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Covid-19: scoperta nuova chiave con cui virus entra in cellule umane

Covid-19: scoperta nuova chiave con cui virus entra in cellule umaneRoma, 10 nov. (askanews) – Scoperta una nuova strada attraverso cui il virus SARS-CoV-2 entra nei monociti, globuli bianchi che contribuiscono alla risposta immunitaria innata: ricercatori dell’Università di Padova e di Human Technopole hanno osservato che il SARS-CoV-2 si lega a un recettore presente sulla membrana della cellula, chiamato RAGE (Receptor for Advanced Glycation End Products) e lo usa come chiave per entrare all’interno. I ricercatori hanno anche osservato che i pazienti in cui l’attivazione del pathway RAGE è più elevata hanno sintomi e conseguenze più gravi. Lo studio è stato pubblicato sulla nota rivista scientifica «Cell Reports Medicine». La scoperta è il risultato della stretta collaborazione tra il gruppo coordinato dalla Professoressa Antonella Viola, presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e i ricercatori del gruppo di Human Technopole coordinato dal Prof. Giuseppe Testa, con il supporto dell’Istituto Europeo di Oncologia e dell’Università degli Studi di Milano. Lo studio si è basato sui dati di pazienti ricoverati per COVID-19 durante la prima fase della pandemia presso l’Unità Operativa Complessa Malattie Infettive e malattie Tropicali di Padova, diretta dalla Dottoressa Anna Maria Cattelan. Il gruppo di ricerca padovano ha isolato e caratterizzato le cellule immunitarie del sangue dei pazienti COVID-19 in tre momenti diversi del decorso dell’infezione, ovvero al ricovero, alle dimissioni e dopo un mese. L’analisi è poi proseguita a Milano con l’utilizzo di tecnologie che hanno permesso di analizzare la totalità di quanto accade all’interno di una singola cellula, cioè l’espressione di tutti i 20.000 geni codificati dal suo DNA. La mole di dati osservata per ciascun paziente è paragonabile alla quantità di informazioni presente in un’immagine da 140 megapixel, risoluzione alla frontiera delle possibilità delle fotocamere comunemente disponibili sul mercato. Queste “fotografie” sono state scattate in più momenti del percorso ospedaliero dei pazienti, amplificando così esponenzialmente la mole di dati, ma soprattutto le informazioni per ogni singolo paziente sulla risposta del sistema immunitario al SARS-CoV-2. Dall’analisi è emerso che il recettore RAGE induce specifiche alterazioni nella regolazione dei geni, potenziando l’effetto infiammatorio del virus e contribuendo all’aggravarsi della malattia. L’identificazione di questa nuova modalità di interazione tra il virus e le cellule umane è di importanza cruciale per lo sviluppo di strategie terapeutiche mirate, in particolare per proteggere i soggetti a rischio di gravi complicanze, come gli anziani o i soggetti fragili. Questa scoperta potrebbe gettare le basi per un approccio più mirato e efficace nel contrastare la diffusione del virus in questi gruppi vulnerabili. Ad esempio paragonando le caratteristiche risposte molecolari rilevate nel corso dello studio con quelle raccolte in alcuni database globali, gli scienziati hanno inoltre scoperto che il farmaco Baricitinib, già approvato dall’AIFA nel 2021 per il trattamento di COVID-19, potrebbe potenzialmente invertire gli effetti dannosi identificati.

Spiega Antonella Viola, docente di patologia generale al dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova e corresponding author dello studio: «Quando la pandemia è iniziata ci siamo subito messi in contatto con la prof.ssa Annamaria Cattelan per mettere le nostre competenze a servizio della comunità. Insieme abbiamo studiato le caratteristiche immunologiche dei pazienti ricoverati a Padova e questo è l’ultimo di una serie di risultati che abbiamo ottenuto e pubblicato. La collaborazione con il gruppo di Giuseppe Testa e con gli altri colleghi di HT per questo specifico studio è stata strategica per riuscire a identificare un nuovo recettore del SARS-CoV-2. La nostra ricerca, frutto di una collaborazione tra scienziati di ambiti diversi e operanti in Italia e all’estero, mostra quanto ancora poco conosciamo questo virus e quanto sia importante continuare a definire i meccanismi patogenetici del COVID-19». Dichiara Giuseppe Testa, professore di Biologia Molecolare all’Università degli Studi di Milano, direttore del programma di ricerca in Neurogenomica di Human Technopole in convenzione con l’Università Statale di Milano, Group Leader all’Istituto Europeo di Oncologia e corresponding author dello studio: “L’idea di iniziare a studiare il COVID-19 come parte della nostra missione di responsabilità sociale in qualità di scienziati risale al marzo del 2020, all’inizio della pandemia, quando lanciai il progetto COVIDIAMO sotto l’egida dell’iniziativa europea LifeTime-for-COVID19, di cui sono stato coordinatore, che applicava al COVID-19 il paradigma della medicina ad alta definizione mirato a intercettare i meccanismi di malattia al loro primo manifestarsi e poi nel loro decorso grazie a uno zoom ad alta risoluzione su come ciascuna singola cellula modifica il suo funzionamento. Questo studio è il risultato del nostro lavoro portato avanti a Human Technopole e all’Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con il gruppo di Antonella Viola dell’Università di Padova, che ha permesso di identificare un nuovo meccanismo che in futuro potrà aiutarci a capire perché in alcune persone il COVID-19 ha un decorso peggiore rispetto ad altre. Il ruolo importante di RAGE era già noto alla comunità scientifica in quanto legato a una serie di condizioni fisiopatologiche come obesità e diabete, ma questa è la prima volta che viene identificato come recettore di un virus. Questa scoperta dimostra il potere dell’alta risoluzione spinta a livello della singola cellula e pone le basi per un’analisi più approfondita sul ruolo di RAGE nelle infezioni e potrebbe avere in futuro un impiego traslazionale nella lotta ad alcune malattie, anche se al momento non esiste ancora un trial clinico”.