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Pechino risponde ai dazi di Trump: tariffe di rappresaglia per colpire l’agro-alimentare Usa

| Redazione StudioNews |

Pechino risponde ai dazi di Trump: tariffe di rappresaglia per colpire l’agro-alimentare UsaRoma, 4 mar. (askanews) – Le prime due economie del mondo hanno inasprito ulteriormente oggi la loro guerra commerciale, dopo che sono entrati in vigore i nuovi dazi imposti dal presidente degli Stati uniti Donald Trump, che hanno raddoppiato al 20% i nuovi dazi imposti dal suo ritorno alla Casa Bianca. Pechino ha risposto, come era previsto, con tariffe di rappresaglia che andranno a colpire il settore agro-alimentare americano: un 15% su pollo, grano, mais e cotone; un 10% su soia, sorgo, maiale, manzo, prodotti lattiero-caseari.



I dazi cinesi entreranno in vigore da lunedì prossimo, secondo la comunicazione che ha diffuso il ministero delle Finanze di Pechino. L’annuncio è giunto praticamente non appena è scaduto il termine per la nuova tariffa generale del 10% imposta da Trump sulle merci cinesi. La Casa bianca ha già applicato due ulteriori serie di dazi del 10% su esportazioni cinesi, stimate in oltre 500 miliardi di dollari, secondo i calcoli della dogana cinese.


Oggi gli Usa hanno anche con l’imposizione di tariffe del 25% sulle importazioni da Messico e Canada, dopo la scadenza di una sospensione di un mese. Washington ha motivato questa raffica di restrizioni commerciali con la scarsa propensione dei tre paesi a fermare i traffici di fentanyl, un oppioide sintetico la cui diffusione è vista come una vera e propria epidemia negli Stati uniti. La Cina, dal canto suo, sostiene di essere il paese più rigido al mondo nella lotta agli stupefacenti. Dietro la motivazione ufficiale, tuttavia, c’è una realtà fatta di competizione geopolitica tra Stati uniti e Cina, con Washington che considera Pechino il principale concorrente nella corsa all’egemonia globale.


Il ministero del Commercio cinese, oggi, ha anche aggiunto 10 aziende americane, tra le quali società legate alle forze armate coinvolte nella vendita di armi a Taiwan, a una cosiddetta lista di entità inaffidabili. Quindici aziende sono state inserite in una lista di controllo delle esportazioni. All’azienda biotecnologica statunitense Illumina, già etichettata come entità inaffidabile dalla Cina, è stato applicato, in particolare, il divieto di vendere dispositivi di sequenziamento genico nel paese. Inoltre, lo stesso ministero ha annunciato un’indagine sui prodotti in fibra ottica statunitensi, sospettati di aver eluso le misure antidumping della Cina, dichiarando che l’inchiesta durerà sei mesi e potrà essere prorogata. Separatamente, la dogana cinese ha dichiarato che le importazioni di tronchi statunitensi saranno state immediatamente interrotte dopo il rilevamento di alcuni parassiti nel materiale. L’autorità ha inoltre revocato le licenze a tre aziende americane per l’importazione di soia in Cina, per motivi di salute e sicurezza alimentare, affermando che è stato riscontrato un tipo di fungo. Oltre a questa serie di azioni ritorsive, la Cina ha annunciato di aver presentato un’altra denuncia contro gli Stati uniti presso l’Organizzazione mondiale del commercio, ripetendo un reclamo presentato in precedenza all’Omc per i dazi del 10% imposti da Trump agli inizi di febbraio.


“Le misure tariffarie unilaterali degli Stati uniti violano gravemente le regole Omc e minano le fondamenta della cooperazione economica e commerciale tra Cina e Stati Uniti”, ha dichiarato un portavoce del ministero del Commercio cinese. “La Cina – ha proseguito – è fortemente insoddisfatta e si oppone fermamente a tali misure”. Le contromisure adottate oggi dalla Cina fanno il paio con quelle adottate un mese fa. Pechino ha risposto immediatamente alla prima raffica di dazi del 10% adottata da Trump con dazi sul carbone americano, sul gas naturale liquefatto, sul petrolio greggio, su macchinari agricoli e su alcuni veicoli. La decisione di Trump d’intensificare le tariffe anti-cinesi ha fatto salire il dazio medio effettivo sulle importazioni cinesi a circa il 34%, segnando un aumento del tasso tariffario sulla Cina quasi doppio rispetto a quello registrato durante l’intera prima amministrazione Trump. Gli economisti di Nomura stimano che le tariffe cinesi adottate oggi colpiranno merci statunitensi per un valore di 22,3 miliardi di dollari. Pechino sta prendendo di mira le esportazioni agricole americane in Cina, che sono passate dal 4% del totale nel periodo 1998-2004 al 15% nel periodo 2012-2023, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. La Cina rimane un acquirente fondamentale di alimenti statunitensi come mais e manzo. Lo scorso anno ha importato prodotti agricoli per un valore di 24,7 miliardi di dollari dal suo principale rivale, diventando il terzo cliente più importante subito dopo Canada e Messico, secondo i dati dell’agenzia. Tuttavia, le due superpotenze non dipendono l’una dall’altra come in passato. Le statistiche statunitensi mostrano che, in generale, le importazioni dalla Cina sono diminuite dal 21,6% del totale nel 2018 al 13,4% nel 2024. Negli ultimi anni la Cina ha cercato di emendarsi da alcuni prodotti agricoli statunitensi, rivolgendosi a fornitori come il Brasile e promuovendo sostituti nazionali. Le importazioni cinesi di semi oleosi e mangimi animali dagli Stati uniti sono crollate del 23% lo scorso anno rispetto al 2023, e sono diminuite del 29% rispetto al 2021, secondo i calcoli basati sui dati della dogana cinese.