AMS-02, novità sui nuceli leggeri provenienti dallo Spazio
AMS-02, novità sui nuceli leggeri provenienti dallo SpazioRoma, 27 giu. (askanews) – L’esperimento Alpha Magnetic Spectrometer (AMS-02), cui per l’Italia partecipano l’Infn-Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Asi-Agenzia Spaziale Italiana, osserva il cielo dalla Stazione Spaziale Internazionale ininterrottamente dal maggio 2011 e ha raccolto, dall’inizio delle operazioni, 230 miliardi di raggi cosmici, ovvero particelle cariche (come protoni, elettroni, nuclei e antiparticelle) di alta energia provenienti dallo spazio. Identificandone accuratamente tipologia ed energia, e distinguendo specie pesanti da specie leggere, la collaborazione AMS ha scovato inattese asimmetrie.
In un lavoro pubblicato sulla rivista “Physical Review Letters”, la collaborazione scientifica AMS ha incrociato le capacità di diversi sottorivelatori per distinguere nei raggi cosmici particelle con carica simile ma massa diversa. Sono state separate con grande precisione quattro specie nucleari – i protoni, i nuclei di deuterio (detti deutoni e costituiti da 1 protone e 1 neutrone), i nuclei di elio-3 (composti da 2 protoni e 1 neutrone) e quelli di elio-4 (2 protoni e 2 neutroni) – e sono state misurate le proprietà delle specie più rare, i deutoni e i nuclei di elio-3. “Deutoni ed elio-3 si trovano in quantità significativa nei raggi cosmici, perché sono per la maggior parte prodotti da nuclei di elio-4 energetici che, colpendo il gas interstellare, producono questi frammenti più leggeri”, spiega Alberto Oliva responsabile nazionale di AMS per l’Infn. AMS ha osservato, tuttavia, che la loro comune origine non si traduce in una simile dipendenza dell’intensità di flusso dalla loro energia: deutoni e nuclei di elio-3 si comportano in modo differente. “La differenza tra deutoni ed elio-3 non è prevista dai modelli teorici attuali e suggerirebbe la presenza di una sorgente addizionale di deutoni”, conclude Oliva. La sorgente non è ancora stata identificata, ma la conferma della sua presenza potrebbe condurre a un ulteriore avanzamento nella comprensione dei meccanismi di origine, accelerazione e propagazione dei raggi cosmici.
Da anni, i risultati prodotti dall’analisi dei dati dell’esperimento AMS-02 – informa l’Infn – forniscono informazioni scientifiche originali e inattese e, nel 2022, si è deciso di potenziare l’esperimento per accumulare eventi 3 volte più velocemente rispetto al passato. Il potenziamento consisterà nell’installare, al di sopra del rivelatore già esistente, un ulteriore piano di rivelazione: una struttura di fibra di carbonio di circa 2,6 metri di diametro, equipaggiata su entrambe le facce con rivelatori a microstrip di silicio. Verrà raggiunta una superficie totale di rivelazione di 8 m² e i sensori saranno in grado di misurare con precisione il punto di passaggio delle particelle entranti in AMS. Questo consentirà di sfruttare a pieno il tempo di vita di AMS e di aggiungere in pochi anni un quantitativo di dati tale da migliorare in maniera significativa i risultati già ottenuti. AMS è una collaborazione internazionale che coinvolge 44 istituzioni di America, Europa e Asia, ed è sostenuta dal DOE Department of Energy statunitense e dalla Nasa. L’Infn e l’Asi hanno svolto – e continueranno a svolgere anche in fase di potenziamento – un ruolo di primo piano nella progettazione e realizzazione di tutto lo strumento, e supportano i gruppi italiani nelle loro attività operazionali e di analisi dati. Le ricercatrici e i ricercatori italiani delle sedi dell’Infn, dell’Asi, e delle Università di Bologna, Milano Bicocca, Perugia, Pisa, Roma Sapienza, Roma Tor Vergata e Trento sono responsabili della realizzazione, del mantenimento e delle operazioni dei principali strumenti di bordo, e partecipano in prima persona all’analisi scientifica dei dati raccolti dallo strumento. I dati pubblicati dalla collaborazione AMS dall’inizio delle operazioni sono resi disponibili alla comunità scientifica tramite il Cosmic Ray Database, ospitato dallo Space Science Data Center dell’Asi.
(Crediti: Nasa)