Il 90% dei crediti ‘non performing’ sono a rischio
Il 90% dei crediti ‘non performing’ sono a rischioRoma, 4 lug. (askanews) – Trecentoquaranta miliardi di euro. Una cifra pazzesca che dà conto del valore, in Italia, dei cosiddetti crediti non performing. Crediti che i debitori non riescono più a ripagare regolarmente e per i quali il recupero è incerto sia in termini di rispetto della scadenza sia per l’ammontare dell’esposizione di capitale: “Fino a oggi -spiega Graziano Meloni, presidente e amministratore delegato di Manteia-Memar srl, società fintech specializzata in tecnologia avanzata e servizi per banche e asset manager- quando quei crediti vengono ceduti a fondi e servicer specializzati sono analizzati e presi in carico dai gestori, ma il vaglio e l’attività specializzata, vista la mole di documentazione, si limita al 10% del totale. Il che ovviamente offre una efficacia parziale e spesso incompleta con ricadute economiche di non poco conto”.
La pandemia prima e la guerra in Ucraina poi hanno ovviamente aggravato l’ineffcienza del settore che tuttavia già esisteva: “Il rimedio -afferma Meloni- è nella tecnologia avanzata e, in particolare, nell’uso dell’Intelligenza artificiale che aiuta a estrarre e ordinare le informazioni più o meno complesse, così da renderne più dettagliata l’analisi. I portafogli di credito contengono diverse tipologie di titoli, come crediti appunto problematici e inesigibili, ma anche incagli e debiti ancora performanti ma da attenzionare. Ad analizzare la documentazione sono di solito pool di specialisti che devono limitarsi a controllarne solo in parte, mentre il resto viene preso, diciamo così, a scatola chiusa. Una mancanza tecnica, quindi, che penalizza tutte le parti coinvolte, impedendo di fatto la possibilità di trovare nel credito una risorsa”. Ma non basta. Si chiama Imola il nuovo strumento che ha come proprio obiettivo quello di agevolare il percorso e di mettere mano a quel 90% di crediti che spesso vengono, in qualche modo, dimenticati. Si tratta di una virtual data room di nuova generazione a supporto di due diligence e gestione dei portafogli del credito. “Grazie all’automazione dei processi -sostiene Meloni- è possibile analizzare l’intera mole di informazioni, che diventa accessibile e governabile tramite il supporto di dashboard, alert e altri strumenti di gestione, compresi quelli per effettuare la bonifica documentale e informativa. Un supporto essenziale che di fatto movimenta il settore e lo rende decisamente più efficace e performante. Si dà così vita ad una gestione del credito esperto, crediti cioè che sono oggetto di una profonda analisi e che, come tali, danno vita a diverse tipologie di intervento. Sia rispetto a crediti complessi, sia in via preventiva nel decidere se finanziare o meno una persona fisica o giuridica”.
Diversi dunque i benefici che coinvolgono tutte le parti in causa: l’istituto di credito, il fondo che acquista il portafoglio e i singoli debitori. “Con una maggiore conoscenza delle informazioni a disposizione -dice Meloni- è possibile far emergere il doppio del valore, senza aumentare i costi di gestione. Ed è possibile soprattutto porre le basi per un mondo in cui la finanza possa essere strumento di valorizzazione delle storie dei singoli e complessivamente di miglioramento economico e produttivo delle nostre comunità. Il credito, del resto, ha sempre rappresentato una risorsa irrinunciabile per privati, aziende e istituzioni. Un’opportunità per realizzare i loro progetti e migliorare la qualità della loro vita. Ma perché ciò accada -conclude Meloni- è necessario eliminare i tratti patologici che, non solo in Italia, ancora persistono e che ne compromettono la sua natura originaria. La strada è appunto quella del credito esperto, grazie al quale si ragiona su come aiutare chi è in difficoltà e capire se è ancora meritorio di fiducia ma si valuta anche, non affidandosi più solo agli algoritmi di un computer, se è opportuno o meno sposare i progetti di privati o di aziende. Una valutazione profonda grazie alla quale le stesse banche non chiuderanno a priori i rubinetti per evitare crac stile Silicon Valley o Credit Suisse”.