Da Prigozhin a Surkov, per spiegare la non vittoria in UcrainaMilano, 16 feb. (askanews) – I tempi della guerra in Ucraina si allungano, mentre in Russia prendono la parola, con spazio e sicurezza crescenti, i sanguinari falchi nazionalisti come Ramzan Kadyrov e Evgenij Prigozhin, che continuano a criticare la leadership della difesa russa per l’inefficienza sul campo di battaglia delle forze di Mosca. Ma anche raffinate ex eminenze grigie del calibro di Vladislav Surkov, che rimescolano le carte delle analisi geopolitiche.
Questa settimana di vigilia del 24 febbraio, primo anniversario dell’inizio dell’invasione russa, si è aperta con una intervista della tv russa al presidente della Cecenia Kadyrov che ha mostrato alla – insolitamente sorridente – presentatrice Olga Skabejeva la pistola Mauser M 19 10(che secondo lui è appartenuta a Hitler) con cui vuole che il presidente ucraino Volodymyr Zelenksy “si spari”: 23 lunghissimi e preziosi minuti sul canale di stato Rossija 1, di lunedì in prima serata. E oggi 16 febbraio giovedì, giorno della settimana preferito dal Cremlino per i grandi proclami, è stato il turno di un’insolita conferenza stampa per Evgenij Prigozhin, il fondatore della compagnia di mercenari russa Wagner: i passaggi registrati in video dove in primo luogo Prigozhin sferra l’ennesima critica rivolta al ministero della Difesa russo e alla sua burocrazia durante la guerra in Ucraina. Oltre a perorare la causa dei “suoi” galeotti, liberati dalle carceri russe per combattere contro Kiev.
L’accusa di Prigozhin questa volta è però pesantissima: non nomina il ministro della Difesa Sergey Shoigu ma è fin troppo palese a chi sia rivolto il suo attacco: “Da una beauty farm fuori città, da un ufficio da 500 mq, durante un trattamento per ringiovanire o qualsiasi altro massaggio cosmetico, non puoi condurre i soldati in battaglia!”, ha dichiarato, sapendo bene che il suo pubblico social lo avrebbe guardato con attenzione. “È impossibile controllare i soldati in guerra da enormi uffici. Un soldato non è un videogame, non ha una dozzina di vite. Ogni soldato deve essere curato”, ha anche detto, ostentando grande comprensione e umanità per i “suoi” ex detenuti. “Finchè non si prende Bakhmut ci devono essere altri successi” ha aggiunto.
Ma il tempo dilatato di Bakhmut è un problema per tutti, difficile da giustificare: la battaglia che secondo il presidente Zelensky – ma anche per i russi – può decidere le sorti della guerra, non si risolve da 6 mesi. Prigozhin è cauto. Forse più ottimista sui tempi, rispetto a recenti dichiarazioni: prevede entro fine marzo, inizio aprile di prendere la città ucraina. Forse più aggressivo nel racconto: confida di aver bombardato Bakhmut nella notte del 6 febbraio in una sortita su un bombardiere supersonico Su-24 (il suo ruolo comunque, sull’aereo da combattimento, era di navigatore).
Ma il palcoscenico russo per questo giovedì non è solo di Prigozhin. Un altro provocatore, dai metodi molto raffinati, torna alla ribalta dopo oltre un anno di silenzio: si tratta dell’ex assistente di Vladimir Putin, Vladislav Surkov – in passato considerato l’eminenza grigia del Cremlino – che in un’intervista pubblicata oggi su Telegram, offre risposte a monosillabi al suo interlocutore:
“1. Un anno fa, una settimana prima dell’inizio dell’operazione speciale (l’invasione dell’Ucraina, ndr), ha predetto che la Russia avrebbe ampliato i suoi confini occidentali. È soddisfatto di come è andata? “SÌ”. 2. Considera efficaci le azioni del nostro esercito russo? “SÌ”. 3. Quando ha lavorato agli accordi di Minsk, è partito dal fatto che dovevano essere attuati? “NO”. 4. Le relazioni tra Russia e Occidente si normalizzeranno nel prossimo futuro? “SÌ””.
Laconico più che mai, Surkov – designato da Mosca come mente del separatismo del Donbas – sconfessa gli accordi di Minsk, con un semplice “NO”, polverizzando dopo molti anni le intese che prevedevano un cessate il fuoco immediato, lo scambio dei prigionieri e l’impegno, da parte dell’Ucraina, di garantire maggiori poteri alle regioni di Donetsk e Lugansk. Quegli stessi accordi e i successivi Minsk 2 (firmati nel febbraio 2015 anche da Francia e Germania come mediatori) che sarebbero dovuti essere una garanzia per la sovranità ucraina ma che la Russia vedeva come uno strumento con cui paralizzare la sovranità dell’Ucraina.
Il direttore del Center for Political Conjuncture Alexei Chesnakov che intervista Surkov, gli chiede anche nella prima domanda, dell’articolo che aveva pubblicato il 14 febbraio 2022 alla vigilia dell’invasione: “Il nebbioso futuro del mondo osceno”. In esso Surkov sconfessava anche il trattato di Brest-Litovsk, del 1918, a causa del quale Mosca “ha abbandonato i vasti territori degli Stati baltici, della Bielorussia e dell’Ucraina che in precedenza le appartenevano”. Per poi concludere “ed è impensabile che la Russia rimanga entro i confini di un mondo osceno”.
Kadyrov, Prigozhin e Surkov sono ciascuno con il suo stile, voci di quell’aggressione russa che continua a minacciare non soltanto l’Ucraina, ma la stabilità europea e mondiale. E si alzano alla vigilia di nuovi e previsti attacchi su larga scala. Eppure la guerra non sta andando secondo i programmi, e nonostante l’intensificazione dell’attività militare e dei bombardamenti; i tempi si allungano e la vittoria russa si allontana. Secondo un rapporto della CNN, un alto funzionario militare statunitense ha affermato che la mossa è “più ambiziosa che realistica” in quanto non vi è alcun segno che le forze russe abbiano accumulato abbastanza potere per portarla a termine con successo, anche nonostante un aumento delle truppe.
In sostanza la potenza militare russa è rimasta bloccata in Ucraina. L’invasione ha messo in luce debolezze fondamentali nella capacità bellica. Un’intelligence poco efficace nella comprensione della situazione e un debole sistema di cooperazione nelle forze militari (regolari e Wagner) hanno contribuito a impedire alla Russia di raggiungere i suoi obiettivi con l’invasione. Quella che la Russia continua a descrivere come un’operazione speciale – e che invece per l’Ucraina è una battaglia per la sopravvivenza della nazione – si è quindi trasformata in un’estenuante guerra di posizione, difensiva, lungo un fronte di 2.500 chilometri.
Senza pensare poi che l’invasione ha mobilitato l’Occidente, che addestra soldati ucraini e fornisce armi all’Ucraina, oltre a spingere Svezia e Finlandia a cercare l’adesione alla NATO e a provocare sanzioni politiche ed economiche che hanno chiuso l’accesso ai mercati occidentali per il prossimo futuro. In sostanza: un errore strategico.
(di Cristina Giuliano)