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Confcooperative: produzione kiwi dimezzata in 10 anni, agire ora

Confcooperative: produzione kiwi dimezzata in 10 anni, agire oraRoma, 5 feb. (askanews) – E’ urgente una moratoria quinquennale sulle sostanze attive in modo che si possa riprendere la produzione italiana di kiwi, che negli ultimi 10 anni si è dimezzata. E’ il messaggio lanciato a Fruit Logistica a Berlino dal presidente di Fedagripesca Confcooperative Raffaele Drei, che ha avanzato la richiesta all’Europa di una moratoria di cinque anni sul processo di revoca dei principi attivi.



“L’ortofrutta è il settore più esposto agli effetti dei cambiamenti climatici. Per continuare a salvaguardare gli attuali livelli produttivi occorre una chiara inversione di tendenza rispetto al drastico calo delle sostanze attive autorizzate, indispensabili per la difesa delle colture – ha detto Drei – La limitazione dei principi autorizzati ha visto in questi anni i nostri produttori nella impossibilità di contrastare le diverse fitopatie causate dai cambiamenti climatici che hanno colpito gli alberi da frutta”. Negli ultimi dieci anni una coltura come il kiwi, che è strategica anche sui mercati internazionali, si è dimezzata. Le pere sono passate dalle quasi 800.000 tonnellate del 2015 al minimo storico delle 184.000 del 2023. “Lanciamo quindi oggi da Berlino la richiesta all’Europa di una moratoria di cinque anni sul processo di revoca dei principi attivi, richiesta intorno alla quale intendiamo cercare la più ampia convergenza da parte dell’intero mondo agricolo e della politica”.


Secondo un recente rapporto curato da Aretè per Agrofarma, oggi in Italia ci sono circa 300 sostanze attive approvate, che rappresentano il 75% in meno rispetto alle oltre 1.000 sostanze attive disponibili 30 anni fa. Non solo: dal 2014 ad oggi il numero delle sostanze attive revocate ammonta a 82, di cui più del 70% era utilizzato proprio per la difesa di frutticole e orticole. E ancora più significativo è il fatto che soltanto l’1% degli agrofarmaci autorizzati prima del 2000 siano ancora oggi disponibili in Italia: più dell’83% degli agrofarmaci sul mercato italiano è stato infatti approvato a partire dal 2011. Sono circa 30 le sostanze attive a rischio revoca nel prossimo triennio, di cui 12 sono candidati alla sostituzione, ed andranno ad impattare su colture strategiche del nostro paese, come mele e pere, pomodori, kiwi, uva da tavola.


Anche la spesa nel nostro Paese per i prodotti fitosanitari si è fortemente ridotta nell’ultimo decennio. Se si confronta il triennio 2020-22 con il 2011-13, si nota come le vendite di principi attivi nel nostro paese abbia registrato una contrazione del 19%, la riduzione più consistente tra i Paesi analizzati e ben al di sotto rispetto alle media UE-27. “Nonostante ciò, sul tema l’Europa non sembra avere una inversione di tendenza”, denuncia Drei. Sono più di 200 le sostanze attive attualmente in fase di rinnovo da parte dell’UE e ci sono forti pressioni per la loro revoca. Le normative comunitarie troppo restrittive per chi fa ricerca e innovazione di fatto sono disincentivanti per molte multinazionali che quindi di fatto non investono più per studiare nuove soluzioni”. E il numero di sostanze attive approvate è destinato a subire un’ulteriore diminuzione: si stima che nei prossimi dieci anni rimarranno in Europa solo 115 sostanze, dalle 234 presenti nel 2022. Tutto questo mentre in molti Paesi extra-Ue come l’America Latina il numero delle sostanze autorizzate è in continuo aumento.


“Se vogliamo difendere la competitività delle aziende del settore ortofrutticolo e continuare a presidiare i mercati internazionali con quantitativi importanti di prodotto, non c’è altra strada se non l’interruzione di questo trend attraverso una urgente moratoria di cinque anni sulle attuali revoche. Altrimenti c’è il serio rischio di doverci abituare a vedere nei nostri piatti un bel numero di prodotti provenienti da altri continenti”, ha concluso Drei.