Riforme, Meloni a opposizioni: 3 opzioni. Apre su commissione ad hoc
Riforme, Meloni a opposizioni: 3 opzioni. Apre su commissione ad hocRoma, 9 mag. (askanews) – Nessun testo, tre possibili scenari su cui sondare le opposizioni che da questa mattina sta incontrando alla Camera: presidenzialismo, semipresidenzialismo e premierato. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni – viene riferito – nelle ‘consultazioni’ che sta tenendo con i gruppi parlamentari, ha ribadito che è sua intenzione affrontare il capitolo delle riforme istituzionali partendo dal presupposto che la priorità è quella di avere un ‘collegamento’ tra il voto dei cittadini e il governo e che c’è tutta l’intenzione di fare riforme condivise ma che non accetterà dei no pregiudiziali. In questo senso, la premier ha anche fatto sapere che valuterà la proposta avanzata dal Movimento5stelle di una commissione ad hoc. ‘Credo si possa dialogare su tutto purché non ci siano intenti dilatori’, ha spiegato.
‘Il governo, come voi sapete, ha da sempre nel proprio programma l’idea che per mandato dovrà lavorare a una riforma istituzionale, sulla quale però credo sia importante a monte cercare un dialogo più ampio possibile con le forze parlamentari. Partiamo dalla premessa. Credo che ci si renda tutti conto – ha spiegato Meloni – del fatto che il nostro sistema è caratterizzato da una fortissima instabilità, che paradossalmente nell’ultima fase, cioè con la fine della prima Repubblica è peggiorata. Abbiamo sempre avuto governi che duravano uno o due anni, la differenza tra la prima Repubblica e quello che è accaduto successivamente è che nella prima Repubblica la maggioranza restava sempre la stessa, nella seconda Repubblica al repentino cambio di Governo coincideva spesso un repentino cambio di maggioranza’. La presidente del Consiglio ha rimarcato come ‘l’instabilità è alla base di molti problemi che ha la nostra Nazione, perché indebolisce inevitabilmente i Governi, li ostacola, e ci indebolisce a livello internazionale. Il Presidente Conte si rende conto, come me, del fatto che quando ci sono incontri internazionali gli interlocutori si pongono il problema di capire per quanto tempo tu sarai il loro interlocutore, cioè per quanto tempo sia utile ed efficace stringere rapporti e immaginare percorsi comuni. Anche perché ciò che accade da noi non accade in molte altri democrazie occidentali ed europee. Nel periodo di venti anni in cui noi abbiamo avuto svariati governi, la Francia col sistema semipresidenziale ha avuto quattro Capi di Governo, cioè quattro Presidenti della Repubblica, e la Germania tre cancellieri’.
‘Questo – ha proseguito la premier – fa sì che ci sia anche una maggiore difficoltà a immaginare strategie di lungo periodo. Più un governo ha un orizzonte breve, più tenderà a spendere in spesa corrente e a non fare investimenti di lungo periodo. Tutti sappiamo che gli investimenti hanno un moltiplicatore e la spesa corrente un altro. Prima dell’avvento della pandemia che ha fatto saltare molti parametri, in vent’anni l’Italia è cresciuta molto meno di Francia e Germania. Quindi o crediamo che tutti i politici italiani sono meno bravi di quelli francesi o tedeschi, e io non lo credo, o c’è qualcosa che non funziona alla base del sistema. Credo che il tema sia esattamente questo: l’instabilità non consente di avere una visione di lungo periodo, che è fondamentale per una strategia, soprattutto nel mondo globalizzato, ed è fondamentale per concentrare risorse sugli investimenti utili a quella strategia, cosa che una politica che ha poco tempo non può fare. Questa è la ragione per la quale dobbiamo mettere le mani alle riforme istituzionali, lo dico anche rispetto a quanti dicono che questa non è una priorità: credo che invece questa sia la più potente riforma economica che possiamo realizzare’. A giudizio di Meloni ‘l’altro elemento che tutti paghiamo è la disaffezione dei cittadini alla politica, al rapporto con le istituzioni, e penso non si possa negare che tale disaffezione sia anche figlia di una sensazione che a volte i cittadini hanno avuto, di un voto che veniva espresso e che però non veniva sempre adeguatamente considerato. Quando tu eleggi un partito, presumibilmente una coalizione, e un programma collegato, e ti ritrovi, ovviamente a norma della Costituzione, maggioranze sempre diverse da quelle che sono state votate, con programmi che a quel punto saltano, il vincolo tra rappresentante e rappresentato rischia di non essere più percepito, di venire meno, e credo che questo sia uno degli elementi che hanno allontanato i cittadini dalla partecipazione al voto. Tra i problemi che la politica ha la responsabilità di affrontare credo che questo possa essere uno strumento anche per entrare in questo dibattito’.
‘Voi sapete – ha detto ai suoi interlocutori la presidente del Consiglio – che l’attuale maggioranza di governo si è presentata agli elettori indicando nel proprio programma elettorale una riforma delle nostre istituzioni e una riforma della nostra Costituzione che va nella direzione del presidenzialismo. Chiaramente, quando la coalizione ha vinto le elezioni ha ricevuto un mandato dai cittadini per una riforma di questo tipo. Io credo che la sfida che dobbiamo portare avanti sia quella di centrare soprattutto gli obiettivi, che per me e per noi, sono fondamentali. Gli obiettivi fondamentalmente sono due e sono quelli che vi ho raccontato: stabilità della Legislatura, come si fa a garantire nell’attuale sistema quando si va al voto e si elegge una maggioranza di far durare il governo che i cittadini hanno indicato di volere e per cinque anni, come accade nella stragrande maggioranza dei casi. Ancora più importante come si fa a garantire che il governo che si forma dopo le elezioni sia rispettoso di quella indicazione che dai cittadini è arrivata. Importante che ci sia un collegamento il più possibile diretto fra le indicazioni di voto e il governo un collegamento soprattutto con i programmi che i cittadini hanno votato’. Per mostrare la sua intenzione a un dialogo vero, la presidente del Consiglio ha sottolineato: ‘Io non arrivo qui con la soluzione, voi sapete le proposte che abbiamo presentato quando eravamo all’opposizione. Ma a monte voglio provare a capire se siamo d’accordo con gli obiettivi, se siete d’accordo che insieme si debba provare a lavorare per costruire un sistema che garantisca rispetto della volontà popolare e stabilità di governo. Perché se siamo d’accordo su questi obiettivi le strade che noi possiamo intraprendere sono molte e io sono disposta anche rispetto a quelle che sono le mie convenzioni a immaginare schemi diversi che garantiscano questi obiettivi. Ci sono diversi modelli che si possono prendere a esempio e vi dico di più, non è detto che l’Italia non possa immaginare un suo modello, ne avremmo diritto e ne possiamo inventare anche uno migliore’.
Dunque, l’elenco delle opzioni sul campo. ‘Ovviamente – ha spiegato Meloni – gli scenari possibili principali di cornice sono tre: il sistema presidenziale, che voi conoscete, presidenzialismo in senso stretto con elezione diretta del Presidente della Repubblica, che è anche Capo del Governo, il semipresidenzialismo sul modello francese, quindi elezione diretta del Presidente della Repubblica che nomina un Capo del Governo, oppure c’è l’opzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio che in questo caso mantiene in capo al Parlamento l’elezione del Presidente della Repubblica, che mantiene il suo ruolo di personalità super-partes e di contrappeso. Queste sono le strade principali. Noi volutamente non possiamo arrivare qui con una norma scritta e con una scelta codificata perché prima voglio capire se c’è un margine per trovare una sintesi anche con le forze dell’opposizione, penso sia importante riuscire a fare una riforma del genere nel modo più condiviso possibile, ciò non vuol dire che se non è condivisa non si fa, penso che anche questo sia rispettare il mandato dei cittadini. Credo che qualsiasi regola si definisca, una regola uguale per tutti che deve avere una capacità di dialogo il più ampia possibile’. ‘È l’inizio di un percorso, come vedete siamo estremamente aperti a dialogare insieme purché non ci siano atteggiamenti pregiudiziali, perché se uno dice ‘no, voglio lasciare così’ il dibattito si conclude facilmente. Se invece c’è una disponibilità in questo senso si comincia a parlare di quali possano essere fra queste le riforme le migliori per il nostro ordinamento, il nostro sistema. Quale ritenete possa essere la forma migliore e piano piano si scende nei contenuti. Questo è un approccio del governo: vorrei cercare un dialogo, provare a vedere se ci sono punti di contatto’, ha osservato.