Prigozhin in esilio in Bielorussia, Putin appare più debole
Prigozhin in esilio in Bielorussia, Putin appare più deboleRoma, 25 giu. (askanews) – Per Evgeny Prigozhin si prepara un esilio in Bielorussia e un futuro molto incerto ma tutto da scrivere dopo la clamorosa ribellione che lo ha visto lanciare le sue truppe Wagner dal sud della Russia verso la capitale, salvo poi accettare un accordo e ordinare il dietro-front. L’intesa è stata ufficialmente mediata dal presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko e ufficialmente motivata dalla necessità di sventare un sanguinoso scontro nella capitale, che avrebbe potuto far precipitare la Russia nella guerra civile. Le dinamiche e le poste in gioco dell’ammutinamento del fondatore della Compagnia Militare Privata Wagner restano oscure ma la più grande sfida al presidente russo Vladimir Putin nei suoi oltre due decenni al potere sembra rientrata, per ora.
Un convoglio con miliziani del gruppo Wagner ed equipaggiamenti militari è uscito da Rostov-sul-Don nottetempo, ha comunicato sul suo canale Telegram il governatore della omonima regione, Vasily Golubev. La situazione sembra tornata tranquilla, tuttavia, l’ente statale di gestione delle autostrade fa sapere tramite i canali social che “restano in vigore le limitazioni del traffico lungo l’autostrada M-4 nelle regioni di Tula e Mosca” mentre via libera per la circolazione da e per Rostov. Tula dista circa 170 chilometri dalla capitale. La breve rivolta ha messo in luce vulnerabilità tra le forze governative russe o l’impossibilità di agire contro l’insorto, dato che gli uomini del gruppo Wagner sono entrati con veicoli blindati nella città di Rostov-sul-Don e sono partiti alla volta di Mosca senza incontrare resistenza. La capitale si era preparata all’arrivo degli insorti allestendo posti di blocco con veicoli blindati e dislocando truppe nella parte sud della città. Circa 3.000 soldati ceceni sono stati ritirati dai combattimenti in Ucraina e si sono precipitati in Russia sabato mattina, secondo la tv di stato cecena.
L’accordo confermato ieri sera dal Cremlino prevede che Prigozhin si trasferirà in Bielorussia, Paese alleato che sostiene l’invasione dell’Ucraina. Decadranno le accuse di organizzazione di insurrezione armata, per cui avrebbe rischiato sino a 20 anni e non saranno perseguirà i combattenti Wagner che hanno partecipato alla rivolta. Quanti non si sono uniti alla ‘marcia su Mosca’ potranno ottenere un contratto dal ministero della Difesa, come da piani dei vertici russi, che secondo diversi analisti hanno provocato l’ira incontenibile di Prigozhin e l’incredibile sfida al potere moscovita. Il governo ha infatti deciso di far rientrare sotto l’ala della Difesa i vari gruppi di volontari e mercenari attivi in Ucraina e in generale le “Compagnie militari private” . Teoria che comunque non convince tutti. Prigozhin, con un messaggio audio postato sui suoi canali Telegram, ha ordinato alle sue truppe di tornare alle basi in Ucraina, dove hanno combattuto a fianco dei contigenti regolari, con continue e crescenti polemiche da parte sua. Il fondatore e capo delle milizie mercenarie Wagner ha più volte chiesto la testa del ministro della Difesa Sergei Shoigu e del capo dello Stato maggiore Valery Gerasimov, sbeffeggiati e offesi nei suoi frequenti interventi sui social. Venerdì Prigozhin ha accusato le forze sotto il comando di Shoigu di aver attaccato i campi Wagner e di aver ucciso “un numero enorme di nostri compagni”.
Sullo sfondo del conflitto tra il capo dei mercenari e dell’esercito regolare, Vladimir Putin, che ieri ha promesso di punire quanti hanno organizzato la rivolta armata. In un videomessaggio alla nazione, il presidente russo ha definito la ribellione un “tradimento” e una “coltellata alla schiena”. Ma Prigozhin verrebbe ora graziato, il che pare una contraddizione. “L’obiettivo più alto” di Putin era “evitare spargimenti di sangue e scontri interni con risultati imprevedibili”, ha detto il portavoce presidenziale Dmitri Peskov. La ribellione sedata con un accordo e chissà quali privati compromessi rischia di far apparire Putin sempre più debole, mentre la guerra in Ucraina continua e alla vigilia di una fase elettorale che dovrebbe portare alla sua rielezione a marzo 2024.