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Creatori digitali furiosi contro immagini Ia stile Studio Ghibli

Creatori digitali furiosi contro immagini Ia stile Studio GhibliRoma, 15 apr. (askanews) – Quanti utenti dei social network hanno “ghiblizzato” le loro immagini, trasformando loro fotografie in illustrazioni nello stile del giapponese Studio Ghibli usando l’intelligenza artificiale generativa? Nelle ultime settimane questo trend è diventato virale e c’è qualcuno che se n’è veramente arrabbiato: i creatori di quello stile, gli artisti dell’”anime” nipponico.



Tutto è partito da ChatGPT, il modello di linguaggio di grandi dimensioni di OpenAI, che ha integrato un generatore di immagini di alta qualità con il quale è possibile produrre immagini di alta qualità in stile Ghibli partendo da una foto e con un semplice prompt. La diffusione, poi, di queste immagini sui social network ha fatto il resto. In pochi giorni, il servizio ha visto un boom, suscitando la soddisfazione del numero uno di OpenAI, Sam Altman. Il gioco, tuttavia, è presto scappato di mano. Su X, per esempio, la Casa bianca – nello stile aggressivo che caratterizza l’attuale Amministrazione Usa – ha pubblicato un’illustrazione in stile Ghibli raffigurante un immigrato dominicano ammanettato e in lacrime. Inoltre, le Forze di difesa israeliane hanno condiviso immagini di soldati armati e di piloti a bordo di caccia. Propaganda bellica lontana mille miglia dai messaggi contenuti nei film di Hayao Miyazaki e degli altri creatori che fanno riferimento allo studio giapponese.


Il problema – secondo quanto afferma un ampio articolo pubblicato oggi su Nikkei Asia – è che, pur esistendo regola di copyright che coprono specifici personaggi e specifiche creazioni artistiche, nulla protegge uno stile, per quanto assai riconoscibile come quello Ghibli. “Continuiamo a impedire generazioni nello stile di artisti viventi individuali, ma consentiamo stili più ampi, come quelli degli studi – che le persone hanno utilizzato per generare e condividere alcune creazioni originali da fan davvero deliziose e ispirate”, ha affermato OpenAI in una nota stampa. Lo Studio Ghibli si è astenuto dal commentare a Nikkei il 27 marzo scorso.


Creatori negli Stati Uniti hanno denunciato il trend Ghibli. L’illustratore digitale Marc Brunet ha pubblicato un post su X criticando il fatto che “Ghibli non stia guadagnando nulla da tutto ciò, mentre open.ai sta incassando miliardi dopo aver letteralmente rubato il loro iconico stile artistico”. L’artista e illustratrice Karla Ortiz ha definito la cosa una “violazione del diritto d’autore e una profonda violazione dei diritti e dei mezzi di sussistenza degli artisti”. Resta il fatto che la normativa relativa all’Ia è ancora in via di definizione e le cause legali – a partire da qualla intentata dal New York Times contro OpenAI – sono all’ordine del giorno.


OpenAI sostiene che l’addestramento dei modelli Ia su dati disponibili pubblicamente rientra nell’esenzione del “fair use” prevista dalla legge sul diritto d’autore. Il dibattito su cosa costituisca il “fair use” nelle applicazioni dell’Ia è tuttora in corso. Ci sarebbero – scrive Nikkei Asia – in corso circa 40 cause giudiziari negli Stati uniti relative all’addestramento dell’Ia e al fair use.