Torinodanza 2023, il contemporaneo nello specchio del classicoTorino, 5 mag. (askanews) – Trentatre spettacoli, quattro prime nazionali e un’anteprima, quindici compagnie provenienti da otto Paesi: è stata presentata l’edizione 2023 di Torinodanza, il festival di danza contemporanea realizzato dal Teatro Stabile di Torino e diretto da Anna Cremonini, che ha voluto sottolineare, fin dal manifesto, la relazione tra le produzioni più d’avanguardia e la tradizione classica.
“La danza contemporanea – ha detto la direttrice ad askanews – comunque si avvale nella stragrande maggioranza dei casi di danzatori che hanno una formazione tecnica classica molto accentuata, ma questo non impedisce di creare un linguaggio contemporaneo. È vero, la coreografia contemporanea non si basa solo sui fondamenti della danza classica, ma spazia attraverso qualsiasi tipo di forma di ricerca, di movimento e di linguaggio, però un rapporto con l’origine e la tradizione lo ha, ed è molto forte”. Questo rapporto, che in fondo sta alla base di tutta la cultura contemporanea più consapevole, verrà esplorato dal festival torinese con il lavoro di artisti come Peeping Tom, Oona Doherty, la Sydney Dance Company o il Ballet du Grand Théâtre du Genève. Ma anche con attenzione alla scena italiana, con le presenze di Silvia Gribaudi o Francesca Pennini. Con una serie di spettacoli che intrecciano gli approcci e le esperienze, provando a superare steccati e distinzioni, sotto il bellissimo titolo di “Dance me to the end of Love”.
“Secondo me è un problema abbastanza irrisolto soprattutto nel nostro Paese – ha aggiunto Anna Cremonini – dove il classico è patrimonio del repertorio lirico-sinfonico, mentre la danza contemporanea sta altrove: nei festival nelle programmazioni dei teatri… Invece le due cose sono legate, si guardano l’un l’altra, si nutrono l’un l’altra. Perché anche l’evoluzione della danza classica si è nutrita di grandi innovazioni nella sua storia”. Torinodanza 2023 si terrà dal 14 settembre al 25 ottobre e cercherà di fotografare idee e tumulti che agitano il nostro presente esplorando sia i modi in cui si formano i nuovi immaginari culturali sia il bisogno di armonia e di condivisione, usando il corpo come “antenna” per intercettare e descrivere gli interrogativi e le possibili opportunità che abbiamo di fronte.
Libri, escono le Fiabe magiche di Tagore per i più piccoliRoma, 5 mag. (askanews) – TS Edizioni pubblica, anche in edizione e-book, un nuovo libro della Collana “Gli Aquiloni – Grandi autori per piccoli lettori”: Fiabe magiche di Rabindranath Tagore, a cura di Anna Peiretti, impegnata da anni nell’editoria per bambini, con illustrazioni di Alessandro Sanna, uno dei più affermati illustratori italiani, vincitore di tre premi Andersen.
Tagore è la figura più eminente della cultura indiana contemporanea. La sua opera è pervasa da un profondo senso di misticismo e i suoi scritti, altamente lirici, esaltano la bellezza della vita e dell’universo, l’infinita bontà di Dio, l’amore universale. Scrive nella fiaba Il mistero di un bambino: Il bambino chiama la mamma e le domanda: ‘Da dove sono venuto? Dove mi hai trovato?’. La mamma ascolta, piange e sorride, stringendo il bimbo al petto: ‘Eri un desiderio dentro il mio cuore. Eri il mio balocco nel gioco di fare e disfare, all’alba, nel tempo della preghiera”. Le fiabe di uno degli scrittori più letti, amati e pubblicati del Novecento rivivono in questa pregiata edizione adatta ai bambini. Storie universali per avvicinare i piccoli a quella profonda e semplice saggezza che regala la felicità.
“Gli Aquiloni, grandi autori per piccoli lettori” è una collana narrativa di libri per bambini firmati dai più accreditati autori per l’infanzia del panorama italiano e internazionale e racconta emozioni, avventure, misteri e mondi fantastici in una collana di racconti a misura di bambino accompagnati dalle tavole a colori di famosi illustratori per un primo approccio alle questioni importanti del ‘diventare grandi’. Storie emozionanti, curiose, fiabesche, storie che, sulle ali della fantasia, aiutano i piccoli a vivere meglio la loro realtà. Il testo è stato impaginato con TestMe, un font ‘libero’, work in progress, basato sui principi del Design for All e sulle ricerche nell’ambito della dislessia, a cura dei professori Luciano Perondi e Leonardo Romei.
”Santo Piacere – Dio è contento quando godo”, Giovanni Scifoni a TeatroRoma, 5 mag. (askanews) – E’ in scena, il 12 maggio (ore 21.00) all’Auditorium della Conciliazione, a Roma, “Santo Piacere – Dio è contento quando godo”, lo spettacolo di Giovanni Scifoni, per la regia di Vincenzo Incenzo e con Anissa Bertacchini, organizzato da Fondazione per la Natalità all’interno della terza edizione degli Stati generali della natalità.
Non c’è sesso senza amore è solo il riff di una canzone o una verità assoluta? Come la mettiamo con il VI Comandamento? Tutti dobbiamo fare i conti con la nostra carne e troppo spesso i conti non tornano. Anima e corpo sono in guerra da sempre, alla ricerca di una agognata indipendenza. Come in tutte le guerre, nel tempo mutano le strategie e i rapporti di forza. Ma noi, credenti, bigotti o atei incalliti, continuiamo ad inciampare nelle nostre mutande, tra dubbi e desideri. Scifoni ha un piano: porre fine all’eterno conflitto tra Fede e Godimento e fare luce su una verità definitiva e catartica, dove l’anima possa ruzzolarsi sovrana nel sesso e il corpo finalmente abbracciare l’amore più puro, in grazia di Dio. Sequestra così il pubblico e lo pone al centro di un esperimento unico e irresistibile, avventurandosi tra vizi, ragioni e sentimenti della fauna umana, oscillando come un esilarante pendolo tra gli estremi del sesso e della Fede, in metamorfosi continua tra i suoi personaggi, il morigerato Don Mauro, schiavo di un catechismo improbabile, e l’illuminato Rashid, pizzettaio musulmano modernista.
In un flusso di coscienza tempestoso e irresistibile, alto e comico al contempo, Scifoni fa rimbalzare Papi e martiri, santi e filosofi, scimmioni primitivi e cardinali futuribili, anni ’80 e Medioevo, dribblando continuamente la tentazione di un meraviglioso e furastico corpo femminile che incombe sulla scena a intervalli regolari per saggiare l’effettiva disintossicazione da sesso del pubblico. Liberandosi di pregiudizi, luoghi comuni e vestiti, Scifoni ci trascina seminudo a riva con l’ultimo sorprendente quadro, che sembra mettere finalmente d’accordo Piacere e Santità: un ballo lento degli affetti e dei ricordi che ci farà uscire, dopo tante risate, con le lacrime della commozione.
”Epos – Iliade, Odissea, Eneide” al Teatro Arcobaleno di RomaRoma, 5 mag. (askanews) – Al Teatro Arcobaleno (Centro Stabile del Classico) di Roma, fino a domenica 7 maggio, dopo lo straordinario successo ottenuto nelle precedenti edizioni, Vincenzo Zingaro ritorna in scena con un suo cavallo di battaglia, ÈPOS, che fa parte dell’avvincente ciclo di spettacoli-concerto sui grandi classici della letteratura, che porta avanti da anni e che chiude la stagione 2022 /2023. Coadiuvato da un ensemble di attori e musicisti, egli condurrà il pubblico in un viaggio nell’appassionante mondo dell’EPICA, la più antica e affascinante forma di narrazione della storia dell’uomo. L’Europa, nel cercare le proprie radici culturali, non può esimersi dal riconoscere il patrimonio tramandato dall’eredità classica. I poemi epici rappresentano dei capisaldi a cui attingere valori assoluti, sia per forma che per contenuti.
Fra Iliade, Odissea ed Eneide, lo spettatore, come in un film, sarà condotto in un cammino attraverso le gesta immaginarie di celebri eroi che hanno animato da sempre la fantasia di tutti: Ettore, Achille, Ulisse, Enea, uomini in bilico fra ideale e reale, fra sentimento e ragione, fra bene e male, che incarnano aspetti universali delle nostre esistenze, passioni e tormenti che ognuno di noi non può che riconoscere come propri. Uno spettacolo immersivo, di straordinario impatto emotivo, in cui la parola e la musica si fondono senza soluzione di continuità, dando vita ad un grande viaggio dell’anima. L’evento è inserito nelle celebrazioni nazionali dedicate alla poetessa Giovanna Bemporad (grande traduttrice dell’ODISSEA e dell’ENEIDE), per il centenario della sua nascita, inaugurate a Roma, il 23 aprile presso la GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA, con le letture di alcuni passi dell’ODISSEA nella traduzione della celebre poetessa, letti da Vincenzo Zingaro, in un simbolico passaggio di testimone. Dichiara l’organizzatore delle celebrazioni, Pierpaolo Pascali: “L’Odissea e l’Eneide: da Giovanna Bemporad a Vincenzo Zingaro. Come la Bemporad, con la sua celebre traduzione in versi dell’Odissea e dell’Eneide (a cui dedicò gran parte della sua vita), è riuscita a rendere contemporanei Omero e Virgilio, così Vincenzo Zingaro (premiato recentemente dalla Camera dei Deputati come “eccellenza nazionale”, per il suo significativo impegno nel Teatro classico), ha conservato la memoria del Teatro classico, riportando in vita autori altrimenti dimenticati. Entrambi, la Bemporad nelle Lettere e Zingaro nel Teatro, hanno sentito il bisogno di riallacciarsi alla grande tradizione del passato, con un atto di coraggio in un’epoca in cui conta solo il presente e si inseguono le mode.
Ton Koopman torna alla Iuc a Roma con l’Offerta Musicale di BachRoma, 4 mag. (askanews) – Una vera star della musica antica: Ton Koopman, tra gli specialisti in esecuzioni storicamente informate sarà il protagonista del concerto dell’Istituzione Universitaria dei Concerti (Iuc) di sabato 6 maggio alle 17.30 nell’Aula Magna della Sapienza con sua moglie, la clavicembalista olandese Tini Mathot e i Solisti dell’Amsterdam Baroque Orchestra, per un programma interamente dedicato a Johann Sebastian Bach che comprende L’Offerta Musicale e il Concerto in do minore per due clavicembali e archi Bwv 1062.
Già applauditissimo nella scorsa stagione nel recital per due clavicembali sempre in duo con Mathot, Koopman torna per questo concerto primaverile Nato a Zwolle in Olanda, Ton Koopman ha avuto un’educazione classica e ha studiato organo, clavicembalo e musicologia ad Amsterdam, ricevendo il “Prix d’Excellence” per entrambi gli strumenti. Ha da subito concentrato i suoi studi sulla musica barocca, con particolare attenzione a J.S. Bach, ed è presto diventato una figura di riferimento nel movimento dell’interpretazione antica.
Si è esibito nelle più importanti sale da concerto e nei più prestigiosi festival, avendo l’opportunità di suonare sui più raffinati e preziosi strumenti antichi esistenti in Europa. All’età di 25 anni ha creato la sua prima orchestra barocca; nel 1979 ha fondato l’Amsterdam Baroque Orchestra, a cui ha fatto seguito l’Amsterdam Baroque Choir nel 1992. I due ensemble insieme hanno presto raggiunto notorietà internazionale, essendo tutt’oggi considerati uno tra i migliori gruppi musicali al mondo su strumenti d’epoca. Tra i progetti più ambiziosi figurano l’esecuzione e la registrazione delle Cantate di Bach. Un imponente lavoro di ricerca durato dieci anni, per il quale ha ricevuto il Deutsche Schallplattenpreis Echo Klassik, il premio Hector Berlioz e il BBC Award oltre alle nomination sia per il Grammy Award (USA) che per il Gramophone Award (UK). Nel 2005 Ton Koopman ha intrapreso un altro grande progetto: la registrazione dell’integrale di Dietrich Buxtehude, pubblicata in 30 CD. Ton Koopman svolge anche un’intensa attività come direttore ospite e ha lavorato con le principali orchestre del mondo tra le quali Berlin Philharmonic, Concertgebouw Orchestra, New York Philharmonic, Munich Philharmonic, Chicago e Boston Symphony, Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, Vienna Symphony, Philadelphia, San Francisco e Cleveland Orchestra, Orchestre Philharmonique de Radio France, Orchestre National di Lione, Accademia di Santa Cecilia e NHK a Tokyo, per citarne solo alcune.
L’ampia attività come solista e direttore è testimoniata dall’impressionante numero di dischi per varie case discografiche tra cui Erato, Teldec, Sony, Philips e DG. Nel 2003 ha creato la sua propria etichetta “Antoine Marchand”, distribuita da Challenge Records. Ton Koopman ha pubblicato molti saggi e testi critici e per anni ha lavorato all’edizione completa dei concerti per organo di Händel per Breitkopf & Härtel. Recentemente ha curato nuove edizioni del Messiah di Händel e de Il Giudizio Universale di Buxtehude per Carus Verlag.
Mostre, il Centro Pecci di Prato presenta EccentricaRoma, 4 mag. (askanews) – Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci presenta Eccentrica. Le collezioni del Centro Pecci: un percorso spiazzante, aperto al pubblico a partire dal 6 maggio 2023, che rilegge le opere raccolte dal Centro, selezionandone oltre 50 tra le circa 1200 acquisite o donate dal 1988 a oggi. Fontana, Boetti, Warhol, Richter, Kounellis, Bonvicini, Schnabel e Fumai, questi alcuni dei grandi artisti presenti nella collezione.
Per la prima volta un’ala degli spazi espositivi viene dedicata in modo permanente alla presentazione delle collezioni. Firma il progetto del display lo studio Formafantasma secondo criteri di sostenibilità e accessibilità, tematiche che ispirano l’azione di direzione artistica nella proposta del Centro. L’Ala grande Nio (dall’architettura realizzata nel 2016 da Maurice Nio) si trasforma così in un luogo ancora più inedito per vivere il Centro Pecci, raccontare Prato e conoscere l’arte contemporanea dal dopoguerra a oggi. “Per il Centro Pecci si apre oggi una nuova era, all’insegna della inclusione e dell’accessibilità. Riportare al centro del museo la collezione significa restituire valore ad un luogo che vuol essere, in prima istanza, uno spazio aperto alla comunità nonché un punto di riferimento del contemporaneo per l’intero Paese oltre che a livello internazionale. Una collezione che continuerà ad arricchirsi e che, da oggi, contribuisce a valorizzare la grande offerta artistico-culturale del Centro” afferma Lorenzo Bini Smaghi, Presidente della Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana.
L’ospite speciale con cui si celebra questo importante corso dell’istituzione è la fotografa Lina Pallotta che inaugura la sua prima mostra personale in un’istituzione pubblica italiana Volevo vedermi negli occhi, in programma dal 6 maggio al 15 ottobre 2023 negli spazi espositivi del Centro Pecci. Curata da Michele Bertolino ed Elena Magini, la mostra presenta una selezione delle fotografie del progetto Porpora, scattate a Porpora Marcasciano, attivista trans, a partire dal 1990. Quasi ottanta fotografie si muovono nello spazio ora come pagine a muro, ora come strutture autoportanti, valorizzando la confidenza del racconto personale, sfuggente e trasformativo dell’esistente. “Eccentrica. Le collezioni del Centro Pecci è l’allestimento permanente delle collezioni in un’ala del Centro che restituisce alla collettività la storia e il patrimonio di una delle istituzioni più importanti del Paese. Un’istituzione che da 35 anni promuove la cultura del contemporaneo come testimonia la mostra Lina Pallotta. Volevo vedermi negli occhi. Con Eccentrica, la museografia italiana torna protagonista con un esempio formidabile di ‘arte del porgere’ le opere al pubblico. Lo studio di design Formafantasma firma il progetto di allestimento della collezione del Centro, riattivando una tradizione prestigiosa di architetti e designer che si sono dedicati agli interni dei musei. Rispetto al passato, però, è un museo d’arte contemporanea ad avere, per la prima volta, un progetto di allestimento firmato. Eccentrica è, dunque, un viaggio straordinario e inaspettato, pensato in un’ottica di sostenibilità, accessibilità e formazione”, dichiara Stefano Collicelli Cagol, Direttore del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.
Perché Eccentrica? È una parola che rimanda al porsi fuori dal centro. Vicino al casello autostradale, la posizione del Centro Pecci è in un punto di snodo e di passaggio. Le sue collezioni restituiscono una varietà di produzioni artistiche che aprono percorsi eccentrici tra le discipline, contaminando i discorsi e le pratiche. Eccentrica vuole celebrare questo potenziale attraverso un allestimento che trae la sua forza dai cortocircuiti temporali e spaziali tra opere e materiali d’archivio. Sin dagli inizi, l’attività di collezionismo del Centro ha voluto testimoniare la storia dell’istituzione e il suo impegno a promuovere e diffondere la cultura contemporanea. Con il sostegno dell’imprenditoria, le collezioni si sono formate in risposta alle esposizioni, ai lasciti di privati e alle scelte di direttrici e direttori. Questa eterogeneità costitutiva definisce la natura eccentrica del Centro Pecci e rivela, oggi, tutta la sua forza, esautorando il museo dall’impresa impossibile di rappresentare in modo onnicomprensivo la storia dell’arte contemporanea o di confinarla nella rappresentazione di singoli movimenti. Ne rivela però anche i limiti, come la predilezione per una specifica zona geografica (Europa, Stati Uniti, Ex Unione Sovietica) e per una linea perlopiù “maschile” della creazione artistica, una consuetudine che chiede un cambio di passo.
Ben quattro le sezioni espositive in cui si articola il percorso di Eccentrica: Il Centro in una stanza, composta da una serie di opere di grandi dimensioni raccolte nel corso degli anni di attività del Centro Pecci a testimonianza della sperimentazione con vari materiali messa in atto da artiste e artisti; Il taglio è una macchina del tempo che attraverso l’opera di Lucio Fontana, come una macchina del tempo, ci catapulta verso il passato, dal trauma collettivo della Seconda Guerra Mondiale fino alle lotte femministe degli anni Settanta; Italia Novanta, un decennio che è da decifrare non solo attraverso gli avvenimenti di quel periodo ma anche con le opere delle artiste e degli artisti che abitano questa sezione; Futuro Radicale accoglie invece opere dell’architettura radicale, un ambito di ricerca collezionato e studiato al Centro Pecci sin dai suoi inizi, un trampolino per lo sviluppo futuro nel mondo digitale dell’istituzione e della sua collezione. Un sistema d’illuminazione elegante, studiato appositamente per l’allestimento permanente, rende più leggibili le opere. Il percorso costituisce una nuova possibilità di esperienza artistica, oltre che uno spazio architettonico iconico. Eccentrica è anche uno strumento di formazione attraverso percorsi tra le diverse discipline pensati per scuole, università, imprese, per persone appassionate o anche semplicemente curiose di arte. Il nuovo allestimento offre un’area dedicata agli eventi, immersa tra i capolavori delle collezioni nella prima sezione e una serie di ripiani lungo tutto il percorso per accogliere materiali, che renderanno inclusiva l’esperienza della fruizione delle opere e dei documenti. Un intervento significativo – nell’ambito di un progetto finanziato con i fondi del Pnrr – reso possibile grazie a una co-progettazione con la ASL e altre associazioni del territorio, come l’Unione Italiana Ciechi e l’Ente Nazionale Sordi. Caratterizza, infine, l’allestimento un sistema di pareti in tessuto che testimonia la presenza del settore tessile come tradizionale cultura industriale del distretto pratese.
Musei, Sangiuliano: l’11 maggio via a cantiere per raddoppio BreraMilano, 3 mag. (askanews) – Prenderanno il via l’11 maggio prossimo i lavori per il raddoppio della Pinacoteca di Brera che si allargaherà a Palazzo Citterio con “Brera Modern”, dove saranno collocate le collezioni del Novecento. Lo ha annunciato il ministro della Cultura, Gennario Sangiuliano, che si è detto pronto a “dare impulso a questo progetto”.
“Stamattina con il sindaco Sala sono stato a Palazzo Citterio perchè si sta concludendo un importante progetto che di fatto raddoppia lo spazio espositivo della Pinacoteca di Brera”, ha sottolineato il ministro parlando a margine della presentazione di una mostra per il 150esimo anniversario dalla morte di Alessandro Manzoni. “Se ne parlava da tanti anni: l’11 maggio si apre il cantiere, io nei giorni immediatamente successivi sarò qui e verrò una volta al mese a controllare l’avanzamento dei lavori, anche se non sono un ingegnere nè un architetto”, ha detto Sangiuliano che ha ribadito: “Verrò continuamente a verificare i lavori, e il sindaco mi ha detto che verrà insieme a me”.
L’installazione “Dreamscape” di Eva Frapiccini parte da TorinoRoma, 2 mag. (askanews) – Un’immersione in un flusso sonoro per interagire con i sogni degli altri facendo i conti con i nostri. È Dreamscape, installazione sonora immersiva di Eva Frapiccini, artista multimediale e ricercatrice particolarmente interessata al rapporto fra memoria, Potere e cambiamenti socio-politici. L’opera, realizzata con la curatela di Paola Ugolini e prodotta da AlbumArte, verrà ospitata dal 9 al 24 maggio al Polo del ‘900 di Torino per poi spostarsi dal 7 al 12 giugno al Museo Madre di Napoli e dal 6 al 16 luglio alla Fondazione per la Cultura – Palazzo Ducale a Genova (dal 14 al 16 nell’ambito del Festival Electropark). Dopo la precedente installazione audiovideo Dust of Dreams presentata nel 2022, Dreamscape è il secondo approdo di un progetto di ricerca internazionale sviluppato da Eva Frapiccini lungo il corso di ben undici anni dal titolo Dreams’ Time Capsule: dal 2011 al 2022 l’artista ha raccolto e registrato all’interno di una capsula itinerante il racconto dei propri sogni da parte migliaia di individui provenienti da tutto il mondo, facendo emergere – in occasione ad esempio del primo voto democratico in Egitto o subito dopo la Brexit – alcuni temi ricorrenti, parole chiave, archetipi.
“Lo scopo dell’archiviazione era di realizzare un lavoro utopico, raggiungere le persone in diverse parti del mondo per registrare i loro sogni notturni, per capire se ci fossero delle immagini comuni, testando l’inconscio collettivo junghiano. Nel corso degli anni, durante votazioni storiche, pandemia, e referendum nazionali, a questa chiamata hanno risposto più di 2300 persone che sono entrate nella struttura itinerante a Bogotà, Il Cairo, Stoccolma, Genova, Berlino, Sharjah, Torino, Dubai, Riga, Bergamo”, racconta l’artista. Un progetto di ricerca che si è tradotto prima nell’installazione video del 2022, cui è seguita anche una versione performativa su coreografie di Daniele Ninarello, per donare plasticità, corpo e immagine a questo straordinaria materia onirica; e adesso in una installazione sonora immersiva e interattiva che mette al centro della scena il pubblico pronto a (ri)scoprire e a (ri)percorrere le voci che costituiscono l’archivio dei sogni, secondo quella riflessione sul ruolo dello spettatore che, nell’era digitale, è anche creatore di contenuti, altro tema ricorrente nella ricerca artistica di Eva Frapiccini.
Fra penombra e strutture luminose, la drammaturgia sonora della sound artist Sara Berts e i sistemi interattivi sviluppati da Emanuele Lauriola, Dreamscape sposta così l’attenzione da una visione a distanza a un’esperienza partecipativa live, in cui diventa fondamentale la relazione fra fisicità, opera artistica e spazio espositivo. Un’esperienza estremamente intima e collettiva al tempo stesso che rivela la dimensione universale dell’inconscio, poiché i sogni trascendono le culture di appartenenza di chi li genera. “Si può dire che le voci conservate nell’archivio appartengano ad un tempo sospeso, non sono nel passato e nel futuro, semplicemente sono, e ci parlino di qualcosa che è al di fuori del tempo: il viaggio onirico” afferma l’artista. Infine, ad accompagnare Dreamscape nelle tre tappe di Torino, Napoli e Genova, una serie di attività collaterali che coinvolgeranno le scuole secondarie di I e II grado, le Università e gli abitanti dei territori, fra workshop, panel, talk e pubblicazioni scientifiche.
BIO Artista, docente e ricercatrice, Eva Frapiccini ha conseguito il Dottorato practice-led in Fine Art, History of Art & Cultural Studies presso University of Leeds, Inghilterra. Vincitrice della prima edizione dell’Italian Council (2017), ha esposto al Padiglione Italia, Biennale di Architettura di Venezia (2011) e in vari musei internazionali: tra cui The Yorkshire Sculpture Park, Wakefield (2016), BOZAR Palais des Beaux Arts, Bruxelles (2016); Martin Gropius Bau, Berlin (2007); Maison de la Photographie, Parigi (2006); Casino Luxembourg (2006). I suoi lavori sono conservati in prestigiose collezioni permanenti come il Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, il MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo.
Un ribelle a Bilbao: al Guggenheim retrospettiva su KokoschkaBilbao, 2 mag. (askanews) – Una retrospettiva su un pittore che ha saputo interpretare la modernità in molte forme diverse, intrecciando la propria arte con l’impegno e la consapevolezza politica e sociale. Il Museo Guggenheim di Bilbao ha scelto di ricostruire la parabola di Oskar Kokoschka con un progetto realizzato in collaborazione con il Museo d’arte moderna di Parigi e significativamente intitolato “Un ribelle a Vienna”.
Figura chiave dell’Espressionismo, Kokoschka, nato nel 1886 e morto nel 1980, ha attraversato molte stagioni con la sua pittura, ma è stato anche un attivista politico impegnato per il pacifismo. La mostra nel museo basco attraversa tutti i periodi della sua carriera, a partire dagli anni giovanili in cui si allontana dallo stile decorativo dell’Art Noveau viennese e sviluppa un suo linguaggio in aperta rottura con le convenzioni artistiche tradizionali e il mondo borghese in generale. Sono gli anni nei quali la sua pittura acquista forza e i suoi ritratti diventano anche ritratti psicologici delle persone rappresentate. Ferito due volte durante la Prima guerra mondiale, Kokoschka vive periodi di depressione e cura, ma dopo la fine del conflitto la sua carriera riprende di slancio e la sua fama si consolida. Il nazismo e la Seconda guerra mondiale segnano ancora la vita del pittore che dopo l’annessione dell’Austria alla Germania hitleriana fugge in Inghilterra e da quel momento si afferma come importante artista europeo. In mostra molti ritratti, ma anche i paesaggi, le scene di vita in città e in campagna, le rappresentazioni sociali. Tutte contraddistinte da un uso intenso del colore e della pennellata, oltre che da una ricerca sulle persone che andava al di là della semplice ritrattistica per scivolare in un’idea più vasta della raffigurazione artistica.
Dara Birnbaum a Osservatorio: immagini, tv, arte e societàMilano, 2 mag. (askanews) – In fondo si tratta di andare a cercare le origini della nostra società in cui tutto è immagine visuale. In fondo si tratta di indagare i meccanismi alla base di una serie di cambiamenti che hanno investito i mass media, la società e che oggi definiscono il nostro stile di vita. Questo, se volete, può essere un modo per avvicinarsi alla nuova mostra di Osservatorio di Fondazione Prada a Milano, un’antologica sul lavoro dell’artista newyorchese Dara Birnbaum, che dagli anni Settanta ha iniziato ad “appropiarsi” delle immagini e da quel momento ha battuto strade diverse, cha hanno aperto la via a molte altre sperimentazioni. Indagando in particolare le dinamiche della televisione, mettendole a nudo togliendo loro la componente commerciale.
“Tutti in America – ha detto Birnbaum al pubblico milanese – parlavano di film, di cinema, di Hollywood, ma nessuno tra gli artisti parlava di televisione. Per caso a Firenze andai in una piccola galleria, era il 1974. C’erano luci abbassate e in fondo delle persone che guardavano la tv. Mi invitarono a entrare e a raggiungerli: stavano nel retro e guardavano un’opera video concettuale e da allora ho cominciato anche io a considerare la televisione e i video”. Un’altra parte della sua ricerca indaga l’installazione video, prima analogica e poi digitale. I suoi lavori sono spesso documentazioni di performance e anche in questo senso si inseriscono in pieno nel clima del proprio tempo. “Potete vedere come lei lavora con i media – ha detto ad askanews Barbara London, che ha curato la mostra insieme a Eva Fabbris e Valentino Catricalà – come li mette sotto una sorta di microscopio per raccontare anche come le donne venivano rappresentate”.
Le opere di Dara Birnbaum hanno anche una forte valenza politica, per lei che, ha raccontato, a Berkley da giovane era diventata marxista, e negli anni Novanta la sua ricerca indaga, anche qui anticipando i tempi, le dinamiche di controllo delle informazioni, anche visive. Il tema di chi decide cosa dobbiamo e possiamo vedere. E poi, in un progetto espositivo concepito site specific per Osservatorio, c’è anche un lavoro recentissimo: un’installazione multicanale sulla memoria che esplora anche il territorio dell’autobiografia. “Per la prima volta in quest’opera – ha aggiunto Barbara London – Birnbaum mette se stessa sotto la lente ed è possibile vedere i film fatti dal padre quando era molto giovane, quindi si vedono i bambini dell’epoca, ma anche i programmi televisivi di quel periodo. Quello che si crea qui è un dialogo tra i vecchi filmini, la televisione e l’architettura, che era anche la professione del padre”.
Architetture che sono quelle dello spazio di Fondazione Prada, ma che prendono anche la forma di una Torre di trasmissione per documenta IX del 1992, una sorta di ibrido tra il video, la scultura e l’installazione. Forse in quest’opera, che chiude una mostra complessa e profonda, è possibile trovare la metafora della costante progressione del lavoro di Dara Birnbaum, così come avere una sensazione tangibile del modo molteplice in cui Osservatorio interpreta il rapporto con la fotografia e le sue evoluzioni nel contemporaneo. (Leonardo Merlini)