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La Biennale Teatro Emerald apre con il Leone d’oro Armando Punzo

La Biennale Teatro Emerald apre con il Leone d’oro Armando PunzoMilano, 14 giu. (askanews) – Si apre Emerald. Il 51esimo Festival Internazionale del Teatro della Biennale di Venezia, curato dai direttori Stefano Ricci e Gianni Forte (ricci/forte), al terzo anno di mandato, animerà i teatri e gli spazi di Venezia, Mestre e Marghera fino a sabato 1 luglio. Inaugura il Festival – giovedì 15 giugno alle 20.00 – il Leone d’oro alla carriera Armando Punzo, che assieme alla storica Compagnia della Fortezza metterà in scena Naturae al Teatro alle Tese dell’Arsenale.

Risultato di un processo di ricerca durato oltre otto anni, Naturae nasce dalle riflessioni sul teatro shakespeariano iniziate da Armando Punzo nel 2015 e dal confronto con il surrealismo magico di Jorge Luis Borges. All’overture seguono i quattro quadri La vita mancata, La valle dell’innocenza, La valle dell’annientamento, La valle della permanenza. Scrive Punzo: “Negli ultimi otto anni il lavoro della compagnia della fortezza è stato guidato dalla ricerca dell’ordine e della bellezza nella natura umana. Senza alcuna volontà iniziale sono emerse una narrazione e una visione dell’uomo che ci hanno fatto scegliere di riscrivere l’opera di Shakespeare per sconfessare una superstizione che vede l’uomo ripetersi all’infinito sempre uguale a sé stesso, senza alcuna possibilità di cambiamento. In questo lungo viaggio di auto-formazione, due figure, lui e il bambino, sono diventate protagoniste di una nuova visione che ha spazzato via i fondamenti intoccabili della filosofia esistenziale dell’occidente, per la quale a partire dal ‘900 sembrava non essere più possibile sognare un nuovo uomo e un nuovo mondo… L’incontro con l’opera di Borges ha poi suggerito un grado di intelligenza ed evoluzione umana superiore: la sua scrittura non indugiava sulla copia dell’esistente, ma richiedeva uno sforzo consapevole e un lavoro da compiere per affrancarsi da sé stessi e lanciarsi oltre lo steccato dei nostri limiti e della cultura attuale della paura e della morte… Ci siamo resi conto che l’evoluzione umana è in essere, sempre, ed è questa che bisogna alimentare. Non possiamo credere di essere arrivati alla fine della storia, è innaturale e non serve a migliorare la nostra esistenza, le relazioni tra gli uomini, una diversa idea di comunità fatta di persone sensibili e il futuro della nostra terra. L’homo sapiens è solo una fase, dobbiamo lavorare per guadagnarci l’homo felix, dobbiamo far crescere in noi la ricerca della libertà, dell’amore, della felicità. Dobbiamo ricominciare a sognare un nuovo uomo e imporlo alla realtà”. Premiato con il Leone d’oro alla carriera dopo trentacinque anni di intesa attività teatrale in un contesto particolare come quello della Fortezza medicea di Volterra, Armando Punzo è stato il primo regista a proporre l’istituzione di una compagnia teatrale in carcere. Fondata nel 1988 la Compagnia della Fortezza ha solo recentemente ottenuto la creazione di un teatro dedicato all’interno della Fortezza, disegnato dall’architetto Mario Cucinella.

Naturae è un’occasione unica per vedere in scena il regista e i suoi attori-detenuti al di fuori del carcere della Fortezza. Lo spettacolo sarà in replica venerdì 16 giugno alle 18.00. Per facilitare il pubblico, la Biennale di Venezia mette a disposizione navette gratuite che dal Teatro alle Tese dell’Arsenale fermano a Sant’Elena, San Zaccaria, Zattere, Tronchetto, Piazzale Roma.

Biennale Gherdëina, Lorenzo Giusti curatore dell’edizione 2024

Biennale Gherdëina, Lorenzo Giusti curatore dell’edizione 2024Milano, 14 giu. (askanews) – La Biennale Gherdëina, evento d’arte che si tiene sulle Dolomiti, ha annunciato la nomina di Lorenzo Giusti come curatore della sua nona edizione, intitolata The Parliament of Marmots. La rassegna alpina si svolgerà a Ortisei e nelle zone circostanti della Val Gardena, dal 31 maggio al 1 settembre 2024. The Parliament of Marmots si integrerà in una più ampia rete di iniziative che, nel corso del biennio 2024-2025, insieme ad altre aree, si espanderà anche al territorio di Bergamo e alla catena delle Orobie, sotto il ventaglio progettuale Thinking Like a Mountain.

Il titolo della Biennale Gherdëina The Parliament of Marmots è preso in prestito da una delle più note leggende delle Dolomiti che racconta la vicenda dei “Fanes”, un popolo mite e pacifico il cui regno si estendeva oltre le sette montagne ai confini del mondo. Il segreto della prosperità dei Fanes stava nell’alleanza con le marmotte che abitavano l’omonimo altipiano. Quando l’alleanza fu rotta a causa di una principessa vergognosa del patto con gli animali, i Fanes andarono incontro a sventure e conflitti che portarono al declino del regno.   Lorenzo Giusti è uno storico dell’arte italiano e curatore, appassionato di montagna e amante del cammino negli spazi naturali. Attuale direttore della GAMeC di Bergamo, ha curato svariate mostre personali e collettive di autori sia storici sia contemporanei, collaborando con istituzioni pubbliche e private, tra le quali Art Dubai, la Biennale di Venezia, Artissima Torino, Vienna Curated by Festival, Palazzo Grassi-Punta della Dogana a Venezia, OGR Torino, Shenzhen Animation Biennale, FRAC Corse, Triennale Milano, Palazzo Strozzi a Firenze e altre. Suoi interessi particolari sono il rapporto tra avanguardie storiche e linguaggi del contemporaneo, nonché le relazioni tra il pensiero ecologico e le arti visive. È ideatore e co-editore della piattaforma digitale Radio GAMeC, nata nel 2020 a Bergamo durante l’emergenza pandemica. Attraverso format diversi – tra nuove produzioni per lo spazio pubblico, performance, mostre personali e collettive e laboratori aperti al pubblico – The Parliament of Marmots raccoglierà i contributi di artiste e artisti provenienti da aree diverse dell’Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente, radunando nel meraviglioso contesto naturale della Val Gardena una comunità molteplice, chiamata a porre le basi creative per una nuova alleanza strategica tra tutte le specie del mondo vivente.   Thinking Like a Mountain è invece un’espressione coniata dal guardaboschi e scrittore ambientalista americano Aldo Leopold in seguito all’incontro con un branco di lupi. In A Sand County Almanac -una raccolta di riflessioni pubblicata postuma nel 1949 – si legge: “Soltanto la montagna ha vissuto abbastanza da potere ascoltare, imparziale, l’ululato del lupo”. “Pensare come una montagna” per Leopold significa saper apprezzare tutti gli elementi del vivente e le loro profonde relazioni; un invito a trascendere il punto di vista antropocentrico e contemplare l’ecosistema come un organismo dotato di equilibrio e armonia e le terre selvagge come uno scrigno di meccanismi e processi rigenerativi da salvaguardare.   Nel contesto della Biennale Gherdëina e delle altre iniziative immaginate per il biennio 2024-2025 l’espressione di Leopold si fa interprete della volontà di promuovere un’etica della terra scaturita da una frequentazione responsabile degli spazi naturali e dall’esercizio condiviso di una creatività rispettosa dei ritmi rigenerativi e avvalorante le differenze di specie.   “Quando mi è stato proposto di curare la Biennale Gherdëina – ha spiegato Lorenzo Giusti – ho ritenuto significativo proporre un’alleanza con il progetto che stavo portando avanti nel contesto delle Orobie bergamasche. Le trasformazioni del pensiero ecologico legate al mito della natura selvaggia faranno da sfondo a una narrazione che, insieme alle diverse aree europee, coinvolgerà l’intero bacino del Mediterraneo – spazio di migrazioni ricorsive e multidirezionali di numerose specie del mondo vivente – legandolo idealmente alla montagna.”   “Lorenzo Giusti – ha detto il presidente della associazione Zënza Sëida Eduard Demetz – con la sua incredibile capacità comunicativa e la sua esperienza si interfaccerà con grande sensibilità al nostro territorio e la sua cultura, sviluppando un programma vasto e inclusivo”. Le linee guida del progetto saranno presentate da Giusti, a Ortisei, il 22 luglio 2023, accompagnate da una performance dell’artista palestinese Mirna Bamieh.

Art Basel 2023, la fiera milionaria che brilla come un museo

Art Basel 2023, la fiera milionaria che brilla come un museoBasilea, 14 giu. (askanews) – Il mondo dell’arte passa tutto di qui: nella piazza sovrastata dall’architettura di Herzog e de Meuron transitano i nomi che contano del Sistema del contemporaneo e insieme a loro migliaia di addetti ai lavori e visitatori. Art Basel è la fiera d’arte più importante al mondo e passandoci si capisce perché. Non si tratta solo delle 284 gallerie – oggettivamente le più importanti al mondo – o degli oltre 4mila artisti rappresentati: aspetti decisivi ovviamente, ma a questi va aggiunta la postura che la fiera assume qui a Basilea, il suo essere luogo che va oltre la dimensione commerciale – che è enorme e imprescindibile – per diventare qualcosa di più. Qualcosa che ha l’ambizione di fare il punto su ciò che succede davvero nel sistema dell’arte e di farlo al più alto livello possibile. E se questa considerazione sembra adattarsi alla perfezione per la sezione Unlimited, che storicamente ospita le opere di grandi dimensioni, le installazioni e i video e ha banalmente la stessa forza espositiva di una Biennale, è vera anche per la fiera vera e propria, per gli stand, per tutto quello che, sulla carta, dovrebbe essere più ordinario. Ma nei booth di Hauser & Wirth, oppure di Gagosian, di David Zwirner o di Paola Cooper, il livello della proposta è alto, a volte altissimo. Tanto da farci chiedere se non sia addirittura troppo per una fiera.

Poi però arrivano i numeri: per esempio quelli proprio di Gagosian, che ha fatto sapere che nel primo giorno di preview, aperto solo a inviti vip, sono già state vendute 40 opere, con prezzi che vanno da qualche centinaio di migliaia di dollari fino a 6 milioni. Prima ancora che la fiera sia ufficialmente aperta. Il che naturalmente fa riflettere anche sulla dimensione esclusiva – non solo per via di prezzi che a volte sembrano sfuggire a ogni possibile controllo, ma proprio per una questione di accesso, in senso più ampio – di questo smagliante mondo del contemporaneo. In un certo senso Art Basel qui a Basilea – la fiera ha importanti appendici nei nuovi luoghi globali dell’arte, come Hong Kong e Miami – è la somma di tante contraddizioni e la cartina di tornasole di un settore che porta avanti battaglie sociali e istanze politiche molto forti, grazie all’impegno degli artisti e dei galleristi che li sostengono, ma allo stesso tempo è anche un motore economico e di potere, un club chiuso ed esclusivo. Gentile, sorridente, a volte anche informale, ma pur sempre centro di potere. C’è però da dire – e in questo può avere influito anche il carisma e la preparazione di Vincenzo de Bellis, direttore di tutte le fiere di Art Basel – che la qualità delle proposte è molto spesso straordinaria e mostra in modo chiaro la differente rilevanza di questa fiera rispetto alle altre – seppur importanti – che si trovano in tutto il mondo. Le opere e gli artisti sono realmente quelli più rilevanti sulla scena e che si tratti di uno strabiliante Mark Rothko sui toni del giallo, oppure di una installazione di Ibrahim Mahama o ancora di una serie di immagini di Nan Goldin, la sensazione è quella di trovarsi dentro un museo, e non un museo qualsiasi, ma del livello – per dire – del MoMA di New York. Con in più il dinamismo e la frenesia del momento fieristico, con in più il grande passaggio del pubblico che conta e, ovviamente, la possibilità di staccare quelle opere dalle pareti degli stand e, potendoselo permettere, portarsele via. Perché poi a contare è soprattutto il mercato, i soldi che rendono possibile tutto questo. Ma, magari ingenuamente, è bello pensare che non ci sia solo questa dimensione, che ci sia bisogno di altro per farli girare questa soldi, e questo “altro” è la grandezza del lavoro di tanti degli artisti che le più brillanti gallerie del mondo hanno portato qui, al crocevia tra Svizzera, Francia e Germania, anche in questo mese di giugno insolitamente caldo all’epoca della vita umana nel cambiamento climatico.

(Leonardo Merlini)

Morto lo scrittore Cormac McCarthy, aveva 89 anni

Morto lo scrittore Cormac McCarthy, aveva 89 anniRoma, 13 giu. (askanews) – Cormac McCarthy, uno dei più noti scrittori statunitensi, autore di “The Road”, è morto martedì nella sua casa di Santa Fe. Aveva 89 anni. Lo riporta il New York Times citando Knopf, il suo editore, che in una dichiarazione ha reso nota la conferma del decesso da parte del figlio John.

“All the Pretty Horses”, un western riflessivo che va controcorrente rispetto al suo lavoro precedente, ha vinto un National Book Award nel 1992, e “The Road” ha vinto un Premio Pulitzer nel 2007. Entrambi sono stati trasformati in film, così come Mr. “Non è un paese per vecchi” di McCarthy, che ha vinto l’Oscar per il miglior film nel 2008. Quel film, diretto da Joel ed Ethan Coen, ha dato al mondo l’immagine indelebile di Javier Bardem nei panni del sicario nichilista di McCarthy, Anton Chigurh, che uccide le sue vittime con una pistola pneumatica destinata al bestiame.

McCarthy negli ultimi anni era stato considerato come un potenziale vincitore del Premio Nobel per la letteratura. Il critico Harold Bloom lo ha segnalato come uno dei quattro maggiori romanzieri americani del suo tempo, insieme a Philip Roth, Don DeLillo e Thomas Pynchon

Libri, TS Edizioni pubblica “Juanito alla scoperta dell’America”

Libri, TS Edizioni pubblica “Juanito alla scoperta dell’America”Roma, 13 giu. (askanews) – TS Edizioni pubblica, anche in edizione e-book, un nuovo libro della Collana “Gli Aquiloni – Grandi autori per piccoli lettori”: Il gatto di Cristoforo Colombo di Roland Martin, pseudonimo di un affermato autore di romanzi – in Francia – che si cimenta per la prima volta in brevi e divertenti fiabe per bambini che hanno per protagonisti gatti e gatte. Le illustrazioni sono di Mariangela Mariotta, direttrice dello studio Kibo Graphic Design e impegnata da anni nell’editoria per bambini e ragazzi.

Juanito è un gattone di pura stirpe basca, che vive coccolato e riverito nella casa di una aristocratica dama spagnola, Beatrice di Bobadilla. Abituato a mangiare gamberetti e a dormire su cuscini vellutati, si ritrova per sua sbadataggine nella stiva di una delle caravelle di Cristoforo Colombo a nutrirsi di topi rachitici e a patire il mal di mare.

Premio Europeo per Patrimonio Culturale a Giardini Reali di Venezia

Premio Europeo per Patrimonio Culturale a Giardini Reali di VeneziaRoma, 13 giu. (askanews) – La Commissione Europea e Europa Nostra hanno annunciato oggi i vincitori dei Premi Europei per il Patrimonio Culturale / Europa Nostra Awards 2023. Quest’anno, sono stati 30 i progetti provenienti da 21 paesi che hanno ricevuto il più prestigioso premio Europeo per il patrimonio culturale. Tra i vincitori ci sono i Giardini Reali di Venezia, antica area verde affacciata sul bacino di Piazza San Marco. Risalenti all’epoca Napoleonica e caduti in grave stato di abbandono, nel 2019, grazie a un accurato intervento di restauro promosso e realizzato da Venice Gardens Foundation, sono stati riportati a nuova vita. I giardini hanno così potuto ripristinare il proprio legame architettonico con Piazza San Marco, tornando ad essere un’oasi meravigliosa, ecologicamente sostenibile e fruibile da tutti. Nel 2022 hanno ricevuto il prestigioso riconoscimento come “Il parco più bello d’Italia”. Presieduta da Adele Re Rebaudengo, Venice Gardens Foundation promuove il suo impegno dal 2014 nel restauro e nella conservazione di parchi, giardini e beni di interesse storico e culturale, attuando progetti rivolti alla tutela del patrimonio botanico ed artistico.

I 30 vincitori sono stati selezionati da una giuria composta da esperti provenienti da tutta Europa, sulla base delle valutazioni di Comitati di Selezione che hanno avuto il compito di esaminare le candidature inviate da organizzazioni e individui da 35 paesi Europei. I Premi sono finanziati dal programma Europa Creativa dell’Unione Europea. Commentando l’annuncio dei vincitori del 2023, Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione Europea responsabile per la Promozione dello Stile di Vita Europeo e attualmente anche per la Cultura, ha affermato: “Ogni progetto vincitore di questa edizione dei Premi Europei per il Patrimonio Culturale / Europa Nostra Awards è il risultato di capacità straordinarie e di un impegno, collettivo e individuale, che abbraccia luoghi e tradizioni del patrimonio in tutta Europa. Premiando queste iniziative, ribadiamo il nostro fermo impegno a proteggere il nostro patrimonio culturale comune, perché è di fondamentale importanza per il nostro senso di appartenenza come cittadini e comunità d’Europa”.

Cecilia Bartoli, mezzosoprano di fama mondiale e presidente di Europa Nostra, ha dichiarato: “Mi congratulo vivamente con i vincitori di questa edizione. Sono fonte di ispirazione che contribuiscono in modo concreto alla costruzione di un’Europa più bella, sostenibile e inclusiva. Le loro storie di successo dimostrano come le avversità possano essere superate attraverso la messa in comune di competenze, dedizione, creatività e innovazione”. “Vorrei esprimere un ringraziamento e grande soddisfazione per questo importante riconoscimento – ha detto la presidente di Venice Gardens Foundation Adele Re Rebaudengo – è un onore per noi ricevere il più prestigioso premio europeo per il patrimonio culturale, a sostegno del complesso lavoro di restauro svolto, che ha permesso di restituire questo meraviglioso luogo alla città e all’intero patrimonio storico botanico e artistico del Paese”. I vincitori saranno celebrati il 28 settembre a Venezia durante la cerimonia di consegna dei Premi Europei del Patrimonio Culturale, che si terrà al Palazzo del Cinema. Durante la cerimonia, verranno anche annunciati i vincitori del Grand Prix e il vincitore del Public Choice Award, scelti tra i progetti vincitori di questa edizione e che riceveranno un premio di 10.000 euro ognuno. La cerimonia sarà uno degli eventi più importanti del Summit 2023 sul Patrimonio Culturale Europeo, organizzato da Europa Nostra con il supporto della Commissione Europea, e che si terrà tra il 27 e il 30 Settembre a Venezia. Tutti i sostenitori e gli appassionati del patrimonio culturale sono invitati a scoprire i vincitori e a votare online per decidere chi vincerà il Public Choice Award 2023.

I Giardini napoleonici, connessi nuovamente da un ponte levatoio a Piazza San Marco, si estendono per una superficie di circa 5.000 metri quadrati, si affacciano sul Bacino marciano e sono circondati da canali sui quali prospettano il Museo Correr, le Sale Imperiali del Palazzo Reale, il Museo Archeologico Nazionale e la Biblioteca Marciana. Il progetto ha seguito i principi propri della Fondazione, rivolti al ripristino e alla conservazione del patrimonio botanico e architettonico al fine di favorire un armonioso accordo tra spirito e natura.

Libri, esce “Come si fa una campagna elettorale” di Pino Pisicchio

Libri, esce “Come si fa una campagna elettorale” di Pino PisicchioRoma, 9 giu. (askanews) – L’ultimo libro di Pino Pisicchio, professore ordinario di Diritto Pubblico Comparato alla Unint di Roma e parlamentare italiano ed europeo per sette legislature, è un pamphlet svelto e accattivante dal titolo: “Come si fa una campagna elettorale” (‘dall’Agorà alla Terza Repubblica passando per Crispi a cavallo’, Nuova Palomar, 2023).

L’origine di quest’ultima fatica editoriale la racconta l’autore: “Ho trovato in una libreria antiquaria un libriccino di Francesco Crispi che racconta di una campagna elettorale in Basilicata nell’anno di grazia 1870. Si tratta di una testimonianza straordinaria di professionalità politica da parte di un monumento dell’Italia appena ricomposta sotto uno stesso Stato: Crispi, infatti era un garibaldino, capo della Sinistra Storica, statista e più volte parlamentare del Regno. Scrisse questo libretto al fine di rendere conto ai suoi elettori di quel che faceva in Parlamento per adempiere ai doveri di rappresentanza: un gesto di grande rispetto nei confronti dei suoi elettori, purtroppo ormai caduto in desuetudine”. Crispi, infatti, attraversò a cavallo (e non doveva essere molto agevole per le strade dell’epoca) i quattordici comuni del collegio di Tricarico, incontrando il suo popolo, che non era rappresentato dai 47.000 abitanti delle comunità comprese nel collegio, ma solo da qualche centinaio di elettori, poiché all’epoca votava solo il 2% della popolazione adulta: i maschi, ricchi e alfabetizzati. Crispi, per ogni comune che andava a visitare, annotava statistiche, bisogni, produttività, tasse pagate, insomma, tutti i dati salienti che ogni politico dovrebbe conoscere del popolo dei rappresentati.

“In origine – dice ancora Pisicchio – avevo previsto qualche pagina d’introduzione e d’inquadramento storico. Poi, scavando nella ricerca, ho allargato l’orizzonte temporale, raccontando come funzionava la propaganda elettorale degli antichi, dai Greci ai Romani (praticamente gli inventori della propaganda moderna), fino ai giorni nostri”. E così si è scoperto che negli anni a noi più vicini si è sempre più rarefatto, fino alla sua completa estinzione, il rapporto della politica con i cittadini. Con gli esiti di abbandono delle urne che sono sotto gli occhi di tutti. Il quale fatto pone dei seri problemi al concetto di rappresentanza (chi rappresenta chi?) e a quello di sovranità popolare (il sovrano, in questo caso, diventa il compilatore delle liste). Un libriccino di poco più di cento pagine, rigoroso nella ricerca storica ma scritto con piglio ironico “perché quando le cose volgono al peggio – aggiunge l’autore – l’ironia ha una funzione antidepressiva”, che reca tra le sue “chicche” anche qualche slogan elettorale staccato dai muri di Pompei. Per esempio questo, dedicato proprio alla parete su cui venivano scritti i manifesti elettorali: “Mi meraviglio, o parete, che tu non sia ancora crollata sotto il peso delle sciocchezze di tanti scribacchini”.

Passione podcast: nel 2022 in Italia 16,4 mln ascoltatori, +59% in 5 anni

Passione podcast: nel 2022 in Italia 16,4 mln ascoltatori, +59% in 5 anniMilano, 9 giu. (askanews) – I podcast sono sempre più fedeli compagni delle giornate degli italiani. Negli ultimi 12 mesi sono state 16,4 milioni le persone che li hanno ascoltati, un numero in crescita costante anno su anno. Se rispetto al 2022 la crescita è di un milione di ascoltatori (+7%), quella in un lustro tocca il 59%: nel 2018, infatti, gli “appassionati” di podcast erano “solo” 10,3 milioni. A rivelarlo l’ultima ricerca di NielsenIQ (NIQ) per Audible, società Amazon tra i maggiori player nella produzione e distribuzione di audio entertainment, che verrà presentata il 9 giugno a Milano in occasione degli Italian podcast awards – Il Pod, la tre-giorni di panel, networking, case study e incontri dedicati al mondo del podcasting.

“Siamo stati i pionieri dell’audio entertainment in Italia e la crescita impressionante di questa industry in questi sette anni ci riempie di soddisfazione: quasi un italiano su tre ha ascoltato un podcast o un audiolibro nell’ultimo anno. Stiamo parlando di quasi 17 milioni di persone con un incremento del 4% rispetto al 2022 – commenta Juan Baixeras, country manager Spain and Italy di Audible – Questi dati mostrano come per gli appassionati l’ascolto di contenuti audio sia diventato un’abitudine e parte integrante della propria dieta mediatica. Non solo: il forte investimento che stiamo facendo sul catalogo e la collaborazione costante e di assoluto valore con la comunità creativa italiana apre allo sviluppo di nuovi contenuti con produzioni di altissima qualità e voci e suoni totalmente immersivi”. Altro dato che conferma la passione crescente degli italiani per i podcast è l’aumento della frequenza di ascolto: più della metà degli intervistati (53%, 10pp più dello scorso anno) li ascolta almeno una volta al mese, e crescono di molto anche le persone che li ascoltano almeno una volta alla settimana (36% degli intervistati, +12pp rispetto al 2022).

Chi ascolta è soprattutto una persona giovane o giovanissima (le fasce d’età che ascoltano di più sono infatti 18-24 e 25-34 anni), ed estremamente connessa. I podcast stanno però conquistando anche le fasce d’età più avanzate, e la percentuale di persone oltre i 55 anni che li ascoltano è significativamente cresciuta rispetto al 2022 (+8%). Inoltre, i podcast si riconfermano un fenomeno che unisce le generazioni: il 40% dei genitori intervistati ha figli che ascoltano questo formato audio. Che lo si ascolti a casa (luogo preferito del 75% degli intervistati) o per strada, il vantaggio principale che viene riconosciuto al podcast è la possibilità di ascoltarlo in modalità multitasking, mentre si fa altro (per il 59% degli intervistati) principalmente per intrattenersi ma anche per imparare e come valido supporto allo studio. Inoltre, il 39% li trova un modo utile per scegliere gli argomenti e le notizie che si vogliono approfondire, senza dover “subire” il media-cycle tradizionale, mentre è in crescita (+5pp dal 2022) l’interesse per podcast su tematiche sociali.

Fond. Trussardi, il cinema sentimentale d’artista di Diego Marcon

Fond. Trussardi, il cinema sentimentale d’artista di Diego MarconMilano, 5 giu. (askanews) – Si entra nel Teatro Gerolamo a Milano, quella “piccola Scala” frequentata anche dalle marionette dei Colla, e ci si trova avvolti dal mondo visivo di Diego Marcon, artista italiano che costruisce attraverso le immagini in movimento dei misteriosi drammi privati che continuano ossessivamente a ritornare e che restano nella mente dello spettatore e non se une vanno. È il nuovo progetto della Fondazione Nicola Trussardi che, per festeggiare i propri 20 anni, ha organizzato la mostra “Dramoletti” di Marcon, curata da Massimiliano Gioni.

“In questo luogo e con le sue opere – ci ha detto il direttore artistico della Fondazione Trussardi – Diego Marcon ci presenta un’immagine dell’infanzia più in chiaroscuro, più complessa, e ci invita anche a seguire le definizioni di ciò che ci caratterizza come esseri umani. Il suo è un mondo di pupazzi, pupazzi digitali o marionette filmiche in celluloide, che ci invitano a chiederci che cosa ci definisce come esseri umani in un mondo che sta virando sempre più verso l’artificialità”. Il mondo di Marcon vive spesso della tecnologia digitale, ma questa poggia su basi che hanno la tragicità tipica dell’umano; i suoi bambini, come nel video “Ludwig” che occupa la platea del teatro, diventano rapidamente figure universali, anche grazie all’uso del canto, che crea un contrappunto decisivo, che in certo senso fa da carburante al lavoro. “C’è un impianto formale estremamente rigoroso, studiato e strutturato – ci ha detto Marcon – però c’è anche un impianto drammaturgico e, meglio, sentimentale, proprio del cinema di intrattenimento, dello spettacolo inteso come Società dello spettacolo, quindi con l’utilizzo dell’emozione a volte anche in maniera un po’ sinistra per il coinvolgimento dello spettatore. Il disegno di un dispositivo emotivo è quello che mi interessa molto nel lavorare alle mostre”.

I film, sospesi tra la favola e l’incubo, tra il grottesco e l’abisso, sono opere che vivono in un terreno ibrido, doloroso. Ma anche nelle profondità di un video come “The Parents’ Room”, che canta di un uomo che ha sterminato la propria famiglia, si percepisce un senso inspiegabile di bellezza che alimenta sia l’angoscia privata delle spettatore sia la forza del lavoro. E per la Fondazione Trussardi quello al Teatro Gerolamo è l’ennesimo capitolo di una storia fatta di musealità itinerante, elemento questo che da organizzativo è diventato ormai a tutti gli effetti di vera pratica artistica. E per la presidente Beatrice Trussardi si tratta di una scelta da confermare. “La formula che abbiamo pensato 20 anni fa e che abbiamo portato in Galleria Vittorio Emanuele con la mostra prima mostra – ha spiegato – abbiamo poi deciso molto continuamente di continuarla. E quindi è proprio questa nostra dimensione itinerante, mobile, che ci consente anche di essere molto flessibili e adattarci alle situazioni, pur creando dei progetti completamente da zero, per poi accenderli e renderli possibili per circa un mese e quindi improvvisamente smontarli”.

Le mostre passano, dunque, ma non il progetto e, nel caso di Diego Marcon, neppure l’intensità dei suoi racconti, tragici e quotidiani come la vita.

Esce “I rebbi molli, ricettario musicale per l’apocalisse” di Paolo Romano

Esce “I rebbi molli, ricettario musicale per l’apocalisse” di Paolo RomanoRoma, 5 giu. (askanews) – Quarant’anni di storia viste con gli occhi delle persone comuni ne “I rebbi molli – ricettario musicale per l’apocalisse” (ed. Scatole Parlanti) di Paolo Romano. Dalle scintillanti promesse degli anni Ottanta alle surreali riunioni di lavoro a distanza da pandemia, i protagonisti di questi racconti rivivono con gli occhi dell’adolescenza prima e della maturità poi le occasioni perdute, gli amori da guastare e quelli da ricucire, mentre fuori tutto cambia. Dentro i racconti scorre, insomma, una archeologia del tempo presente.

La vita nelle periferie di Roma, soprattutto, diventa una polaroid per ripercorrere una stagione di inquietudini politiche, governi in bilico e tensioni sociali, tra micro criminalità, tossicodipendenze, e i primi incerti passi per il riconoscimento delle diversità. Se per Freud sognare di perdere i denti marca un problema con il desiderio, innescando un senso di frustrazione, i personaggi di questi diciotto racconti si muovono come rebbi di forchetta, incapaci di bloccare a proprio vantaggio la vita, che scorre troppo veloce per essere interpretata e vissuta. Inadatti al mutamento, si aggirano silenziosi dentro un’attualità indecifrabile. Gli anni Venti del secondo millennio non sono mai stati così complicati da vivere per i protagonisti di queste avventure grottesche e tragicomiche. Diciotto racconti brevi, sedici protagonisti, ognuno descritto da un brano musicale e da una ricetta, in un gioco postmoderno in cui si bisticciano gli stili narrativi e i piani di lettura. Il tema resta quello della fragilità degli uomini, della comprensione per gli ultimi, per chi non ce la fa, rendendo quasi sempre impossibile l’audacia della presa.

“C’è una generazione”, racconta Paolo Romano, “quella che attualmente è classe dirigente del Paese, ad esempio, che ha vissuto (e spesso subìto) trasformazioni senza precedenti negli stili di vita, nella riorganizzazione delle gerarchie emotive e sentimentali. È rimasta vittima di una specie di sgretolamento sotto i pesi della corruzione del sistema dei partiti, la transizione da un’organizzazione ancora analogica dei tempi della vita alla trasformazione digitale e l’impossibile composizione tra edonismo ed etica. Le risposte possibili non sempre sono efficaci e scontano l’obbligo di aver dovuto vivere il presente senza avere il tempo di capirne la logica. Il racconto, quindi, si accosta alle scienze sociali, sorelle maggiori e occhialute che studiano i fenomeni delle trasformazioni, senza pretese regolatorie, ma con la curiosità di entrare dentro storie semplici, in cui i personaggi vivono sempre nel bilico dell’inettitudine, nell’adattamento passivo senza una prospettiva di valori a lungo raggio”. Paolo Romano (Roma, 1974), giornalista, scrive di musica e cultura su Musica Jazz e altre riviste specializzate. Ha scritto due romanzi (La Formica Sghemba, 2018, e Quando cavalcavo i mammut, 2020), ma ne ha letti di più.