Performing PAC, la memoria a 30 anni dalla strage di via Palestro
Performing PAC, la memoria a 30 anni dalla strage di via PalestroMilano, 11 lug. (askanews) – L’arte, soprattutto le immagini in movimento, come veicolo di memoria. Un veicolo spesso doloroso, ma necessario per dare una lettura al passato, anche quello più difficile, e provare a non dimenticare. Il PAC di Milano torna a proporre il proprio appuntamento annuale Performing PAC e per il 2023 lo fa, come ci ha spiegato il curatore Diego Sileo, ricollegandosi direttamente alla storia recente della città. “Tutto nasce – ha detto ad askanews – dal voler ricordare e commemorare la strage di Via Palestro. Quest’anno sono 30 anni dalla strage mafiosa di Via Palestro e abbiamo quindi pensato di declinare il nostro format annuale Performing Pac a tema memoria: siamo partiti con una timeline affidata ai giornalisti Simona Zecchi e Marco Bova, di ricostruzione del biennio della stragi 1992-93, per poi lasciare spazio a nove artisti contemporanei”.
In mostra opere di Christian Boltanski, uno degli artisti che più hanno lavorato sul tema della memoria come elemento propulsore della ricerca e che aveva portato al PAC una grande esposizione a inizio anni Duemila. Ma anche dell’israeliana Yael Bartana, che riporta alla luce, attraverso un “Messia” d’aspetto androgino, le paure, i sogni, i traumi repressi e i ricordi del passato della città di Berlino. Del resto lo stesso titolo della mostra, “Dance me to the End of Love” è una citazione di Leonard Cohen, dedicata alla inenarrabile tragedia della Shoah. “Abbiamo selezionato nove artisti contemporanei – ha aggiunto Sileo – abituati nella loro poetica e nella loro ricerca, a raccontare la memoria, a raccontare la storia”. Come lo fa anche Maurizio Cattelan, che sotto la patina del personaggio trasgressivo in realtà da sempre porta avanti una ricerca profonda e spesso disperata, che qui al PAC è presente con due opere legate alla strage di via Palestro e che usano oggetti comuni, come le calze o le macchine fotografiche giocattolo degli anni Ottanta, per riportare sotto i riflettori il dolore e i danni di quell’attentato. La storia, nella mostra, passa comunque soprattutto attraverso i video degli artisti, che creano tempi diversi e sospesi e spazi nei quali il ricordo può prendere altre forme. Perché la memoria non è un macigno, ma somiglia più a un fiume, con la sua pluralità di percorsi e possibili correnti.