Meloni lancia “processo di Roma” per cooperazione e lotta ai trafficanti
Meloni lancia “processo di Roma” per cooperazione e lotta ai trafficantiRoma, 23 lug. (askanews) – Giorgia Meloni lo ripete più volte: dalla Conferenza sullo sviluppo e le migrazioni che si è conclusa oggi alla Farnesina parte il “processo di Roma”. Non un intervento “spot” ma un percorso “ampio” e di “lungo periodo” per promuovere una cooperazione con i Paesi del Mediterraneo e dell’Africa per affrontare “alla radice” i problemi che spingono a migrare. Dalla Conferenza (a cui hanno partecipato una ventina di Paesi e una quindicina di organizzazioni internazionali) escono delle conclusioni condivise, che saranno inviate al segretario generale dell’Onu.
Concretamente il prossimo passo sarà la convocazione di una Conferenza dei donatori, per raccogliere risorse da far confluire in un fondo per lo sviluppo e in questo “la grande novità è che le nazioni che ricevono i finanziamenti devono essere anche quelle che decidono come spenderli”. Intanto gli Emirati arabi uniti hanno promesso investimenti per 100 milioni di euro, come ha annunciato il presidente emiratino Mohamed bin Zayed Al Nahyan che ha preso parte alla Conferenza, sottolineando che i fondi sono destinati “ai progetti di sviluppo nei Paesi colpiti dalla migrazione irregolare, comprese le iniziative di sostegno proposte nel Processo di Roma”. L’obiettivo generale è quello di instaurare un “dialogo tra pari” con una “piattaforma strategica e inclusiva, un lavoro pluriennale con una serie di obiettivi urgenti”. In questo processo “l’Italia ha le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista” e da “ponte” nel Mediterraneo “non solo per l’attenzione sul piano degli investimenti ma anche per l’approccio che ha saputo dimostrare, non predatorio, paritario, non paternalistico, che deve aiutare queste nazioni, accompagnarle, capire le difficoltà e intervenire”.
Atteggiamento ribadito anche dal padrone di casa, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha auspicato che la Conferenza “avvii una nuova stagione”, che “non sia soltanto un incontro formale ma un momento di confronto che possa essere un punto di svolta in un’area così importante come il Mediterraneo allargato che vede coinvolti tanti paesi del Golfo ed europei, la Commissione europea e il Consiglio europeo”, ha aggiunto. Naturalmente l’obiettivo principale di Meloni è quello di contenere l’immigrazione illegale che “danneggia tutti”. Il ‘modello’, per lei, è quello italiano: “Per alcuni anni in Italia – ha sottolineato – abbiamo azzerato le quote di immigrazione legale perché erano coperte illegalmente. Non è solidale dire a tutti ‘entrate’ e non occuparci di queste persone. Immaginiamo quote più alte del passato e che vengano aumentate con chi ha fatto percorsi formativi concordati e con accordi bilaterali”. E questo metodo “conviene a tutti i Paesi europei”.
Certo, qualche perplessità la suscita un accordo come quello con il presidente tunisino Kais Saied (oggi tra i protagonisti a Roma) per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. Ma a chi le chiede se l’erogazione dei fondi a Tunisi possa essere legato al loro rispetto, Meloni si limita rispondere che “forse è una domanda che dovrebbe fare all’Unione europea visto che è un accordo firmato tra Ue e Tunisia”. Però, ribadisce, “la Tunisia è in estrema difficoltà e lasciarla al suo destino potrebbe avere conseguenze molto gravi”. E proprio Saied, che ha parlato all’inizio della Conferenza subito dopo Meloni, ha parlato di un fenomeno, quello del traffico di esseri umani e dello sfruttamento della migrazione, che è paragonabile a “una nuova forma di schiavitù” che Tunisi non vuole e non può tollerare e che ogni anno genera profitti per oltre 150 mld dollari all’anno che mettono a rischio la vita di 25 milioni di persone nel mondo”.
L’accordo con la Tunisia è stato preso come esempio da replicare anche dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: “Siamo a Roma con un obiettvo condiviso, vogliamo e possiamo fare di queste sfide un’opportunità, costruendo partenariati forti e duraturi” tenendo come modello “l’accordo con la Tunisia, un modello da emulare per il futuro con altri Paesi della regione” con “un approccio pragmatico su valori condivisi, interessi condivisi e soluzioni che siano adatte alle situazioni locali”, ha dichiarato. Dalle parole di Saied e dei rappresentanti della Libia, il premier del governo di unità nazionale Abdulhamid Dbeibah e il presidente del Consiglio nazionale Mohamed Al Menfi, è emerso con chiarezza che i Paesi di transito non intendono diventare destinazioni finali della migrazione e si attendono processi di collaborazione in cui si dialoghi alla pari e con un atteggiamento trasparente e giusto. “Il governo italiano ha dato priorità assoluta a questo dossier del contrasto a gruppi criminali legati alla migrazione clandestina”, ha detto il premier del governo di unità nazionale della Libia, ricordando che l’approccio delle autorità libiche si oppone “a ogni tentativo di stabilire questi immigrati nei Paesi di transito”, un’ipotesi che “va contro la nostra politica demografica, di sicurezza sociale e pace sociale”. “Dobbiamo avere un approccio giusto”, la questione migratoria “non deve riguardare solo il mare ma anche i Paesi di partenza, di transito e destinazione per trovare una soluzione equa”, inoltre, ha aggiunto Dbeibah, “la stabilità della Libia è nell’interesse del mondo intero e della regione”. Nella conferenza stampa finale, sollecitata dai giornalisti, Meloni è anche tornata a parlare della grazia a Patrick Zaki e del caso Regeni. Il primo “è un grande risultato che dimostra la percezione che si ha dell’Italia”, mentre la questione del ricercatore ucciso al Cairo “non è stata archiviata, continuo a occuparmene pur senza parlarne con voi”. Al centro delle domande anche l’incontro previsto alla Casa Bianca la prossima settimana con il presidente Joe Biden e il ‘nodo’ del memorandum sulla Via della Seta. “Il tema dei rapporti con la Cina si discute ampiamente in ambito G7 e potrà essere oggetto del confronto, non specificamente sulla via della Seta. A me la questione non è mai stata posta dal presidente degli Usa che ho incontrato più volte”, ha garantito Meloni.