Consorzio Colline Teramane Docg confluirà nel Consorzio Vini Abruzzo
Consorzio Colline Teramane Docg confluirà nel Consorzio Vini AbruzzoMilano, 5 giu. (askanews) – Novità nell’importante panorama enologico abruzzese: il Consorzio di Tutela Vini Colline Teramane Docg confluirà nel Consorzio Vini d’Abruzzo. Lo ha annunciato ad askanews Enrico Cerulli Irelli, presidente del piccolo ente consortile che tutela la più importante Denominazione locale, il Montepulciano d’Abruzzo delle Colline Teramane (unica Docg regionale fino al 2019 quando fu introdotta Terre Tollesi o Tullum), che si estende su 172 ettari con una produzione annua di circa 600mila bottiglie.
“Assieme al Consorzio Vini d’Abruzzo vogliamo creare un nuovo soggetto che rappresenti l’Abruzzo del vino nella sua interezza” ha spiegato Cerulli Irelli, che gestisce Tenuta Cerulli Spinozzi (35 ettari, 100mila bottiglie) ed è alla guida del Consorzio dal 2018, aggiungendo che “naturalmente la Denominazione continuerà ad esistere ma il nostro piccolo Consorzio sarà sostituito da un Comitato di Denominazione all’interno del grande Consorzio Vini d’Abruzzo, nel cui Cda sono rappresentate per Statuto tutte le Denominazioni tutelate”. A margine di una interessante degustazione di 22 etichette organizzata dal Consorzio nello Spazio dello chef abruzzese Niko Romito a Milano, Cerulli Irelli ha precisato che “noi continueremo a percorrere la nostra strada ma lo faremo con uno strumento più forte e più funzionale per le nostre Cantine, che oggi pagano due quote associative e quando partecipano alle tante manifestazioni internazionali organizzate dal Consorzio vini d’Abruzzo non possono portare Colline Teramane” ha aggiunto Cerulli Irelli, sottolineando “che il rischio di perdere la nostra specificità e identità non si pone se continueremo a incontrarci e a confrontarci nel Comitato di Denominazione. Certo – ha concluso – non è stata una decisione facile, ma oggi la vedo non come una sconfitta ma come una rinascita”.
Fondato nel 2003 subito dopo il riconoscimento della Docg (nel 1995 era stata certificata come sottozona), questo piccolo Consorzio che tutela e promuove anche la Doc Controguerra e l’Igt Colli Aprutini, riunisce 37 produttori con vigneti che vanno dal massiccio del Gran Sasso fino all’Adriatico. Un territorio in cui i primi segni di produzione enoica risalgono ad un paio di secoli prima di Cristo e che a fine Ottocento contava 170mila ettari di vigna e una produzione di circa 1,8 milioni di ettolitri. Oltre il 70% delle aziende qui opera in regimi di qualità certificata (biologico, biodinamico o lotta integrata) con un Disciplinare che prevede, tra l’altro, rese non superiori ai 95 quintali per ettaro (contro i 140 del Montepulciano d’Abruzzo Doc) e obbligo di vinificazione e imbottigliamento nella zona di produzione. Non è poco se si pensa che, nonostante i passi avanti compiuti in direzione della qualità per contenere una quantità storicamente debordante, ancora oggi oltre il 50% della produzione del totale del vino abruzzese viene imbottigliata fuori regione da aziende non abruzzesi. Il Consorzio Vini Abruzzesi dal settembre dell’anno scorso è presieduto dal titolare di una piccola azienda privata teramana, il cinquantenne Alessandro Nicodemi di Fattoria Bruno Nicodemi: una novità importante dato che questa carica era sempre stata espressione delle cooperative, le principali delle quali sono le chietine Citra (nata nel 1973, con circa 3mila soci raggruppati in 9 cantine) e Tollo (nata nel 1960 e con circa 620 soci). Non è l’unica novità recente, dato che nel gennaio scorso è arrivato il via libera alla proposta del Consorzio di regolamentare lo stoccaggio dei vini, in modo da gestire i volumi di prodotto disponibili, con il blocage del 20% di Montepulciano d’Abruzzo Doc rivendicato nell’annata 2022. Ma soprattutto è stata approvata la modifica del Disciplinare con l’introduzione delle menzioni “Superiore” e “Riserva” per le Dop principali e la nascita di una Igt regionale unica.
L’Abruzzo insomma sta lavorando tanto e nella direzione giusta (anche sul fronte del turismo, con particolare attenzione a quello del vino), con la consapevolezza che se l’export continua a salire (il 70% delle 130 milioni di bottiglie prodotte all’anno), sono cresciute anche le giacenze e la compravendita dello sfuso è ancora un mercato economicamente molto rilevante.