Ambasciatore Stefanini: Nato è fronte unito, non si ripeterà Bucarest 2008
Ambasciatore Stefanini: Nato è fronte unito, non si ripeterà Bucarest 2008Milano, 15 giu. (askanews) – A Bucarest nel 2008, “la prima volta che si presentò questo problema, ci fu una discussione difficilissima che dette un segnale di divisione all’interno dell’Alleanza, perché l’Alleanza allora era divisa. Si risolse in una dichiarazione di principio, ovvero Ucraina e Georgia entreranno nella Nato, molto categorica, che infuriò Vladimir Putin e contemporaneamente diede una percezione di debolezza. Questo a Vilnius non succederà”. Lo afferma deciso l’ambasciatore Stefano Stefanini, tracciando per askanews quello che ci si potrebbe aspettare dal prossimo summit estivo dell’Alleanza militare, previsto per l’11 e 12 luglio nella capitale lituana. “La questione dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato – che potrebbe essere l’unica garanzia che quello che è successo il 24 febbraio 2022 non si ripeta – è un problema che si può porre soltanto nel momento in cui la guerra abbia termine”, prosegue.
Stefanini è stato consigliere diplomatico del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e nel 2008 era rappresentante permanente d’Italia presso la NATO. “Quello che molto probabilmente l’Alleanza farà adesso è essenzialmente confermare l’appoggio, stabilire un raccordo forte con l’Ucraina e riaffermare il ‘Whatever it takes’ (in italiano “Tutto ciò che è necessario” o anche “Costi quel che costi”), ovvero il messaggio che americani ed europei stanno dando alla Russia e all’Ucraina, di essere pronti a sostenerla quanto e finché sarà necessario” afferma. Il tempo è tiranno con tutti e più si va avanti più consuma le parti nel conflitto. Ma “la Russia ritiene che il tempo giochi a suo favore avendo un sistema di risorse che l’Ucraina non ha e di poter continuare la guerra a tempo indeterminato, perché – a loro modo di vedere – prima o poi gli americani si stancheranno di sostenere l’Ucraina” aggiunge Stefanini. “Quello che può dire la Nato è appunto: assolutamente no, noi continueremo a sostenere Kiev per quanto tempo sarà necessario”.
Il tutto anche se “sappiamo tutti che le elezioni presidenziali americane, come un qualsiasi evento interno in Russia, possono cambiare” i giochi. “Ma la Nato deve ragionare in termini di continuità della politica estera. Cambiano i governi. È cambiato il governo in Germania, ad esempio. Ma i dati essenziali della politica estera non cambiano. Sappiamo tutti che una rielezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti potrebbe cambiare molte cose, ma c’è da augurarsi che gli americani non si lascino incantare dalle sirene”. C’è inoltre chi ipotizza un futuro di neutralità per l’Ucraina, un modello israeliano o svizzero. “La guerra in corso – replica Stefanini – potrebbe terminare con un armistizio alla coreana, ma nel momento in cui gli ucraini con i russi negoziassero un trattato di pace, saranno gli ucraini a decidere se la loro sicurezza può essere garantita sufficientemente da una soluzione ‘svizzera’ o ‘israeliana’. Da notare che la Svizzera è circondata dalla Nato, e quindi il problema è molto relativo per la Svizzera. Israele non ha come vicino la Russia. E dalla guerra dei 6 giorni ha una netta superiorità militare. Questo non è il caso dell’Ucraina. E comunque mi pare difficile immaginare un negoziato di pace con Putin al potere. Se ci fosse non un cambio di regime, ma di leadership, forse il discorso potrebbe essere diverso”.
In sostanza da evitare a Vilnius è di “parlare di adesione” dell’Ucraina “alla Nato, anche perché la formula di quelli che spingono in questo senso è ‘adesione quando le circostanze permettono’” e “sarebbe una ripetizione di Bucarest. Contemporaneamente “rafforzare i legami e la cooperazione. E poi continuare quello che si sta facendo, che poi essenzialmente lo fanno le nazioni perché gli eserciti rimangono nazionali”. Altra questione sarà poi Stoccolma e la sua adesione, dopo che Helsinki è riuscita a entrare nella Nato come 31esimo Paese. “Se la Svezia continua a rimanere a bocca asciutta, siamo di fronte a un problema Nato-Turchia che non potrebbe che rallegrare Putin: Recep Tayyip Erdogan con altri 5 anni davanti a lui, deve mollare sulla questione perché altrimenti, se continua ad avanzare motivi pretestuosi, si crea davvero un’incompatibilità tra Turchia e Nato. Ma Erdogan penso negozierà, come al solito”.
(di Cristina Giuliano)