Berlusconi, addio al fondatore di Mediaset e del centrodestra
Berlusconi, addio al fondatore di Mediaset e del centrodestraRoma, 12 giu. (askanews) – Quanti appellativi gli sono stati dati. C’è anche chi li ha contati: sono una trentina. Soprannomi affettuosi, come il ‘dottore’, usato dai suoi più stretti collaboratori. Altri meno lusinghieri come il Caimano, così come per anni lo descriveva la sinistra e come lo ha immortalato in un film Nanni Moretti. O anche ‘Sua emittenza’, usato più per sottolineare i suoi interessi privati in affari di Stato che non per riconoscergli il ruolo di fondatore dell’impero Mediaset. E poi ce ne sono tanti altri: Banana, il Cavaliere, lo zio Silvio (come spesso era chiamato tra i giornalisti che lo hanno seguito per molti anni), o Papi, quel nome che rimanda in un attimo alla stagione non esaltante delle ‘cene eleganti’.
Perché Silvio Berlusconi, certamente, è stato molto amato e molto odiato. Tante volte sull’altare, molte volte nella polvere. Guai giudiziari – e un costante rapporto di opposizione frontale con la magistratura – che lo hanno portato persino alla decadenza da senatore della Repubblica. Quella della sua vita di imprenditore è invece una storia di successo, cominciata nell’edilizia e poi continuata nel mondo della televisione. E poi, una delle sue più grandi passioni, il Milan, di cui diventa presidente nel 1986 e che ha portato nell’Olimpo del calcio mondiale. ‘Sono il presidente di club che ha vinto di più nel mondo’, amava dire. Una storia irripetibile, anche se molti anni dopo ci ha riprovato diventando presidente di quel Monza che, sotto la sua egida, è passato dalla serie B alla serie A.
Ma è nell’ottobre del 1993 che la sua vita prende la svolta che lo porterà a essere quattro volte presidente del Consiglio: la scelta di ‘scendere in campo’ per fermare la ‘gioiosa macchina da guerra’ della sinistra messa in piedi da Achille Occhetto, mentre tutt’intorno ancora giacevano le macerie dei vecchi partiti mandati in frantumi dallo scandalo Tangentopoli. Senza nessuna esperienza politica diretta, ma con alle spalle un impero della comunicazione, mise in piedi Forza Italia come fosse una delle sue aziende, con la stessa logica scelse i suoi compagni in quell’avventura. Con quel famoso discorso fatto al Paese, con il noto incipit ‘l’Italia è il Paese che amo’, Silvio Berlusconi entrava di prepotenza sulla scena politica portando il suo partito in pochi mesi a vincere le elezioni del 1994 e se stesso sulla poltrona di palazzo Chigi. Certo, guidare un governo non è proprio come gestire un’azienda e certe logiche di quella che poi avrebbe spesso chiamato ‘politica politicante’ in contrasto con il suo essere un ‘uomo del fare’, all’inizio gli furono fatali. Quel governo durò pochissimo, solo sette mesi. A voltargli le spalle fu la Lega di Umberto Bossi, con il quale diventerà invece in futuro fedele amico e alleato. Nelle successive elezioni, quelle del 1996, comincia la rivalità politica con Romano Prodi che diventerà uno dei suoi crucci.Né in quell’occasione, né poi nel 2006, riuscirà mai a batterlo nelle urne. Anche per colpa del Senatùr del Carroccio che decise di correre da solo, nel 1996 Silvio Berlusconi si trovò ad affrontare quella che poi ha sempre chiamato la sua lunga ‘traversata nel deserto’. Dopo cinque anni di governi di centrosinistra, però, nel 2001 il Cavaliere stringe un patto politico con tutti i partiti del centrodestra dando vita alla Casa delle libertà.
Di quella campagna elettorale che da lì ai successivi cinque anni lo porterà a guidare due governi (il Berlusconi bis e ter), rimane nell’immaginario collettivo il famoso ‘Contratto con gli italiani’ siglato in diretta tv dal salotto di Bruno Vespa. Nel 2006, una nuova sfida con Romano Prodi per la presidenza del Consiglio lo vede perdente, ma questa volta a durare poco sarà il governo del Professore. Nel 2008 si torna alle urne e il centrodestra stravince. Ma a quella vittoria, il ‘dottore’ ci arriva dopo aver nuovamente mescolato le carte in tavola. Il 18 novembre 2007, dopo un discorso in piazza San Babila passato alla storia con il nome di ‘Svolta del predellino’, Berlusconi dà vita a un nuovo partito che fonde insieme Forza Italia e Alleanza nazionale in nome di una spinta bipolarista. Comincia allora il suo rapporto di amore e odio con Gianfranco Fini, lo stesso a cui aveva dato la sua benedizione come candidato sindaco di Roma nel 1993 quando ancora valeva la ‘conventio ad excludendum’ nei confronti della destra sociale. Quel rapporto altalenante sarà una costante dell’ultima esperienza di governo di Berlusconi, vissuta in continuo contrasto con quello che aveva scelto come suo vice ma con il quale il feeling si era presto consumato. Dalla poltrona di presidente della Camera, d’altra parte, Gianfranco Fini contribuì a non rendere la vita facile al Cavaliere fino alla plateale lite durante un appuntamento del partito in cui Berlusconi sbottò con l’alleato e lui gli rispose con l’ormai celebre ‘Che fai, mi cacci?’.
Ma non saranno soltanto i complicati equilibri politici a minare alle basi le sorti del Berlusconi quattro. Scoppia il caso della sua presenza alla festa della diciottenne campana Noemi Letizia, poi l’affaire Ruby, quindi voci di feste e festini, di ‘Bunga bunga’, consumati tra palazzo Grazioli, la residenza romana in cui viveva non essendosi mai voluto trasferire a palazzo Chigi, e la sua villa di Arcore. Lo scandalo lo sovrasta, ne lede irrimediabilmente l’immagine. Tutto questo mentre l’Italia finisce nel mirino della speculazione internazionale, lo spread schizza alle stelle, si parla di un Paese sull’orlo del fallimento. Nel novembre del 2011, mentre la gente scendeva in piazza chiedendo la sua ‘testa’, Silvio Berlusconi fu ‘convinto’ a dimettersi. Dopo di lui arriverà il governo di Mario Monti. Il Cavaliere ha sempre definito tutto ciò che successe in quel periodo come un vero e proprio colpo di Stato. Ma la sua parabola politica non si era ancora conclusa. Con le elezioni del febbraio 2013 verrà eletto per la prima volta a palazzo Madama, uno scranno che sarà costretto a lasciare pochi mesi dopo, il 27 novembre, quando l’aula voterà a favore della decadenza del suo mandato a seguito della condanna in via definitiva per frode fiscale nel processo Mediaset, l’unica del suo travagliato rapporto con la giustizia che lo ha visto imputato più volte, fino all’ultima assoluzione in un filone della vicenda Ruby. Quella sentenza lo tiene fuori dalle aule parlamentari a lungo, avendolo reso momentaneamente ineleggibile. Nel 2019, però Silvio Berlusconi torna a vincere una elezione, diventando europarlamentare di Forza Italia. La chiusura di quel cerchio, arriva però a compimento nel 2022 con la vittoria del centrodestra alle elezioni Politiche, l’arrivo a palazzo Chigi di Giorgia Meloni, e il suo ritorno proprio a palazzo Madama. I numeri della sua storia politica sono da record: con 3.340 giorni complessivi (corrispondenti ad oltre nove anni) è il politico che è rimasto in carica più a lungo nel ruolo di presidente del Consiglio dell’Italia repubblicana, superato in epoche precedenti solo da Benito Mussolini e Giovanni Giolitti, inoltre ha presieduto i due governi più duraturi dalla proclamazione della Repubblica. È stato l’unico leader politico mondiale ad aver presenziato a 3 vertici del G7 come presidente del Paese ospitante (1994 a Napoli, 2001 a Genova e 2009 a L’Aquila). Di quel primato si è spesso vantato, annoverando i suoi buoni rapporti sia con l’America di George W. Bush che con la Russia di Vladimir Putin come una sua ragione di onore. Anzi, ha sempre rivendicato per sé il merito di aver fatto inserire la Russia nel contesto dei Grandi della terra in una ottica che chiamava ‘lo spirito di Pratica di mare’. Rapporti, quelli con Zar Vlad, che non si sono mai interrotti nemmeno nei mesi della guerra in Ucraina e con l’Italia apertamente schierata a fianco di Kiev. Anche molto odiato, si diceva. Politicamente lo è certamente stato, ma dal punto di vista caratteriale anche gli avversari gli hanno sempre riconosciuto un grande savoir faire e la sua capacità di ammaliare. Era celebre per le barzellette che raccontava molto spesso, talvolta anche ripetendo più volte le stesse, sia in pubblico che in privato. Raccontava le sue ‘storielle’ anche in contesti seri, come accadde una volta in cui l’allora ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, portò a palazzo Chigi dei sindacalisti sardi. E alla fine l’esponente della Cgil ammise con candore: ‘Io politicamente sono all’opposto, però è davvero simpatico’. Talvolta, tuttavia, le sue uscite sono state decisamente fuori contesto: basta pensare al cucù alla Merkel, alle corna nelle foto opportunity con i capi di governo stranieri o all’Obama ‘abbronzato’. Insomma, un gaffeur per chi lo avversava. Un genio per chi lo idolatrava. E’ rimasto sempre saldamente alla guida di Forza Italia, battezzando di volta in volta potenziali delfini che mai hanno preso il suo posto. Ciononostante, la storia del partito è caratterizzata dall’alternarsi, alla destra del fondatore, di molti personaggi o esponenti politici passati spesso dall’essere ascoltatissimi e potenti al diventare quasi reietti. Persino il fidatissimo Gianni Letta, suo sottosegretario alla presidenza del Consiglio negli anni a palazzo Chigi, ha avuto alterne fortune. Lo dimostra un episodio su tutti: nei giorni in cui Berlusconi, insieme a Salvini, porta di fatto alla caduta del governo di Mario Draghi, nessuno riesce a parlare con lui per provare a farlo ragionare sulle conseguenze di quella scelta. Non ci riesce Letta, ma per la verità nemmeno il Quirinale. Sono i giorni in cui l’ex premier se ne sta a villa Grande, la ex casa di Zeffirelli eletta a sua nuova residenza romana dopo l’addio a palazzo Grazioli, e in cui diventano sempre più influenti accanto a lui da una parte la senatrice Licia Ronzulli, dall’altra Marta Fascina, la donna che ha preso il posto di Francesca Pascale come sua compagna, che Berlusconi chiama ‘mia moglie’, anche se il matrimonio, che si è tenuto a marzo del 2022, è stato puramente simbolico. La vittoria elettorale del settembre 2022 apre una nuova stagione di rapporti all’interno del centrodestra, con Forza Italia solo terzo partito e Giorgia Meloni leader indiscussa. All’inizio Berlusconi fatica un po’ nel suo ruolo di gregario e le trattative per la formazione del governo portano a momenti di tensione altissima, prima quando Forza Italia decide di non votare Ignazio La Russa presidente del Senato, poi quando la leader di Fratelli d’Italia si oppone all’ipotesi che la fedelissima Ronzulli diventi ministro. Pochi mesi dopo, però, il quadro cambia nuovamente. Berlusconi, fortemente consigliato da Fascina e con l’accordo della figlia Marina, mette da parte la linea critica nei confronti di Meloni e diventa il più governista dei governisti. Cadono in disgrazia le stesse persone che portava in palmo di mano poco prima: Alessandro Cattaneo viene estromesso da presidente del gruppo alla Camera mentre Licia Ronzulli mantiene quel ruolo in Senato ma perde l’importante guida del coordinamento della Lombardia. E, non a caso, ai tavoli con il governo a rappresentarlo torna Gianni Letta, da sempre il suo uomo del dialogo.