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Ue, Starlink e Iris 2: perché al governo italiano non bastano gli attuali servizi satellitari Ue

Ue, Starlink e Iris 2: perché al governo italiano non bastano gli attuali servizi satellitari UeRoma, 15 feb. (askanews) – Ci sono due elementi nuovi riguardo alle polemiche del mese scorso sui colloqui tra il governo italiano e la società SpaceX di Elon Musk per un potenziale contratto per comunicazioni militari sicure basato sulla costellazione satellitare Starlink.



Il primo è una lettera, molto preoccupata e circostanziata, che il 10 febbraio scorso l’eurodeputato francese Christophe Grudler, del gruppo liberale Renew, co-presidente dell’intergruppo “Cielo e Spazio” del Parlamento europeo e relatore per nuovo programma satellitare “Iris 2” dell’Ue, ha inviato alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e al commissario per la Difesa e lo Spazio, Andrius Kubilius. Da notare che Iris 2 è da intendersi come Iris “al quadrato”, e non come un secondo Iris. Si tratta di un programma dell’Ue per una nuova generazione di satelliti per telecomunicazioni europei, che incorpora tecnologie all’avanguardia, tra cui tecnologie quantistiche. I lanci di questi satelliti sono previsti entro il 2030.


Le preoccupazioni espresse da Grudler riguardano in particolare: 1) il costo molto alto (definito “stravagante”) di un eventuale contratto dell’Italia con SpaceX, ipotizzato a circa 1,5 miliardi di euro in cinque anni, ovvero 300 milioni di euro all’anno; è la stessa cifra che oggi tutti i governi Ue insieme pagano per i servizi di comunicazione forniti dall’attuale sistema satellitare europeo GovSatCom, con in più il rischio che l’Italia sia distolta dai finanziamenti per Iris 2 e per lo stesso GovSatCom; 2) i posti di lavoro che sarebbero creati e sostenuti da un contratto Italia-SpaceX negli Usa e non in Italia o in Europa, dove l’industria satellitare occupa oggi 70.000 addetti; 3) un problema di sovranità, italiana ed europea, che è stato già denunciato da più parti durante le polemiche del mese scorso, “l’Italia, una delle più grandi forze militari d’Europa, affiderebbe le sue comunicazioni protette a una società privata straniera. Starlink non soddisfa gli standard di sicurezza militare europei, contrariamente alle capacità nazionali esistenti” sottolinea Grudler. Inoltre, ricorda, “è stato riferito che Elon Musk ha ordinato di disattivare la sua rete di comunicazioni satellitari Starlink vicino alla costa della Crimea per impedire un attacco di droni ucraini alle navi da guerra russe. Nessun esercito dell’Ue dovrebbe essere alla mercé delle decisioni di un miliardario”. L’europarlamentare francese nota poi che “l’argomento principale del governo italiano per raggiungere un accordo con SpaceX è stato che il sistema militare italiano non ha ‘alcuna alternativa pubblica’ a Starlink di Musk. Questo non è vero. In una recente riunione della commissione per l’Industria, l’Energia e la Ricerca del Parlamento europeo, il rappresentante della Commissione europea ha confermato che i servizi del sistema GovSatCom saranno operativi nel 2025”.


Questo sistema europeo mette in comune i satelliti europei sicuri esistenti di alcuni Stati membri (Italia, Francia, Germania, Spagna e Lussemburgo), rendendoli accessibili a tutti i paesi alle istituzioni dell’Ue. Secondo Grudler, GovSatCom, “in quanto infrastruttura europea di comunicazioni sicure, sarà pienamente in grado di soddisfare le esigenze immediate dell’Italia, garantendo al contempo sicurezza e autonomia strategica”. Il secondo elemento nuovo riguarda proprio quest’ultima affermazione dell’europarlamentare francese. Abbiamo chiesto a una fonte comunitaria se sia vero che l’attuale sistema europeo possa soddisfare pienamente le esigenze dell’Italia, e la risposta è stata che in realtà il governo Meloni non ha torto a cercare di negoziare la fornitura di una copertura satellitare da Starlink di Musk. Questo perché i satelliti del sistema europeo attuale GovSatCom sono in un’orbita a quota troppo elevata. Sono utilissimi per le comunicazioni e altre funzioni civili e militari, compresa la protezione civile e la sorveglianza marittima e delle frontiere. Ma a causa dell’altezza elevatissima dell’orbita hanno dei forti limiti, soprattutto negli usi per la sicurezza e per la sorveglianza dei flussi dei migranti irregolari nel Mediterraneo. Il nuovo progetto Iris 2 avrà orbite satellitari più basse, e dovrebbe quindi rispondere alle esigenze dell’Italia, ma i suoi satelliti, come abbiamo visto, saranno operativi solo nel 2030.


Alla luce di queste precisazioni si capisce meglio anche la spiegazione tecnica che, a questo proposito, aveva dato il ministro della Difesa Guido Crosetto durante il “Question time” alla Camera l’8 gennaio scorso: “Le nostre forze armate sono chiamate spesso a operare a tutela degli interessi nazionali, oggi più che mai, anche a grande distanza dall’Italia e non sempre in presenza di adeguati servizi e infrastrutture. Nell’anno appena concluso, a titolo di esempio – aveva ricordato il ministro -, siamo stati presenti nel quadrante Indo-Pacifico, in Africa, Medio Oriente, Nord Europa, Est Europa, ponendo in essere attività che richiedono comunicazione affidabile, sicura e continua, nonché connettività e servizi di posizionamento e navigazione”. “In ambito nazionale a livello militare, questi servizi vengono erogati grazie a sistemi in orbita geostazionaria Sicral, che sono affidabili ma – aveva puntualizzato Crosetto – offrono una copertura geografica e banda limitata. Ne consegue che la difesa è interessata, anzi obbligata forse, a integrare tale capacità con quelle fornite da satelliti in orbita bassa, che offrono maggiore continuità, copertura e miglior tempo di latenza”. “A livello europeo, rammento che il programma più noto di connettività sicura, appena avviato e noto come Iris 2, prevederà a regime circa 290 satelliti”, aveva concluso il ministro. Tra l’altro, uno dei centri di controllo della nuova costellazione satellitare è stata assegnata proprio all’Italia, nel marzo 2024, nel centro spaziale di Fucino, in Abruzzo. Altri due centri saranno in Francia e Lussemburgo. Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese