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Usa, Salvini: spero vinca Trump, conto di andare in Usa prima del voto

Usa, Salvini: spero vinca Trump, conto di andare in Usa prima del votoRoma, 13 lug. (askanews) – Il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, in un’intervista-video su ‘Italia Report Usa’, parla del suo rapporto con Donald Trump ed esprime il suo auspicio che alle elezioni vincano i repubblicani.


Il voto negli Usa “è determinante per l’Europa, l’Italia e tutto l’Occidente. Io seguo i dibattiti. Ho contatti con l’attuale amministrazione americana. Non ho mai nascosto la mia speranza in una vittoria Repubblicana, per mille motivi: sui temi della sicurezza, la famiglia, la lotta all’immigrazione clandestina, contrasto ai fanatismi e la pace. Conto che per l’interesse di tanti ci sarà la vittoria Repubblicana a novembre”, afferma. Con Donald Trump “ci siamo sentiti brevemente al telefono non più tardi di qualche settimana fa. La politica italiana è molto prudente nei confronti di Trump. Io non ho mai nascosto la mia simpatia umana e la mia sintonia culturale e quindi sto seguendo una campagna elettorale appassionante”, aggiunge.


“Conto prima del voto di esserci. Ho già alcune missioni istituzionali che mi sono state proposte da ministro, avrei già potuto esserci in questo periodo ma i dossier che abbiamo in Italia mi impegnano qui ma conto in autunno di fare una missione istituzionale negli Usa con dei passaggi politici, con l’incontro con alcuni vertici Repubblicani che dal mio punto di vista sono il futuro”, conclude.

Ue, Salvini: mi trovo benissimo con Giorgia e non giudico scelte alleati

Ue, Salvini: mi trovo benissimo con Giorgia e non giudico scelte alleatiRoma, 13 lug. (askanews) – “Mi auguro che tutte le forze di centrodestra possano trovare una convergenza per contrastare l’Europa a trazione socialista, eco-fanatica, filo-cinese e filo-islamica, tutto tasse, sbarchi e nuova democrazia. Von der Leyen e compagnia stanno purtroppo confermando un atteggiamento arrogante: il loro patto con gli estremisti verdi è pericoloso, ma non giudico eventuali scelte degli alleati. Con Giorgia mi trovo benissimo, è molto brava e sta lavorando con grande impegno e ottimi risultati”. Così il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini in un’intervista sul ‘Secolo XIX’ in merito alla partita sulla presidenza della commissione europea.

Cdp, Lorenzin(Pd):nostra battaglia portato a ripensamento ma fatto grave

Cdp, Lorenzin(Pd):nostra battaglia portato a ripensamento ma fatto graveRoma, 13 lug. (askanews) – “Dalla stampa apprendiamo positivamente che la nostra battaglia avrebbe portato ad un ripensamento sulla composizione del consiglio di amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti in cui sarebbero salvaguardati i diritti di genere, con una presenza paritaria e non maggiore. Rimane comunque l’interrogazione al ministro Giorgetti per approfondire come il Governo o la stessa Cdp sia arrivata anche solo a pensare di modificare uno statuto per ridurre le quote di genere, così come rimane comunque un segnale molto grave che non si sia riusciti a trovare una soluzione senza modificare lo statuto di Cdp. Una modifica dello statuto che graverà sulla spesa pubblica e sui cittadini che pagano le tasse dovendo prevedere dei compensi aggiuntivi a carico della pubblica di amministrazione per i nuovi consiglieri”. Lo dice la senatrice Beatrice Lorenzin, vicepresidente del gruppo del Pd.


“Il Governo e i partiti di maggioranza – prosegue Lorenzin – pur di saldare cambiali elettorali non riescano ad esprimere semplicemente due donne. Un brutto segnale in una fase già di regressione sociale dei diritti per le donne e di episodi di violenza insopportabili. Aver potuto pensare di ridurre la presenza femminile in un organo di governance così importante come Cdp rimane un episodio molto grave su cui continuare a vigilare, ingiustificabile da tutti i punti di vista”.

Da domenica Mattarella in Brasile, un viaggio atteso da 24 anni

Da domenica Mattarella in Brasile, un viaggio atteso da 24 anniRoma, 13 lug. (askanews) – Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si recherà in visita di Stato in Brasile dal 14 al 20 luglio: si tratta di un viaggio molto atteso, l’ultima visita ufficiale di un capo dello Stato italiano risale a quella di Carlo Azeglio Ciampi a maggio del 2000. Ventiquattro anni dopo, molte cose sono cambiate: il legame storico e culturale tra i due popoli è sempre fortissimo soprattutto per la presenza di una estesa comunità italiana, ma, dal punto di vista politico, sono stati anni di frequentazione meno assidua tra il nostro paese (anche per il caso Battisti) e l’Europa da un lato, e l’America Latina dall’altro, anni di confronto serrato tra i Brics, di cui il Brasile è uno dei paesi trainanti, e l’Occidente. In questo quadro, la visita di Mattarella intende rilanciare la presenza del nostro paese in Sudamerica, una valorizzazione avviata dal Colle già negli anni passati con i viaggi in Argentina e Uruguay, lo scorso anno in Cile e Paraguay. Il Brasile completa il quadro.


Il paese, si diceva, ha un legame fortissimo con l’Italia: sono 750mila gli iscritti all’Aire, ma si calcolano 30 milioni di discendenti di emigranti arrivati in Brasile dall’Italia. La presenza italiana è molto forte soprattutto in realtà come San Paolo, Porto Alegre, nello stato di Espirito Santo, dove l’80% della popolazione è di origine italiana. La vicinanza però è anche economica: si calcola un interscambio commerciale di 10 miliardi di euro tra i due paesi destinato a crescere. La visita sarà anche l’occasione per la firma di alcuni accordi tecnici. Il programma ufficiale vede l’arrivo di Mattarella a Brasilia domenica 14. Lunedì 15 luglio sarà il giorno degli incontri istituzionali: alle 9,30 ora locale con il presidente Luiz Inßcio Lula da Silva, al Palazzo Planalto, con successive dichiarazioni alla stampa. I due si sono visti un anno fa a Roma, dove il presidente brasiliano si è recato in visita ufficiale. L’incontro a Brasilia sarà caratterizzato dalla coincidenza, quest’anno, della presidenza italiana del G7 e della presidenza brasiliana del G20. Lula è stato in Italia a giugno in Puglia per il summit italiano di Borgo Egnazia nell’ambito della sezione outreach che la presidenza italiana ha voluto molto marcata, a sottolineare la ricerca di dialogo e convergenze. Questa coincidenza pone il Brasile in una prospettiva ampia di protagonismo a livello globale: l’anno prossimo sarà il presidente di turno dei Brics e si svolgerà a Belem la 30ma Cop sui cambiamenti climatici che si attende sia quella con delle tappe di avvicinamento marcate agli obiettivi climatici più netti.


Tra i temi del colloquio con Mattarella anche le relazioni tra l’Unione europea e il Brasile e il Sudamerica: il recente summit a Rio non ha sciolto il tema della conclusione dell’Accordo Ue-Mercosur, arenato per questioni tecniche e politiche di interessi contrastanti. Un accordo che l’Italia auspica perché, come emerge da studi di Confindustria, avrebbe un impatto per la nostra economia molto positivo, anche dal punto di vista agricolo. Non solo. L’accordo avvicinerebbe il continente all’Ue, visto che oggi invece il primo partner commerciale del Brasile è la Cina. Con la Cina c’è convergenza anche sul piano di pace in Ucraina. Sul Medio Oriente, seppure su posizioni di fondo condivise tra Italia e Brasile (condanna degli attentati del 7 ottobre, due popoli e due stati e cessate il fuoco), i toni di Lula sono molto più marcati e le relazioni con Israele si sono interrotte, tanto da essere arrivato al richiamo dell’ambasciatore. Sempre lunedì alle 18, il capo dello Stato vedrà il presidente del Congresso, Rodrigo Pacheco, al Palazzo del Congresso nazionale. Qui, Mattarella visiterà la mostra ‘Oltreoceano’ di artisti italo-brasiliani allestita in occasione del 150mo anniversario dell’immigrazione italiana in Brasile che si celebra quest’anno: il 21 febbraio del 1874 il primo gruppo di 386 lavoratori italiani con le loro famiglie giunse da Genova a bordo del vapore Sofia.

Russia, Mantovano: irragionevoli non sanzioni ma loro applicazione

Russia, Mantovano: irragionevoli non sanzioni ma loro applicazioneRoma, 12 lug. (askanews) – Le sanzioni imposte alla Russia dopo l’aggressione all’Ucraina hanno un’applicazione “irragionevole”. Lo ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano nel suo intervento al convengo “Le culture della sicurezza e dell’intelligence economica nell’infosfera” all’Università Luiss di Roma.


Sul tema, ha spiegato Mantovano, si registra un “approccio non soltanto italiano, ma occidentale, di impronta formalistico-burocratica: quello in virtù del quale in Europa vengono sanzionati gli oligarchi, ma non le aziende europee a loro indirettamente riconducibili”. Inoltre, “la Russia ha messo in piedi un sistema di contrasto alle sanzioni efficace, perché si basa su una forte e strutturata cooperazione tra imprese nazionali e Governo. Un’impresa russa potrebbe veder riconosciuto da tribunali europei il diritto al risarcimento per i danni subiti dallo scioglimento di un contratto dovuto alle sanzioni e, in tal caso, troverà pieno ristoro sia in Europa che in Russia. Un operatore europeo difficilmente otterrà analoga soddisfazione”. “Oggi gli immobili, ma soprattutto i mobili registrati, tutti di pregio, sequestrati in Italia agli oligarchi sottoposti a sanzione, hanno un costo pesante di manutenzione e non riescono a essere messi a reddito. Fra qualche anno – ha proseguito Mantovano – non è escluso che questi beni saranno restituiti e che dovremo indennizzare rubinetti nel frattempo deteriorati. È un meccanismo tutto in perdita. A scanso di equivoci, non sto contestando le sanzioni: contesto l’irragionevolezza della loro applicazione”, ha sottolineato Mantovano.


Secondo il sottosegretario “è evidente che l’Italia e l’Europa debbano restare ben distanti da un modello che nega elementari principi di diritto. Dovremmo però interrogarci di più sulla ridotta capacità europea di fare sistema in modo efficace, al di là delle narrative con cui tendiamo a dissimulare le nostre vulnerabilità”.

Meloni al summit Nato “argina” l’effetto Salvini e su Biden dice: ‘L’ho visto bene’

Meloni al summit Nato “argina” l’effetto Salvini e su Biden dice: ‘L’ho visto bene’Washington, 12 lug. (askanews) – Dopo le dichiarazioni di Matteo Salvini, Giorgia Meloni rassicura sulla “solidità” della sua maggioranza a sostegno dell’Ucraina, ma nel giorno dell’attesa conferenza stampa di Joe Biden non può esimersi dal parlare delle condizioni del presidente Usa, con cui si è confrontata in questi giorni al Vertice Nato di Washington.


“L’ho visto bene”, risponde a chi le chiede se l’ha trovato “lucido”: “Ho parlato con lui. Che impressione mi ha fatto? Mi ha fatto l’impressione che fa il presidente degli Usa: sta lavorando, ha organizzato un ottimo vertice”. Quando poi le viene chiesto se voterebbe per lui o per Trump, garantisce di non voler entrare nella campagna elettorale, lei che si definisce “vittima di ingerenze straniere”, ma ricorda che “le mie idee politiche le conoscete bene” e che il Partito repubblicano è iscritto, da ‘esterno’, ai Conservatori di Ecr. Ma quel che conta, assicura, è che “chiunque dovesse essere presidente degli Usa continueremo a lavorare bene”. Nel giorno in cui al vertice si è parlato di Ucraina (e in cui ha incontrato Volodymyr Zelensky), la premier non può poi evitare di parlare dell’insistente ‘controcanto’ di Salvini, contrario all’invio di nuove armi a Kiev. Meloni assicura che la maggioranza è “compatta” e mostra “solidità” su un tema “scritto nel nostro programma”. E però poco prima aveva fatto notare che “a chi dice che se si continua ad inviare armi all’Ucraina si alimenta la guerra, dico che dipende anche da cosa si invia. Perché se non avessimo mandato i sistemi di difesa anti-aerea, che io sono fiera di aver mandato, non è che i missili verso l’Ucraina non sarebbero partiti. Semplicemente avrebbero colpito più gente”. Un discorso generale ma che sembrava rivolto (anche) al suo vice.


Altro tema che crea qualche imbarazzo è l’attivismo di Viktor Orban, con le visite a Mosca e Pechino e quella, programmata, a Donald Trump. Meloni ammette che il premier ungherese e presidente di turno Ue ha agito senza un “mandato” europeo, ma sposa una linea ‘morbida’ nei suoi confronti: “Se fossero iniziative che potessero portare uno spiraglio di pace e di diplomazia non ci vedrei niente di male, direi ‘ben venga’, ma quando si dà questo segnale e il giorno dopo si ottiene che un ospedale viene bombardato, questo dimostra che non c’è nessuna volontà di dialogo da parte di Putin”. Una posizione ben diversa da chi, in Ue, pensa a un ‘boicottaggio’ della presidenza ungherese. Quanto alla visita al tycoon candidato alle presidenziali Usa, per lei non c’è “nessuna strategia e nessuna particolare implicazione” ma semplicemente “i leader politici hanno diritto di incontrare altri leader politici”. Nel punto stampa finale, allestito nella hall dell’albergo in cui alloggiava a Washington (una scelta che ha creato qualche frizione con lo staff dell’hotel) Meloni viene interpellata anche sulla partita per le cariche europee, con il voto previsto per il 18 luglio su Ursula von der Leyen. La presidente designata della Commissione incontrerà la prossima settimana Ecr, e “valuteremo” se votarla “a valle di quel che dirà”, spiega parlando da leader politica, mentre da presidente del Consiglio, garantisce, “il mio obiettivo è portare a casa il massimo risultato possibile per l’Italia”, a cui deve essere “riconosciuto il ruolo che le spetta in ragione del suo peso”. La premier non esclude poi, in futuro, “forme di collaborazione” con i Patrioti di Marine Le Pen e Orban.


Per quanto riguarda il summit Nato, si dice “soddisfatta” per i risultati, a partire dal sostegno “per tutto il tempo necessario” all’Ucraina (ma l’Alleanza “non è in guerra con la Russia”, precisa). Per l’Italia il risultato più importante è però il riconoscimento della rilevanza del fianco Sud. “Non possiamo essere da soli” – ribadisce – e da oggi c’è “una nuova fase di attenzione al fianco Sud” con “un pacchetto di misure” e con l’indicazione di un inviato speciale, “ruolo per cui l’Italia intende presentare la sua candidatura”. Affrontato, nel vertice, anche il tema del contributo all’alleanza: l’Italia è all’1,6% del Pil nelle spese in difesa, conferma “l’impegno per arrivare al 2%, compatibilmente con le nostre possibilità” ma chiede anche di considerare il contributo di uomini nelle missioni di pace. E la presidente del Consiglio sollecita anche l’Europa a varare “soluzioni innovative” per finanziare gli investimenti. (di Alberto Ferrarese)

Meloni “argina” Salvini su Ucraina e promuove Biden: ‘L’ho visto bene’

Meloni “argina” Salvini su Ucraina e promuove Biden: ‘L’ho visto bene’Washington, 12 lug. (askanews) – Dopo le dichiarazioni di Matteo Salvini, Giorgia Meloni rassicura sulla “solidità” della sua maggioranza a sostegno dell’Ucraina, ma nel giorno dell’attesa conferenza stampa di Joe Biden non può esimersi dal parlare delle condizioni del presidente Usa, con cui si è confrontata in questi giorni al Vertice Nato di Washington.


“L’ho visto bene”, risponde a chi le chiede se l’ha trovato “lucido”: “Ho parlato con lui. Che impressione mi ha fatto? Mi ha fatto l’impressione che fa il presidente degli Usa: sta lavorando, ha organizzato un ottimo vertice”. Quando poi le viene chiesto se voterebbe per lui o per Trump, garantisce di non voler entrare nella campagna elettorale, lei che si definisce “vittima di ingerenze straniere”, ma ricorda che “le mie idee politiche le conoscete bene” e che il Partito repubblicano è iscritto, da ‘esterno’, ai Conservatori di Ecr. Ma quel che conta, assicura, è che “chiunque dovesse essere presidente degli Usa continueremo a lavorare bene”. Nel giorno in cui al vertice si è parlato di Ucraina (e in cui ha incontrato Volodymyr Zelensky), la premier non può poi evitare di parlare dell’insistente ‘controcanto’ di Salvini, contrario all’invio di nuove armi a Kiev. Meloni assicura che la maggioranza è “compatta” e mostra “solidità” su un tema “scritto nel nostro programma”. E però poco prima aveva fatto notare che “a chi dice che se si continua ad inviare armi all’Ucraina si alimenta la guerra, dico che dipende anche da cosa si invia. Perché se non avessimo mandato i sistemi di difesa anti-aerea, che io sono fiera di aver mandato, non è che i missili verso l’Ucraina non sarebbero partiti. Semplicemente avrebbero colpito più gente”. Un discorso generale ma che sembrava rivolto (anche) al suo vice.


Altro tema che crea qualche imbarazzo è l’attivismo di Viktor Orban, con le visite a Mosca e Pechino e quella, programmata, a Donald Trump. Meloni ammette che il premier ungherese e presidente di turno Ue ha agito senza un “mandato” europeo, ma sposa una linea ‘morbida’ nei suoi confronti: “Se fossero iniziative che potessero portare uno spiraglio di pace e di diplomazia non ci vedrei niente di male, direi ‘ben venga’, ma quando si dà questo segnale e il giorno dopo si ottiene che un ospedale viene bombardato, questo dimostra che non c’è nessuna volontà di dialogo da parte di Putin”. Una posizione ben diversa da chi, in Ue, pensa a un ‘boicottaggio’ della presidenza ungherese. Quanto alla visita al tycoon candidato alle presidenziali Usa, per lei non c’è “nessuna strategia e nessuna particolare implicazione” ma semplicemente “i leader politici hanno diritto di incontrare altri leader politici”. Nel punto stampa finale, allestito nella hall dell’albergo in cui alloggiava a Washington (una scelta che ha creato qualche frizione con lo staff dell’hotel) Meloni viene interpellata anche sulla partita per le cariche europee, con il voto previsto per il 18 luglio su Ursula von der Leyen. La presidente designata della Commissione incontrerà la prossima settimana Ecr, e “valuteremo” se votarla “a valle di quel che dirà”, spiega parlando da leader politica, mentre da presidente del Consiglio, garantisce, “il mio obiettivo è portare a casa il massimo risultato possibile per l’Italia”, a cui deve essere “riconosciuto il ruolo che le spetta in ragione del suo peso”. La premier non esclude poi, in futuro, “forme di collaborazione” con i Patrioti di Marine Le Pen e Orban.


Per quanto riguarda il summit Nato, si dice “soddisfatta” per i risultati, a partire dal sostegno “per tutto il tempo necessario” all’Ucraina (ma l’Alleanza “non è in guerra con la Russia”, precisa). Per l’Italia il risultato più importante è però il riconoscimento della rilevanza del fianco Sud. “Non possiamo essere da soli” – ribadisce – e da oggi c’è “una nuova fase di attenzione al fianco Sud” con “un pacchetto di misure” e con l’indicazione di un inviato speciale, “ruolo per cui l’Italia intende presentare la sua candidatura”. Affrontato, nel vertice, anche il tema del contributo all’alleanza: l’Italia è all’1,6% del Pil nelle spese in difesa, conferma “l’impegno per arrivare al 2%, compatibilmente con le nostre possibilità” ma chiede anche di considerare il contributo di uomini nelle missioni di pace. E la presidente del Consiglio sollecita anche l’Europa a varare “soluzioni innovative” per finanziare gli investimenti.

Europarlamento, l’accordo tra i gruppi su presidenze commissioni

Europarlamento, l’accordo tra i gruppi su presidenze commissioniBruxelles, 11 lug. (askanews) – Un accordo politico di massima, raggiunto oggi fra i gruppi politici del Parlamento europeo, ha stabilito a quali gruppi verranno assegnate le presidenze e vicepresidenze delle commissioni parlamentari, tenendo conto dei nuovi equilibri tra i numeri di seggi determinati dalle elezioni di giugno, e alla chiave di ripartizione delle cariche basata sul “metodo D’Hondt”, (dal nome dello studioso belga Victor D’Hondt che lo inventò nel XIX secolo).


Le assegnazioni delle cariche dovranno comunque essere confermate dai voti nelle diverse commissioni, la settimana successiva alla prima plenaria di Strasburgo che inizia martedì prossimo. Inoltre, sono state cambiate le attribuzioni di quattro presidenze di commissione, rispetto alla bozza iniziale. Innanzitutto, per evitare che l’Ecr (Conservatori e Riformisti europei, il gruppo di Fdi e di Giorgia Meloni, ma anche del Pis polacco e di altri partiti di destra) avessero la presidenza della commissione Libe (Libertà pubbliche), che si occupa di controllo dello stato di diritto e delle politiche migratorie, il Ppe ha offerto uno scambio: ha ceduto all’Ecr la presidenza, che spettava ai Popolari, dell’ambitissima commissione Agri (Agricoltura), diventata ancora più influente, soprattutto per la destra, dopo la protesta dei trattori. L’Ecr ha accettato lo scambio, visto evidentemente il valore della contropartita in termini visibilità e riferimento alla base elettorale.


La seconda modifica riguarda le commissioni Trans (Trasporti e Turismo) e Cult (Cultura e istruzione), che teoricamente erano destinate al nuovo gruppo di estrema destra dei “Patrioti” (di cui fanno parte la Lega e il Rn di Marine Le Pen). In applicazione del cosiddetto “cordone sanitario” contro i partiti anti europei e della destra estrema, le presidenze di queste due commissioni saranno assegnate ad altri gruppi, ancora da decidere. L’Ecr si è schierato comunque contro il “cordone sanitario” e ha annunciato di non essere d’accordo sulla riassegnazione. L’accordo prevede che il Ppe (188 seggi) abbia la presidenza della commissione Itre (Industria, Ricerca ed Energia), della commissione Libe (invece della Agri), e poi delle commissioni Afet (Affari esteri), Afco (Affari costituzionali), Pech (Pesca), Cont (Controllo di bilancio) e della sottocommissione Sant (Sanità).


Il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D, 136 seggi) avrà la presidenza della commissione Econ (Affari economici e monetari), che però non sarà più assegnata all’italiana Irene Tinagli, della commissione Envi (Ambiente), che dovrebbe invece andare a un europarlamentare italiano, della commissione Inta (Commercio internazionale), e poi delle commissioni Regi (Politica regionale) e Femm (Diritti delle donne e Uguaglianza di genere). All’Ecr, diventato terzo gruppo per numero di seggi (78) andranno le presidenze della commissione Agri (Agricoltura), della commissione Budget (Bilancio Ue) e della commissione Peti (Petizioni).


A Liberali di Renew (77 seggi) saranno assegnate le presidenze delle commissioni Juri (giuridica) e Deve (Sviluppo) e della sottocommissione Sede (Sicurezza e Difesa). I Verdi (53 seggi) avranno le presidenze della commissione Imco (Mercato interno e Consumatori) e della sottocommissione Droi (Diritti umani). Alla Sinistra (The Left, 46 seggi, compresi gli otto del M5S), verranno assegnate infine la presidenza della commissione Empl (Laovoro e Affari sociali) e quella della sottocommissione Fisc (Materie fiscali).

Dl liste attesa, Schlein: disfatta, ennesimo fallimento governo

Dl liste attesa, Schlein: disfatta, ennesimo fallimento governoRoma, 11 lug. (askanews) – “Doveva essere il decreto che risolveva il tragico problema delle liste d’attesa nella sanità pubblica. E’ diventato il decreto che le regioni bocciano perché è vuoto e privo di risorse e su cui si spacca la maggioranza, con la Lega che presenta emendamenti che vogliono cancellare intere parti del testo”. Lo afferma in una nota la segretaria del Pd Elly Schlein.


“Mentre infatti questo governo da una parte sventola la bandiera dell’autonomia differenziata che cristallizza le differenze tra regioni più ricche e più povere, dall’altra presenta un decreto che accentra i poteri e le regole sulle liste d’attesa, senza metterci un euro. Davvero un bel capolavoro che certifica l’ennesimo fallimento del governo”.

Il caso Orban approda alla Nato, tra imbarazzi e fastidio l’Italia mantiene aperti i canali

Il caso Orban approda alla Nato, tra imbarazzi e fastidio l’Italia mantiene aperti i canaliWashington, 11 lug. (askanews) – Viktor Orban crea un problema “politico” ma con lui bisogna “continuare a parlare”. Questa la riflessione di una fonte diplomatica italiana, nel giorno in cui al vertice Nato di Washington si parla di Ucraina. E la posizione del leader ungherese – dopo i viaggi a Mosca e Pechino non ‘autorizzati’ da Bruxelles – crea imbarazzi e anche molto fastidio, tanto che in sede europea si ipotizza un ‘boicottaggio’ dei consigli ministeriali informali convocati dal presidente di turno dell’Unione.


Al piano da 40 miliardi che la Nato mette in campo per Kiev Budapest non aderirà. “L’Ungheria non parteciperà alla missione Nato-Ucraina, ma continueremo a perseguire i nostri obiettivi nello sviluppo delle capacità di difesa ungheresi, rafforzando così la nostra Alleanza”, ha scritto Orban su X. “Ha esercitato l’opt-out, lo aveva annunciato in modo molto trasparente, ma comunque si sarebbe trattato di un contributo esiguo”, sottolinea la fonte, concordando però sul fatto che prima che pratico ed economico il problema è “politico”. Proprio per questo però, aggiunge, in questo momento “con Orban bisogna continuare a parlare, come ha sempre detto e come fa la presidente Meloni”. Anche se indubbiamente la costituzione del gruppo dei ‘Patrioti’ (con il tentativo di ‘sfilare’ il Pis a Ecr) ha un po’ raffreddato i rapporti. Per quanto riguarda l’eventuale ‘boicottaggio’ delle ministeriali a guida ungherese, conclude la fonte, “è una cosa su cui c’è un dibattito in Europa, vedremo. Noi non abbiamo ancora una posizione”.


(di Alberto Ferrarese)