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Appalti, Busia: qualificate 3.000 stazioni appaltanti, stima era 13.000

Appalti, Busia: qualificate 3.000 stazioni appaltanti, stima era 13.000Roma, 26 lug. (askanews) – “Scritte le regole, ora bisogna dare al codice dei contratti le gambe per camminare. Il tema più rilevante e concreto che la realtà ci porrà, la vera sfida da affrontare subito è la qualificazione delle stazioni appaltanti, da cui dipende tutto il resto. Se non si attua fino in fondo tale corso, immettendo risorse umane e finanziarie per garantire un reale rafforzamento della capacità amministrativa degli enti, tutto il meccanismo del codice dei contratti non regge più. Non regge il processo di digitalizzazione. Non regge il principio di fiducia e di discrezionalità su cui il codice è basato”. Il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), Giuseppe Busia, in un’intervista a “Diario dei nuovi appalti” – sito-newsletter di Giorgio Santilli -, fa un quadro dello stato dell’arte del codice dei contratti a 25 giorni dalla sua piena operatività. Primi bilanci e sfide “da cui capiremo se il codice riesce davvero a mantenere le promesse”. Un codice che “non è autoapplicativo, come si è detto, visto che abbiamo dovuto adottare dodici delibere per adeguare la normativa secondaria alle nuove regole legislative”.

“C’è una questione di organizzazione e una di formazione – attacca Busia -. Sul piano organizzativo, lo sforzo da fare è creare almeno un centinaio di centrali di committenza ben qualificate, robuste, diffuse sul territorio, tendenzialmente specializzate. Non basta l’aggregazione nazionale per dare un supporto effettivo a tutte le amministrazioni, serve una rete sul territorio e specializzata. Il secondo aspetto è la qualificazione alle persone: dobbiamo creare la capacità di fare. Questo è l’intervento fondamentale, che ha il suo seme nel PNRR ma va anche oltre il PNRR. Tanto più dopo che si è deciso di non emendare il codice, ma di riscriverlo totalmente, basandolo sul principio della fiducia, su una più ampia discrezionalità dell’amministrazione, sul principio di risultato”. “I contratti pubblici sono uno strumento per attuare le politiche pubbliche. Il principio di risultato – aggiunge – non è il risultato purché sia, ma è comprare coerentemente ai grandi obiettivi di transizione digitale, transizione ecologica, sostenibilità sociale. E questi richiedono progettualità, competenza nel progettare le gare, capacità di usare tutte le leve. Se devo fare una scuola, l’obiettivo non è solo fare un edificio il più in fretta possibile, ma creare spazi che siano inclusivi, facilitino l’apprendimento, consentano di svolgere al meglio le attività comuni. Altrimenti, si sprecano i soldi e si perde più tempo perché le criticità arriveranno più avanti. Il vero investimento per risparmiare tempo non è amputare pezzi del percorso di gara a scapito di concorrenza e trasparenza, ma è qualificare le stazioni appaltanti e progettare bene. Fare buone gare ottiene un doppio beneficio: si fanno meglio le opere e si cambia il mercato, premiando quelle imprese che investono sugli obiettivi che vogliamo perseguire, la digitalizzazione, la transizione ecologica e l’inclusione sociale”.

“Ci aspettavamo un numero di stazioni appaltanti qualificate più alto di quello che effettivamente stiamo registrando, che è fermo a meno di 3000”, sottolinea il presidente Anac, che prosegue: “È stato giusto non stringere troppo in partenza, per non paralizzare il sistema: stiamo anche usando la qualificazione in deroga che consente alla stazione appaltante di acquisire successivamente un requisito che ancora gli manca. Ma ora sarebbe sbagliato tornare indietro sui requisiti per il fatto che qualcuno ha difficoltà a ottenere la qualificazione”. Concretamente cosa sta accadendo? Come mai il numero delle amministrazioni qualificate è più basso del previsto e quante pensavate si potessero qualificare? “Stimavamo che fossero qualificabili 13mila delle 26mila stazioni appaltanti attive oggi. Al ritardo del processo concorrono vari fattori – spiega Busia -. Qualcuno non ha fatto domanda perché non aveva necessità di farla ora. Molte piccole amministrazioni hanno probabilmente rinunciato a qualificarsi perché hanno ritenuto che la soglia innalzata a 500mila euro fosse sufficiente per svolgere gli appalti essenziali. Molte altre perché tutto il PNRR è stato escluso fino a fine 2023. Il processo è stato messo in moto e sta andando avanti, ora dobbiamo remare tutti nella stessa direzione. Quello che comunque serve è creare una rete di centrali di committenza per tutte le stazioni appaltanti che non hanno la qualificazione, mostrando come la pubblica amministrazione può organizzarsi per centri di competenza che si mettono al servizio degli altri. Se la qualificazione del codice appalti funziona, diventa un buon esperimento di come dovrebbe essere organizzata tutta la pubblica amministrazione. Non abbiamo risorse per garantire competenze davvero elevate in tutte le migliaia e migliaia di centri di acquisto. Le dobbiamo allora concentrare e fare in modo che siano al servizio di chi non riesce a qualificarsi. Noi stessi, nella parte di attività della vigilanza collaborativa, in cui ci stiamo impegnando tantissime risorse, vogliamo essere un centro di competenza che aiuta le stazioni appaltanti a evitare errori, a comprare bene, a fare prima, a superare la paura della firma. Questo elemento collaborativo va valorizzato in tutta la Pubblica Amministrazione come modo corretto di operare: così l’amministrazione si organizza non più come una somma di monadi, ma come rete”.