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Vino, Doc Monreale: il vigneto di Palermo scommette sul futuro

Vino, Doc Monreale: il vigneto di Palermo scommette sul futuroMilano, 3 ott. (askanews) – Non un semplice progetto legato al mondo della vitivinicoltura, bensì un percorso di crescita complessivo che guarda all’enoturismo e ai luoghi della cultura e dell’arte: c’è tutto questo alla base dell’evento promosso il 1 ottobre dalla Doc Monreale all’Orto Botanico di Palermo. Una giornata di dialogo e confronto per esplorare la Denominazione più estesa della provincia.



Alessandro di Camporeale, Case Alte, Feudo Disisa, Marchesi de Gregorio, Porta del Vento, Principe di Corleone, Sallier de La Tour e Terre di Gratia sono oggi le aziende aderenti ad un progetto guidato dal Consorzio di tutela dei vini Doc Monreale e dal suo cda, presieduto da Mario Di Lorenzo, che vuole diventare un punto di riferimento per tutti i produttori che, condividendo uno standard qualitativo dei vini, possano insieme presentarsi alla ristorazione qualificata, ai consumatori, al sistema turistico e a tutti gli altri attori della filiera che vogliono fare rete e condividere le giuste azioni di promozione e sviluppo. Il vino come elemento di complicità con altri tesori della città di Palermo e della sua provincia, da Monreale e Cefalù, da Solunto e Cefalàdiana: i gioielli arabo-normanni, le aree archeologiche, i musei sparsi nella provincia sono l’anima di un territorio che guarda alla valorizzazione enoturistica della Doc. “Scommettiamo sul futuro investendo in radici, terroir, ristorazione qualificata e beni culturali” ha commentato il presidente Di Lorenzo, sottolineando che “oggi più che mai dobbiamo fare squadra, lavorare all’unisono per potenziare l’identità di un territorio di grande respiro, da riscoprire dentro e fuori i nostri calici”.


Confermato l’impegno per l’eccellenza con l’entrata in vigore del nuovo Disciplinare volto a valorizzare i vitigni più identitari della Doc e potenziare la verticalizzazione e specializzazione produttiva delle aziende, puntando su tre vitigni tanto identitari quanto contemporanei: gli autoctoni Catarratto e Perricone, e il Syrah, “il più siciliano degli internazionali”, come sottolineato dal sommelier e conduttore radiofonico Andrea Amadei, ospite dell’incontro. Nel dettaglio, il Disciplinare prevede per il Monreale Bianco, un minimo del 60% di Catarratto, integrato da Inzolia fino al 40%; per il Monreale Rosso, compreso il Riserva, almeno il 60% di Perricone, accompagnato da Calabrese o Nero d’Avola; per il Monreale Rosato che segue la stessa composizione del rosso, con il Perricone al 60% e il Calabrese o Nero d’Avola a completare; e per il Monreale Syrah, nelle versioni Rosato o Riserva, che impone un minimo dell’85% di Syrah. Per mantenere alti i livelli qualitativi, la resa delle uve non dovrà superare il 70%. I vini rossi Riserva, in particolare, devono essere invecchiati per almeno 24 mesi, e ogni bottiglia Doc Monreale deve riportare obbligatoriamente l’annata di produzione, “per offrire ai consumatori una chiara tracciabilità e un legame diretto con il territorio”.


Ssono queste le varietà chiamate a rappresentare l’areale a Sud della città di Palermo, che si spinge sino a Corleone e Roccamena, entra nell’alto Belìce con i comuni di Camporeale, San Giuseppe Jato, San Cipirello, Piana degli Albanesi e Santa Cristina Gela e, risalendo verso Nord, caratterizza buona parte del monrealese, un’area vastissima, che riproduce l’estensione dell’antica diocesi istituita dai re normanni. Territori di media e alta collina, con suoli prevalentemente argillosi e di medio impasto (ma talvolta anche sabbiosi e con molto scheletro), pendenze e microclimi in grado di diversificare notevolmente i vini oggi prodotti.