Giappone, governo non rivela se è intervenuto a sostegno yen
Giappone, governo non rivela se è intervenuto a sostegno yenRoma, 4 ott. (askanews) – Il governo giapponese oggi si è rifiutato di dichiarare se sia o meno intervenuto nel mercato valutario per arrestare il declino dello yen rispetto al dollaro, dopo che la valuta giapponese è aumentata bruscamente a seguito di una caduta temporanea sotto la soglia di 150 durante la notte. Lo scrive l’agenzia di stampa Kyodo.
Il ministro delle Finanze Shunichi Suzuki si è limitato a ribadire che i rapidi movimenti valutari sono “indesiderabili”, aggiungendo che il Giappone è pronto a rispondere adeguatamente con “tutte le opzioni sul tavolo”. Poco dopo che lo yen ha superato quota 150 per dollaro durante la notte a New York, è risalito bruscamente fino a 147 yen. Questa oscillazione ha alimentato l’idea da parte degli investitori che il Giappone sarebbe di nuovo intervenuto acquistando yen e vendendo dollari.
Alla domanda se il Giappone fosse effettivamente entrato nel mercato, Suzuki ha detto ai giornalisti: “Mi asterrò dal rispondere a questa domanda”. E ha aggiunto: “I movimenti valutari dovrebbero essere stabili e quelli rapidi non sono auspicabili”, ha affermato Suzuki. “Il governo segue – ha continuato – con molta attenzione gli sviluppi del mercato e con un senso di urgenza. Adotteremo le misure appropriate contro l’eccessiva volatilità senza escludere alcuna opzione”. L’anno scorso, il Giappone è intervenuto “stealth” acquistando yen in cambio del dollaro in più occasioni.
Intanto la Banca del Giappone continua a mantenere una linea di politica monetaria ultra-espansiva, in controtendenza con le banche centrali delle principali economie mondiali. Tutto ciò mentre si attende che la Federal Reserve Usa continui con la sua politica di alti tassi d’interesse. In tale contesto, il dollaro ad alto rendimento è più attraente dello yen per gli operatori di mercato. Per il Giappone, che dispone di risorse scarse, tuttavia, la debolezza dello yen rappresenta un elemento di fragilità poiché gonfia i costi di importazione di energia e materie prime.