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Giappone, Ishiba scioglie la camera bassa: cerca mandato popolare

Giappone, Ishiba scioglie la camera bassa: cerca mandato popolareRoma, 9 ott. (askanews) – Come preannunciato, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha sciolto oggi la Camera dei rappresentanti, cioè il ramo più potente dei due che compongono la Dieta nipponica, per convocare elezioni anticipate il 27 ottobre.



Si tratta di un passaggio che Ishiba aveva già segnalato di voler fare in modo da poter ottenere un mandato per il suo nuovo governo, appena nominato, in un momento in cui la fiducia personale nel leader potrebbe riuscire a contenere il calo di consensi per il Partito liberaldemocratico, al potere quasi ininterrottamente dagli anni ’50 del secolo scorso, ma oggi invischiato in una serie di scandali relativi all’utilizzo dei fondi politici. L’ordine di scioglimento è arrivato all’ultimo giorno della sessione straordinaria nella Dieta, che è servita per dare piena legittimità all’esecutivo Ishiba. Al voto si andrà per eleggere i 465 membri della camera bassa.


Fukushiro Nukaga, presidente della camera bassa, ha letto il proclama imperiale che formalmente scioglie la camera. Il documento è un atto dovuto, non un segno della volontà dell’Imperatore, il quale non ha alcuna voce in capitolo da un punto di vista costituzionale e deve limitarsi a prendere atto e firmare. Ishiba è stato scelto leader del Partito liberaldemocratico alla fine del mese scorso in un’elezione interna molto combattuta, con un numero di contendenti mai così alto da quando esiste l’attuale sistema di elezione del leader via voto di grandi elettori interni. E’ diventato primo ministro la scorsa settimana, succedendo a Fumio Kishida, un leader considerato abbastanza pallido dalla gran parte degli osservatori.


Personaggio senza troppi peli sulla lingua, Ishiba dovrà cercare di rinnovare il partito, anche facendo saltare una serie di parlamentari. Su 12 rappresentanti c’è già un veto e questo rischia di creare tensioni interne: il sistema di selezione della classe politica in Giappone vive di un delicato equilibrio tra gli interessi locali dei collegi elettorali e il centro. Peraltro, molti di questi parlamentari provengono dalla fazione che fu del defunto primo ministro Shinzo Abe. Oggi Ishiba ha avuto un dibattito faccia a faccia con diversi leader di partiti all’opposizione, tra cui il neo-caopo del Partito costituzionale democratico, il principale partito di minoranza, l’ex primo ministro Yoshihiko Noda. Questi ha accusato il premier di aver deciso lo scioglimento della camera bassa “per coprire lo scandalo dei fondi neri e non risolverlo”. Ha inoltre segnalato che non tutti i parlamentari coinvolti nello scandalo – che sono 39 – hanno subito provvedimenti disciplinari. Ishiba, dal canto suo, si è appellato alla decisione “del popolo sovrano”.


L’obiettivo del premier sarà quello di mantenere lo stesso numero di parlamentari attuale nella camera bassa, cioè 256, maggioranza assoluta. Non sarà affatto facile, vista il calo dei consensi, anche se – secondo i sondaggi – anche l’opposizione non cresce particolarmente. Dei membri totali della camera bassa, 289 sono eletti nei collegi uninominali e 176 tramite rappresentanza proporzionale. Il mandato è di quattro anni, a meno che il primo ministro non sciolga il parlamento prima. Le elezioni della camera alta si tengono ogni tre anni, con metà dei seggi in palio ogni volta. Il partito di Ishiba, oltre alla sua maggioranza, conta anche sul sostegno dell’alleato minore della coalizione, il partito buddista legato alla Soka Gakkai Komeito. Un sondaggio condotto da Nikkei-TV Tokyo nei primi due giorni di ottobre ha mostrato che il tasso di approvazione del governo di Ishiba è del 51%, il più basso tra i governi insediati dal 2002, quando è stato introdotto il metodo di rilevamento attuale, mentre il tasso di disapprovazione è del 37%. Nella zona metropolitana di Tokyo, il tasso di disapprovazione è del 48%, e supera il 45% di approvazione. Il Partito democrartico costituzionale, dal canto suo, nel sondaggio ha ottenuto il 15% di sostegno, guadagnando 3 punti percentuali rispetto alla rilevazione precedente, ma lontano dal poter rappresentare una seria minaccia per i liberaldemocratici.