Fondazione Einaudi: serve la separazione delle carriere dei magistrati
Fondazione Einaudi: serve la separazione delle carriere dei magistratiRoma, 13 ott. (askanews) – Con la separazione delle carriere può aiutare “non si tratta di aiutare il sistema giustizia, si tratta di garantire l’effettiva parità tra accusa e difesa nel processo. Non è un capriccio, è il principio su cui si incardina lo Stato di diritto”. Così dice ad Askanews il segretario generale della Fondazione Einaudi, Andrea Cangini.
“Il passaggio dal rito inquisitorio del Codice Rocco al rito accusatorio del Codice Vassalli avrebbe dovuto assicurare la terzietà della magistratura giudicante. Non è accaduto. Oggi il pubblico ministero è tutt’uno con il giudice e questo squilibra il sistema a vantaggio dell’accusa e a scapito della difesa. Separare le carriere tra magistratura requirente e giudicante, ma farlo davvero con una riforma costituzionale che preveda due Csm distinti, è l’unica maniera per tutelare quei principi teorizzati nei convegni, ma violati nella pratica giudiziaria quotidiana”. Cangini poi aggiunge: “L’Italia spende mediamente per l’amministrazione della giustizia quasi il doppio di quello che spende la Francia dove, però, i processi durano grosso modo la metà del tempo che da noi. Non si tratta, dunque, tanto di reperire nuove risorse, ma di organizzare diversamente il sistema. Ricordo il caso di un presidente del Tribunale di Torino, si chiamava Mario Barbuto, che riuscì a smaltire l’enorme mole di cause arretrate senza chiedere né un euro né un cancelliere in più. Bastò riorganizzare il lavoro. Mai come in questo caso, volere è potere”.
Il segretario della Fondazione Einaudi aggiunge: “La magistratura associata si oppone da sempre a ogni tipo di riforma che alteri lo status quo. Sinceramente, credo che una mediazione su questi temi sia impossibile Dovere del legislatore, però, non è quello di accontentare questa o quella corporazione, ma di tutelare i principi costituzionali a beneficio del cittadino. Perché a ciascuno di noi può capitare di trovarsi ingiustamente nei panni dell’imputato e perché anche i colpevoli hanno diritto ad un processo ‘giusto’”. Il mondo anglosassone propone da sempre la soluzione del patteggiamento allargato e della depenalizzazione. “Tutto quello che va nella logica della depenalizzazione, va bene. Dal punto di vista liberale, il panpenalismo è uno dei mali che più affliggono il nostro paese. Problemi sociali non si risolvono con norme penali e spero che prima o poi la politica lo capisca”.