La Bce alza ancora i tassi ma ora Lagarde apre a una possibile pausa
La Bce alza ancora i tassi ma ora Lagarde apre a una possibile pausaRoma, 27 lug. (askanews) – La Banca centrale europea torna ad alzare i tassi di interesse. Si tratta del nono aumento consecutivo da quando, esattamente un anno fa (era il luglio del 2022) l’istituzione di Francoforte ha iniziato la sua manovra anti inflazionistica. E potrebbe non essere l’ultimo, anche se nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo la presidente Christine Lagarde ha temperato i toni, aprendo alla possibilità di una pausa alla prossima riunione operativa, che si svolgerà il 14 settembre.
“In passato ho detto molte volte che abbiamo ancora della strada da fare” sui rialzi dei tassi, alla riunione di settembre “i dati ci diranno se e quanta strada resti da fare – ha detto -. Potremmo alzare o potremmo confermare i livelli: alzare o fare una pausa. Posso dire con certezza che non ridurremo i tassi”. E comunque “se fosse una pausa non sarà lunga, perché continueremo a decidere volta per volta”. Inoltre, ci ha tenuto a puntualizzare, quasi a non voler apparire eccessivamente morbida “a questo stadio direi che abbiamo ancora della strada da fare. Ma a settembre ce lo diranno i dati, che possono cambiare da un mese all’altro”.
Perché secondo i banchieri centrali, nonostante i ripetuti calmieramenti l’inflazione dell’eurozona resta troppo elevata (a giugno è calata al 6,4%) ed è attesa fuori dai livelli obiettivo “troppo a lungo”. Per questo la Bce ha deciso un nuovo aumento da 25 punti base su tutti i tassi. Al 4,25% il riferimento sulle principali operazioni di rifinanziamento segna il massimo dal luglio del 2008. Il tasso sulle operazioni marginali sale al 4,50% (massimo dal dicembre 2006). Il tasso sui depositi che le banche commerciali parcheggiano presso la stessa istituzione sale al 3,75%. E in questo caso è tornato al massimo storico del dicembre del 2000, quando al lancio dell’euro la banca centrale cercava di sostenerne il valore.
Peraltro la stessa istituzione ha spiegato come nelle condizioni attuali di persistenti ampie liquidità, sia proprio il tasso sui depositi ad essere il principale riferimento monetario. In questo ambito ha anche deciso di azzerare la remunerazione delle riserve obbligatorie che le banche devono detenere presso l’istituzione. “Questa decisione preserverà l’efficacia della politica monetaria, mantenendo l’attuale grado di controllo sulla sua intonazione e assicurando la completa trasmissione delle decisioni sui tassi ai mercati monetari”. I depositi oltre la soglia legale continueranno ad essere retribuiti al 3,75%, laddove fino ad ottobre questi fondi erano pagati con il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento. La variazione sulle riserve legali scatterà dal 20 settembre. Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli ha lamentato come la misura “costerà alle banche, così come è stata ed è onerosa la decisione della Bce dell’autunno scorso di rendere significativamente costosa la residua liquidità concessa alle banche attraverso i piani di finanziamento a lungo termine Tltro”.
Mentre sul rialzo dei tassi sono tornate a piovere critiche da varie parti. La mossa Bce segue un rialzo di portata analoga ieri da parte della Federal Reserve americana, in entrambi i casi queste strette monetarie puntano a favorire un calo dell’inflazione, creando un freno all’attività economica tramite condizioni di finanziamento meno convenienti e espansive. E questo effetto sembra sempre più evidente. “Le prospettive economiche dell’area euro sul breve termine si dono deteriorate, in ampia misura per l’idebolimento della domanda interna”, che a sua volta risente dell’alta inflazione e dell’inasprimento delle condizioni di finanziamento, ha riconosciuto la stessa Lagarde. La prosecuzione della stretta monetaria nell’area euro si accompagna a continue polemiche a causa del timore di caduta in recessione, che viene accentuato da questa manovra. Le ultime indagini sul manifatturiero hanno segnalato i valori di produzione più bassi dai catastrofici “lockdown” del 2020, imposti dai governi a motivo del Covid. Parallelamente la Bce sta anche riducendo la mole del suo bilancio, e così la quantità di liquidità disponibili nel sistema, sia dismettendo parte dei titoli di Stato accumulati negli anni scorsi, quando giungono a scadenza (parziale non rinnovo), sia riducendo i finanziamenti ultra agevolati che aveva erogato alle banche negli anni scorsi. Ma interpellata sulle critiche, la presidente ha risposto: “non stiamo facendo troppo, siamo determinati a riportare l’inflazione dell’area euro all’obiettivo del 2%. E vediamo che, in base a tutte le misure, l’inflazione resta troppo alta”. Le decisione di oggi è stata assunta dal Consiglio “in maniera “unanime”. E anche quella di riportare l’inflazione all’obiettivo” del 2 “è una determinazione unanime. Facciamo quello che dobbiamo fare”, ha rivendicato. E per settembre “le opzioni sono sul tavolo”: potrebbe essere deciso un altro aumento dei tassi oppure la Bce potrebbe confermare i livelli attuali, ha ribadito. Diversi analisti, come quelli di Ebury o di IG Italia vedono un ammorbidimento dei toni da parte della Bce. Secondo gli economisti di Ing, anche se la presidente non lo ha esplicitato troppo, l’effetto psicologico del peggioramento dei dati macroeconomici sull’istituzione è stato pesante. Mentre secondo gli esperti di Pimco, ora la questione chiave, più che il picco dei tassi, sarà quella della durata dei livelli elevati: i mercati potrebbero essere troppo ottimisti sulla tempistica delle future riduzioni da parte della Bce (come del resto sulla Fed). Le Borse europee hanno chiuso con netti rialzi, mentre l’euro è calato sotto 1,10 dollari, sui minimi da un mese laddove la scorsa settimana sopra 1,12 dollari aveva toccato i massimi da quasi un anno e mezzo. (di Roberto Vozzi)