I limiti della legge sul suicidio assistito in Italia
I limiti della legge sul suicidio assistito in ItaliaMilano, 20 mar. (askanews) – L’Italia è l’unico Paese al mondo in cui il suicidio medicalmente assistito è legale (sulla base della sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato/Antoniani) per quei pazienti che, oltre a essere essere affetti da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili ed essere capaci di prendere decisioni libere e consapevoli, siano tenuti in vita da un trattamento di sostegno vitale. È quanto emerge da un’indagine effettuata dall’avvocata Alessia Cicatelli membro di Giunta dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che ha comparato le legislazioni in materia di suicidio assistito di tutti i Paesi del mondo, sintetizzate in una mappa.
“Le legislazioni estere prevedono quali requisiti comuni: il compimento della maggiore età, la capacità di autodeterminarsi, l’essere affetto da malattie o condizioni irreversibili, fonti di sofferenze intollerabili. Ma mai, in nessuna legge attualmente vigente nel resto del mondo, è previsto anche il requisito della dipendenza da un trattamento di sostegno vitale. La Corte costituzionale, quando si è espressa sul caso di Dj Fabo, non poteva spingersi oltre e sconfinare nel potere legislativo proprio del Parlamento, individuando casi diversi da quello su cui era chiamata a esprimersi. Ed ecco quindi che, essendo Fabiano Antoniani tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, questo è diventato un requisito la cui presenza è necessaria per poter accedere legalmente, in Italia, al ‘suicidio medicalmente assistito’. Requisito questo che però, in assenza di un intervento legislativo del Parlamento richiesto dalla Consulta, finisce per avere effetti discriminatori se applicato rigidamente”, commenta Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni. “Si pensi alla maggior parte dei pazienti oncologici, anche terminali, che vogliono porre fine alle proprie sofferenze, ma non possono accedere al suicidio assistito perché non sono dipendenti da un trattemento di sostegno vitale in senso stretto. Come ha ricordato il Presidente Barbera nei giorni scorsi, è su tale requisito che nuovamente la Consulta è chiamata ad intervenire a seguito di questione di legittimità costituzionale sollevata dal Gip di Firenze a seguito dell’aiuto fornito a Massimiliano da Chiara Lalli, Felicetta Maltese e Marco Cappato”, sottolinea ancora Filomena Gallo.