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”Donne che lavorano nel vino sono le più vicine alla parità di genere”

”Donne che lavorano nel vino sono le più vicine alla parità di genere”Milano, 8 mar. (askanews) – “Le donne che lavorano nelle Cantine italiane sono più vicine alla parità di salari e carriera rispetto a quelle degli altri comparti economici, perché presidiano i settori nuovi del vino: commerciale (51%), marketing e comunicazione (80%) infine enoturismo (76%). Viceversa in vigna e in cantina sono minoritarie (14%): possiamo quindi dire che gli uomini producono il vino e le donne lo vendono”. Nel giorno dedicato alle donne, la celebre produttrice toscana Donatella Cinelli Colombini parla di come, nel mondo del vino, la parità di genere si raggiunge “procedendo in modo asimmetrico”, cioè impiegando le diverse peculiarità di uomini e donne nel modo più congegnale a ciascuno dei due. Un fenomeno non solo italiano, perché anche negli Stati Uniti le donne della wine industry hanno il minimo “gender pay gap” e cioè un reddito medio quasi uguale a quello maschile, fatto che dice molto sul nuovo protagonismo femminile nel comparto enologico e a cui corrisponde un peso sempre maggiore delle donne nelle decisioni di acquisto e di visita nelle Cantine.



“A livello mondiale la maggior parte del vino viene comprato dalle donne” ricorda Cinelli Colombini, evidenziando che, rispetto agli uomini, le donne bevono vino in modo più saltuario e legato alla socialità, mostrando un comportamento d’acquisto più pragmatico mettendolo, ad esempio, subito in relazione all’abbinamento con il cibo. Nel volume “Enoturismo 4.0”, scritto a quattro mani con Dario Stefàno e appena pubblicato da Agra Editrice, l’imprenditrice di Montalcino (Siena) ricorda che le donne sono la maggioranza anche fra i turisti del vino e soprattutto fra chi prenota online la visita in Cantina (66%). Nel complesso la crescita del ruolo femminile è un elemento tonico per il vino italiano e in generale per tutta l’agricoltura dove il 28% delle imprese ha una donna titolare. Aziende che si mostrano, oltre che più remunerative (il 21% di superficie rurale da loro gestita produce il 28% del Pil agricolo) di quelle guidate dagli uomini, anche espressione di un nuovo modello di impresa: più rispettosa dell’ambiente, internazionalizzata, orientata sulla qualità e sulla diversificazione produttiva.