Tosatti in HangarBicocca: come invertire la freccia del tempo
Tosatti in HangarBicocca: come invertire la freccia del tempoMilano, 21 feb. (askanews) – Gian Maria Tosatti e la pittura, intesa come indagine sullo spirito di una generazione, come sentimento del tempo che è trascorso. In Pirelli HangarBicocca apre la mostra “NOw/here”, curata da Vicente Todolì, che porta nello spazio milanese due cicli di dipinti realizzati nel 2022 e 2023 per comporre quella che lo stesso Tosatti definisce una “retrospettiva sentimentale”. Dopo avere visto i suoi ambienti, il suo lavoro sullo spazio, magistralmente interpretato per esempio nel Padiglione Italia all’ultima Biennale Arte, qui il quadro cambia, prende un’altra postura spirituale (aggettivo che per Tosatti ha molto senso usare) e apre una prospettiva inattesa sul lavoro di un artista capace di muoversi tra le pratiche e tra i luoghi.
Quando si entra nello spazio dello Shed, il primo volume espositivo dell’HangarBicocca, si ha subito la sensazione di essere “con” Gian Maria Tosatti, seppure quello che vediamo non sia la mostra di Tosatti che in molti si sarebbero aspettati. E il perché di questo riconoscimento inconscio lo spiega, in un certo senso, anche lui stesso: “È una mostra di sudari – ci ha spiegato – che ci siamo tolti di dosso, sono tracce del passato e di ciò che abbiamo fatto per esempio in Ucraina, in Turchia o in Russia, perché questi sentimenti hanno abitato tutti noi che abbiamo girato in questa Europa in fiamme”. Tutto si tiene nel mondo di Tosatti e si tiene anche nella narrativa che lui stesso costruisce intorno al lavoro, oggi come nei progetti precedenti. “L’artista è vuoto come uno specchio – ha aggiunto parafrasando un suo titolo – e ciò che rimane è una serie di tracce, ferite, sanguinamenti, illuminazioni che raccoglie nel corso dei suoi viaggi”.
“Ho fato una mostra di pittura a 43 anni – ha detto ancora Tosatti – quando probabilmente non se la aspettava nessuno. I Ritratti in oro e ruggine che ho portato qui sono ritratti dello spirito della nostra generazione, intesi come traccia del sentimento del tempo che ho raccolto lungo le strade che ho battuto, che sono un luogo importante per me”. E quella sensazione di luogo che da sempre associamo al suo lavoro, qui torna in una forma imprevista, torna nei grandi dipinti in grafite e carboncino che, se possibile, ampliano ulteriormente la natura dei progetti precedenti. Viene in mente la teoria dell’influenza letteraria per come la intendeva Borges, ossia con gli autori del futuro che influenzavano quelli del passato, e non viceversa. In un certo senso la stessa “inversione di polarità” accade nella mostra milanese. La freccia del tempo cambia direzione, pur procedendo avanti sempre.
Il racconto che Tosatti fa di sé e del suo lavoro, con grande consapevolezza e a volte anche con qualche potenziale ridondanza, va necessariamente accostato al lavoro in sé, il primo, ovviamente, esiste solo nella misura in cui esiste e funziona il secondo. È questo il punto che a volte il sistema dell’arte nostrano finge di non capire, focalizzandosi su certe esteriorità e lasciando meno spazio all’interiorità, che è profonda e decisiva se si vuole fare anche un discorso critico onesto. Perché, che piaccia o meno, nella ricerca di Tosatti c’è un indiscutibile afflato di onestà, sulle cui manifestazioni, trattandosi di arte contemporanea, sono naturalmente ammissibili tutte le interpretazioni. Ma alle manifestazioni bisogna arrivare, altrimenti sfugge il punto del discorso.
“L’artista deve fare un passo dopo l’altro – ha detto ancora Tosatti – e deve mettere a rischio tutto quello che ha fatto fino a quel momento. L’artista deve sorprendere innanzitutto se stesso. Se non è soffocato dalle pressioni del mercato ogni artista vuole cercare nuove strade. Il passato ce lo portiamo sempre dietro, ma volevo pensare a una retrospettiva che fosse non un passo indietro, ma un passo ulteriore”. In quest’ottica i dipinti di oggi portano in loro stessi venti anni di lavoro, hanno piena consapevolezza dello spirito del tempo, il loro e il nostro. Per questo “NOw/here”, con le possibili due letture del titolo: da nessuna parte oppure qui e ora, è una retrospettiva, che però presenta lavori nuovi, e giocando su questa apparente impossibilità diventa possibile. Diventa reale e, permettetecelo, diventa “vera”.
(Leonardo Merlini)