4 italiani su 10 mangiano cibi bio ma sanno poco su certificazioni
4 italiani su 10 mangiano cibi bio ma sanno poco su certificazioniRoma, 13 dic. (askanews) – Quattro 4 italiani su 10 consumano cibi biologici, ma in linea generale il consumatore resta poco informato sull’uso delle tecnologie omiche per la tracciabilità e la certificazione dei prodotti, col rischio di divenire vittima di frodi. Sono i risultati di un’indagine presentata nei giorni scorsi all’Università Cattolica, campus di Cremona, in un convegno promosso nell’ambito del progetto di Ateneo “Omic technologies for consumer food engagement: innovazione nella tracciabilità degli alimenti biologici e fiducia del consumatore”.
Negli ultimi anni è aumentata la richiesta da parte dei consumatori di cibi biologici: nell’ultimo mese il 40% degli italiani ha consumato prodotti di questo tipo almeno tre o quattro volte a settimana; i più amanti del genere sono i giovani (62%), i laureati (47%), e le persone originarie delle regioni del Sud e Isole (48%). In particolare, gli alimenti biologici più consumati dagli italiani sono le uova fresche (69%), gli ortaggi (66%) e la frutta (62%), scelti poiché considerati salubri, naturali e rispettosi dell’ambiente. Tuttavia, il consumatore non è poi così preparato rispetto alle certificazioni biologiche e per questo motivo può essere indotto in errore negli acquisti. Il meeting scientifico è nato dal progetto di ricerca “Omic technologies for consumer food engagement: innovazione nella tracciabilità degli alimenti biologici e fiducia del consumatore”, a cura di EngageMinds Hub – Consumer, Food & Health Research Center, e finanziato dall’Università Cattolica tra gli indirizzi di ricerca a interesse strategico e che ha visto la collaborazione interdisciplinare di diverse facoltà e dipartimenti dell’Ateneo.
Gli italiani mostrano una buona conoscenza delle possibili certificazioni biologiche presenti sul mercato identificandole come garanzia di maggiore sicurezza dei cibi. Tuttavia, poco meno della metà (48%) ripone poca fiducia verso gli enti che certificano questi prodotti e verso l’industria Italiana che li promuove. “Dallo studio emerge inoltre che la maggior parte degli italiani (79%) non ha mai sentito parlare delle tecnologie omiche applicate al cibo. Dopo aver presentato e spiegato dettagliatamente tali tecnologie e il loro potenziale ai partecipanti dello studio, questi ultimi le hanno considerate interessanti (54%), positive (58%) e non pericolose (55%). Tuttavia, sembrano emergere delle incertezze riguardo alla necessità di introdurre queste nuove tecnologie alimentari”, spiega Greta Castellini, ricercatrice di Psicologia dei Consumi presso la Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica.
Infatti, il 43% ritiene che l’utilizzo delle tecnologie omiche possa essere evitato in quanto non necessario ai fini della certificazione biologica di un alimento. In media, il campione dell’indagine ha affermato di essere disposto a pagare circa il 9% in più per gli ortaggi certificati con tecnologie omiche rispetto a quelli non certificati con tali tecnologie. “A oggi le certificazioni a supporto sono principalmente cartacee, e quindi più facilmente soggette a frodi, si auspica quindi il ricorso nei prossimi anni a queste nuove tecnologie omiche, quantomeno in un’ottica di verifiche a campione”, sostiene Luigi Lucini, docente di Chimica agraria alla Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica.