Lonardi: siamo di fronte a grande cambiamento, serve ripensare il vino
Lonardi: siamo di fronte a grande cambiamento, serve ripensare il vinoMontepulciano (Siena), 17 feb. (askanews) – “Siamo di fronte ad un grande cambiamento e questa trasformazione dell’ambiente in cui si coltiva riguarda anche la Toscana, un territorio che sembrava molto stabile, deputato alla produzione di vini di altissima qualità, e che oggi invece deve ripensarsi e fare nuove valutazioni. C’è molto da fare, soprattutto per quanto concerne ciò che definisce la qualità e cioé il vigneto che è oggi in grande difficoltà. Il cambio climatico non è solo un aumento di temperatura ma sono la forte alternanza tra le annate, gli sbalzi termici importanti con le gelate primaverili e i colpi di caldo, tutti fattori che stanno fortemente indebolendo il sistema cardiaco e vascolare delle piante, che funzionano meno, che pompano meno, che hanno meno energia. Dobbiamo ripensare al vigneto del futuro se vogliamo pensare di avere uno strumento che possa contrastare il cambio climatico e rendere sostenibili le aziende”. Lo ha spiegato ad askanews, il Master of Wine, Andrea Lonardi intervenuto all’Anteprima del Nobile di Montepulciano che si chiude stasera alla Fortezza del borgo senese. Dopo averne parlato all’ultima edizione di Amarone Opera Prima, il 50enne veronese, vicepresidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella, è tornato ad insistere sulla necessità di “passare da un’analisi quantitativa ad una qualitativa”, per leggere il cambiamento climatico e ripensare ai vini da produrre.
“Il Sangiovese in carenza di acqua e in condizione di elevate temperature, tende a sintetizzare molti polifenoli che sono dei tannini molto duri che rendono il vino meno piacevole” ha proseguito, precisando che “se noi analizziamo da un punto di vista quantitativo la vendemmia 2021 rispetto a quella del 2023 non notiamo una grande differenza, cosa che invece succede da un punto di vista qualitativo, utilizzando l’Indice di Winkler, l’Indice di Huglin o il totale dei millimetri di pioggia caduti”. “Questo è un tema che va preso in considerazione anche dai giornalisti specializzati perché dobbiamo pensare a come si valutano le annate in funzione di un nuovo approccio qualitativo nell’analisi del dato” ha continuato, aggiungendo che “ad esempio, più concentrate, più ricche e più tanniche saranno aspetti non più positivi per valutare le annate, mentre al contrario, il fatto di essere più leggere, più sapide, più leggiadre (un tempo accezioni negative nel giudizio) diventano elementi in linea con il mercato e con la contemporaneità stilistica del vino”. “Quella di Montepulciano è una zona molto interessante, perché soffre meno di stress idrico rispetto a territori dove c’è una componente scheletrica più alta nei suoli, come il Chianti Classico e alcuni areali di Montalcino” ha precisato, aggiungendo che “ha inoltre un’orografia che consente di realizzare dei bacini recuperando le acque di scorrimento superficiale e una natura pedologica dei suoli che potrebbe limitare l’effetto di un eventuale stress con la concentrazione tannica”. “Vedo dunque il Nobile come una grande opportunità stilistica per il futuro del vino e soprattutto per la direzione in cui stiamo andando nel mondo dei fine wines” ha proseguito, sottolineando però che “è chiaro che ci vuole, e questo è un aspetto sui cui il Nobile in passato ha un po’ dormito, un approccio disciplinato nel momento in cui si vinifica e si porta in affinamento questo vino. Questa – ha concluso – è la grande sfida di questa Denominazione: se riesce a lavorare a questo, credo ci sarà un futuro molto roseo però serve che venga fatto in maniera collettiva per comunicare un cambio di mentalità e di approccio”.
Foto di Elisa Valdambrini