Ushakovs: russi in Lettonia non c’entrano con aggressione Ucraina
Ushakovs: russi in Lettonia non c’entrano con aggressione UcrainaRiga, 3 mag. (askanews) – “Puoi scegliere strade diverse quando hai un bivio davanti”. Ne sa qualcosa l’eurodeputato lettone Nils Ushakovs, ex sindaco di Riga, esponente del partito social democratico Armonia (Saskana), il più grande partito politico a rappresentare la minoranza russa della Lettonia prima di perdere tutti i suoi seggi parlamentari nelle elezioni legislative lettoni del 2022, dopo aver condannato apertamente l’aggressione russa all’Ucraina. “I crimini a Bucha rimangono i crimini a Bucha. Punto”, dice. “Ma i russi in Lettonia, i russofoni in Lettonia – prosegue – non hanno niente a che fare con la guerra della Russia contro l’Ucraina e non hanno nulla a che fare con la responsabilità dei crimini e gli orrori che stanno accadendo lì. Ma certo, nelle circostanze in cui viviamo oggi, non si può sempre contare su un comportamento del tutto adeguato, da tutte le parti”, afferma in una video intervista ad askanews.
Dinnanzi alla guerra in Ucraina, la scelta compiuta da Saskana, della quale Ushakovs è uno degli motori principali, è stata in un certo senso inattesa, oltre che coraggiosa. Ma a guardare il risultato elettorale (4.86%, ovvero sotto la soglia di sbarramento del 5%), la rifareste?, gli chiede askanews. “Sì, certo” risponde sicuro Ushakovs. “E non si discute. C’è la guerra e tu, con la guerra in corso non determini la tua posizione? Impossibile, non scherziamo. Anche se nella parte occidentale dell’Unione Europea, a volte non tutti i politici lo capiscono: lo vediamo in Germania, per esempio, in Francia, e anche in Italia: la profondità della consapevolezza del problema beh, potrebbe essere considerata un po’ diversa. Ma in Lettonia (sul fronte orientale più avanzato della Nato e con 217 chilometri di confine con la Russia, ndr) non può essere così”. Come anche, non è possibile, concedersi seconde possibilità. “Non puoi fare esperimenti rischiando di raggiungere altri estremi. Non puoi incolpare i residenti di lingua russa a Riga per i crimini di Bucha, perché non hanno niente a che fare con questo. Ma i crimini a Bucha rimangono i crimini a Bucha. Punto”, aggiunge l’ex sindaco.
Ushakovs è anche uno dei due eurodeputati lettoni che, insieme con Ivars Ijabs, è parte dell’Intergruppo del Parlamento europeo sui diritti LGBT; ammette che “ora difendere i diritti umani e difendere le cose più giuste in russo è naturalmente più difficile di quanto non fosse due anni fa. Sfortunatamente, per una ragione ingiusta ma oggettiva: la lingua russa sarà meno popolare e avrà meno potere di influenza, proprio a causa della guerra. Sta già succedendo. Bisogna farsene una ragione. Ma è come nelle vecchie barzellette: che probabilità hai di incontrare un dinosauro? 50/50, o lo incontri o non lo incontri. La missione è importante e ha un significato a livello europeo che è più alto della nazionalità. Ma può non riuscire, e non saremmo né i primi, né gli ultimi”. Quale futuro attende i cittadini europei di lingua russa? “Nazioni diverse, in momenti diversi nel tempo, hanno vissuto un’esperienza in cui tutto è finito con il fatto che la stessa lingua è parlata da persone che possono appartenere a diverse identità statali, a diverse possibili identità politiche: appartenere alla stessa lingua non significa che le persone fanno parte di un popolo o di una comunità” dichiara Ushakovs e aggiunge: “Le persone che parlano francese, inglese e tedesco e spagnolo hanno già attraversato questo. Forse ora è arrivato il momento in cui la storia si è sviluppata per coloro che parlano russo: ci sarà anche l’opportunità di definire se stessi o come una persona che appartiene alla Russia, che si considera cittadino russo (e questo non significa essere di etnia russa poiché i russi per cittadinanza appartengono ai più disparati gruppi etnici) o ti consideri una persona che, da un lato parla russo, ma dall’altro parla una o più lingue europee e si considera appartenente all’identità politica europea”.
Lo scorso anno, in ottobre, in Lettonia si è votato per il Parlamento. Saskana non ha superato la soglia del 5% e per la prima volta non ha guadagnato nessun seggio. Molto si è scritto e dibattuto se il fallimento elettorale sia stata la scelta sulla guerra o ci sia altro. E ora lo spettro di elettori che parlano russo è conteso da quattro partiti. Ma cosa chiede l’elettorato a Saskana? “In primo luogo, qui dobbiamo sottolineare che stiamo parlando di cittadini di lingua russa della Lettonia, che hanno un passaporto europeo come tutti gli altri. Poi molto dipende dall’età, dalla geografia. C’è una differenza nell’autodeterminazione: parte dei russofoni si definiscono completamente lettoni, si considerano lettoni di lingua russa. C’è una parola del genere in russo che ti permette di differenziare i russi dai lettoni di lingua russa. Sfortunatamente non c’è in inglese e questo è in realtà un grosso problema: può sembrare ridicolo, ma quando la stessa parola è usata sia per la lingua, che per le sanzioni, e per una guerra di aggressione, può essere un problema”. E ora che la Finlandia è il 31esimo Paese Nato, sul fronte orientale è cambiato qualcosa? “Da un punto di vista militare probabilmente no perché, l’esercito della Finlandia non è cambiato, era potente per i loro standard, compresa l’artiglieria e l’esperienza e così via, e rimane così. Ma da un punto di vista simbolico, ovviamente, la differenza è enorme. E più ancora, in generale per integrazione, il Golfo di Finlandia è diventato un golfo interno, un lago della NATO (sul quale si affaccia anche la russa San Pietroburgo, ndr) e questo ha ovviamente un significato. Ma è positivo che i finlandesi abbiano aderito alla NATO, era tempo che lo facessero”.
(di Cristina Giuliano e Serena Sartini)