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Accademia agricoltura: sostenibilità carne rossa passa da dieta equilibrata

Accademia agricoltura: sostenibilità carne rossa passa da dieta equilibrataMilano, 19 gen. (askanews) – “A livello scientifico nessuna patologia è associata unicamente al consumo di carne rossa e l’aumento del rischio di comparsa di patologie, riferibili alla carne rossa, dipende sia dalla quantità e frequenza del suo consumo, che da variabili indipendenti riferibili al singolo consumatore”. E’ quanto emerso dal convegno “Carni rosse: economia, salute e società. Una riflessione”, organizzato dall’Accademia nazionale di Agricoltura presso la sede di Confagricoltura a Roma. L’incontro è stato l’occasione per fornire uno sguardo approfondito sull’intera filiera della carne rossa in Italia, partendo dal comparto zootecnico fino ad arrivare alle qualità nutrizionali del prodotto e al suo impatto ambientale, con l’intenzione di chiarire il rapporto carne rossa-salute-ambiente, spesso al centro di dibattiti polarizzati.

I dati disponibili, nel loro complesso, suggeriscono che il consumo di carne rossa, se mantenuto entro i limiti di una corretta alimentazione seguendo i suggerimenti delle attuali linee guida nazionali italiane, non si associa ad alcun significativo rischio di patologia e possa contribuire all’apporto di alcuni componenti rilevanti del pattern alimentare complessivo. Lo stesso discorso vale a livello ambientale dove il comparto zootecnico, in particolare quello bovino, è considerato il maggiore a impatto climalterante e azotato nell’ambito delle filiere agro-alimentari ma, per quanto riguarda l’Italia (dati Ispra), le emissioni riferite a tutta la zootecnia sono al 5,9%, di cui solo il 3,5% è rappresentato dalle carni (esclusi latte e uova), contro il 14,5% su scala mondiale (dati FAO). In Italia, allo stesso modo, si utilizza per la produzione di carne il 25% d’acqua in meno rispetto alla media mondiale, con un notevole impatto positivo per l’ambiente. A livello complessivo, dunque, l’intero settore delle carni italiano (bovino, avicolo e suino) impiega per l’80-90% risorse idriche che fanno parte del naturale ciclo dell’acqua e che sono restituite all’ambiente come l’acqua piovana, mentre il 10-20% dell’acqua necessaria per produrre un chilo di carne viene effettivamente consumata. Infine, una dimensione non trascurabile dell’impatto economico e ambientale di queste filiere è quello del contributo che esse forniscono, sia pure indirettamente, alla fertilizzazione azotata dei campi oltre che al recupero dei residui carboniosi dei reflui sotto forma di fonti di energetiche rinnovabili (biogas e biometano). Il convegno ha visto la partecipazione di numerosi esperti del settore, professori universitari delle università di Bologna, Cattolica del Sacro Cuore, Sassari e Bari, rappresentanti della Società Italiana di Nutraceutica e della Nutrition Foundation of Italy.