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Toyota: utile netto III trim -8%, confermate stime intero anno

Toyota: utile netto III trim -8%, confermate stime intero annoMilano, 9 feb. (askanews) – Toyota chiude il terzo trimestre dell’esercizio 2022-2023 con un utile netto in calo dell’8,1% annuo, a 727,9 miliardi di yen (5,2 miliardi di euro). A pesare, spiega la casa giapponese, la mancanza di chip e l’aumento dei costi delle materie prime, parzialmente compensati dalla svalutazione dello yen. Poco mosso il titolo in Borsa: Toyota ha chiuso in rialzo a Tokyo dello 0,2%.
Il fatturato nei tre mesi è aumentato del 25% a 9,75 trilioni di yen (68,7 miliardi di euro), mentre l’utile operativo è cresciuto a 956 miliardi di yen, ma è in calo di 434 miliardi di yen a 2,1 trilioni nei nove mesi. 
Toyota ha mantenuto gli obiettivi per l’anno finanziario 2022/23 che si concluderà a fine marzo: l’utile netto è atteso a 2,36 trilioni di yen, il risultato operativo a 2,4 trilioni di yen e il fatturato a 36 trilioni di yen. Confermata anche la stima di consegne per l’intero anno a 10,4 milioni di veicoli.

Dl milleproroghe,medici famiglia possono andare in pensione 72 anni

Dl milleproroghe,medici famiglia possono andare in pensione 72 anniRoma, 8 feb. (askanews) – I medici di famiglia e i pediatri di libera scelta convenzionati con il Servizio sanitario nazionale possono andare in pensione a 72 anni. Lo prevede un emendamento di maggioranza al decreto legge milleproroghe approvato dalle Commissioni al Senato. Questa facoltà non è concessa agli altri medici.
Con un altro emendamento approvato dalle Commissioni viene prorogata la possibilità di riconoscere nel monte ore formativo dei tirocinanti la sostituzione dei medici di base.

Cia-Nomisma: agricoltura vale 72,4 mld ma cresce solo a valore (+21%)

Cia-Nomisma: agricoltura vale 72,4 mld ma cresce solo a valore (+21%)Milano, 8 feb. (askanews) – Agricoltori afflitti dall’aumento dei costi di produzione a causa della guerra e consumatori in crisi per l’inflazione. E’ questo il primo impatto dello studio Nomisma per Cia “Le nuove sfide per l’agricoltura italiana”, con un’Italia più preoccupata della media Ue, dove il 51% dei cittadini è in difficoltà economiche contro il 45% del resto d’Europa. Dopo la spinta nel post Covid, anche l’agricoltura è in fase di stallo e, pur confermandosi fra le principali dell’Ue (72,4 miliardi di valore della produzione), registra una variazione positiva solo grazie all’escalation dei prezzi agricoli (+21%).
Le commodity, già cresciute nel 2021, sono schizzate nel 2022: riso (+69%), soia (+12%), frumento (+42%), mais (+39%). L’inflazione pesa su tutto il settore food (+13,1% annuo) con picchi per pasta (+20%), prodotti lattiero-caseari (+17,4%) e olio (+16,2%). Allo stesso tempo, tutti i settori agricoli sono stretti dall’aumento generale dei costi di produzione (+22%), guidati dal +55% della voce energia. Le maggiori tensioni si registrano nell’approvvigionamento degli input tecnici dall’estero, soprattutto fertilizzanti, che per il 62% sono extra-Ue.
Il 98% degli italiani è preoccupato per la crescita dei prezzi alimentari. L’84% dei consumatori ha, infatti, modificato la spesa alimentare, con lo stop al superfluo per il 46% e la rinuncia ai beni voluttuari e di maggior costo: carni rosse tagliate (-14%), pesce (-9%), salumi (-8%) e vino (-6%). Lo testimoniano anche i canali retail che vedono un +12% dei discount. Anche la crescita dell’export agroalimentare (+16% sul ’21) è in parte legata all’inflazione. Parallelamente, l’aumento dell’import porta al netto peggioramento del saldo attivo della bilancia commerciale (da 4,9 miliardi del 2021 a soli 300 milioni per il 2022). La filiera ha, dunque, retto, di fronte alle difficoltà, ma potrebbe pericolosamente vacillare se la situazione si protrae per tutto il 2023.
Pesa ancora il gap cronico di servizi e infrastrutture tra città e aree interne, dove sale al 28% il rischio di esclusione sociale per i giovani. L’Italia si distingue per un ampio digital divide, posizionandosi solo al 18esimo posto in Ue per le difficoltà che registra su questo fronte soprattutto in termini di capitale umano e servizi pubblici digitali. Anche sulla connettività, le aree rurali garantiscono l’accesso a internet con smartphone solo al 74% della popolazione, contro l’81% delle grandi città. Per quanto concerne le infrastrutture di trasporto, ancora grande disomogeneità che rende alcune parti del Paese vicine agli standard Ue e altre profondamente penalizzate.
C’è, invece, un’Italia agricola che è leader in Europa per le attività connesse, come gli agriturismi, la prima trasformazione, le fattorie sociali e le agroenergie. Valgono 5,3 miliardi e incidono sulla produzione agricola per il 10% (in Ue solo il 4%) e si confermano elemento importante per preservare il capitale umano nelle aree rurali. Si registrano tuttavia due velocità, con il Centro-Nord del Paese che è molto più avanti in fase di integrazione della multifunzionalità (Nord-Ovest 12%, Nord-Est 10%, Centro 9%), rispetto al Sud (solo il 2%), che potrebbe potenziare specialmente gli agriturismi, nelle regioni a forte vocazione turistica.
L’Italia agricola è in corsa per il Green Deal con la riduzione del 55% delle emissioni di gas effetto serra entro il 2030 per arrestare il riscaldamento globale. A fronte di una crescita del 67% delle emissioni globali del pianeta nel 2021 in Europa, si è conseguita una riduzione del 27%. L’Italia è in linea, con una contrazione del 26%. Si ricorda, peraltro, che il 9% delle emissioni di gas serra arriva dall’agricoltura (il 6% dalla zootecnia) che però riassorbe il 10% di tali emissioni grazie a foreste, pascoli e colture permanenti. Gli obiettivi di minori emissioni sono funzionali a interrompere il riscaldamento globale, che sta portando a innalzamenti delle temperature generalizzati. In particolare l’area mediterranea, Italia compresa, rappresenta un “hot spot” per il cambiamento climatico. Gli ultimi anni sono stati, infatti, caratterizzati da numerosi eventi climatici avversi, in particolare la siccità, che ha investito il 10% delle aree agricole con colture erbacee e il 25% di quelle sommerse. Mais e riso hanno registrato un calo produttivo, rispettivamente pari al 23% e al 22%, il grano del 9% e la suinicoltura del 4,2%. La siccità si aggiunge al consumo di suolo, che nel biennio 2021-22 è tornato a crescere con una media di 19 ettari al giorno.
Il 2023 si è aperto con l’avvio della nuova Pac, che ha per obiettivo la redistribuzione a favore delle aziende medio-piccole (solo il 4,5% ha superficie maggiore di 50 ettari) e interventi a favore dei giovani agricoltori (il 9,3% degli agricoltori è under 40), mentre il 25% delle risorse complessive (875 milioni) è destinato a incentivare le pratiche sostenibili necessarie alla transizione ecologica. Parallelamente, prosegue l’attuazione del Pnrr che dedica 8,5 miliardi all’agroalimentare. Tutti questi fondi Ue sono orientati dalla strategia Farm to Fork; resta tuttavia l’interrogativo sugli effetti che potrebbe generare sulla produzione la proposta di nuovo regolamento sull’uso sostenibile (Sur) – decisione slittata di alcuni mesi – con cui l’Ue chiede all’Italia di ridurre del 62% l’uso dei fitosanitari e del 45% quelli più pericolosi. In assenza di difesa, però, si calcola un calo del 70% per le rese di grano duro, del 62% per l’olio e addirittura dell’81% per il pomodoro da salsa, dell’84% per il riso e dell’87% per il mais, indispensabile alla zootecnia da cui dipende il nostro Made in Italy. L’agricoltura tricolore, intanto, ha già avviato il percorso di riduzione dei fitofarmaci (-38%), impiega per il 45% prodotti ammessi nel bio e può centrare il target del 25% di superfici biologiche al 2030, con 2,2 milioni di ettari già convertiti e uno scarto di altri 900mila ettari per giungere all’obiettivo finale di 3,1 milioni di ettari.

L’ortofrutta italiana piace in Ue, leader nell’export conserve di pomodoro

L’ortofrutta italiana piace in Ue, leader nell’export conserve di pomodoroMilano, 8 feb. (askanews) – L’Italia è il primo Paese dell’Unione Europea per volume di esportazioni di conserva di pomodoro, uva, kiwi e nocciole sgusciate. È quanto emerge dal report del Centro studi Divulga che ha analizzato i dati sui flussi commerciali del settore ortofrutticolo europeo.
Il nostro Paese è leader europeo nelle esportazioni di conserve di pomodoro, intese come concentrato, succo e pomodori pelati: ne finiscono all’estero 2,1 milioni di tonnellate di prodotto per un valore di 2,1 miliardi di euro. Segue l’uva con 463mila tonnellate di prodotto per 794 milioni di euro di valore, rincorsi da da Paesi Bassi (382mila ton) e Spagna. Nella classifica delle esportazioni di ortofrutta tricolore, poi, troviamo i kiwi (268mila tonnellate per 508 milioni di euro di valore) e nocciole sgusciate (38mila tonnellate per 318milioni di valore). L’Italia poi si piazza al secondo posto per l’export di mele con 920mila tonnellate e un valore complessivo di 954 milioni di euro, con uno scarto minimo dalla Polonia con le sue 922mila tonnellate.
Con 284mila tonnellate per 110 milioni di valore, siamo poi il secondo esportatore di cocomeri dell’Ue, preceduti solo dalla Spagna (904mila ton), mentre siamo al terzo posto dietro Spagna e Paesi Bassi per insalate (220 milioni di valore per 112mila tonnellate esportate) e al quinto posto per le arance (122 milioni di valore per circa 119mila tonnellate di prodotto). Per questo agrume ci precede di gran lunga la Spagna con 1,5 milioni di tonnellate prodotte, e ancora Paesi Bassi (369mila ton), Grecia (329mila ton) e Portogallo (122mila ton). Buoni i dati sull’export di pere per le quali siamo sesti in Ue (115 milioni in valore per 71mila tonnellate di prodotto), anche se in calo negli ultimi 5 anni, e quelli per cavolfiori e broccoli (114 milioni di valore) con l’Italia al terzo posto con 88mila tonnellate di prodotto esportato preceduta da Spagna (420mila ton) e Francia (100mila ton).

Microsoft, anche l’Antitrust Uk si schiera contro takeover Activision

Microsoft, anche l’Antitrust Uk si schiera contro takeover ActivisionRoma, 8 feb. (askanews) – Anche dall’Antitrust della Gran Bretagna è arrivato un parere negativo sul piano di mega acquisizione di Microsoft del gruppo di videogiochi Activision Blizzard. Una operazione da 75 miliardi di dollari, che secondo la Competition and Markets Authority metterebbe a repentaglio la competizione in questo cruciale segmento dell’intrattenimento. Valutazioni analoghe erano state effettuate in precedenza dalla US Federal and Trade Commission.
Nel suo parere preliminare, l’autorità rileva che l’acquisizione “potrebbe alterare il futuro dei videogiochi, danneggiando potenzialmente i gamer Uk, in particolare quelli che non possono permettersi o non vogliono acquistare una consolle o un Pc da videogiochi costoso”.
Ne farebbe le spese soprattutto la cruciale concorrenza tra la Xbox di Microsoft e la PlayStation di Sony. Secondo l’Amc Microsoft avrebbe forti incentivi a rendere i titoli più popolari, come Call of Duty esclusivamente disponibili sulla Xbox, danneggiando i sistemi rivali.
Ora Microsoft avrà la possibilità di offrire dei provvedimenti per rimediare ai problemi messi in rilievo, prima che l’Amc giunga a un verdetto finale il prossimo aprile, ma dovrà presentarli per il vaglio entro il 22 febbraio.
Intanto, in una intervista pubblicata sul Financial Times poco prima che arrivasse il parere, l’amministratore delegato di Activision, Bobby Kotick, evidentemente fiutando il responso negativo, ha lanciato accuse a più parti contro il mancato via libera. Secondo il manager, Londra rischia di veder svanire un’opportunità di attrarre investimenti e migliaia di posti di lavoro.
Oltre a lanciare sospetti di “sabotaggio” su Sony, Kotick se la prende con gli quelli che definisce “ideologi”, che avrebbero preso il sopravvento nelle autorità di vigilanza sulla concorrenza delle maggiori economie avanzate. Secondo il numero di uno di Activision sarebbe l’Antitrust europeo, paradossalmente, quello che ha mostrato “una maggiore sensibilità su quali siano i rischi per l’economia da una prospettiva macro”.
Se Microsoft riuscisse a portare avanti l’operazione si tratterebbe della più grande acquisizione mai effettuata per il gruppo di software e creerebbe il terzo maggior player globale sui videogiochi, alle spalle della cinese Tencent e della giapponese Sony.
E poi il manager ha attaccato il governo. Il premier Rishi Sunak “è sveglio e capisce gli affari – ha detto – ma non sembra probabile che ci sia alcuna visione concreta nella leadership per perseguire questo tipo di opportunità. Sembra un po’ un governo fragile”.
Uno degli aspetti chiave della transazione è rappresentato dall’impegno di Microsoft a mantenere la disponibilità di titoli molto gettonati (come Call of Duty) anche su PlayStation e le consolle rivali. Ma su questo il gruppo giapponese ha accusato la rivale e di impegni “fuorvianti” con le autorità, affermando che Microsoft era pronta a vincolarsi solo su base temporanea.
Secondo il capo di Activision Sony avrebbe smesso di collaborare con Microsoft ed è su questa base che parla di “sabotaggi”. Interpellata sulla questione dal quotidiano, la società giapponese ha risposto di essere in contatto con Microsoft e di non avere altri commenti al riguardo. Negli scambi di iniziali sul Nasdaq il titolo Microsoft guadagna il 3,13% a 275,7 dollari. Sul Nyse Activision cade del 2,62% a 73,62 dollari.

Fincantieri, in costruzione Explora II, nave Msc da 500 mln

Fincantieri, in costruzione Explora II, nave Msc da 500 mlnRoma, 8 feb. (askanews) – Ha preso il via a Genova, nello stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente, la costruzione di Explora II, la seconda di sei navi di Explora Journeys, il nuovo brand di lusso della Divisione Crociere del Gruppo MSC. Alla presenza del Presidente delle Regione Liguria Giovanni Toti e del Sindaco di Genova Marco Bucci. Intervenuti, per conto dell’armatore, l’Executive Chairman della Divisione Crociere del Gruppo MSC, Pierfrancesco Vago, e il Chief Executive Officer di Explora Jouneys, Michael Ungerer. A fare gli onori di casa sono stati l’Amministratore Delegato di Fincantieri, Pierroberto Folgiero, e il Direttore Generale della Divisione Navi Mercantili, Luigi Matarazzo. Un primo troncone, approntato nei mesi scorsi a Castellammare di Stabia, ha raggiunto via mare pochi giorni fa lo stabilimento genovese, dove la nave verrà realizzata nei prossimi 18 mesi e quindi consegnata ad agosto del 2024. A Sestri Ponente, nella giornata di oggi, si è svolta la Cerimonia della Moneta»: un importante rito di antica tradizione marinara durante il quale vengono poste nella chiglia dell’imbarcazione due monete, quale segno beneaugurante, da parte sia dell’armatore che del costruttore. “Sono particolarmente orgoglioso che anche le navi Explora Journeys vengano costruite in Italia”, ha dichiarato Pierfrancesco Vago. “Esse sono destinate a rappresentare infatti l’eccellenza italiana nel mondo, rendendo onore a una capacità ingegneristica, di innovazione e di design che non ha eguali a livello internazionale. Queste costruzioni testimoniano il nostro impegno concreto e tangibile in Italia e per l’Italia. Insieme alla nostra fiducia nelle prospettive di un Paese nel quale il Gruppo MSC opera ormai da mezzo secolo e impiega oltre 15.000 dipendenti diretti, generando un impatto occupazionale di ulteriori 40.000 persone”. Pierroberto Folgiero ha commentato: “È emozionante assistere all’avanzamento di questa costruzione. La classe Explora, infatti, è significativa della progressione del nostro percorso: un concentrato di alta tecnologia che, con le successive unità, toccherà livelli sempre più elevati, seguendo una precisa pianificazione verso la nave di domani”.

Industria meccatronica milanese conta 90mila addetti e 18 mld export

Industria meccatronica milanese conta 90mila addetti e 18 mld exportMilano, 8 feb. (askanews) – L’industria metalmeccanica milanese conta 8,8 mila unità locali e 90mila addetti, produce circa 18 miliardi di euro di esportazioni, pesando circa il 40% del totale manifatturiero milanese e il 20-25% del settore a livello regionale. Sono queste le principali evidenze della prima edizione dell’Osservatorio paritetico territoriale, costituito lo scorso aprile da Assolombarda e dalle segreterie provinciali sindacali Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil.
Più nel dettaglio, l’Osservatorio rileva che la metalmeccanica include diverse specializzazioni che presentano sistemi di produzione sempre più interconnessi: dalla metallurgia e la meccanica, che occupano il 36% e il 33% del totale addetti della metalmeccanica, ai comparti delle apparecchiature elettriche (14% degli addetti) e dell’elettronica (11%), fino all’automotive (6%). Il settore evidenzia un andamento congiunturale favorevole, certificato dal trend positivo delle sue esportazioni, in crescita del +15% annuo nel periodo gennaio-settembre 2022. Tuttavia, se confrontate con il totale economia milanese (+23,1%) e con la metalmeccanica a livello regionale (+16,2%), le esportazioni della metalmeccanica milanese registrano un tasso di crescita inferiore. Questo trend si spiega dai diversi andamenti che caratterizzano i singoli settori: se da un lato la metallurgia, l’elettronica e le apparecchiature elettriche sono i settori che la sostengono maggiormente, con tassi di crescita delle esportazioni superiori al +20% nel periodo gennaio-settembre 2022, dall’altro lato la meccanica milanese mostra sì una variazione annua positiva, ma in misura inferiore rispetto agli altri settori (+7,4%). L’automotive, invece, registra una decelerazione del -9,6% nei primi 9 mesi del 2022, dimostrandosi il settore che presenta le maggiori difficoltà.
Sul fronte del mercato del lavoro, a dicembre 2022 rallentano decisamente le richieste di cassa integrazione delle aziende metalmeccaniche milanesi, riportandosi sui livelli di luglio. L’inversione del trend, in crescita da agosto, si registra anche negli altri comparti manifatturieri, dove il numero di ore autorizzate torna ai livelli pre crisi (febbraio 2020). Infine, dall’analisi degli annunci di lavoro degli ultimi 12 mesi emerge che le figure più ricercate dalle imprese metalmeccaniche milanesi sono quelle di operaio specializzato, in particolare gli installatori-riparatori, e di tecnico, soprattutto i disegnatori industriali.
L’Osservatorio ha congiuntamente analizzato la qualità della contrattazione aziendale integrativa presente nelle aziende metalmeccaniche del territorio milanese. L’analisi per il quinquennio di riferimento (2018- 2022) evidenzia in prima istanza come l’addensamento della negoziazione sui premi di risultato sia presente nelle imprese tra i 50 e i 250 dipendenti, mentre è molto più bassa nelle imprese sotto i 50 dipendenti. La ricerca ha focalizzato poi l’attenzione sugli obiettivi e i target condivisi per la definizione del premio di risultato. Gli obiettivi connessi a incrementi di produttività e redditività permangono prevalenti: negli ultimi anni di analisi gli obiettivi di innovazione ed efficienza hanno cominciato a essere sempre più presenti a dimostrazione dello sviluppo e della implementazione delle pratiche di negoziazione e della crescita culturale delle parti sul tema. La presenza di tematiche connesse al welfare è ormai presente in quasi tutti gli accordi aziendali nelle sue differenti forme, ove la convertibilità degli importi permane molto rilevante. In crescita anche il riconoscimento di welfare correlato a obiettivi, mentre il welfare on top risulta poco presente nella contrattazione in quanto spesso frutto di policy aziendali unilaterali dell’impresa.
Da ultimo, la ricerca ha approfondito le quantità economiche massime erogabili al raggiungimento dei risultati convenute negli accordi sindacali. Gli importi massimi raggiungibili si attestano per quasi metà della contrattazione analizzata intorno ai 1.500 euro l’anno. Come prevedibile nelle imprese di grande dimensione il premio annuo si incrementa superando nel 47% dei casi i 2.000 euro annui.

Activision accusa Sony (sabota Microsoft) e governo Sunak (debole)

Activision accusa Sony (sabota Microsoft) e governo Sunak (debole)Roma, 8 feb. (askanews) – Sony starebbe cercando di “sabotare” l’acquisizione di Activision da parte di Microsoft, e se anche l’Antitrust britannico dovesse mettere i bastoni tra le ruote all’operazione, il Regno unito ne risulterebbe danneggiato, anche per colpa di un governo “debole”: sono le accuse lanciate in un’intervista al Financial Times dall’amministratore delegato della società di videogiochi, Bobby Kotick. Secondo il manager, Londra rischia di veder svanire un’opportunità di attrarre investimenti e migliaia di posti di lavoro.
Il piano di acquisizione da 75 miliardi è finito sotto la lente delle autorità di vigilanza di Gran Bretagna, Unione Europea e Usa, data la rilevanza che Activision ha sui titoli del cruciale settore delle consolle per videogame, su cui Microsoft potrebbe avvantaggiare la sua Xbox.
Oltre a lanciare sospetti su Sony (che produce la PlayStation) kotick se la prende con gli quelli che definisce “ideologi”, che avrebbero preso il sopravvento nelle autorità di vigilanza sulla concorrenza delle maggiori economie avanzate.
Secondo il quotidiano, la Uk Competition and Markets Authority dovrebbe esprimersi a breve con una decisione preliminare sul piano di acquisizione. Lo scorso dicembre la US Federal and Trade Commission ha intimato a Microsoft di arrestare i suoi piani e la sua direttrice, Lina Khan, nominata da Biden, ad oggi ha adottato una linea di contrasto su fusioni e acquisizioni tra le big tech.
In tutto questo, secondo il numero di uno di Activision sarebbe l’antitrust europeo, paradossalmente, quello che ha mostrato “una maggiore sensibilità su quali siano i rischi per l’economia da una prospettiva macro”.
Se Microsoft riuscisse a portare avanti l’operazione si tratterebbe della più grande acquisizione mai effettuata per il gruppo di software e creerebbe il terzo maggior player globale sui videogiochi, alle spalle della cinese Tencent e della giapponese Sony.
In Gran Bretagna il premier Rishi Sunak “è sveglio e capisce gli affari – ha detto ancora Kotick – ma non sembra probabile che ci sia alcuna visione concreta nella leadership per perseguire questo tipo di opportunità. Sembra un po’ un governo fragile”.
Uno degli aspetti chiave della transazione è rappresentato dall’impegno di Microsoft a mantenere la disponibilità di titoli molto gettonati (come Call of Duty) anche su PlayStation e le consolle rivali. Ma su questo il gruppo giapponese ha accusato la rivale e di impegni “fuorvianti” con le autorità, affermando che Microsoft era pronta a vincolarsi solo su base temporanea.
Secondo il capo di Activision Sony avrebbe smesso di collaborare con Microsoft ed è su questa base che parla di “sabotaggi”. Interpellata sulla questione dal quotidiano, la società giapponese ha risposto di essere in contatto con Microsoft e di non avere altri commenti al riguardo.

Dl Milleproroghe, possibile lo stralcio totale per tasse locali

Dl Milleproroghe, possibile lo stralcio totale per tasse localiRoma, 8 feb. (askanews) – Via libera delle Commissioni affari costituzionali e bilancio del Senato alla norma che amplia ai tributi locali (Imu, Tari, addzionale irpef, bollo auto) la possibilità di ‘tregua fiscale’ con stralcio delle cartelle sotto i 1000 euro. Anche in questo caso, come per le imposte statali, lo stralcio riguarda le cartelle emesse tra il 2000 e il 2015. La disposizione è contenuta in un emendamento del goveno al decreto milleproroghe che è stato approvato dalle Commissioni.
Rispetto alla legge di bilancio per il 2023, che dava agli enti territoriali la facoltà di rinunciare limitatamente alla quota riferita a sanzioni e interessi, l’emendamento estende la possibilità di stralcio anche al capitale della cartella, ossia alla quota riferita all’imposta. I Comuni hanno tempo fino al 31 marzo 2023 per adottare le relative delibere e pubblicarle sui loro siti istituzionali.
Resta salva la facoltà per gli enti, prevista dalla legge di bilancio, di non rinunciare nè a sanzioni, nè a interessi. Anche in questo caso il relativo provvedimento deve essere adottato entro il 31 marzo, anzichè entro il 31 gennaio.
In ogni caso, gli enti che entro il 31 marzo non adottano alcun provvedimento, aderiscono automaticamente al solo stralcio di sanzioni e interessi.

Coldiretti: export frutta e verdura supera i 10 mld euro

Coldiretti: export frutta e verdura supera i 10 mld euroMilano, 8 feb. (askanews) – Le esportazioni di frutta e verdura fresche e trasformate superano per la prima volta il muro dei 10 miliardi di euro grazie a un aumento dell’8%. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base delle proiezioni su dati Istat relativi ai primi dieci mesi del 2022 divulgata in occasione dell’inaugurazione di Fruit Logistica di Berlino, la principale fiera internazionale di settore dove è presente il presidente della Coldiretti Ettore Prandini per incontrare gli operatori italiani.
Proprio la Germania rappresenta il primo mercato di sbocco per l’ortofrutta made in Italy con circa un quarto del totale esportato, grazie anche a un aumento del 7% degli acquisti. Il secondo mercato di riferimento è la Francia, dove si registra però un arretramento del 2%, mentre al terzo posto c’è la Gran Bretagna che al contrario vede un incremento dell’export del 15%, nonostante le difficoltà commerciali legate alla Brexit. Al quarto posto si piazza la vicina Austria, dove le vendite crescono dell’8%, subito davanti agli Stati Uniti che sono il primo mercato extra Ue grazie a un incremento record del 20%.
Sul totale delle esportazioni gli ortaggi freschi valgono oltre 1,8 miliardi che salgono a 5,3 miliardi di euro se si considera anche il trasformato, dove le salse e concentrati di pomodoro pesano per quasi la metà del totale. La pummarola made in Italy ha messo a segno nel 2022 un incremento record del 27%. L’export di frutta fresca vale, invece, 3,8 miliardi, ai quali vanno aggiunti gli 1,2 miliardi di succhi, confetture e conserve.
Il settore ortofrutticolo nazionale garantisce all’Italia 440mila posti di lavoro, pari al 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato, pari al 25% della produzione agricola totale, grazie all’attività di oltre 300mila aziende agricole su più di un milione di ettari coltivati in Italia e vanta 119 prodotti ortofrutticoli Dop e Igp.
“Un risultato che potrebbe essere paradossalmente migliore se si riuscisse a superare il gap logistico e infrastrutturale che costa all’agroalimentare 7,8 miliardi di euro all’anno, secondo il Centro Studi Divulga, e, nel caso del prodotto fresco, è particolarmente penalizzante per le nostre imprese rispetto ad altri Paesi produttori – ha dichiarato Prandini – occorre cogliere le opportunità offerte dal Pnrr per garantire trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci permettano di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo”.