Meloni alla Cgil tira dritto su Rdc e salario minimo. Niente fischi
Meloni alla Cgil tira dritto su Rdc e salario minimo. Niente fischi
Piccola contestazione minoranza che canta “Bella ciao”. Un solo timido applauso per condanna assalto alla sede nazionale
Rimini, 17 mar. (askanews) – Un (timido) applauso, nessun fischio, una contestazione che era stata annunciata. Giorgia Meloni ha archiviato così la sua partecipazione al congresso della Cgil, la prima di un premier di destra, con un intervento che apre al “confronto” ma senza nessuna concessione sui temi alla platea, che infatti ha ascoltato interessata ma fredda il suo intervento.
Meloni è arrivata al Palacongressi di Rimini questa mattina poco prima delle 12, accolta con una stretta di mano da Maurizio Landini. Proprio il segretario generale è salito sul palco, poco prima di lei, per fare una breve introduzione e spiegare che la presenza della premier è da considerare un “momento di rispetto e riconoscimento” per il sindacato, che da parte sua deve “imparare ad ascoltare, anche chi ha idee e posizioni diverse”.
Appena ha preso posto sul podio, però, Meloni è stata accolta dalla contestazione di una trentina di delegati della minoranza, che hanno abbandonato la sala intonando “Bella ciao” e lasciando sulle sedie dei peluche, a ricordare il naufragio Cutro. Lei non si è scomposta: del resto, ha sottolineato, “sono fischiata da 30 anni. Non mi spaventa il contesto difficile”. L’esordio, nel giorno delle celebrazioni dell’Unità d’Italia, è stato proprio un riferimento all’unità, intesa non come “annullare la contrapposizione”, che è “utile” e anche “positiva”, ma come lavorare “con lo stesso obiettivo: il bene della nazione”.
Con questa premessa, Meloni non ha cercato di accattivarsi la platea della Cgil ma ha ribadito le sue convinzioni su temi ‘sensibili’ per il sindacato come il reddito di cittadinanza e il salario minimo. Il reddito, ha detto ancora una volta, “ha fallito gli obiettivi” e chi può lavorare non deve “essere mantenuto dallo Stato con i proventi delle tasse di chi lavora duramente”. I poveri – ha assicurato con una risposta indiretta a Landini – “non ci hanno fatto niente, è per questo che non vogliamo mantenerli in una condizione di povertà” e “l’unico modo per uscire da quella condizione di povertà è il lavoro”.
Per quanto riguarda il salario minimo, tema molto caro al sindacato, per Meloni non è la soluzione “più efficace” ma rischia di avere un effetto contrario. Per l’esecutivo, invece, la strada è quella “di estendere la contrattazione ai settori non coperti”.
Un applauso, flebile, Meloni lo ha ricevuto quando ha definito “inaccettabile” l’assalto di forze di estrema destra alla sede del sindacato, avvenuto il 9 ottobre 2021. Freddezza, invece, quando Meloni ha parlato della delega fiscale approvata ieri sera dal Consiglio dei ministri. Una riforma, ha garantito, che “guarda con attenzione al lavoro”, con “importanti novità per i lavoratori dipendenti”. Tra gli altri punti che ha citato ci sono la “diminuzione progressiva delle aliquote Irpef”; la tassa piatta sugli incrementi di salario; l’abbassamento dell’Ires per chi assume. Una riforma, per la premier, che punta alla “crescita”, insieme a una politica industriale che, e su questo si è detta “d’accordo” con Landini, fino a oggi è mancata.
La conclusione è stata un’apertura al confronto. “Rivendicate senza sconto le vostre istanze, a volte saremo d’accordo, a volte no ma vi garantisco che quelle istanze troveranno un ascolto serio e privo di pregiudizio”, ha assicurato, salutata da un accenno di applauso delle prime file della platea cigiellina. Al termine il confronto è iniziato subito, in un faccia a faccia con Landini in una saletta a lato del palco. Quaranta minuti di colloquio “a 360 gradi” sui temi di attualità, viene riferito, tra due persone che si conoscono da tempo e che pur nelle “diversità” vogliono “discutere”. Lasciando il Palacongressi Meloni si è detta “soddisfatta” per un appuntamento (che alla vigilia era ritenuto non privo di ‘rischi’) a cui “era giusto e doveroso” partecipare.
Meloni è arrivata al Palacongressi di Rimini questa mattina poco prima delle 12, accolta con una stretta di mano da Maurizio Landini. Proprio il segretario generale è salito sul palco, poco prima di lei, per fare una breve introduzione e spiegare che la presenza della premier è da considerare un “momento di rispetto e riconoscimento” per il sindacato, che da parte sua deve “imparare ad ascoltare, anche chi ha idee e posizioni diverse”.
Appena ha preso posto sul podio, però, Meloni è stata accolta dalla contestazione di una trentina di delegati della minoranza, che hanno abbandonato la sala intonando “Bella ciao” e lasciando sulle sedie dei peluche, a ricordare il naufragio Cutro. Lei non si è scomposta: del resto, ha sottolineato, “sono fischiata da 30 anni. Non mi spaventa il contesto difficile”. L’esordio, nel giorno delle celebrazioni dell’Unità d’Italia, è stato proprio un riferimento all’unità, intesa non come “annullare la contrapposizione”, che è “utile” e anche “positiva”, ma come lavorare “con lo stesso obiettivo: il bene della nazione”.
Con questa premessa, Meloni non ha cercato di accattivarsi la platea della Cgil ma ha ribadito le sue convinzioni su temi ‘sensibili’ per il sindacato come il reddito di cittadinanza e il salario minimo. Il reddito, ha detto ancora una volta, “ha fallito gli obiettivi” e chi può lavorare non deve “essere mantenuto dallo Stato con i proventi delle tasse di chi lavora duramente”. I poveri – ha assicurato con una risposta indiretta a Landini – “non ci hanno fatto niente, è per questo che non vogliamo mantenerli in una condizione di povertà” e “l’unico modo per uscire da quella condizione di povertà è il lavoro”.
Per quanto riguarda il salario minimo, tema molto caro al sindacato, per Meloni non è la soluzione “più efficace” ma rischia di avere un effetto contrario. Per l’esecutivo, invece, la strada è quella “di estendere la contrattazione ai settori non coperti”.
Un applauso, flebile, Meloni lo ha ricevuto quando ha definito “inaccettabile” l’assalto di forze di estrema destra alla sede del sindacato, avvenuto il 9 ottobre 2021. Freddezza, invece, quando Meloni ha parlato della delega fiscale approvata ieri sera dal Consiglio dei ministri. Una riforma, ha garantito, che “guarda con attenzione al lavoro”, con “importanti novità per i lavoratori dipendenti”. Tra gli altri punti che ha citato ci sono la “diminuzione progressiva delle aliquote Irpef”; la tassa piatta sugli incrementi di salario; l’abbassamento dell’Ires per chi assume. Una riforma, per la premier, che punta alla “crescita”, insieme a una politica industriale che, e su questo si è detta “d’accordo” con Landini, fino a oggi è mancata.
La conclusione è stata un’apertura al confronto. “Rivendicate senza sconto le vostre istanze, a volte saremo d’accordo, a volte no ma vi garantisco che quelle istanze troveranno un ascolto serio e privo di pregiudizio”, ha assicurato, salutata da un accenno di applauso delle prime file della platea cigiellina. Al termine il confronto è iniziato subito, in un faccia a faccia con Landini in una saletta a lato del palco. Quaranta minuti di colloquio “a 360 gradi” sui temi di attualità, viene riferito, tra due persone che si conoscono da tempo e che pur nelle “diversità” vogliono “discutere”. Lasciando il Palacongressi Meloni si è detta “soddisfatta” per un appuntamento (che alla vigilia era ritenuto non privo di ‘rischi’) a cui “era giusto e doveroso” partecipare.