttrice Arianna Catania.
Questa edizione del festival omaggia la fotografia come arte di sperimentazione estremamente intrigante che dialoga con altre arti per violarne le regole ed elaborare linguaggi indipendenti aperti a innumerevoli letture. Fin dalle prime sperimentazioni analogiche a quelle digitali, dal collodio umido all’intelligenza artificiale, dalla pellicola alla realtà aumentata. Da sempre centrale per Gibellina Photoroad è il sostegno all’arte emergente e alla nuove produzioni artistiche. E anche quest’anno il festival continua in questa mission, con il progetto “Imaginarium: nuove produzioni e sperimentazioni nella fotografia italiana contemporanea”; vincitore dell’avviso pubblico ‘Strategia Fotografia 2022’ della DGCC – Direzione generale creatività contemporanea del Ministero della Cultura – promosso da On Image in partnership con Comune di Favignana, Comune di Gibellina, Fondazione Orestiadi, MAXXI-Museo nazionale delle arti del XXI secolo, festival Planches Contact (Francia), festival Format Festival (Regno Unito), Visual Impact, Miarté.
Imaginarium, ha coinvolto i fotografi italiani Alessandra Calò, Nicolò Degiorgis, Giorgio Di Noto e Valentina Vannicola in una residenza artistica a Favignana per la produzione di nuove opere fotografiche che saranno esposte al festival e poi donate e allestite a partire dal 6 ottobre negli spazi dell’Ex Tonnara di Favignana, entrando a far parte della collezione fotografica dell’Ex Stabilimento Florio. E con le call, tra le quali Fotografia Spazio Aperto in collaborazione con Triennale Milano, che ha visto vincitori il fotografo Luca Massaro e l’architetto Anna Merci per la produzione di una monumentale installazione site specific per il Sistema delle Piazze progettato da Franco Purini e Laura Thermes che sarà presentata il 28 luglio, alla presenza di Purini e Thermes, e di Lorenza Bravetta e Nina Bassoli, della Triennale Milano.
Con la Call for an open air installation, fin dalla sua prima edizione Gibellina Photoroad premia un progetto di installazione capace di immergersi nelle architetture di Gibellina ed esaltarle. Il premio, assegnato da una giuria di alta qualità, è proprio la realizzazione dell’installazione durante il festival. Quest’anno il premio è stato vinto dall’artista polacca Marta Bogdanska, che al Municipio realizzerà l’installazione Shifters, progetto artistico con materiale d’archivio relativo alla storia dell’uso degli animali da parte di militari occidentali, agenzie di intelligence, Croce Rossa e forze di polizia. La Call for Projects è un concorso lanciato da Gibellina Photoroad aperto a tutti i fotografi che, come primo premio mette in palio una residenza artistica a Gibellina, per realizzare un progetto destinato a essere esposto nell’edizione 2025 del festival. A vincere la call del 2023 è stata Héléne Bellenger, artista francese, col progetto Bianco Ordinario. I 15 migliori progetti saranno prodotti ed esposti in una collettiva, presso la collezione Fotografia della Fondazione Orestiadi, durante l’edizione del 2025. Quest’anno alla Fondazione Orestiadi i vincitori delle Call 2021. LE MOSTRE Come da tradizione anche quest’anno il festival si “diffonde” per tutta la città, tra i suoi edifici e le sue monumentali piazze: Piazza Beuys, Teatro di Consagra, Palazzo di Lorenzo, Municipio, Chiesa Madre, Sistema delle Piazze, Fondazione Orestiadi, Orto Botanico, Labirinto, Giardino Segreto, Cresm. E il MAC – Museo d’Arte Contemporanea Ludovico Corrao, che ospiterà l’importante mostra di Mimmo Jodice Il paesaggio del pensiero, Gibellina 1980/1981/1982, esponendo per la prima volta a Gibellina un corpus di 29 fotografie in stampa vintage dedicate alla New town in costruzione, in cui Jodice introduce sapientemente i primi segni dell’arrivo dell’uomo, per guardare a quella città come ad un laboratorio in movimento, fonte di ispirazione per la sua ricerca che si stava in quel momento sviluppando verso l’esplorazione del paesaggio inteso come spazio meditativo. Quattro opere di questa serie saranno installate in grande formato nelle vie della città, nel punto esatto in cui furono scattate negli anni 80, con l’effetto di creare un corto circuito tra passato e presente. Tra le architetture visionarie della città, ciascuno degli artisti di Gibellina Photoroad 2023 “occuperà” lo spazio urbano, restituendo con immagini potenti, la propria interpretazione del tema delle alterazioni che è inevitabilmente influenzata dal nostro presente e dalle urgenze del mondo contemporaneo: ambiente, migrazioni, nuove tecnologie. Se l’ascesa delle tecnologie digitali apre strade di sperimentazione senza precedenti, non v’è dubbio che al tempo stesso crei evidenti alterazioni della realtà, ponendo questioni etiche e sociali che Gibellina Photoroad 2023 indaga attraverso lo sguardo di alcuni tra i più interessanti artisti di quest’edizione: Catherine Leutenegger, artista visiva e fotografa svizzera pluripremiata, che in New Artificiality, in mostra in Piazza Beuys, racconta le “alterazioni” prodotte dalla stampa 3D, dimostrando così come il confine tra reale e virtuale sia diventato sempre più labile in un mondo post-digitale e iper-capitalista. Sull’ecologia, la natura e le arti generative si concentra Entangled Others lo studio condiviso delle artiste Feileacan McCormick e Sofia Crespo, interessato alla produzione di nuove forme “more thanhumans”, di presenza e vita nello spazio digitale. Nel loro lavoro An upwelling in mostra alla Fondazione Orestiadi, gli artisti si “immergono” svelando alcuni dettagli di una lunga e ossessiva ricerca negli “altri digitali” che potrebbero popolare le acque mutevoli, ancora non conosciute. Il progresso tecnologico, dal punto di vista della spinta umana all’esplorazione e all’invenzione è anche alla base della ricerca di Sjoerd Knibbeler (Amsterdam, 1981), fotografo olandese Grand Prix Photographie a Hyères (FR) 2015. Nella mostra Ground Control riunisce per la prima volta due sue opere correlate: Paper Planes (2015), sugli aerei militari ‘falliti’ che non sono mai andati oltre il tavolo da disegno, che l’artista ricrea come modelli di carta e origami, basandosi su disegni di progetti storici, per continuare a farle volare per il mondo sotto forma di idee e dati virtuali. E Lunacy, dedicato alla luna, la destinazione prescelta, oggetto di sogni, leggende, film, letteratura, ricerca scientifica, corsa allo spazio e venture capital. Per questa serie, l’artista crea modelli in scala di navicelle spaziali in legno e li fotografa al chiaro di luna in uno studio all’aperto. Tra i lavori in mostra in quest’edizione di Gibellina Photoroad 23 sono molte le denunce sulle questioni ambientali, come There’s no calm after the storm di Matteo De Mayda, sulla terribile tempesta Vaia che nel 2018 ha squassato Trentino e Bellunese, devastato circa 42.500 ettari di foreste e creando un danno economico di quasi tre miliardi di euro; e Mare Omnis, di Francesco Zizola, in cui il pluripremiato fotografo si concentra sull’ecosistema marino attraverso il racconto della relazione dell’uomo con il mare, documentando in maniera antropologica la vita vissuta in mare attraverso forme di pesca ancora manuali, locali, sostenibili, secondo tradizioni centenarie. Ma il mare è anche lo scenario dei terribili naufragi, tra cui quello del 3 ottobre 2013 – una delle più gravi catastrofi marittime nel Mediterraneo dall’inizio del XXI – con 368 morti accertati e circa 20 dispersi presunti, che ha spinto Matteo Delbò a imbarcarsi per 8 lunghi mesi sulla nave Libra, seguendo l’ultimo viaggio dell’operazione umanitaria nel suo reportage Primo Sonno. Il tema delle migrazioni apre la strada a una riflessione sul concetto di ‘nazione’ e di ‘possesso’, spingendoci a riconsiderare il nostro rapporto con gli altri esseri e con il territorio. Su questa scia a Gibellina Photoroad 23, Rubén Martín de Lucas (Spagna, 1977) presenta due opere del suo progetto concettuale Stupid Borders: Minimal Republics, un insieme di ‘microstati’ il cui limite risponde a un criterio artificiale, la geometria, ha una superficie costante, 100 m2, una durata che non supera mai le 24 ore e un unico abitante, l’artista stesso. Gibellina Photoroad 23 indaga il rapporto uomo-natura anche da una prospettiva “ribaltata”, attraverso, per esempio, il lavoro di Mishka Henner (Belgio, 1976), artista visivo – le cui opere sono state esposte al Museum of Modern Art, al Metropolitan Museum of Art di New York, al Centre Pompidou di Parigi e al Centre Pompidou di Metz, al Victoria & Albert Museum di Londra, solo per citarne alcuni – affascinato dalla perdita di controllo dell’uomo verso la natura che documenta in Scopes; una seria di cinque filmati che raccolgono il materiale tratto da telecamere cadute, gettate o lasciate deliberatamente dai proprietari vicino agli animali che mostrano un contrappunto piuttosto scioccante rispetto all’idea prevalente che la nostra specie regni sovrana. Il racconto di Gibellina Photoroad 23 sulle relazioni non si esaurisce nella ricerca sulla natura, ma si estende anche alle relazioni umane con il lavoro di Ieva Stankuté (Lituania, 1996) About the belly button in mostra al centro sociale. Un progetto-libro sulla maternità di cui l’artista ne racconta, attraverso i colori, le gioie, i dolori, la fatica e le difficoltà, per smantellare il luogo comune della “mamma perfetta”, dimostrando come invece la perfezione stia nella verità del “multicolor”. La figura umana è centrale anche nei lavori di Charles Fréger (Francia, 1975) che da oltre vent’anni attraversa l’Europa da Nord a Sud alla ricerca della “figura del selvaggio” così come sopravvive nelle tradizioni popolari locali, e la racconta in Wilder Mann in mostra all’Orto Botanico. Le alterazioni di Gibellina Photoroad 23 ricorrono anche nell’opera di quegli artisti che lavorano sulla combinazione e sulla manipolazione delle immagini, primo fra tutti “l’alchimista dell’immagine” Kensuke Koike (Nagoya, Giappone, 1980) che in Fragmented Identity, a Palazzo Di Lorenzo, presenta opere d’arte tridimensionali composte da varie componenti, da pezzi di volti umani; opere interattive che esplorano il concetto di identità incoraggiando gli spettatori a testare la propria creatività e suscitando una riflessione sul ruolo della tecnologia nell’arte e su come gli strumenti digitali possano essere utilizzati per creare nuove forme di esperienze coinvolgenti. Tra le alterazioni più attuali della nostra società ci sono senza dubbio le fake news, pseudo notizie e false notizie che con rapidità si diffondono sul web. Jonas Bendiksen (Norvegia, 1977) le affronta in The Book of Veles: il racconto del caso della città di Veles, nella Macedonia settentrionale, salita alla ribalta mondiale come epicentro della produzione di fake news durante le elezioni americane del 2016, e diventato un libro fotografico ampiamente lodato dalla comunità della fotografia documentaria. Fino a quando lo stesso Bendiksen non ha rivelato che si trattava di qualcosa di molto diverso da ciò che sembrava essere. The Book of Veles è una provocazione, un esperimento per vedere dove la tecnologia potrebbe portare la fotografia nell’immediato futuro. L’OPENING Nelle tre giornate di opening (28-30 luglio) l’intera città di Gibellina si popola di artisti, curatori, appassionati provenienti da tutto il mondo, in un clima di condivisione a partecipazione, che coinvolge direttamente anche i cittadini. Il programma prevede un calendario ricco di incontri, con esponenti di primo piano della fotografia italiana e internazionale e numerose visite guidate con gli artisti. Si comincia il 28 luglio alle 11.00, con l’inaugurazione della mostra di Mimmo Jodice “Il paesaggio del pensiero, Gibellina 1980/1981/1982” presso il Mac (Museo di arte contemporanea) di Gibellina. Alle 17.30 a Palazzo di Lorenzo, si svolgeranno i saluti istituzionali con Salvatore Sutera (Sindaco di Gibellina), Elvira Amata (Assessore Turismo, sport e spettacolo Regione Sicilia), Calogero Pumilia (Presidente Fondazione Orestiadi), Matteo Fontana (Assessore turismo comune di Gibellina), Lorenza Bravetta (Curatrice Fotografia, cinema e new media Triennale Milano), Alessandro La Grassa (Presidente Cresm), Rosario Di Maria (Presidente Tenute Orestiadi) e Arianna Catania (Direttrice festival Gibellina Photoroad). Alle 19.00, al Sistema delle Piazze, si svolgerà l’Incontro pubblico ‘Fotografia Spazio Aperto’: un dialogo tra architettura e fotografia, con Franco Purini e Laura Thermes (Architetti), Nina Bassoli (Curatrice Architettura, rigenerazione urbana, città Triennale Milano), Lorenza Bravetta (Curatrice Fotografia, cinema e new media Triennale Milano), Luca Massaro (Fotografo), Anna Merci (Architetto), Enzo Fiammetta (Direttore Museo delle Trame Mediterranee), e Arianna Catania (Direttrice festival Gibellina Photoroad). Il 29 luglio, alla Sala Agorà alle 19.00 si svolgerà l’incontro/Seminario ‘Imaginarium: nuove produzioni e sperimentazioni nella fotografia italiana contemporanea” con gli artisti Alessandra Calò, Nicolò Degiorgis, Giorgio Di Noto, Valentina Vannicola e con Simona Antonacci (MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo), Louise Fedotov Clements (Format Festival), Enzo Fiammetta (Museo delle Trame Mediterranee/Fondazione Orestiadi), Laura Serani (Festival Planches Contact), Marco Scarpinato (Comune di Favignana). Dalle 22.45 fino a mezzanotte si svolgerà il suggestivo videomapping, nell’abside sferica della Chiesa madre di Gibellina, progettata da Ludovico Quaroni con i progetti visionari di Mishka Henner e Priscilla Pallante. Il 30 luglio, alle ore 11.00, presso il Baglio di Stefano, sede della Fondazione Orestiadi, si svolgerà l’incontro pubblico “Mare Omnis: editoria e fotografia” con Francesco Zizola e Nicolò Degiorgis. E le visite guidate con hli artisti. Infine alle 17.30 presso il MAC-Museo d’arte contemporanea “Ludovico Corrao”, si svolgerà l’incontro “Esperienze di formazione a confronto: Accademia Palermo e Made Program (Accademia Siracusa)”. LA STORIA DI GIBELLINA PHOTOROAD Sin dalla sua prima edizione nel 2016, il festival ha portato in Sicilia artisti e fotografi noti a livello internazionale tra i quali Olivo Barbieri, Mario Cresci, Bruce Gilden, Mustafa Sabbagh, Alterazioni Video, Tobias Zielony, Taiyo Onorato & Nico Krebs, Valérie Jouve, solo per citarne alcuni, le cui testimonianze rimangono oggi nelle installazioni visionarie che dialogano con la città, come ad esempio la grande opera permanente Gibellina Selfie di Joan Fontcuberta, e Andata e Ritorno di Moira Ricci nello storico Palazzo di Lorenzo, e nelle opere facenti parte della Collezione permanente di fotografia della Fondazione Orestiadi inaugurata nel 2021. Nelle passate edizioni il festival ha presentato il lavoro di 120 artisti in 90 esposizioni site-specific.
Santarcangelo Festival, Sara Sguotti e le forme che si sfocanoSantarcangelo di Romagna, 18 lug. (askanews) – Un campo, sullo sfondo la rocca di San Marino e poi il cielo. E quindi un palcoscenico bianco e il corpo di Sara Sguotti che assume diverse forme, tra il biologico e il postumano, per creare un viaggio dentro la densità della materia, ma anche dentro le possibilità di un essere umano che danza. È lo spettacolo “S.O.P. -SOME.OTHER.PLACE” che la danzatrice e coreografa ha portato al Santarcangelo Festival 2023. “Le forme – ha detto l’artista ad askanews – entrano nel mio corpo in maniera anche abbastanza, come dire, sfocata. Quindi parto appunto da un’immagine che è legata a questa sensazione un po’ felina, quindi sono un po’ immagino di essere un felino per poi attraversare spazi e quindi magari non definire più la mia figura in quanto essere umano o non umano, essere nel presente e nel passato, nel futuro”.
Fino ad arrivare, simbolicamente, all’immagine mentale di un gorilla, che in un certo senso prima appare in tutta la sua chiarezza, ma poco a poco si offusca e scivola verso un’altra dimensione della percezione, verso quell’altrove dell’immaginazione che è l’obiettivo del lavoro di Sara Sguotti. “Il fuori entra nel dentro – ha aggiunto – e il corpo è soltanto una reazione in realtà, quindi il corpo si adatta a quelli che sono i luoghi che vengono proposti nella mia immaginazione”. Sul palco non c’è nulla, tutto è affidato ai movimenti e ai passi della performer, la natura la abbraccia, ma in scena ogni cosa, anche quella sensazione di nebbia, va costruita in continuazione, movimento dopo movimento. Qui c’è la cifra coreografica dello spettacolo, qui la sua difficoltà ovviamente. Accanto al corpo c’è un unico altro possibile appiglio, affidato alla partitura musicale che Spartaco Cortesi esegue dal vivo. “Abbiamo deciso di usare il suono – ci ha spiegato il musicista – come se fosse un agente atmosferico, per cui abbiamo immaginato nubi che passano, quindi l’audio diventa un elemento anche quello poco definito ma che cambia in continuazione e dà meno riferimenti possibili a Sara”.
Ecco, nell’assenza dei riferimenti lo spettacolo trova i suoi, che sono più sottili, forse inafferrabili, ma hanno comunque la forza di sostenere la scena, di restituire emozioni al pubblico, di parlarci dei tanti modi in cui la danza oggi rappresenta una pratica irrinunciabile per chi vuole realmente pensare il contemporaneo. (L.M.)
Ricerca, già a 13 mesi i bambini avvertono l’esclusione socialeRoma, 17 lug. (askanews) – L’esperienza di essere ignorati in presenza degli altri, nota con il nome di ostracismo, è un fenomeno che si verifica comunemente nell’arco della nostra vita in diversi contesti e a diverse età. Esso influisce negativamente sui bisogni psicologici fondamentali e induce cambiamenti fisiologici e comportamentali negli adulti.
Un nuovo studio, dal titolo “You can’t play with us: First-person ostracism affects infants’ behavioral reactivity”, condotto presso il Bicocca Child&Baby Lab dell’Università di Milano-Bicocca, e appena pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “Child Development”, ha rivelato come anche i bambini di soli 13 mesi siano sensibili all’ostracismo e reagiscano in modo diverso quando vengono inclusi o esclusi in situazioni sociali. Nel corso degli ultimi vent’anni, diversi studi si sono occupati di comprendere le dinamiche sottostanti il fenomeno dell’ostracismo. A oggi – informa Bicocca – è noto come, a partire dall’età scolare, l’essere esclusi da situazioni sociali possa influenzare i bisogni psicologici di base come il bisogno di appartenenza e l’autostima, causando cambiamenti fisiologici come l’accelerazione del battito cardiaco. Non solo, l’ostracismo può anche modificare i nostri comportamenti, consentendoci di adottare atteggiamenti prosociali o antisociali a seconda della situazione.
Ma come e quando emerge questa precoce sensibilità all’esclusione sociale? Per cercare di rispondere a questa domanda, la ricerca, realizzata presso il Bicocca Child&Baby Lab da un gruppo di ricercatori coordinato da Ermanno Quadrelli, docente di psicologia dello sviluppo e psicologia dell’educazione, all’interno di un finanziamento della Commissione Europea tramite un bando Marie Sklodowska-Curie Innovative Training Network (Progetto MOTION), ha esaminato gli effetti dell’ostracismo sul comportamento di bambini di 13-14 mesi. I bambini venivano coinvolti in un gioco con una palla insieme a due sperimentatori. Durante il gioco potevano essere inclusi, ricevendo e passando la palla in modo equo con gli sperimentatori, oppure ostracizzati, venendo ignorati dagli sperimentatori ed esclusi dal gioco dopo i primi due passaggi. Il comportamento dei bambini veniva registrato per consentire di valutare in maniera dettagliata le espressioni facciali, vocali e posturali degli stessi durante le diverse fasi dell’esperimento.
I risultati ottenuti hanno dimostrato che i bambini ostracizzati mostravano una minor quantità di comportamenti a valenza positiva, quali sorrisi e risate, mostrando invece in misura maggiore espressioni emotive negative, quali pianto ed espressioni di rabbia, rispetto a quelli inclusi. I bambini esclusi, inoltre, si mostravano molto più attenti al gioco, osservando più a lungo la palla e/o i giocatori, e ricercavano l’attenzione degli altri giocatori, verosimilmente in un tentativo di essere re-inclusi nell’interazione sociale. Questi risultati – prosegue Bicocca – rivelano, per la prima volta, come, già a partire dai 13 mesi di età, i bambini siano sensibili all’ostracismo, mostrando una risposta comportamentale in linea con quanto osservato in bambini più grandi e negli adulti. Complessivamente, i dati raccolti forniscono inoltre nuove informazioni sullo sviluppo delle abilità di interazione sociale in prima infanzia ed evidenziano come la sensibilità all’esclusione sociale negli adulti affondi le sue radici nei primi mesi di vita.
I dati di ricerca ad oggi disponibili indicano come essere persistentemente ignorati dai coetanei a partire dalla scuola materna può comportare reazioni di insoddisfazione in classe fino a compromettere le prestazioni scolastiche. “Adottare una prospettiva evolutiva e studiare gli effetti dell’ostracismo fin dalla prima infanzia – sostiene Ermanno Quadrelli – consente quindi non solo di ampliare le conoscenze sullo sviluppo sociale nei primi anni di vita, ma mette anche in evidenza la necessità di intervenire precocemente per contrastare l’ostracismo e promuovere un ambiente inclusivo sin dai primi anni di vita. In questo senso, la creazione di programmi educativi e di intervento mirati a favorire l’integrazione sociale e a sviluppare abilità di adattamento socio-emotivo potrebbe contribuire a mitigare gli effetti negativi dell’ostracismo sui bambini e migliorare le loro prospettive di successo accademico e di benessere sociale”.
Biennale Danza, oppressione e rinascita: Oona Doherty a VeneziaVenezia, 16 lug. (askanews) – Una coreografia corale di impianto classico, molto elegante, accompagnata dal Concerto per pianoforte n.2 di Sergei Rachmaninoff, che a un certo punto però viene sconvolta da degli spari. È la prima parte dello spettacolo “Navy Blue”, che la coreografa londinese Oona Doherty ha portato in prima nazionale per l’Italia alla Biennale Danza di Venezia, dove nel 2021 le era stato attribuito il Leone d’Argento. Questo nuovo lavoro si articola su due momenti, il primo tragico, con echi dei campi concentrazionari del Novecento e delle sue dittature totalitarie, il secondo improntato invece a una rinascita, che passa anche attraverso una sorta di immersione nello spazio profondo, in quel blu del cielo e delle stelle che forse conferisce la forza di riscattare anche gli orrori della storia.
Le parole chiave per Doherty sono, nel caso di quest’opera, crisi e redenzione. E se è disturbante vedere come l’unisono del balletto sia fatto vittima di una violenza cieca, invisibile e inesorabile nella parte intitolata “The Oppression”, è altrettanto strano, ma in senso positivo e liberatorio, assistere, da qualche parte in un mondo che immaginiamo più lontano, alla resurrezione degli stessi corpi dei ballerini a cui la coreografa offre la possibilità di agire “un tentativo di libertà e un nuovo futuro”. La seconda parte si intitola “Submission into Love”, e culmina con un assolo che probabilmente è la misura stessa della speranza presente in “Navy Blue”. Come un abbraccio poetico. Sulla scena i dodici performer, provenienti da tutta Europa, sembrano essere simbolo di una umanità fragile e in un certo senso impotente, schiacciata dalla violenza del potere, i loro passi sono a un certo punto terrorizzati. Ma non possono fare altro che continuare a danzare: qui probabilmente lo spettacolo costruisce la propria forza, la propria credibilità. E partendo da questa impossibilità di uscire dl circolo ermeneutico – se così possiamo dire – della danza, getta le basi per la rinascita. E il medium, in questo caso, è parte decisiva del messaggio. (L.M.)
”La moda al tempo dei Florio”, la mostra a Mirto dal 19 luglioRoma, 15 lug. (askanews) – Mercoledì 19 luglio alle 19,00 al Museo del Costume e della Moda Siciliana di Mirto si inaugura la mostra “La Moda al Tempo dei Florio”, rassegna di abiti d’epoca dal 1900 al 1930. L’esposizione, fortemente voluta dall’Amministrazione Comunale di Mirto, è stata curata dall’architetto Giuseppe Miraudo, direttore del Museo del Costume e della Moda Siciliana. A tagliare il nastro inaugurale sarà Maria Grazia Cucinotta, che è anche madrina del museo siciliano e del quale in questi anni è stata testimonial in Italia e nel mondo.
In alcuni lavori l’attrice messinese ha indossato abiti d’epoca del Museo fra i quali il noto abito “Delfos” reso celebre in tutto il mondo da Eleonora Duse, Isadora Duncan e Sarah Bernhardt e che sarà una delle creazioni più attese dell’ interessante esposizione. “La Moda al Tempo dei Florio”, allestita all’interno di Palazzo Cupane offrirà uno spaccato di eccezionale fermento dell’alta moda di inizio 900.
Prima del conflitto mondiale si vivevano gli anni della “Bella Epoque” un periodo di grande bellezza e spensieratezza e la moda lo rappresentava in pieno con modelli nuovi ed originali. Nascevano le linee più armoniose e sottili tipiche dell’Art Nouveau ed i capi femminili divennero più sensuali e raffinati. Anche i vestiti maschili ebbero un cambiamento e l’uomo andò alla ricerca di capi sempre più importanti. L’attento lavoro di ricerca compiuto dal direttore del Museo del Costume e della Moda Sicilia di Mirto Giuseppe Miraudo esalterà questo momento di grande creatività dell’alta moda siciliana.
In mostra abiti da sposa del primo ‘900, abiti anni venti e trenta, accessori raffinati come cappelli, borsette, bigiotteria, scarpe, biancheria, un vero e proprio mondo scomparso testimone di un periodo che ha rivoluzionato la storia della moda. L’iniziativa sarà arricchita da un’esposizione fotografica a cura del maestro Melo Minnella che conterrà immagini dedicate al prestigio della famiglia Florio e da manifesti d’epoca del periodo liberty riguardanti le attività dei Florio negli Usa donati da Toti Librizzi, titolare del Museo della Memoria sito sempre a Mirto.
A Palazzo Cupane, sede del Museo del Costume e della Moda Siciliana la mostra “La Moda al Tempo dei Florio”, potrà essere visitata dal 19 luglio al 5 settembre.
Biennale Danza, il Barocco e i corpi queer di Andrea PeñaVenezia, 15 lug. (askanews) – Una riflessione sulla morte e la resurrezione, sui corpi queer e sulla potenza del Barocco, calata in un contesto ipercontemporaneo fatto di spazi brutalisti, ma anche di luce naturale, la luce della Laguna, sfruttata come quinta. Alla Biennale Danza di Venezia è andata in scena la prima mondiale di “Bogota”, spettacolo della coreografa colombiana Andrea Peña, che vuole essere una ricerca sul complesso e mutevole stato dell’essere, alla luce di una continua evoluzione, narrativa e del ciclo vitale, dei personaggi sulla scena. Nove performer, che a volte interagiscono tra loro, a coppie o collettivamente, a volte portano avanti ciascuno una propria linea coreografica e narrativa, fino a collidere di nuovo con le altre.
C’è la potenza, anche retorica, del Barocco, soprattutto quello latino americano, mediato dagli oggetti di scena tratti dal mondo del lavoro; ci sono le posture così forti nella luce e nei corpi caravaggeschi, ma ci sono anche le ambiguità, le fluidità, i movimenti erotici. C’è la morte, si diceva, ma anche la conseguente rigenerazione, in un circuito che, come le corse dei danzatori sulla scena, non si ferma, è più grande anche del tempo dello spettacolo. Nella visione di Andrea Peña lo spettatore è chiamato a essere testimone attivo di questa continua mutazione, di questa “trasformazione viscerale”, per usare le parole della coreografa, che vorrebbe essere viatico alla creazione di universi alternativi, in perfetta linea con il filo conduttore di questa Biennale Danza per come l’ha costruita il direttore Wayne McGregor. Interessante, oltre al dinamismo della messa in scena, ai suoi frammenti di banale normalità dentro la cornice poderosa del Barocco – per esempio gli artisti si cambiano i costumi sul palco e a un certo punto la stessa coreografa entra in azione per ripulire una zona dai detriti – interessante si diceva è anche la continua relazione di scambio tra la dimensione interna ed esterna, interiore ed esteriore. Che è quella che alimenta l’energia e l’ambiguità dei corpi, oltre che molti dei momenti di azione dello spettacolo. E naturalmente fa da architrave a tutto il mondo di “Bogota”, offre ai suoi personaggi la possibilità di esistere e di essere sia fragili sia scultoreamente possenti, allo stesso tempo. Il tempo della possibilità. Il tempo della danza contemporanea. (L.M.)
Libri, presentato ‘Salvator Mundi’: premio speciale per MeloniRoma, 14 lug. (askanews) – Durante la presentazione del volume “Salvator Mundi: Proposte e Riflessioni per Nuovi Equilibri di Pace” edito da Publiscoop editore a cura di Katia La Rosa, giornalista professionista, Presidente di ITDIFESA ed autore e fondatore di tutto il progetto integrato, in collaborazione con le Istituzioni civili e militari, si è svolta una cerimonia di premiazione, che ha coinvolto la Senatrice Isabella Rauti, in rappresentanza della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
La statua del “Salvator Mundi”, un Gesù senza le mani, donata dal restauratore di Genova Cesare Masi alla fondatrice del progetto, Katia La Rosa, diventa simbolo tangibile di questo straordinario volume, la cui riproduzione in miniatura dipinta a mano e realizzata con una dedica speciale dall’azienda Treddy è stata consegnata alla Senatrice Rauti come gesto di riconoscimento e apprezzamento per l’impegno della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel promuovere la pace e la difesa dei valori fondamentali della nostra nazione, perché attraverso loro la storia del “Salvator Mundi” senza le mani diventi un valore riconosciuto da tutto il mondo. Durante la solenne cerimonia la Presidente di ITDIFESA, Katia La Rosa ha conferito un premio speciale a Giorgia Meloni, prima donna Presidente del Consiglio, per le sue qualità umane e politiche, con l’augurio, che possa guidare il Paese, verso una rinascita collettiva, contribuendo al suo progresso.
Nella stessa cerimonia è stato anche riconosciuto l’instancabile impegno e la dedizione al servizio, del Sottosegretario al Ministero della Difesa Isabella Rauti. Nel corso dell’evento le è stato donato una copia del volume e l’anello Amen dei Valori e la Madonnina Miracolosa; ed una riproduzione in scala del Salvator Mundi. Che rappresenta, dunque, un’icona di speranza, un richiamo a credere nel potenziale dell’umanità per creare un mondo eticamente sostenibile. La statua originale, opera lignea, altra oltre 2 metri, incarna l’essenza del messaggio di pace e di rinascita che permea il libro stesso: Ama, Dona e Perdona. “Per me è un onore – ha dichiarato il Sottosegretario alla Difesa Senatrice Isabella Rauti – rappresentare il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla presentazione di un libro di grande spessore ideale, valoriale, simbolico, etico e religioso che racconta anche la storia affascinante del Cristo ritrovato. Il tema di oggi è anche oggetto del Vertice Nato di Vilnius: pace ed Europa sono i argomenti chiave dell’agenda politica di chi ha a cuore la stabilità e la sicurezza del mondo. Che l’opera presentata sia un augurio a chi è impegnato nel mondo come costruttore e portatore di pace”. “Consegnando questa statua del ‘Salvator Mundi’ alla Presidente del Consiglio – ha sottolineato La Rosa – vogliamo onorare il forte impegno nel promuovere la pace e la difesa dei nostri valori. Desideriamo che diventi un costante promemoria del nostro impegno a credere nel potere dell’Unione e della Solidarietà. La copia in scala 1:1 realizzata dall’Azienda Treddy, leader nella stampa 3D; che ha sposato il progetto, sarà collocata in un luogo simbolo del nostro Paese, perché quest’opera d’arte, segno tangibile di rinascita, diventi con la sua storia vera, l’icona di un progetto umano. L’augurio è che tutti noi, civili e militari, grazie al messaggio del Salvator Mundi, si possa diventare un esercito di pace e di speranza”.