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Confcooperative: per salari giusti coinvolgere i committenti

Confcooperative: per salari giusti coinvolgere i committentiMilano, 11 dic. (askanews) – Anche le stazioni appaltanti devono fare la loro parte per garantire “salari giusti” di chi lavora, perché “senza il coinvolgimento dei committenti, in particolare pubblici, si rischia di parlare del nulla” quando si discute di salario minimo. Al Pirellone, Confcooperative Lavoro e Servizi ha fatto il punto sul rapporto tra appalti e salari, a quasi sei mesi dall’introduzione del nuovo codice dei contratti. “E’ necessario ripartire dal riconoscimento del valore del lavoro e ragionare su quanto la commessa pubblica e privata incida sul salario”, ha detto il presidente Massimo Stronati.

“Da questo punto di vista – ha aggiunto – il nuovo codice dei contratti, così come impostato dal legislatore, può rappresentare una svolta importante” perché all’articolo 11 chiede alle stazioni appaltanti di applicare il contratto collettivo “strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”. Un’indicazione che, ha evidenziato Giovanni Di Nunno, vicepresidente di Confcooperative Lavoro e Servizi, obbliga la pubblica amministrazione a “indicare nella fase di redazione delle gare d’appalto il contratto di riferimento da inserire in gara”, allontanandosi dall’idea stessa di salario minimo: “Noi siamo convinti che il salario non sia un numero e basta, ma un complesso di cose che solo la contrattazione collettiva può mettere in luce e realizzare compiutamente per aiutare anche il lavoro povero”, ha spiegato Di Nunno.

Una impostazione condivisa da Maurizio Del Conte, docente dell’università Bocconi e noto studioso delle politiche del lavoro: “Dobbiamo puntare a far crescere i salari nel loro complesso e a far crescere la qualità del lavoro: il salario minimo fissa arbitrariamente un numero che però è un numero verso il basso, non verso l’altro”, ha detto. Il nuovo codice dei contratti non solo chiede di considerare l’accordo collettivo “più pertinente del settore” ma, ha chiosato Del Conte, mette al centro “quello firmato dalle organizzazioni più rappresentative dei lavoratori e che più sanno dialogare per trovare un punto di equilibrio sostenibile”. Per gli enti pubblici “è importante continuare a confrontarci con il mondo del lavoro, in questo caso con Confcooperative, per lavorare insieme al fine di trovare un equilibrio che garantisca un giusto salario e una prestazione adeguata”, ha detto il vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia, Giacomo Cosentino. “Noi – ha spiegato – abbiamo una centrale acquisti che si chiama Aria, una centrale che è aperta al dialogo e registra le esigenze del mondo lavorativo. Abbiamo il compito di raccogliere le esigenze del mondo del lavoro e trasferirle all’ente che a livello operativo è competente”.

Usa, Macy’s, Arkhouse lancia offerta di acquisto da 5,8 mld dollari

Usa, Macy’s, Arkhouse lancia offerta di acquisto da 5,8 mld dollariNew York, 11 dic. (askanews) – Arkhouse Management, una società di investimenti focalizzata sul settore immobiliare, e Brigade Capital Management, un asset manager globale, il 1° dicembre hanno presentato una proposta per acquisire le azioni di Macy’s, la famosa catena statunitense di grandi magazzini al prezzo di 21 dollari ad azione, per un totale di 5,8 miliardi di dollari. A dichiararlo sono fonti informate dell’offerta e raggiunte dal Wall Street Journal.

Macy’s gestisce quasi 500 grandi magazzini sotto la sua bandiera omonima. Possiede anche Bloomingdale’s, una catena di grandi magazzini di fascia alta con più di 30 sedi, e una serie di discount e negozi di piccolo formato sotto le due insegne. Nel 2015, ha, poi, acquisito la catena di bellezza e cura della pelle Bluemercury, che oggi conta quasi 160 negozi. La catena di grandi magazzini ha generato circa 1,2 miliardi di dollari di utili su 24,4 miliardi di dollari di entrate nell’ultimo anno fiscale, in leggero calo rispetto agli 1,4 miliardi di dollari di utile sui 24,5 miliardi di dollari di entrate nel 2021.

Le azioni di Macy’s sono in rialzo del 15% nelle negoziazioni pre-mercato di lunedì.

Occidental acquista CrownRock per 12 mld,accesso a pozzi Permiano

Occidental acquista CrownRock per 12 mld,accesso a pozzi PermianoNew York, 11 dic. (askanews) – Il gigante petrolifero Occidental ha annunciato, lunedì, un accordo da 12 miliardi di dollari per l’acquisto di CrownRock, la compagnia texana che possiede oltre 94.000 acri nel bacino del Permiano, l’area ricca di idrocarburi situata nella parte occidentale del Texas e nel New Mexico. Ad annunciarlo è il Wall Street Journal.

Come parte dell’accordo in contanti e azioni, Occidental ha dichiarato che contrarrà 9,1 miliardi di dollari di nuovo debito, emetterà circa 1,7 miliardi di dollari di azioni ordinarie e si farà carico del debito esistente di 1,2 miliardi di dollari di CrownRock. Occidental ha spiegato che l’acquisto aggiungerebbe circa 170.000 barili di petrolio al giorno, assieme a circa 1.700 area ancora non sfruttate. CrownRock è una delle ultime grandi società private rimaste nel Permiano, insieme a Endeavour Energy Resources.

Ex Ilva, ultimatum sindacati al Governo: decida, non staremo fermi

Ex Ilva, ultimatum sindacati al Governo: decida, non staremo fermiRoma, 11 dic. (askanews) – Ultimatum al Governo di Fim, Fiom e Uilm sull’ex Ilva. Nell’incontro in programma a Palazzo Chigi il 20 dicembre, alle 11, l’esecutivo deve decidere il futuro di Taranto. Basta rinvii. In caso contrario i sindacati non staranno con le mani in mano. Una posizione unitaria ribadita dai segretari generali delle tre categorie dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil (Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella) nel corso di una conferenza stampa davanti alla Galleria Sordi, convocata in un primo momento in piazza Colonna il cui accesso, però, non è stato consentito.

Due giorni dopo la riunione del 20 tra Governo e sindacati è in programma l’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia (Adi). “C’eravamo autoconvocati davanti alla presidenza del consiglio – ha detto il numero uno della Fiom, Michele De Palma – ci sono stati vari rinvii delle assemblee dell’ex Ilva. Oggi siamo arrivati qui e ci siamo trovati nell’impossibilità di poter essere davanti a Palazzo Chigi. Ci è arrivata la convocazione per il 20 dicembre. In quell’incontro o c’è una risposta che dà garanzie rispetto alla salita del socio pubblico dentro Arcelor Mittal e, quindi, dentro Adi o non resteremo fermi. Il Governo deve prendere in mano la gestione dell’azienda con un elemento di garanzia per i lavoratori e le produzioni”. De Palma ha avvertito che il sindacato “non andrà via fino a quando non ci saranno questi elementi”. Ogni giorno, hanno riferito i sindacati, si verifica un incidente negli impianti dell’azienda siderurgica. “Bisogna intervenire per garantire la salute e sicurezza dei lavoratori – ha aggiunto De Palma – l’azienda ha un comportamento antisindacale perché non rispetta i delegati. Pensiamo che il 20 dobbiamo avere le risposte definitive sulla situazione che riguarda Ilva a partire dalla gestione che per noi, dopo la scelta evidente di Mittal di non investire sugli impianti italiani, ha come unica soluzione possibile la gestione da parte del pubblico. Non è più il tempo di rimandare”.

Piaggio Aero, riaperti i termini per la presentazione di offerte

Piaggio Aero, riaperti i termini per la presentazione di offerteGenova, 11 dic. (askanews) – Con un avviso a pagamento che verrà pubblicato domani su alcune testate finanziarie, i commissari straordinari di Piaggio Aero Industries e Piaggio Aviation, Carmelo Cosentino, Vincenzo Nicastro e Gianpaolo Davide Rossetti, rendono noto  di aver formalmente riaperto i termini per la presentazione di offerte definitive e vincolanti per l’acquisto di tutti i complessi aziendali facenti capo alle due società in amministrazione straordinaria.  

I commissari, sentito il Comitato di Sorveglianza e dopo aver ricevuto autorizzazione dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, hanno infatti deciso di “rimettere in termini tutti i soggetti interessati a presentare, ovvero a integrare, le loro offerte definitive e vincolanti”, si legge nell’avviso. Tali offerte “dovranno pervenire – prosegue l’avviso – entro e non oltre le ore 18:00 (ora italiana) del giorno 30 gennaio 2024”.   Piaggio Aero Industries e Piaggio Aviation, entrambe in amministrazione straordinaria, operano sotto il marchio Piaggio Aerospace. Il Gruppo è attivo nei business Velivoli e Motori. Il primo è dedicato alla progettazione, costruzione e manutenzione di velivoli civili e militari e comprende le attività di customer service. Il business Motori è invece dedicato alla costruzione e manutenzione di motori aeronautici. 

Ex Ilva, sindacati: il 20 Governo decida, non staremo fermi

Ex Ilva, sindacati: il 20 Governo decida, non staremo fermiRoma, 11 dic. (askanews) – Nell’incontro in programma a Palazzo Chigi il 20 dicembre con Fim, Fiom e Uilm il Governo deve decidere il futuro dell’ex Ilva. In caso contrario i sindacati non staranno con le mani in mano. E’ l’ultimo appello all’esecutivo lanciato dai segretari generali delle tre organizzazioni (Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella) nel corso di una conferenza stampa davanti alla Galleria Sordi. Due giorni dopo l’incontro del 20 è in programma l’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia (Adi).

Tassi, Ft: Banche centrali pronte a respingere richieste investitori

Tassi, Ft: Banche centrali pronte a respingere richieste investitoriRoma, 11 dic. (askanews) – Le principali banche centrali mondiali si stanno preparando a respingere le previsioni degli investitori su quanto velocemente i tassi di interesse scenderanno, mentre i rispettivi organi di politica monetaria si incontrano per l’ultima volta quest’anno in un contesto di forti dati sull’occupazione.

Gli investitori – scrive il Financial Times – scommettono che i politici negli Stati Uniti, nell’Eurozona e nel Regno Unito inizieranno ad allentare la politica monetaria all’inizio del nuovo anno, alimentando un allentamento delle condizioni finanziarie per le imprese, mentre si concentrano sul calo dei dati sull’inflazione complessiva. Ma queste aspettative verranno messe alla prova nei prossimi giorni durante le riunioni della Federal Reserve americana, della Banca Centrale Europea e della Banca d’Inghilterra, che hanno tutte segnalato di volere prove più chiare dell’indebolimento dei mercati del lavoro prima di tagliare i tassi.

“Non possono dichiarare la vittoria

Bankitalia, Panetta: semplificare e armonizzare norme Ue banche

Bankitalia, Panetta: semplificare e armonizzare norme Ue bancheRoma, 11 dic. (askanews) – Nell’Unione europea bisogna procedere a semplificazioni e ulteriori armonizzazioni delle normative sul settore bancario, anche riguardo alle regole di attività, rendicontazione e coordinamento istituzionale delle autorità di vigilanza e di risoluzione degli istituti in difficoltà. Questo l’auspicio espresso dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta nel suo intervento in apertura della conferenza sui 30 anni del Testo unico bancario.

Panetta ha rilevato come l’istituziuoine della Vigilanza unica bancaria Ue, il Ssm presso la Bce, e dell’autorità di risoluzione delle crisi bancarie (Srm) abbiano “profondamnete cambiato l’architettura di vigilanza e il sistema di prevenzione e gestione delle crisi, anche in assenza del terzo pilastro, relativo al sistema europea di garanzia dei depositi”. A livello Ue “si sta lavorando al fine di armonizzare le normative di risoluzione bancaria dei singoli Paesi membri, qualora non venga applicato il meccanismo unico di risoluzione. Si tratta di una materia delicata con impatti diretti sulla valutazione dell’interesse alla risoluzione affidata al Srb e sulla quale il Testo unico ha molto da dire”.

La semplificazione, ha proseguito “richiede di ridurre le divergenze nazionali e di definire in che misura la disciplina bancaria contenuta in direttive possa essere trasformata in regolamenti dell’Unione. I vantaggi sarebbero significativi e riguarderebbero sia la Bce, che potrebbe applicare le stesse regole alle banche sottoposte alla propria vigilanza, sia le autorità nazionali, che talora devono applicare norme e linee guida europee incoerenti con il quadro nazionale”. E in tutto questo si innesta anche il tema “dell’accountability” e del ruolo delle autorità europee in materia bancaria, “dei loro rapporti reciproci, della loro relazione con le autorità nazionali che partecipano agli organi di supervisione europei. Pure su questi temi sarebbe auspicabile – ha detto il governatore – sulla falsariga del Testo unico bancario un quadro di regole omogeneo per le autorità sia europee sia nazionali che individui i necessari presidi di indipendenza e gli obblighi di rendicontazione; che chiarisca i rapporti con le autorità europee e nazionali che presiedono ad altri segmenti del mercato finanziario (quali le autorità di mercato e di vigilanza sulle compagnie assicurative); che definisca le modalità di interazione con le autorità incaricate della lotta al riciclaggio, auspicabilmente incardinate in un quadro europeo di riferimento con al vertice l’istituenda Anti-Money Laundering Authority”.

Carburanti, prezzi in calo con benzina self a 1,78 euro-litro

Carburanti, prezzi in calo con benzina self a 1,78 euro-litroRoma, 11 dic. (askanews) – Lieve rimbalzo per le quotazioni dei prodotti raffinati petrolifere, mentre il Brent galleggia sui 75 dollari. Prosegue il calo dei prezzi dei carburanti alla pompa, praticamente ininterrotto dall’inizio dell’autunno: la benzina self service è in media nazionale a 1,78 euro/litro, sempre al minimo dell’anno, il gasolio poco sopra 1,75 euro/litro.

Stando alla consueta rilevazione di Staffetta Quotidiana, Ip e Q8 hanno ridotto di un centesimo al litro i prezzi consigliati di benzina e gasolio. Per Tamoil registriamo un ribasso di due centesimi sul gasolio. Queste sono le medie dei prezzi praticati comunicati dai gestori all’Osservatorio prezzi del ministero delle Imprese e del made in Italy ed elaborati dalla Staffetta, rilevati alle 8 di ieri mattina su circa 18mila impianti: benzina self service a 1,782 euro/litro (-13 millesimi, compagnie 1,782, pompe bianche 1,784), diesel self service a 1,756 euro/litro (-13, compagnie 1,757, pompe bianche 1,754). Benzina servito a 1,924 euro/litro (-13, compagnie 1,961, pompe bianche 1,850), diesel servito a 1,897 euro/litro (-14, compagnie 1,936, pompe bianche 1,819). Gpl servito a 0,719 euro/litro (invariato, compagnie 0,727, pompe bianche 0,709), metano servito a 1,455 euro/kg (invariato, compagnie 1,460, pompe bianche 1,450), Gnl 1,405 euro/kg (-4, compagnie 1,422 euro/kg, pompe bianche 1,392 euro/kg).

Questi sono i prezzi sulle autostrade: benzina self service 1,872 euro/litro (servito 2,139), gasolio self service 1,851 euro/litro (servito 2,122), Gpl 0,847 euro/litro, metano 1,539 euro/kg, Gnl 1,447 euro/kg.

Ue verso l’accordo sul Patto di stabilità, ma anche passi indietro

Ue verso l’accordo sul Patto di stabilità, ma anche passi indietroBruxelles, 9 dic. (askanews) – Il potenziale accordo che si prospetta per le nuove regole per i bilanci nazionali previste dalla revisione del Patto di stabilità dell’Ue, dopo i negoziati al Consiglio Ecofin di ieri e di giovedì, comporta una serie di complicazioni, di passi indietro e di nuove rigidità rispetto alla proposta inziale della Commissione, anche se ne mantiene in gran parte gli elementi nuovi più importanti. L’accordo dovrebbe essere concluso dopo il Consiglio europeo i capi di Stato e di governo della settimana prossima, dal quale ci si attende un impulso positivo per superare gli ultimi scogli, in modo che possa essere convocato un Consiglio Ecofin straordinario tra il 18 e il 21 dicembre, per l’approvazione formale da parte dei ministri delle Finanze, che poi dovranno comunque negoziare anche il testo finale con il Parlamento europeo.

La proposta originaria della Commissione era incentrata su due pilastri principali, riguardanti i percorsi di aggiustamento di bilancio per i paesi che non rispettano le due soglie previste dal Trattato di Maastricht: il 60% per il debito/Pil e il 3% per il deficit/Pil. Nel primo caso, quello del debito eccessivo, veniva indicato un percorso di aggiustamento ‘su misura’, individualizzato per ciascuno Stato membro, con tempi più lunghi e più realistici per le correzioni: quattro anni, con la possibilità di proroga a sette anni per ammortizzare i costi delle riforme e degli investimenti raccomandati dall’Ue (transizione verde e digitale, innovazione, difesa). Il percorso di aggiustamento (‘traiettoria tecnica’), è determinato tenendo conto di un’analisi della sostenibilità del debito, e originariamente si basava su un ‘singolo indicatore operativo’, basato sulla ‘spesa primaria netta’, che non prende in considerazione la spesa per gli interessi, la parte controciclica degli stabilizzatori automatici (come i sussidi di disoccupazione o la cassa integrazione in tempi di crisi), le spese che non dipendono dai governi, e la spesa nei programmi e progetti comunitari che sono co-finanziati dagli Stati membri.

La proposta originaria prevedeva semplicemente di tenere sotto stretto controllo la spesa primaria netta, senza definire una riduzione quantitativa annuale del debito/Pil uguale per tutti, ma tale da assicurare che, alla fine del periodo previsto dal piano di aggiustamento, il livello del debito pubblico fosse inferiore a quello iniziale, e avviato su un percorso stabile di riduzione. Il secondo punto della proposta della Commissione riguardava la regola del deficit: per i paesi con un rapporto deficit/Pil oltre il 3% è previsto uno sforzo strutturale annuale di bilancio pari almeno allo 0,5% del Pil per ridurre il disavanzo.

In questa semplificazione estrema delle regole attuali non venivano più considerati né il cosiddetto ‘Obiettivo di bilancio di medio termine’ (Mto), che per i paesi più indebitati esigeva di portare il deficit ben sotto la soglia del 3%, con target tra lo zero e l’1%, né una serie di fattori su cui erano basati i percorsi di aggiustamento del vecchio Patto di stabilità: il ‘saldo strutturale di bilancio’, la ‘crescita potenziale’ e il cosiddetto ‘output gap’, tutte ‘grandezze difficilmente osservabili’ (come le aveva definite lo stesso vicepresidente esecutivo della Commissione, Valdis Dombrovskis) che rendevano complicatissimo e in parte anche arbitrario il giudizio della Commissione sulle eventuali ‘deviazioni significative’ da parte degli Stati membri. Oltretutto, negli anni delle politiche di austerità si è dimostrato che la riduzione del deficit a tappe forzate non determina necessariamente una riduzione del debito/Pil (come pretendeva tutto l’impianto del vecchio Patto di stabilità, di ispirazione tedesco-nordica), ma, al contrario, può incrementarlo, perché deprime gli investimenti pubblici e quindi la crescita.

Il negoziato tra gli Stati membri ha vanificato in buona parte questa semplificazione, e riproposto proprio quel legame di causa effetto tra riduzione del deficit e riduzione del debito/Pil che non ha funzionato, anche se in questo caso si riconosce la necessità di preservare gli investimenti pubblici almeno in alcuni settori. La Germania, sostenuta da Olanda, Austria e Paesi nordici, è riuscita a ottenere l’inserimento di una serie di ‘salvaguardie’ nel nuovo quadro di regole: i paesi con un debito/Pil superiore al 90% (come l’Italia) dovranno ridurlo di almeno un punto percentuale all’anno, e dovranno inoltre continuare il proprio percorso di riduzione del deficit/Pil anche dopo che avranno raggiunto il 3%, puntando a portare il disavanzo all’1,5%, per mantenere un ‘cuscinetto’ (‘common resilience margin’) che permetta un margine di bilancio per gli investimenti e le riforme. In altre parole, invece della ‘golden rule’ che chiedeva l’Italia, ovvero lo ‘scorporo’ della spesa per determinati investimenti dal calcolo del deficit (ai fini del rispetto della regola del 3%), si dovrà tagliare ulteriormente la spesa pubblica per finanziare gli investimenti restando comunque sotto la soglia del 3%. Le ‘salvaguardie’ sono un po’ meno rigorose per i paesi con un debito/Pil tra il 60 e il 90 per cento, che dovranno puntare a ridurre il deficit fino al 2%, e quindi con un ‘margine di resilienza’ dell’1%; per questi Stati membri sarà richiesta poi una riduzione del debito pari ad almeno mezzo punto percentuale di Pil. Sostanzialmente, il vecchio ‘Obiettivo di medio termine’, che era stato messo fuori dalla porta, rientra dalla finestra, anche se meno rigoroso (deficit tra l’1 e il 2 per cento invece che tra lo zero e l’1 per cento). Inoltre, per tutti gli Stati membri in procedura di deficit eccessivo viene aggiunto anche un obbligo di ‘miglioramento annuale del bilancio strutturale primario’ pari allo 0,3% nei percorsi di aggiustamento di quattro anni, che sarà ridotto allo 0,2% in caso di prolungamento del percorso a sette anni. Nel negoziato che si è svolto innanzitutto tra la Francia e la Germania, il ministro francese Bruno Le Maire ha accettato tutto questo, sperando di ricevere in cambio almeno una riduzione dello sforzo strutturale per la riduzione del disavanzo, richiesta ai paesi sotto procedura per deficit eccessivo, che escludesse la spesa per gli investimenti e le riforme. Ma si è scontrato con l’irremovibilità del collega tedesco, Christian Lindner, che alla fine si è mostrato disponibile a prendere in considerazione, come fattore mitigante, solo l’aumento della spesa per gli interessi sul debito contratto per finanziare gli investimenti e le riforme, e solo temporaneamente, per gli anni 2025, 2026 e 2027. In questi tre anni, questo compromesso sulla ‘flessibilità’ (che comunque deve ancora essere accettato formalmente dalla Germania e dagli altri paesi ‘frugali’, Austria, Finlandia, Svezia, Olanda e Danimarca) dovrebbe permettere di diminuire di qualche decimo di punto percentuale (per il Francia si calcola lo 0,2%) la correzione annuale di 0,5 punti percentuali di Pil prevista per i paesi con deficit superiore al 3%. L’Italia ha sostenuto questa proposta di compromesso; tuttavia, il ministro Giancarlo Giorgetti, parlando ieri ai giornalisti a Bruxelles, ha puntualizzato che si tratta solo di ‘un passo nella giusta direzione’, ma ‘non è l’accordo’, per il quale d’altra parte manca ancora il consenso della Germania e di altri paesi. Inoltre, Giorgetti ha fatto capire chiaramente che, ‘non abbiamo raggiunto il risultato’, perché così come si profilano le nuove regole non sarebbero pienamente in linea con ‘le ambizioni’ e con ‘le finalità strategiche che l’Europa si è data in termini di sicurezza e in termini di transizione digitale ed energetica e ambientale. Queste finalità politiche – ha ricordato – richiedono delle regole di bilancio coerenti per poterle finanziare, altrimenti rimangono dei nobili principi, auspici, ma senza possibilità concreta di traduzione. Quindi le regole di bilancio – ha sottolineato – sono un mezzo per realizzare questi fini, e non un fine esse stesse’. Da questo punto di vista, ha aggiunto Giorgetti, se al Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi ‘i capi di governo decidono che bisogna difendere i valori di libertà dell’Occidente, i ministri delle Finanze devono dargli le risorse per poter svolgere questo ruolo; se i capi di governo mi dicono che bisogna affrontare la sfida della transizione energetica, allora bisogna mettere centinaia di milioni di euro, come fanno gli Stati Uniti per raggiungere quella finalità, e io come ministro delle finanze devo mettere a disposizione queste risorse’. Il ministro, infine, ha indicato che ‘dal punto di vista italiano, se l’accordo trovato in una fase transitoria diventasse definitivo sarebbe, diciamo così, logico e coerente con le aspirazioni europee’. Durante la conferenza stampa di ieri al termine dell’Ecofin, il vicepresidente esecutivo della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha sottolineato: ‘Abbiamo compiuto notevoli progressi e un accordo è sicuramente a portata di mano. Sono abbastanza fiducioso – ha continuato – che riusciremo a portare a termine questo lavoro nei prossimi giorni e ad arrivare a un accordo, come previsto, entro la fine dell’anno, sotto la presidenza spagnola’ di turno del Consiglio Ue’. ‘È un momento essenziale – ha rilevato Dombrovskis -, date le importanti sfide economiche e di bilancio che dobbiamo affrontare. Dobbiamo preservare la sostenibilità delle finanze pubbliche e sostenere la crescita sostenibile. Da questo punto di vista, il passaggio al nuovo quadro di bilancio è essenziale, e penso che le proposte di riforma della Commissione contengano gli elementi giusti per raggiungere tali obiettivi’, in particolare, ‘la differenziazione basata sul rischio’ per i percorsi di aggiustamento di ciascuno Stato membro, e poi ‘la semplificazione, e gli incentivi agli investimenti e alle riforme’. ‘Pertanto – ha aggiunto -, è importante che l’accordo finale che sarà raggiunto dal Consiglio, e poi alla fine del processo legislativo anche dal Parlamento europeo, mantenga i parametri fondamentali di questo nuovo quadro’. Rispondendo ai giornalisti, Dombrovskis ha poi osservato: ‘Ovviamente alla Commissione non avevamo nulla contro il fatto che gli Stati membri prendessero le nostre proposte e le approvassero’ senza ulteriori modifiche. ‘Ma sappiamo che le realtà politiche sono difficili. Abbiamo avuto mesi di negoziati tra gli Stati membri e ancora dovremo negoziare con il Parlamento europeo. Stiamo ora finalizzando il lavoro con gli Stati membri’. Questa che c’è sul tavolo ‘è una proposta di compromesso. Introduce alcuni elementi aggiuntivi in termini di salvaguardia rispetto alla proposta della Commissione. Ma abbiamo fatto simulazioni e valutazioni, e – ha sottolineato -l’applicazione delle salvaguardie non stravolge la logica della proposta della Commissione’. Dombrovskis ha riconosciuto che ‘certi elementi e specificità che sono stati aggiunti rendono in effetti questa proposta meno semplice: non raggiunge tutte le semplificazioni che la Commissione aveva inizialmente prospettato, perché gli stati membri volevano riflettere le specificità di situazioni nazionali di cui tenere conto. Ciò non di meno, pensiamo che la direzione principale, il nucleo centrale nella proposta della Commissione siano preservati’. A un giornalista che chiedeva se con questa riforma le nuove regole saranno più o meno rigorose delle vecchie, e se si potranno conseguire gli obiettivi che erano stati indicati di preservare gli investimenti, e di avere regole più chiare ed effettivamente applicabili, che i cittadini possano capire, il vicepresidente esecutivo della Commissione ha replicato: ‘E’ facile rispondere: il nuovo sistema e meno rigoroso del sistema attuale; ad esempio, non c’è più la regola riguardante la riduzione del debito/Pil di un ventesimo’ annuale dell’eccedenza rispetto alla soglia del 60%; ‘ma anche, al di là di questo, stiamo discutendo di alcuni aggiustamenti e flessibilità nel ‘braccio correttivo’, mentre nel ‘braccio preventivo’ ci stiamo allontanando dal requisito dell’Obiettivo di medio termine più rigoroso, che nelle regole attuali esige un deficit/Pil tra lo zero e l’uno per cento’. Insomma, ‘ci stiamo muovendo verso un sistema meno esigente rispetto a quello attuale’. E questo vale ‘anche per le salvaguardie riguardo al deficit, che stiamo ancora discutendo come calibrare esattamente, ma direi che anche qui ci avviamo a dei requisiti meno rigorosi rispetto a quelli attuali’, ha concluso Dombrovskis. (di Lorenzo Consoli)