La vulnerabilità come bellezza: Michael Stipe artista a Milano
La vulnerabilità come bellezza: Michael Stipe artista a MilanoMilano, 12 dic. (askanews) – La vulnerabilità come forza propulsiva, come filosofia che ci permette di vivere nel caos accelerato dell’iper presente. Di questo trattano le opere d’arte di Michael Stipe, leggendario frontman dei R.E.M., che la Fondazione ICA Milano ha riunito in una mostra intitolata “I have lost and I have been lost but for now I’m flying high”. “Sono più un artista visivo che un musicista – ha detto Stipe ad askanews – mi diverto lavorando con molti materiali diversi, la musica è solo una piccola parte di quello che faccio”.
Le opere sono fotografie, sculture, lavori sonori o libri che portano stampati i nomi di chi è stato importante per Stipe: sono lavori intimi, come le fotografie che ricordano per esempio i mondi di Wolfgang Tillmans, ma sono anche opere forti, come l’installazione di cappellini con ricamati i versi di un poema. Le parole sono importanti, ci dice con la sua voce magnetica, la stessa delle canzoni, così come è importante, e ce lo sottolinea il curatore della mostra Alberto Salvadori, il modo in cui i lavori rappresentano questa idea di fragilità. “Ce lo racconta – ha spiegato Salvadori – attraverso la possibilità di vedere la forza e la debolezza in contemporanea di tutto quello che abbiamo di fronte a noi, intorno a noi. La fragilità degli oggetti, ma la forza della loro presenza, l’eleganza e anche l’inafferrabilità di alcune persone che però forse nascondono davvero una vulnerabilità dietro di loro, la precarietà di certe situazioni, il mettersi in gioco in maniera ironica e vincere le nostre paure”. Le opere citano, rielaborano, ragionano sull’idea di collaborazione e comunità, due parole che nel lavoro e nella vita di Michael Stipe hanno molto peso. Ma alla fine quello che portano, perfino con la grande installazione scultorea di teste alla Brancusi e alla Marisa Merz, è un’altra forma di un autoritratto pubblico di chi è anche una rockstar, ma in modo unico. “Essendo un uomo queer che ha lavorato esclusivamente nella musica – ha aggiunto Michael Stipe – credo di avere offerto un modo diverso di guardare a ciò che significa essere un uomo. E come artista che usa la fotografia e la scultura, lavorando in collaborazione con altre persone che realizzano vasi o i cappellini con le parole della poesia Desiderata, credo che la vulnerabilità che queste opera raccontano possa essere facilmente letta da quasi chiunque”.
Arrivare a tutti, che si interessino o meno di arte, questo è l’obiettivo. Perché quello che conta oggi per Stipe è raccontare la brillantezza e la giocosità della vita, comunque, anche se si è perso e ci si è persi, si può di nuovo volare alto. E conta farlo attraverso la relazione con gli altri, l’accoglienza, la valorizzazione di ciò che spesso ci viene presentato come debolezza. Le opere in mostra da ICA sono interessanti, colte, funzionano, ma anche la filosofia che le sorregge non è per niente male. (Leonardo Merlini)