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Metalmeccanici, i sindacati proclamano altre 8 ore di sciopero nazionale

Metalmeccanici, i sindacati proclamano altre 8 ore di sciopero nazionaleRoma, 7 apr. (askanews) – I sindacati dei metameccanici annunciano altre 8 ore sciopero nazionale dopo quello del 28 marzo a sostegno del rinnovo del Contratto di lavoro.


“Nonostante la buona riuscita dello sciopero nazionale unitario dei metalmeccanici del 28 marzo scorso – spiegano Fim, Fiom e Uilm -, la posizione di Federmeccanica e Assistal è rimasta ferma nella assoluta indisponibilità a riprendere il confronto, superati ormai gli otto mesi dalla scadenza del contratto”. “La decisione di Federmeccanica e Assistal di impedire la ripartenza della trattativa attraverso la conferma della loro ‘contropiattaforma’ – proseguono i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm, Ferdinando Uiliano, Michele De Palma e Rocco Palombella – è una scelta inaccettabile, perché di fatto azzera le richieste salariali e normative, non rispettando le regole condivise nell’ultimo rinnovo del Ccnl. E’ necessario negoziare a partire dalla piattaforma sindacale presentata e questo risulta ancora più urgente alla luce della situazione delle lavoratrici e dei lavoratori e dell’industria. Il comportamento di Federmeccanica e Assistal mina le relazioni industriali e sindacali, e questo avrà dirette conseguenze a tutti i livelli”. “I recenti dazi Usa e il complesso contesto economico e industriale del Paese – proseguono – rendono sempre più urgente l’assunzione di responsabilità da parte di Federmeccanica e Assistal per riprendere il negoziato e rimettere al centro il ruolo della contrattazione. La piattaforma sindacale è in continuità con il rinnovo di febbraio 2021, che prevedeva a fronte delle trasformazioni in atto gli strumenti contrattuali innovativi a garanzia dell’industria, dell’occupazione, degli aumenti salariali. Il comportamento di Federmeccanica e Assistal sembra invece orientato al ridimensionamento salariale e delle norme contrattuali, con un atteggiamento di delegittimazione del sindacato”.


“Per tali ragioni – concludono -, dichiariamo almeno 8 ore di sciopero nazionale da organizzare in tutti i territori con la massima estensione, articolazione ed efficacia nei confronti delle aziende e rafforzando il blocco degli straordinari e delle flessibilità, nonchè quegli aspetti normativi che necessitano di un parere positivo delle RSU o delle organizzazioni sindacali, fatta eccezione per gli ammortizzatori sociali”.

Dazi, crollano le borse asiatiche: Hong Kong chiude -13,22. Borse europee in profondo rosso, Milano giù

Dazi, crollano le borse asiatiche: Hong Kong chiude -13,22. Borse europee in profondo rosso, Milano giùRoma, 7 apr. (askanews) – Crollano le borse asiatiche per effetto dei dazi imposti dagli Usa, in particolare quelle cinesi alla ripresa degli scambi dopo la chiusura per festività. L’Hang Seng di Hong Kong che in chiusura segna il minimo mai registrato dalla crisi finanziaria del 1997 con -13,22%. Male anche Shanghai in ribasso del 6,84% e Tokyo che lascia sul terreno il 6,46%. Non si salva neanche Seoul, con il Kospi che perde il 5,06%. E con il tonfo delle piazze asiatiche – e dopo il crollo di Wall Street venerdì – per i mercati europei si è aperta un’altra giornata di passione. La guerra commerciale innescata dai dazi dell’amministrazione americana – Donald Trump ha detto che sono “una cura” per i mali dell’economia Usa – e il timore di una recessione globale soffiano venti di panico sui mercati finanziari. Nel Vecchio Continente a metà mattina il Dax di Francoforte cede il 6,41%, complice anche la produzione industriale tedesca che a febbraio è scesa dell’1,3% rispetto al mese precedente, oltre le attese. Il Ftse100 a Londra perde il 5,09% e il Cac40 il 5,74%. Le vendite colpiscono anche Amsterdam (-5,95%) e Madrid (-6%). A Milano il Ftse Mib cede il 5,96% a 32.585,66 mentre l’All Share il 5,84%.


A Piazza Affari le vendite non risparmiano nessuno dei titoli del listino principale. Tonfo degli industriali con Leonardo (-9,41% a 36,58 euro) che scivola in fondo al Ftse Mib tallonato da Iveco (-7,8%) e Interpump (-7,53%). I timori di una recessione zavorrano anche le banche con Mps che arretra del 7,33%, seguita da Popolare di Sondrio (-7,24%), Intesa Sanpaolo (-7,12%), Bpm (-6,99%) e Unicredit (-6,44%). Male anche il lusso con Brunello Cucinelli (-7,07%) e Moncler (-7,03%). Questa mattina anche lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi è balzato a 129 punti base, con un rendimento per i primi che si attesta al 3,74%.

Borse europee in profondo rosso: Milano -6% con Leonardo e le banche

Borse europee in profondo rosso: Milano -6% con Leonardo e le bancheMilano, 7 apr. (askanews) – Si è aperta un’altra giornata di passione sui mercati europei, dopo il crollo di Wall Street venerdì e il tonfo delle piazze asiatiche con l’Hang Seng di Hong Kong che in chiusura ha lasciato sul terreno il 13,22%. La guerra commerciale innescata dai dazi dell’amministrazione americana – Donald Trump ha detto che sono “una cura” per i mali dell’economia Usa – e il timore di una recessione globale soffiano venti di panico sui mercati finanziari. Nel Vecchio Continente a metà mattina il Dax di Francoforte cede il 6,41%, complice anche la produzione industriale tedesca che a febbraio è scesa dell’1,3% rispetto al mese precedente, oltre le attese. Il Ftse100 a Londra perde il 5,09% e il Cac40 il 5,74%. Le vendite colpiscono anche Amsterdam (-5,95%) e Madrid (-6%). A Milano il Ftse Mib cede il 5,96% a 32.585,66 mentre l’All Share il 5,84%.


A Piazza Affari le vendite non risparmiano nessuno dei titoli del listino principale. Tonfo degli industriali con Leonardo (-9,41% a 36,58 euro) che scivola in fondo al Ftse Mib tallonato da Iveco (-7,8%) e Interpump (-7,53%). I timori di una recessione zavorrano anche le banche con Mps che arretra del 7,33%, seguita da Popolare di Sondrio (-7,24%), Intesa Sanpaolo (-7,12%), Bpm (-6,99%) e Unicredit (-6,44%). Male anche il lusso con Brunello Cucinelli (-7,07%) e Moncler (-7,03%). Questa mattina anche lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi è balzato a 129 punti base, con un rendimento per i primi che si attesta al 3,74%.

Dazi, Giorgetti: sangue freddo e no panico, serve approccio pragmatico

Dazi, Giorgetti: sangue freddo e no panico, serve approccio pragmaticoCernobbio (Co), 5 apr. (askanews) – “Noi siamo impegnati a quella che potremmo definire una de-escalation con l’amministrazione Usa: il messaggio a mio giudizio è che non bisogna pigiare il pulsante, il bottone del panico”. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nel corso del suo intervento al forum Ambrosetti, parlando della guerra dei dazi innescata dal presidente Trump.


“Chiaramente le Borse agiscono in modo razionale e talvolta irrazionale, seguendo altri tipi di istinti – ha proseguito -. Quello che noi come governo dobbiamo fare è mantenere il sangue freddo, valutare esattamente gli impatti ed evitare di partire con una politica dei contro-dazi che sarebbe dannosa per tutti e soprattuto per noi. Questo approccio pragmatico e razionale lo porteremo a livello europeo”.

Fed, ecco perché Powell indossa sempre una cravatta viola

Fed, ecco perché Powell indossa sempre una cravatta violaRoma, 4 apr. (askanews) – I banchieri centrali degli Stati Uniti sono rigorosamente apolitici. Lo sono anche e soprattutto perché questo serve a garantire la loro indipendenza decisionale, l’autonomia delle scelte monetarie dalla politica. Lo ha ribadito il presidente della Federal Reserve, la banca centrale Usa, Jerome Powell, predendo spunto da una peculiarità del suo stile nel vestire: la cravatta viola.


La indossa sempre, quasi fosse una divisa. Il dettaglio non è sfuggito ad una delle intervistatrici della Advancing Business Editing and Writing Annual Conference, evento organizzato da alcuni dei maggiori quotidiani e media Usa ad Arlington, in Virginia. Così ha chiesto a Powell perché la indossasse sempre. “All’inizio l’unico significato è che mi piacciono le cravatte viola – ha replicato -. Però dirò che poi, ad una successiva conferenza stampa, stavo per prendere una cravatta blu (il colore utilizzato dai democratici-ndr) o una cravatta rossa (il colore dei repubblicani-ndr) e mi sono detto, ‘mmm, forse meglio di no’. E così ho iniziato a mettere sempre cravatte viola. Ora direi che le metto sempre e basta”.


“Semplicemente mi sembrava un po’ problematico (awkward, in inglese) indossare un colore identificato” con una parte politica. “Noi siamo strettamente apolitici. Non è che siamo bipartisan: siamo non politici – ha proseguito Powell – e il viola è un buon colore per questo”. Ed un esempio concreto di questo è nella linea che Powell ha mantenuto quanto interpellato su alcune delle scelte chiave dell’amministrazione Trump, come sui dazi commerciali, o sulla messa al bando delle politiche “Dei”, acronimco inglese di diversità, equità e inclusione, fortemente spinte dai dem ma che secondo i repubblicani hanno finito per degenerare in pratiche apertamente discriminatorie contro intere fasce di popolazione, sotto l’amministrazioni Obama prima e Biden poi, a beneficio di qualunque categoria venisse indicata, dalla politica, come “minoranza”.


E con effetti ritenuti molto negativi, secondo i repubblicani, sulla meritocrazia, sia nelle assunzioni che nelle promozioni. Di recente sono stati citati come casi emblematici quello della direttrice dei vigili del fuoco in California, e quelli di alcuni controllori di volo, tutti apparentemete selezionati in base a questi criteri. Stessa cosa per la tabula rasa fatta da Trump sulle politiche “Esg”, anche qui acronimo inglese di ambiente, sociale e governance, in cui sono state fatte ricadere tutta una serie di politiche sulla tutela ambientale e anche sul più controverso aspetto alla lotta ai cambiamenti climatici, attribuiti – elemento che molti repubblicani e soprattutto molti “maga” contestano – alle emissioni di Co2 di derivazione antropica. Il presidente Usa ha emanato fin dai primi giorni di insediamento ordini esecutivi che vietano alle agenzie federali, inclusa la banca centrale, di continuare ad applicare questi criteri.


Powell è stato nuovamente interpellato su questi aspetti. E ha replicato che la Fed applica gli ordini della Casa Bianca, evitando rigorosamente, per quanto sollecitato, di commentarli. “Il nostro lavoro è, qualunque cosa accada, di riportare l’economia alla stabilità. E questo che facciamo. Ci vogliamo attenere ai nostri compiti, abbiamo questa grande cosa che è l’indipendenza e questo però ci impone di non lasciarci andare alla tentazione di andare fuori dal nostro ambito. Le politiche sul commercio, sul clima, sull’immigrazione: tutte queste cose spettano al governo – ha spiegato Powell -. Se le trattassimo come un nostro compito, la motivazione per la nostra indipendenza sparirebbe. Quindi, onestamente, non posso commentare. E se i policy maker responsabili agiscono in un determinato mod – ha aggiunto – è probabilmente perché pensano che sia la cosa migliore da fare”. Powell è stato anche interpellato su come consideri la sua posizione personale alla Fed. Prima dell’insediamento alla Casa Bianca, e ancor più prima della sua rielezione, il presidente Donald Trump aveva espresso malcontento per la sua conduzione della politica monetaria. “Intendo servire tutto il mio mandato”, ha detto, fino alla scadenza quindi. “Per quanto sia rilevante lo considero come un lavoro normale e mi piace moltissimo”. Proprio oggi Trump è tornato a sollecitare un taglio dei tassi. Ma nel suo intervento Powell ha ribadito che per la Fed “non è chiaro al momento quale sarà il percorso appropriato della politica monetaria”. Se tenere i tassi fermi, quindi, o se continuare a ridurli. “Dobbiamo aspettare e vedere” che si chiariscano gli effetti delle diverse svolte politiche messe in campo. (fonte immagine: SABEW).

Banco Bpm: chiusa l’Opa su Anima, detiene l’89,95% del capitale

Banco Bpm: chiusa l’Opa su Anima, detiene l’89,95% del capitaleMilano, 4 apr. (askanews) – Con le adesioni odierne, nell’ultimo giorno dell’Opa, Banco Bpm ha raggiunto l’89,95% del capitale di Anima, superando così abbondantemente l’obiettivo della soglia del 66,67% che garantisce a piazza Meda di controllare l’assemblea straordinaria della Sgr. L’offerta valorizza Anima 7 euro per azione.


Oggi sono state apportate in adesione 76.998.624 azioni, per un totale complessivo di 221.067.954. Banco Bpm già deteneva il 22% di Anima.

Venerdì nero per le Borse europee: spaventa escalation dazi

Venerdì nero per le Borse europee: spaventa escalation daziMilano, 4 apr. (askanews) – Secondo il presidente Donald Trump “è un momento straordinario per diventare ricchi, più ricchi che mai!!!”. Di certo c’è che anche oggi è stata una seduta da dimenticare per le Borse mondiali. La guerra dei dazi innescata dagli Usa, con la risposta della Cina che ha annunciato tariffe al 34% su tutte le importazioni dagli Usa, ha innescato un sell-off generalizzato sui mercati, preoccupati per i rischi di una escalation, con l’ombra di una recessione globale e una nuova fiammata dell’inflazione.


Milano, zavorrata dai titoli bancari, crollati in tutta Europa, risentendo maggiormente dei timori di un rallentamento dell’economia, ha lasciato sul terreno il 6,54%, scivolando a 34.649 punti e azzerando in pratica i guadagni del 2025. Negli ultimi decenni, comunque, ci sono state altre dieci chiusure peggiori di quella odierna. Con gli indici di Wall Street che crollano di oltre il 3%, dopo ave archiviato ieri la peggior seduta dal 2020, Parigi ha perso il 4,26%, Francoforte il 5,09%, Londra il 4,94%, Madrid il 6,12%. Crolla anche il prezzo del petrolio, portandosi sui minimi dal 2021. Tornando a Piazza Affari, tra i titoli principali, maglia rosa dei peggiori a Azimut (-12,6%), seguita da Leonardo (-12,41%), Mps (-12,2%) e Nexi (-11,47%), Unipol (-10,53%), Bper (-10,49%), Mediobanca (-10,35%), Popolare di Sondrio (-9,66%), Mediolanum (-9,65%), UniCredit (-9,58%). Nessun titolo si è salvato dalle vendite, a eccezione di Diasorin che ha guadagnato l’1,66%.

Bankitalia taglia stime Pil, 2025 +0,5%, 2026 +0,9%, 2027 +0,7%

Bankitalia taglia stime Pil, 2025 +0,5%, 2026 +0,9%, 2027 +0,7%Roma, 4 apr. (askanews) – La Banca d’Italia ha consistentemente rivisto al ribasso le previsioni di crescita economica nella Penisola. Ora indica una espansione del Pil dello 0,6% quest’anno, dello 0,8% nel 2026 e dello 0,7% nel 2027. Peraltro questi dati utilizzano la metodologia condivisa a livello di Eurosistema delle banche centrali su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Senza questa correzione, puntualizza Bankitalia con un comunicato, il Pil crescerebbe dello 0,5 per cento nel 2025, dello 0,9 per cento nel 2026 e dello 0,7 per cento nel 2027.


Nelle precedenti previsioni, risalenti a dicembre, Bankitalia indicava una crescita 2025 allo 0,8%, guardando ai dati corretti per stagionalità e giornate lavorative, un più 1,1% sul 2026 e un più 0,9% sul 2027. Il taglio riflette innanzitutto il contraccolpo dei dazi commerciali decisi dall’amministrazione Trump negli Usa. Peraltro si tratta solo di “una prima e parziale valutazione degli effetti di questi annunci, che tiene conto dell’incremento dei dazi statunitensi ma non considera l’eventualità di aumenti ritorsivi da parte delle altre economie – precisa Bankitalia – non sono considerati inoltre eventuali effetti derivanti dall’evoluzione dei mercati internazionali”.


Le proiezioni sono state formulate sulla base delle informazioni disponibili al 28 marzo per le ipotesi tecniche e al 2 aprile per i dati congiunturali. Secondo l’analisi “nonostante l’inasprimento in atto delle politiche commerciali, la domanda estera continuerebbe a espandersi, seppure a tassi contenuti, nettamente inferiori a quelli medi del ventennio precedente” al Covid. “I consumi delle famiglie aumenterebbero a tassi superiori a quelli del Pil, beneficiando del recupero del potere d’acquisto. Gli investimenti si espanderebbero in misura contenuta. La spesa in costruzioni, sebbene frenata dalla rimozione degli incentivi all’edilizia residenziale, beneficerebbe della finalizzazione dei progetti finanziati con i fondi del Pnrr. La progressiva trasmissione alle condizioni di finanziamento della riduzione dei tassi di interesse – aggiunge Bankitalia – eserciterebbe un impatto positivo soprattutto nel prossimo biennio”.

Dazi, Bankitalia: tolgono 0,5 punti a Pil Italia sul 2025-2027

Dazi, Bankitalia: tolgono 0,5 punti a Pil Italia sul 2025-2027Roma, 4 apr. (askanews) – I dazi commerciali decisi dall’amministrazione Trump negli Usa sottrarranno almeno mezzo punto percentuale alla crescita economica in Italia, cumulativamente sul triennio 2025-2027. È la stima indicata dalla Banca d’Italia in un aggiornamento delle sue proiezioni macroeconomiche.


Peraltro questa previsione resta parziale, dato che tiene conto sì dell’aumento dei dazi Usa, ma non delle ricadute delle rappresaglie che potrebbero essere adottate da altre economie, né considera gli effetti delle dinamiche dei mercati. Le esportazioni italiane “risentirebbero in misura significativa degli effetti dell’incremento dei dazi da parte degli Stati Uniti, rimanendo pressoché stagnanti nell’anno in corso – dice Bankitalia – e tornando a crescere gradualmente nel prossimo biennio, seppure in misura inferiore a quella della domanda potenziale di beni e servizi italiani. Le importazioni aumenterebbero moderatamente nel 2025 e in misura più marcata nel 2026-27, coerentemente con la ripresa delle esportazioni e degli investimenti produttivi. Il saldo di conto corrente resterebbe stabile in rapporto al Pil nel triennio di previsione, su livelli intorno all’1 per cento”.

Piazza Affari: i peggiori crolli della storia del Ftse Mib

Piazza Affari: i peggiori crolli della storia del Ftse MibMilano, 4 apr. (askanews) – Un venerdì nero per Piazza Affari, affossata dai dazi di Trump, dalla risposta della Cina e dai timori di una recessione globale: l’indice Ftse Mib, zavorrato dai titoli bancari, ha chiuso in ribasso del 6,53% a 34.649 punti. Ma la Borsa di Milano ha vissuto altre giornate di passione nel corso degli ultimi decenni, e di ben peggiori: la chiusura di oggi non rientra per un soffio tra le top-ten.


La seduta del 12 marzo 2020 – quando si comprese appieno la portata mondiale del coronavirus e in Italia si decise la chiusura per due settimane di locali e negozi – è la peggiore di sempre, con il Ftse Mib che lasciò sul terreno il 16,9%, rivedendo in negativo il precedente record, quando, il 24 giugno 2016 -, all’indomani dell’esito del referendum sulla Brexit – crollò del 12,5%. Al terzo posto il 9 marzo 2020, con l’indice che scivolò dell’11,2%, sempre a causa della diffusione del Covid nel nostro Paese, cui si aggiunse il crollo del prezzo petrolio con la rottura ta Arabia Saudita e Russia. Quarto posto per la seduta del 6 ottobre 2008 (-8,2%), a poche settimana del crack Lehman Brothers che diede il via alla crisi finanziaria mondiale. Al quinto posto, l’11 settembre 2001, con il crollo delle Torri Gemelle, quando Milano chiuse a -7,6%. Al sesto posto il 10 ottobre 2008 (-7,1%), sempre nell’autunno della crisi finanziaria.


Seguono il -6,8% registrato il 1 novembre 2011 – con la crisi del debito sovrano italiano, alla vigilia delle dimissioni di Silvio Berlusconi da Presidente del Consiglio – e il 16 ottobre 2008 (-6,8%). Chiudono la top-ten: il 10 agosto 2011 (-6,6%), l’estate della crisi del debito italiano con l’esplosione dello spread dopo la lettera della Bce del 5 agosto, e il 14 settembre 2001 (-6,6%) post “11 settembre”.