International Childfree Day: come la lingua può aiutare ad essere più inclusivi
International Childfree Day: come la lingua può aiutare ad essere più inclusiviRoma, 28 lug. (askanews) – Il termine “childfree” esiste già dall’inizio del 1900 ma è stato solo negli anni ’70 che le femministe hanno iniziato ad utilizzarlo più ampiamente, in modo da identificare – come un gruppo distinto – le donne che sceglievano di non avere figli. “Il suffisso “free” (“libero”) è stato scelto proprio per cogliere il senso di libertà e la mancanza di obblighi provati da coloro che avevano deciso volontariamente di non avere figli” spiega Sara Grippo, Principal Learning Content Strategist di Babbel, la piattaforma per l’apprendimento delle lingue che offre lezioni su app e live.
In occasione dell’International Childfree Day che ricade ogni anno il 1° agosto, si legge in una nota, gli esperti e le esperte di Babbel invitano a conoscere i termini legati allo stile di vita childfree e ad essere più consapevoli in merito ai pregiudizi linguistici da evitare. Sebbene la pressione sociale sia ancora elevata e manchi talvolta la sensibilità nei confronti di un argomento così delicato e intimo, la normalizzazione del vivere una vita senza figli si sta diffondendo tra Millennials e Gen Z, sempre più consapevoli che la genitorialità non deve per forza essere una tappa obbligata della propria vita. Sono in aumento, infatti, le persone che aderiscono al movimento “childfree”: secondo i dati dell’indagine Istat “Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita” , il 45,4% delle donne di età compresa tra 18 e 49 anni è senza figli; di queste il 22,2% dichiara che non intende averne nei 3 anni successivi né in futuro e mentre il 17,4% è childfree, ovvero afferma di non volere figli perché la maternità non rientra nei propri progetti di vita. Questa tendenza viene confermata anche a livello internazionale: negli Stati Uniti nel 2021 uno studio ha evidenziato che circa il 44% dei non genitori di età compresa tra 18 e 49 anni non aveva intenzione di avere figli, in aumento rispetto al 37% nel 2018; più della metà ha indicato come motivo principale la scelta di non voler avere dei figli piuttosto che fattori più circostanziali come problemi di salute o il non voler crescere un figlio senza un partner al proprio fianco. Da uno studio YouGov del 2020 , inoltre, emerge che in Inghilterra e Galles oltre la metà (51%) dei britannici tra i 35 e i 44 anni che non hanno avuto figli non hanno intenzione di averne in futuro.
“L’analisi linguistica permette di identificare i cambiamenti sociali in atto in altri Paesi e può essere un’occasione per riflettere sulle eventuali “lacune sociali” della propria cultura, contribuendo in parte a sensibilizzare nei confronti dell’importanza di riconoscere e rispettare la pluralità di stili di vita delle persone. Lo sviluppo di neologismi e di distinzioni semantiche come, per esempio, tra i termini inglesi “childfree” e “childless”, è segno infatti di una “maturazione” culturale che si rispecchia anche nella lingua” ha affermato Sara Grippo, Principal Learning Content Strategist di Babbel. Le parole da sapere relative alla sfera childfree – Childless: traducibile come “senza figli”, il significato di questo termine è da distinguere rispetto a “childfree”; se quest’ultimo va ad indicare la scelta di non concepire o adottare figli, “childless”, invece, sottolinea l’assenza oggettiva di figli (che può essere volontaria o di circostanza). Anche il tedesco (con “kinderfrei” e “kinderlos”) e alcune lingue scandinave (per esempio, lo svedese con “barnfri” e “barnlös/a”) si comportano allo stesso modo a livello linguistico (le coppie sono infatti assimilabili a “childfree” e “childless”). Tuttavia, questa differenza non è ancora resa in numerose lingue europee che ricorrono ad un’unica parola per entrambe le sfumature di significato (come, per esempio, il polacco “bezdzietny” e il finlandese “lapseton”). Infine le lingue romanze, invece, non utilizzano la singola parola ma la costruzione “senza” seguita da “figli” (oltre all’italiano, ad esempio, anche il francese “sans enfants” e lo spagnolo “sin hijos”). – Permanent postponer: collegato al termine childless vi è poi “permanent postponer” con cui si indica le persone che tendono a posticipare la decisione di diventare genitori poiché non hanno ancora deciso se questo obiettivo rientra nelle loro priorità di vita. – DINK: acronimo che sta per “dual income no kids” (“doppio stipendio senza bambini”), è un’espressione colloquiale che si riferisce ad una famiglia senza figli e con doppio stipendio. Un’altra espressione simile è DINKWAD che sta per “dual income no kids with a dog” (“doppio stipendio senza bambini con un cane”) mentre il contrario è DEWKS, “dually employed with kids” (“doppio stipendio con figli”). -GINK: con questo termine – che sta per “green inclinations, no kids” (“tendenze green, senza figli”) – si indicano tutte le persone che scelgono di non avere figli perché reputano che questa sia la scelta più green e rispettosa dell’ambiente. -Nullipara: con questo termine scientifico si fa riferimento alle donne che non hanno mai partorito figli. Derivato dal latino moderno, è costituito da “nullus” (“senza, non”) e “parere” (“partorire”) e si è mantenuto tale nella maggior parte delle lingue europee (come, per esempio, l’inglese “nulliparous” e il tedesco “nullipar”).
La guida alle domande da evitare: gli esperti di Babbel, al fine di favorire la comprensione reciproca attraverso il linguaggio, hanno raccolto alcune frasi da evitare per garantire una comunicazione più inclusiva: “E un figlio quando lo fate?”: è una delle domande più frequenti, a volte posta in modo automatico ma sicuramente da evitare. Ogni persona è infatti libera di decidere se avere figli o meno e non dovrebbe essere costretta a spiegare e giustificare la propria scelta. “È un’occasione persa: non ti realizzerai mai come persona”: la realizzazione personale viene molto spesso ancora associata alla maternità o alla paternità, non riconoscendo invece che alcune persone possano avere degli obiettivi di vita differenti. “Non proverai mai l’amore vero”: questa affermazione presuppone, erroneamente, che esista solo un tipo di amore “puro” e che i non-genitori non possano amare veramente. Si tratta di una generalizzazione romantica delle relazioni genitoriali e, come qualsiasi stereotipo, può essere errato e fuorviante. “Quando vorrai figli, sarà ormai troppo tardi”: ciascuna persona vive nel proprio tempo, con i propri ritmi ed esigenze, e deve essere libera di affrontare una scelta così complessa quando si sente pronta; inoltre, non si considera troppo spesso la possibilità che la persona con cui si parla abbia deciso che non vorrà mai dei figli oppure sia soffrendo perchè non riesce ad averne. “Saresti un ottimo genitore”: l’abilità a relazionarsi con i bambini non implica automaticamente il desiderio di genitorialità. “Pensi solo a te stessa/stesso”: i non genitori sono spesso ‘accusati’ di essere egoisti perché si suppone siano intenzionati soltanto a mantenere la propria libertà e le proprie abitudini, senza voler accettare compromessi; al di là del fatto che ognuno sia legittimato ad avere le proprie motivazioni, a volte la decisione può derivare proprio da considerazioni lungimiranti ed altruistiche, come nel caso di chi sceglie di non avere figli a causa della crisi climatica e del futuro incerto del pianeta.