60 anni di surgelati: l’innovazione a tavola che vale 4,8 mld
60 anni di surgelati: l’innovazione a tavola che vale 4,8 mld
Dai 3 kg pro-capite in 1980 ai 16 in 2021. Il 2022? Stabile grazie a horeca
Milano, 28 feb. (askanews) – Hanno accompagnato 60 anni di storia del nostro Paese, contribuendo a cambiarne le abitudini, alimentari e non solo. Parliamo degli alimenti surgelati, cresciuti in questi sei decenni col piede puntato sul pedale dell’innovazione, premiati da nove italiani su 10, che oggi ne consumano 16 chili pro-capite all’anno contro i tre del 1980. In vista della giornata del cibo surgelato il 6 marzo, l’Istituto italiano alimenti surgelati ripercorre le tappe di questo percorso che coincidono con i suoi 60 anni di attività. Era, infatti, il 1963 quando le principali industrie produttrici di surgelati fondavano Iias per valorizzare un prodotto che come ha detto il suo attuale presidente Giorgio Donegani, “ha portato a una rivoluzione nel nostro rapporto col cibo”.
“I surgelati grazie all’innovazione hanno saputo crescere continuamente nella fiducia prima che nei consumi grazie alla capacità di rispondere alle sempre nuove esigenze dei cittadini e dei consumatori – ha spiegato – a dimostrazione di come ormai il surgelato non sia più il prodotto che per tanti anni in passato è stato considerato emergenziale ma qualcosa che effettivamente è presente nelle scelte quotidiane”.
Sebbene l’invenzione di una macchina industriale per surgelare il cibo risalga a quasi un secolo fa, grazie a Clarence Birseye, che verrà ricordato come il fondatore della moderna industria del cibo surgelato, è negli anni 60 che inizia la diffusione su larga scala dei cibi sotto zero in Italia. Sono negli anni del miracolo economico, un po’ in ritardo rispetto ai Paesi dell’europa centro settentrionale, e la loro diffusione viaggia di pari passo con quella degli elettrodomestici: se nel 1958 solo il 13% possedeva un frigorifero, nel 1965 questa percentuale era quadruplicata raggiungendo oltre la metà della popolazione (55%). Del resto per conservarli in casa occorreva il freezer che arriverà solo alla fine del decennio. Negli anni 70 conquistano così un posto stabile nelle dispense italiane, ma è nel decennio successivo che le vendite accelerano. A fare il resto sarà ancora una volta l’innovazione, come l’Iqf (Individually quick frozen, il surgelato individualmente), che negli anni 90 imprime una svolta all’industria, vent’anni prima della sterzata portata dalla pandemia. Negli anni del distanziamento e dei lockdown, infatti, i surgelati consumati in Italia toccano le 940 mila tonnellate, guarda caso in concomitanza con la crescita del 21% delle vendite di freezer.
“I surgelati sono entrati nella vita degli italiani inizialmente con qualche diffidenza – ha spiegato Francesco Morace, sociologo e presidente di Future concept lab – perché la cultura italiana era legata alla tradizione ma quasi subito ha saputo in qualche modo conciliare la tradizione all’innovazione e questo è un elemento che abbiamo visto confermato in questi 60 anni. Anche perchè oggi parliamo di smart and sustainable un paradigma che mette insieme la qualità intelligente delle tecnologie e la qualità della sostenibilità”. “Forse – ha aggiunto – è l’innovazione tecnologica più profonda che è stata accettata più velocemente dagli italiani”.
Ma l’innovazione non è solo tecnologica. Ha dietro anche una ricerca di prodotto che, grazie allo zampino del marketing, ha reso iconici alcuni alimenti surgelati: “Io sono nato nell’anno in cui in Inghilterra sono nati i bastoncini di pesce che sono un prodotto iconico – ha ricordato Donegani – in Italia ci sono 10 milioni di famiglie che li mangiano di frequente, poi si è passati a un altro must che è quello dei minestroni e le patatine surgelate che oggi hanno un enorme successo”, rappresentando da sole (dati 2021) quasi il 15% del volume di alimenti surgelati. Ma non si può dimenticare la pizza, che grazie a una innovazione nei sistemi di preparazione negli anni Novanta, oggi copre il 10% dei consumi di surgelati nel nostro Paese, oltre a essere ambasciatrice del made in Italy alimentare nel mondo con un export che tra il 2019 e il 2021 è cresciuto del 18%. E ancora i piatti pronti, il cui successo arriva negli anni’90, grazie alla capacità della nostra industria alimentare di cristallizzare a -18 la tradizione gastronomica italiana.
E nel 2022 il mercato dei surgelati come ha risposto a inflazione e aumenti delle materie prime, dopo 4,8 miliardi toccati nel 2021? “Se noi guardiamo nella globalità il comparto, ci aspettiamo una sostanziale tenuta e sicuramente non una regressione in particolare per il fatto che la ristorazione che tanto ha sofferto negli anni scorsi si sta riprendendo – ha detto Donegani – Si sta assistendo all’inverso di quello che è accaduto nel periodo Covid con la ristorazione che dopo la batosta del 2020 ora sta tornando a crescere. Ci aspettiamo una tenuta con una messa in previsione di una leggera flessione del consumo domestico a fronte di una crescita del fuori casa”. Più nel dettaglio, “nel canale della gdo il 2022 ha avuto una prima parte positiva una seconda leggermente negativa che si compensano – ha spiegato Andrea Passamonti – All’inizio del 2023 c’è stata una leggera flessione ma nell’andare avanti ne corso dell’anno ci aspettiamo che ci sia un recupero”.
“I surgelati grazie all’innovazione hanno saputo crescere continuamente nella fiducia prima che nei consumi grazie alla capacità di rispondere alle sempre nuove esigenze dei cittadini e dei consumatori – ha spiegato – a dimostrazione di come ormai il surgelato non sia più il prodotto che per tanti anni in passato è stato considerato emergenziale ma qualcosa che effettivamente è presente nelle scelte quotidiane”.
Sebbene l’invenzione di una macchina industriale per surgelare il cibo risalga a quasi un secolo fa, grazie a Clarence Birseye, che verrà ricordato come il fondatore della moderna industria del cibo surgelato, è negli anni 60 che inizia la diffusione su larga scala dei cibi sotto zero in Italia. Sono negli anni del miracolo economico, un po’ in ritardo rispetto ai Paesi dell’europa centro settentrionale, e la loro diffusione viaggia di pari passo con quella degli elettrodomestici: se nel 1958 solo il 13% possedeva un frigorifero, nel 1965 questa percentuale era quadruplicata raggiungendo oltre la metà della popolazione (55%). Del resto per conservarli in casa occorreva il freezer che arriverà solo alla fine del decennio. Negli anni 70 conquistano così un posto stabile nelle dispense italiane, ma è nel decennio successivo che le vendite accelerano. A fare il resto sarà ancora una volta l’innovazione, come l’Iqf (Individually quick frozen, il surgelato individualmente), che negli anni 90 imprime una svolta all’industria, vent’anni prima della sterzata portata dalla pandemia. Negli anni del distanziamento e dei lockdown, infatti, i surgelati consumati in Italia toccano le 940 mila tonnellate, guarda caso in concomitanza con la crescita del 21% delle vendite di freezer.
“I surgelati sono entrati nella vita degli italiani inizialmente con qualche diffidenza – ha spiegato Francesco Morace, sociologo e presidente di Future concept lab – perché la cultura italiana era legata alla tradizione ma quasi subito ha saputo in qualche modo conciliare la tradizione all’innovazione e questo è un elemento che abbiamo visto confermato in questi 60 anni. Anche perchè oggi parliamo di smart and sustainable un paradigma che mette insieme la qualità intelligente delle tecnologie e la qualità della sostenibilità”. “Forse – ha aggiunto – è l’innovazione tecnologica più profonda che è stata accettata più velocemente dagli italiani”.
Ma l’innovazione non è solo tecnologica. Ha dietro anche una ricerca di prodotto che, grazie allo zampino del marketing, ha reso iconici alcuni alimenti surgelati: “Io sono nato nell’anno in cui in Inghilterra sono nati i bastoncini di pesce che sono un prodotto iconico – ha ricordato Donegani – in Italia ci sono 10 milioni di famiglie che li mangiano di frequente, poi si è passati a un altro must che è quello dei minestroni e le patatine surgelate che oggi hanno un enorme successo”, rappresentando da sole (dati 2021) quasi il 15% del volume di alimenti surgelati. Ma non si può dimenticare la pizza, che grazie a una innovazione nei sistemi di preparazione negli anni Novanta, oggi copre il 10% dei consumi di surgelati nel nostro Paese, oltre a essere ambasciatrice del made in Italy alimentare nel mondo con un export che tra il 2019 e il 2021 è cresciuto del 18%. E ancora i piatti pronti, il cui successo arriva negli anni’90, grazie alla capacità della nostra industria alimentare di cristallizzare a -18 la tradizione gastronomica italiana.
E nel 2022 il mercato dei surgelati come ha risposto a inflazione e aumenti delle materie prime, dopo 4,8 miliardi toccati nel 2021? “Se noi guardiamo nella globalità il comparto, ci aspettiamo una sostanziale tenuta e sicuramente non una regressione in particolare per il fatto che la ristorazione che tanto ha sofferto negli anni scorsi si sta riprendendo – ha detto Donegani – Si sta assistendo all’inverso di quello che è accaduto nel periodo Covid con la ristorazione che dopo la batosta del 2020 ora sta tornando a crescere. Ci aspettiamo una tenuta con una messa in previsione di una leggera flessione del consumo domestico a fronte di una crescita del fuori casa”. Più nel dettaglio, “nel canale della gdo il 2022 ha avuto una prima parte positiva una seconda leggermente negativa che si compensano – ha spiegato Andrea Passamonti – All’inizio del 2023 c’è stata una leggera flessione ma nell’andare avanti ne corso dell’anno ci aspettiamo che ci sia un recupero”.