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Efsa: batteri produttori carbapenemasi anche in catena alimentare

Efsa: batteri produttori carbapenemasi anche in catena alimentareRoma, 8 apr. (askanews) – I batteri produttori di carbapenemasi, un tempo un problema principalmente ospedaliero, vengono ora rilevati negli animali da allevamento e nei prodotti alimentari in tutta Europa. Questa è una delle conclusioni dell’ultimo parere scientifico dell’Efsa sulla presenza e la diffusione di Enterobacterales produttori di carbapenemasi (CPE) nella catena alimentare nell’Ue/Efta.



“Sebbene non vi siano prove definitive che questi batteri si diffondano agli esseri umani attraverso il cibo, ceppi identici sono stati trovati sia negli animali che negli esseri umani, suggerendo una possibile trasmissione tra di loro”, spiega l’Efsa. I CPE sono batteri che producono enzimi (carbapenemasi) che inattivano gli antibiotici carbapenemi. Questi antibiotici sono usati per trattare gravi infezioni negli esseri umani. La resistenza a questi farmaci rappresenta un rischio significativo per la salute pubblica, lasciando potenzialmente poche opzioni di trattamento efficaci. L’ultimo parere dell’EFSA, che si basa sulla sua valutazione del 2013, esamina dati e letteratura fino alla fine di febbraio 2025.


I CPE sono stati rilevati nella filiera alimentare in 14 dei 30 paesi Ue/Efta dal 2011. Quelli segnalati più frequentemente sono E. coli, Enterobacter, Klebsiella e Salmonella, provenienti principalmente da animali terrestri destinati alla produzione alimentare: suini, bovini e, in misura minore, pollame, che sono le specie animali monitorate di routine per la resistenza antimicrobica nell’UE. Il numero di casi di CPE segnalati è aumentato, in particolare nei suini, nei bovini e nel pollame, con aumenti significativi nel 2021 e nel 2023 in diversi Stati membri. Dieci dei 30 paesi Ue/Efta hanno istituito piani di emergenza per il controllo e l’indagine di questi batteri. Tra le raccomandazione Efsa, quella di espandere le attività di monitoraggio ad altre fonti alimentari attualmente non monitorate e ad altre specie batteriche; migliorare i metodi di rilevamento, condurre indagini di tracciabilità e tipizzazione molecolare batterica per chiarire le vie di trasmissione, inclusa la potenziale diffusione tramite lavoratori e mangimi e infine incentrare la ricerca sulla progettazione di studi mirati per comprendere meglio come questi batteri si diffondono nella catena alimentare.