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25 Aprile, il discorso integrale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

25 Aprile, il discorso integrale del Presidente della Repubblica Sergio MattarellaRoma, 25 apr. (askanews) – Il 25 aprile, in occasione del 79esimo anniversario della Liberazione, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato nel piccolo paese, a una ventina di chilometri da Arezzo, di Civitella in Val di Chiana, dove il 29 giugno 1944 i nazifascisti uccisero 244 persone. Nella piazza, intitolata a don Alcide Lazzeri che offrì la sua vita nella speranza, vana, di salvare la popolazione, furono giustiziati a gruppi di cinque gli uomini del paese, con un colpo alla nuca, Mattarella ha pronunciato il suo discorso per la Festa della Liberazione, ecco il testo integrale.


IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA PER IL 25 APRILE 2024 Rivolgo un saluto a tutti i presenti, alla Vicepresidente del Senato, al Ministro della difesa, al Presidente della Regione, al Sindaco, alle Autorità e, con affetto particolare, a tutti i cittadini di Civitella e ai Sindaci presenti.


Siamo qui, a Civitella in Val di Chiana, riuniti per celebrare il 25 aprile – l’anniversario della Liberazione -, a ottanta anni dalla terribile e disumana strage nazifascista perpetrata, in questo territorio, sulla inerme popolazione. Come abbiamo ascoltato, poc’anzi, dalle parole del Sindaco, della Professoressa Ponzani, dalle letture – e ringrazio Ottavia Piccolo per averci coinvolti, con commozione, nei drammatici ricordi che ci ha illustrato – e dalla testimonianza straordinaria di Ida Balò, gli eccidi avvennero, oltre che a Civitella, a Cornia, dove la crudeltà dei soldati della famigerata divisione Goering si sfogò in maniera particolarmente brutale, con stupri e uccisioni di bambini.


Nella stessa giornata si compiva, non lontano da qui, a San Pancrazio, un altro eccidio, dove furono sterminate oltre settanta persone. Come è attestato dai documenti processuali, gli eccidi furono pianificati a freddo, molti giorni prima, e furono portati a termine con l’inganno e con il tradimento della parola. Si attese, cinicamente, la festa dei Santi Pietro e Paolo per essere certi di poter effettuare un rastrellamento più numeroso di popolazione civile.


La tragica contabilità di quel 29 giugno del ’44, in queste terre, ci racconta di circa duecentocinquanta persone assassinate. Tra queste, donne, anziani, sacerdoti e oltre dieci ragazzi e bambini. Il più piccolo, Gloriano Polletti, aveva soltanto un anno. Maria Luisa Lammioni due. Il parroco di Civitella, Don Alcide Lazzeri, e quello di San Pancrazio, Don Giuseppe Torelli, provarono a offrire la loro vita per salvare quella del loro popolo, ma inutilmente. Furono uccisi anch’essi – come abbiamo sentito poc’anzi – insieme agli altri. Alcuni ostaggi, destinati alla morte, rimasero feriti o riuscirono a fuggire. Nei loro occhi, sbigottiti e impauriti, rimarrà per sempre impresso il ricordo di quel giorno di morte e di orrore. Sono venuto qui, oggi, a Civitella – uno dei luoghi simbolo della barbarie nazifascista – per fare memoria di tutte le vittime dei crimini di guerra, trucidate, in quel 1944, sul nostro territorio nazionale e anche all’estero. Non c’è alcuna parte del suolo italiano – con la sola eccezione della Sardegna – che non abbia patito la violenza nazifascista contro i civili e che non abbia pianto sulle spoglie dei propri concittadini brutalmente assassinati. La Regione che ci ospita – la Toscana – è tra quelle che hanno pagato il più alto tributo di sangue innocente, insieme al Piemonte e all’Emilia Romagna. La magistratura militare e gli storici, dopo un difficile lavoro di ricerca, durato decenni, hanno, finora, documentato sul nostro territorio italiano cinquemila crudeli e infami episodi di eccidi, rappresaglie, esecuzioni sommarie. Con queste barbare uccisioni, nella loro strategia di morte, i nazifascisti cercavano di fare terra bruciata attorno ai partigiani per proteggere la ritirata tedesca; cercavano di instaurare un regime di terrore nei confronti dei civili perché non si unissero ai partigiani; cercavano di operare vendette nei confronti di un popolo considerato inferiore da alleato e, dopo l’armistizio, traditore. Si trattò di gravissimi crimini di guerra, contrari a qualunque regola internazionale, contrari all’onore militare e, ancor di più, ai principi di umanità. Nessuna ragione, militare o di qualunque altro genere, può infatti essere invocata l’uccisione di ostaggi e di prigionieri inermi. I nazifascisti ne erano ben consapevoli: i corpi dei partigiani combattenti, catturati, torturati, uccisi, dovevano rimanere esposti per giorni, come sinistro monito per la popolazione. Ma le stragi dei civili cercavano di tenerle nascoste e occultate, le vittime sepolte o bruciate. Non si sa se per un senso intimo di vergogna e disonore, o per evitare d’incorrere nei rigori di una futura giustizia, oppure, ancora, per non destare ulteriori sentimenti di rivolta tra gli italiani. All’infamia, ad esempio, della strage di Marzabotto – la più grande compiuta in Italia – seguì un corollario altrettanto indegno: la propaganda fascista, sui giornali sottoposti a controlli e censure, negava l’innegabile, provando a smentire l’accaduto, cercando di definire false le notizie dell’eccidio e irridendo i testimoni. Occorre – oggi e in futuro – far memoria di quelle stragi e di quelle vittime, e sono preziose le iniziative nazionali e regionali che la sorreggono. Senza memoria, non c’è futuro. Una lunga scia di sangue ha accompagnato il cammino dell’Italia verso la Liberazione. Il sangue dei martiri che hanno pagato con la loro vita le conseguenze terribili di una guerra ingiusta e sciagurata, combattuta a fianco di Hitler nella convinzione che la grandezza e l’influenza dell’Italia si sarebbero dispiegate su un nuovo ordine mondiale. Un ordine fondato sul dominio della razza, sulla sopraffazione o, addirittura, sullo sterminio di altri popoli. Un’aspirazione bruta, ignobile, ma anche vana. Totalmente sottomessa alla Germania imperialista di Hitler, l’Italia fascista, entrata nel conflitto senza alcun rispetto per i soldati mandati a morire cinicamente, non avrebbe comunque avuto scampo. Ebbe a notare, con precisione, Luigi Salvatorelli: «Con la sconfitta essa avrebbe perduto molto, con la vittoria tutto…» Generazioni di giovani italiani, educati, fin da bambini, al culto infausto della guerra e dell’obbedienza cieca e assoluta, erano stati mandati, in nome di una pretesa superiorità nazionale, ad aggredire con le armi nazioni vicine: le «patrie degli altri» come le chiamava don Lorenzo Milani. Nella disastrosa ritirata di Russia, sui campi di El Alamein, nelle brutali repressioni compiute in Grecia, nei Balcani, in Etiopia, nelle deportazioni di ebrei verso i campi di sterminio, nel sostegno ai nazisti nella repressione della popolazione civile, si consumò la rottura tra il popolo italiano e il fascismo. Si verificò – scrisse ancora Salvatorelli – «una crisi morale profonda, una disaffezione completa rispetto al regime, un crollo disastroso dell’idolo Mussolini.» Il fascismo aveva in realtà, da tempo, scoperto il suo volto, svelando i suoi veri tratti brutali e disumani. Come ci ricorda il prossimo centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti. L’8 settembre, con i vertici del Regno in fuga, fece precipitare il Paese nello sconforto e nel caos assoluto. Ma molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati dalla dittatura. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità. La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura. Nasceva la Resistenza, un movimento che, nella sua pluralità di persone, motivazioni, provenienze e spinte ideali, trovò la sua unità nella necessità di porre termine al dominio nazifascista sul nostro territorio, per instaurare una convivenza nuova, fondata sul diritto e sulla pace. Scrisse Padre Davide Maria Turoldo: «Tra i morti della Resistenza vi erano seguaci di tutte le fedi. Ognuno aveva il suo Dio, ognuno aveva il suo credo, e parlavano lingue diverse, e avevano pelle di colore diverso, eppure nella libertà e nella umana dignità si sentivano fratelli». Fu così che reduci dalla guerra e giovani appassionati, contadini e intellettuali, monarchici e repubblicani, si unirono per lottare, con le armi, contro l’oppressore e l’invasore. Tra di loro uomini, donne, ragazzi, di ogni provenienza, di ogni età. Combatterono a viso aperto, con coraggio, contro un nemico feroce e soverchiante per numero, per armi e per addestramento. Vi fu l’eroica Resistenza dei circa seicentomila militari italiani che, dopo l’8 settembre, rifiutarono di servire la Repubblica di Salò, quel regime fantoccio instaurato da Mussolini sotto il totale controllo di Hitler. Furono passati per le armi, come a Cefalonia e a Corfù, o deportati nei lager tedeschi. Furono definiti “internati militari”, per negare loro in questo modo persino lo status di prigionieri di guerra. Ben cinquantamila di loro morirono nei campi di detenzione in Germania, a causa degli stenti e delle violenze. Vi fu la Resistenza della popolazione, ribellatasi spontaneamente di fronte a episodi di brutalità e alle violenze, scrivendo pagine di eroismo splendido di natura civile. Vi furono le coraggiose lotte operaie, culminate nei grandi scioperi nelle industrie delle città settentrionali. In tutta la Penisola, nelle montagne e nelle zone di mare, si attivò spontaneamente, in quegli anni drammatici, la rete clandestina della solidarietà, del risveglio delle coscienze e dell’umanità ritrovata. A migliaia, uomini, donne, religiosi, funzionari dello Stato, operai, borghesi, rischiando la propria vita e quella dei loro familiari, si opposero alla dittatura e alle violenze sistematiche, nascondendo soldati alleati, sostenendo la lotta partigiana, falsificando documenti per salvare ebrei dalla deportazione, stampando e diffondendo volantini di propaganda. Fu la Resistenza civile, la Resistenza senza armi, un movimento largo e diffuso, che vide anche la rinascita del protagonismo delle donne, sottratte finalmente al ruolo subalterno cui le destinava l’ideologia fascista. Scrive, riguardo a questo impegno, Claudio Pavone: «Essere pietosi verso altri esseri umani era di per sé una manifestazione di antifascismo e di resistenza, quale che ne fosse l’ispirazione, laica o religiosa. Il fascismo aveva insita l’ideologia della violenza, la pietà non era prevista…» La Resistenza, nelle sue forme così diverse, contribuì, in misura notevole, all’avanzata degli Alleati e alla sconfitta del nazifascismo. Ai circa trecentocinquantamila soldati, venuti da Paesi lontani, morti per liberare l’Italia e il mondo dall’incubo del nazifascismo, l’Italia si inchina doverosamente, con commozione e con riconoscenza. Quei ragazzi, che riposano sotto le lapidi bianche dei cimiteri alleati che costellano la nostra Penisola, li sentiamo come nostri caduti, come nostri figli. Liberazione, dunque, dall’occupante nazista, liberazione da una terribile guerra, ma anche da una dittatura spietata che, lungo l’arco di un ventennio, aveva soffocato i diritti politici e civili, calpestato le libertà fondamentali, perseguitato gli ebrei e le minoranze, educato i giovani alla sacrilega religione della violenza e del sopruso. L’entrata in guerra, accanto a Hitler, fu la diretta e inevitabile conseguenza di questo clima di fanatica esaltazione. Il 25 aprile è, per l’Italia, una ricorrenza fondante: la festa della pace, della libertà ritrovata, e del ritorno nel novero delle nazioni democratiche. Quella pace e quella libertà, che – trovando radici nella resistenza di un popolo contro la barbarie nazifascista – hanno prodotto la Costituzione repubblicana, in cui tutti possono riconoscersi, e che rappresenta garanzia di democrazia e di giustizia, di saldo diniego di ogni forma o principio di autoritarismo o di totalitarismo. Aggiungo – utilizzando parole pronunciate da Aldo Moro nel 1975 – che “intorno all’antifascismo è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”. A differenza dei loro nemici, imbevuti del culto macabro della morte e della guerra, i patrioti della Resistenza fecero uso delle armi perché un giorno queste tacessero e il mondo fosse finalmente contrassegnato dalla pace, dalla libertà, dalla giustizia. Oggi, in un tempo di grande preoccupazione, segnato, in Europa e ai suoi confini, da aggressioni, guerre e violenze, confidiamo, costantemente e convintamente, in quella speranza. E per questo va ripetuto: Viva la Liberazione, viva la libertà, viva la Repubblica!

L’ironia di Crosetto: Vannacci sarà eletto alle Europee, un bene per l’esercito…

L’ironia di Crosetto: Vannacci sarà eletto alle Europee, un bene per l’esercito…Milano, 26 apr. (askanews) – “Era chiaro da mesi che lo avrebbe fatto. Sarà certamente eletto e le istituzioni europee potranno godere del suo contributo di idee e valori. Sono certo che la sua presenza aiuterà elettoralmente la Lega. Una scelta win-win, come si dice. Per lui, per la Lega e per l’esercito”. Con queste parole, venate di sarcasmo, il ministro della Difesa Guido Crosetto commenta con Affaritaliani.it la candidatura da indipendente del generale Roberto Vannacci nelle liste della Lega, in tutta Italia, alle elezioni Europee in giugno, auspicandone l’elezione come appunto “un bene per l’esercito”.

25 aprile, Vannacci: l’antifascismo serve solo a dividere società

25 aprile, Vannacci: l’antifascismo serve solo a dividere societàMilano, 25 apr. (askanews) – “Non vi è alcuna norma o legge che richieda” di dichiararsi antifascista “e poi il fascismo è finito 80 anni fa. È come dire se uno si sente antinapoleonico oggi, avrebbe senso? No, sarebbe totalmente avulso dalla realtà. Il fascismo è terminato in Italia da 80 anni e parlare oggi di antifascismo serve solo a dividere la società italiana su un periodo, quello fascista, finito ormai da quasi un secolo”. Lo dice il generale Roberto Vannacci, candidato con la Lega alle elezioni Europee, interpellato da Affaritaliani.it.


Quanto alle polemiche sul giorno scelto per annunciare la candidatura, Vannacci replica: “Non credo proprio che non sia il giorno giusto per annunciare la propria candidatura. Candidarsi è la massima espressione della democrazia”.

Sanità,Fdi: pdl Schlein dice cose annunciate da Schillaci, rincorsa patetica

Sanità,Fdi: pdl Schlein dice cose annunciate da Schillaci, rincorsa pateticaRoma, 25 apr. (askanews) – “La proposta di legge a prima firma Schlein, fatta calendarizzare in Commissione Affari Sociali della Camera non è altro che l’ennesima dimostrazione di una patetica rincorsa, da parte del Pd, delle scelte assunte dal Governo già al momento dell’approvazione della legge di bilancio”.


Lo dichiara il responsabile Sanità di Fdi Matteo Rosso che, insieme alla capogruppo della commissione Affari Sociali, Imma Vietri ricordano che “da tempo il Ministro della Salute Orazio Schillaci ha annunciato che nei prossimi mesi verrà adottato un provvedimento per il superamento del tetto di spesa per l’assunzione di personale medico e sanitario nel Servizio Sanitario Nazionale per risolvere il problema delle liste d’attesa e dare risposte concrete alla domanda di salute dei cittadini”. “Verrà quindi abolito dal Governo Meloni – assicurano- quel blocco delle assunzioni in vigore da un decennio che nessun governo e nessun ministro di centrosinistra ha mai pensato di togliere. È evidente perciò che la proposta di legge Schlein arriva fuori tempo massimo e non è altro che un goffo tentativo di alzare una bandierina per mascherare l’inettitudine di tanti esecutivi egemonizzati dal Pd, veri responsabili dell’attuale crisi della sanità in Italia”.

Europee, Salvini: Vannacci candidato Lega in tutte le circoscrizioni. Il generale: sarò un candidato indipendente

Europee, Salvini: Vannacci candidato Lega in tutte le circoscrizioni. Il generale: sarò un candidato indipendenteMilano, 25 apr. (askanews) – “Sono contento che il generale Vannacci abbia deciso di portare avanti le sue battaglie insieme alla Lega. Sono contento che in tutti i collegi elettorali, nelle liste della Lega gli italiani potranno trovare il nome di Vannacci”. Lo ha ufficialmente confermato Matteo Salvini, alla presentazione del suo libro.


“Matteo Salvini ha annunciato oggi che correrò alle Europee con la Lega, io confermo la mia stima nei confronti del ministro e confermo la nuova sfida insieme al Carroccio”, ha poi commentato ad Affaritaliani.it il generale Roberto Vannacci dopo l’annuncio di Salvini. “Sarò un candidato indipendente che si federa con la Lega, combatterò per i miei valori, i miei principi che ho già illustrato insieme al partito che li condivide in buona parte”, continua Vannacci. “La mia idea di tradizione, famiglia, cultura, identità e società verrà così promossa a livello europeo”.

25 Aprile, organizzatori corteo Milano: oltre 100mila a piazza Duomo

25 Aprile, organizzatori corteo Milano: oltre 100mila a piazza DuomoMilano, 25 apr. (askanews) – “Oltre cento mila” persona secondo gli organizzatori sono in piazza oggi a Milano per partecipare al corteo della Liberazione. Mentre piazza Duomo è gremita, con una sola zona cuscinetto larga una ventina di metri per separare il palco dal presidio pro-Palestina in corso dalle 13, la coda del corteo non è ancora partita da via Palestro, dove la marcia si è originata.


La manifestazione si è conclusa con gli interventi finali dal palco mentre il corteo è ancora in corso.

Europee, Vannacci: mi candido con la Lega da indipendente

Europee, Vannacci: mi candido con la Lega da indipendenteRoma, 25 apr. (askanews) – Matteo Salvini ha annunciato oggi che correrò alle Europee con la Lega, io confermo la mia stima nei confronti del ministro e confermo la nuova sfida insieme al Carroccio”. Lo dice ad Affaritaliani.it dal generale Roberto Vannacci dopo l’annuncio di Salvini.


“Sarò un candidato indipendente che si federa con la Lega, combatterò per i miei valori, i miei principi che ho già illustrato insieme al partito che li condivide in buona parte”, continua Vannacci. “La mia idea di tradizione, famiglia, cultura, identità e società verrà così promossa a livello europeo”.

25 Aprile, tensione in piazza Duomo. Filo-palestinesi: fateci parlare

25 Aprile, tensione in piazza Duomo. Filo-palestinesi: fateci parlareMilano, 25 apr. (askanews) – Tensione in piazza Duomo a milano dove i manifestanti pro Palestina hanno cercato di sfondare le transenne a poche decine di metri dal palco dove si svolgono gli interventi degli ospiti della celebrazione del 25 aprile. I manifestanti sono stati contenuti dopo alcuni minuti a far arretrare i giovani.


“Lasciate parlare i Palestinesi”, la richiesta più volte urlata in piazza Duomo da alcune centinaia di manifestanti con bandiere palestinesi e striscioni di sostegno alla liberazione della Palestina nel corso degli interventi dal palco dei rappresentanti dell’Anpi e dei sindacati al termine del corteo per le celebrazioni del 25 Aprile. “No al genocidio”, si legge su uno striscione. “Fuori i genocidi dalla storia”. Sono state forzate le transenne di protezione e sono esplosi alcuni petardi. Le forze dell’ordine sono entrate in azioni per respingere il tentativo di forzare le protezioni in assetto antisommossa.

A Roma due ore di tensione a Porta San Paolo: poi festa Anpi

A Roma due ore di tensione a Porta San Paolo: poi festa AnpiRoma, 25 apr. (askanews) – “Tornassi indietro, al 1945, forse non userei tutta la cortesia che abbiamo avuto nel rimettere in libertà i fascisti e userei altri metodi…”. E’ una promessa anche se suona un po come una minaccia l’intervento conclusivo di uno dei ‘partigiani di San Lorenzo’ che prende la parola dal palco dell’Anpi, in piazza di Porta San Paolo, a Roma. Le parole della “compagna” Luciana più evocative della “democrazia conquistata con il sangue” sono nette rispetto al passato: “I nostri morti vanno celebrati – sottolinea – per quelli loro si può avere pietà, ma ci sono responsabilità chiare rispetto al dolore provocato a tutto un Paese”.


Mancano pochi minuti alle 14 quando il suono dolce di un sax invade l’area che è quasi all’ombra della Piramide Cestia, sono passate da un po le ore convulse del primo mattino, quando solo grazie al lavoro metro per metro di polizia e carabinieri ha impedito che le manifestazioni della Brigata ebraica e dei movimenti in favore della Palestina arrivassero in contatto. Il massimo è stato quando intorno alle 8 i due schieramenti si sono insultati a pochi metri di distanza, affacciati alla recinzione in ferro della stessa Piramide, promettendosi un po di tutto. Il lancio di alcuni petardi ha di fatto interrotto la questione. Mezzi blindati, furgoni ed auto delle Forze dell’Ordine hanno creato prima uno spazio cuscinetto, una sorta di terra di nessuno nella quale respirare, e poi in breve portato quelli della Brigata ebraica verso via del Campo Boario. Ma quando sono ricominciati le parole contro Israele dagli altoparlanti è ripresa la ‘fuga in avanti’ di alcuni della Brigata, tutti poi riportati indietro dagli stessi della comunità. Nella confusione qualcuno lancia una scatola di piselli ed un sasso. Vengono colpiti l’operatore di una tv alla testa ed un cronista di un sito internet d’informazione al naso. La corona di fiori deposta dalla Comunità ebraica capitolina è tranquilla accanto a quella dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia e dell’Associazione nazionale Granatieri di Sardegna. Il presidente della Comunità ebraica più tardi spiegherà in una nota: “Affrontiamo questo 25 aprile con la coscienza limpida di ciò che siamo e che siamo stati. Un baluardo di democrazia, proprio come Israele in un mondo che conosce solo la dittatura e la prevaricazione”.


Gli fa quasi eco Riccardo Pacifici, vicepresidente della European jewish association, e storico esponente degli ebrei romani. Parla mentre la manifestazione della Brigata ebraica si sta sciogliendo, ad un passo dal cordone degli agenti di polizia in assetto antisommossa. “Anche questa mattina abbiamo deposto una corona a porta San Paolo. Si è creata tensione perché alcuni gruppi arabi e pro Palestina, in modo provocatorio – dice subito ai cronisti – hanno detto che ci avrebbero cacciato dalla piazza. Hanno tentato di umiliarci”. Sono stati lanciati sassi contro i giornalisti?, si chiede. “Gli imbecilli non mancano mai”, risponde e poi aggiunge: “Nessuno di noi voleva creare problemi. Molto più grave è stata la presenza di chi voleva riscrivere la storia. C’è un clima di intimidazione nei nostri confronti. Ma vogliamo ricordare a tutti che gli arabi durante la guerra erano dalla parte dei nazisti mentre la brigata Ebraica venne a combattere in Italia per portare la libertà”.


La tranquillità di Testaccio accoglie il corteo della Brigata ebraica vicino al cimitero acattolico, sotto ad un sole tiepido. I movimenti antagonisti, intanto, stanno liberando la zona della Piramide e mentre passano davanti alla Fao, all’Aventino, si fermano a fischiare e insultare la bandiera di Israele, che assieme a tante altre adorna la facciata della sede dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. Intanto dalla Garbatella e dal ponte dedicato a Settimia Spizzichino, unica donna sopravvissuta al rastrellamento del ghetto di Roma, parte il corteo dell’Anpi. In testa ci sono Roberto Salis, Angelo Bonelli, Ilaria Cucchi. Il sindaco Roberto Gualtieri raccoglie il saluto di tanti e molti sono quelli che lo fermano e chiedono una foto. “È importante ricordare chi ha dato la sua vita per donarci la nostra libertà, la nostra democrazia, la nostra costituzione, la nostra Repubblica e il nostro sistema sociale avanzato. Tutto questo è figlio del coraggio di chi ha voluto non stare a guardare e dare la vita per partecipare alla liberazione dell’Italia e riscattarsi dai crimini del nazifascismo. Quelli della Liberazione sono valori preziosi che devono essere costitutivi della nostra nazione e cittadinanza e devono unire il Paese”.


La musica dei canti partigiani e di ‘Bella Ciao’ risuona tutto intorno, è cominciata la festa dell’Anpi e tanti prendono il microfono dal piccolo palco, a pochi metri dalle corone di fiori. Il papà di Ilaria Salis, Roberto, legge un messaggio della figlia e parte l’applauso: “Sono orgogliosa che nel mio Paese si ricordi tutti gli anni la cacciata dei nazifascisti grazie alla coraggiosa lotta di partigiani e partigiane – dice la giovane detenuta in Ungheria – Dalla mia cella ardentemente desidero che il mio paese si mostri tutti i giorni all’altezza della propria storia, che oggi come in passato voglia opporsi all’ingiustizia nel mondo e schierarsi dalla parte giusta della storia. Buon 25 aprile”.

25 Aprile, slogan contro la brigata ebraica al corteo di Milano

25 Aprile, slogan contro la brigata ebraica al corteo di MilanoRoma, 25 apr. (askanews) – Palestinesi e militanti antagonisti sparsi lungo il percorso del corteo per la celebrazione della Liberazione a Milano hanno scandito slogan contro Israele al passaggio della brigata ebraica. Le contestazioni più accese si sono registrate all’angolo con via Senato e all’ingresso di Piazza San Babila. “Palestina libera” e “Israele assassino” tra gli slogan più pronunciati.


Nuove contestazioni potrebbero verificarsi in Piazza Duomo, dove il corteo è in procinto di arrivare. Qui è in corso dalle 13:30 in presidio dei giovani palestinesi e i alcune organizzazioni antagonisti milanesi.