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Accordo scienziati italiani e spagnoli su etichetta fronte pacco

Accordo scienziati italiani e spagnoli su etichetta fronte paccoRoma, 14 dic. (askanews) – C’è accordo tra gli scienziati italiani e quelli spagnoli sulle informazioni che dovrebbero essere riportate sulle etichette fronte pacco per aiutare i consumatori a fare scelte consapevoli e orientarsi verso stili di vita alimentari più salutari. L’accordo fra i ricercatori dei due Paesi è stato siglato nel corso dell’incontro “Principles for the definition of front-of-pack nutritional labels (FOPNLs). Italian and Spanish researchers workshop” tenutosi all’Università Sapienza di Roma e organizzato dall’Unità di ricerca in Scienza dell’alimentazione del Dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università Sapienza e dal Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio.

I principi per la definizione dell’etichetta fronte-pacco individuati dagli scienziati italiani e spagnoli e racchiusi in un decalogo sono fondati su un approccio di tipo informativo in conformità con le linee guida della Commissione europea. Si tratta di una logica, spiegano, che non è basata sull’imposizione di una regola, ma sulla comprensione della stessa. Fornire informazioni ai consumatori su ciò che costituisce un’alimentazione sana, infatti, può influenzare positivamente le abitudini alimentari. Secondo gli scienziati italiani e spagnoli, i limiti delle etichette fronte-pacco di tipo direttivo sono innanzitutto l’arbitrarietà dell’algoritmo: i sistemi “direttivi” (e in particolare il Nutriscore) spesso valutano il valore nutritivo degli alimenti attraverso algoritmi arbitrari o non ben definiti. Ancora, lo standard di riferimento non reale: i sistemi “direttivi” si basano su una quantità standard di cibo (100g o 100ml) quasi mai corrispondente alle porzioni abitualmente consumate. La limitatezza dell’algoritmo: il risultato finale (colore o lettera) è la combinazione (non nota) di diverse informazioni. E ancora la perdita di informazioni soprattutto per le categorie di consumatori più fragili, la limitatezza dei parametri considerati con prevalenza di quelli ritenuti negativi, il basso potenziale educativo: le indicazioni portano a non consumare un determinato alimento piuttosto che ad acquisire un comportamento alimentare “corretto”.

Nel decalogo figurano anche la diminuzione dell’efficacia nel tempo di messaggi “negativi”, l’effetto “alone” con sovrastima dell’effetto positivo di alimenti etichettati “verdi”. E infine, un approccio semplicistico che basa il ragionamento su alimenti da consumare o da evitare e non è in grado di promuovere modelli alimentari per i quali abbiamo un’evidenza di efficacia nella prevenzione delle malattie cronico-degenerative e la mancanza di evidenze scientifiche sulla reale efficacia: le evidenze attuali mostrano un effetto sul “consumo” di alcuni alimenti, ma non sull’impatto che hanno sulla “salute” dei consumatori.