Addio al Cavaliere.Per Fi incognita Marta-Marina. E spunta Cairo
Addio al Cavaliere.Per Fi incognita Marta-Marina. E spunta CairoMilano, 14 giu. (askanews) – La regia by Mediaset è enfatica quanto basta, la cerimonia senza fronzoli. Si potrebbe dire quasi sobria, se non si stesse parlando dell’ultimo saluto a Silvio Berlusconi, l’uomo con più eccessi e imprevedibilità che la politica italiana della Seconda Repubblica potesse immaginare. Il funerale è forse la cosa della sua vita che meno somiglia all’istrionico ex presidente del Consiglio. Il colore, soprattutto il rossonero dei tifosi milanisti, resta fuori, nel sagrato antistante il Duomo, super transennato e super sorvegliato.
Dentro, dove può entrare solo chi è accreditato, c’è soprattutto il nero del lutto e il grigio di certi abiti e di certe personalità che non avendo assegnazione nominale del posto, provano a conquistare il banco più avanzato anche a costo di occupare file destinate ad altri. E’ un ricco sottobosco in cui si cela buona parte del mondo berlusconiano che fu, ex ministri, potenti di un tempo di cui in alcuni casi ora si fa fatica a ricordare il nome. Non le prime file, lì il cerimoniale è rigido e seguito con scrupolo. Da un lato la famiglia, i figli, gli eredi dell’impero finanziario, e i volti che di quel mondo sono il simbolo, come Maria De Filippi o Silvia Toffanin, che è anche moglie di Piersilvio. Dall’altro la politica, il regno in cui Berlusconi invece di eredi non ne ha voluti lasciare, ma dove in tanti devono a lui la loro carriera. C’è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente del Senato, Ignazio La Russa e della Camera Lorenzo Fontana, ci sono i due vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani. C’è, soprattutto, il capo dello Stato, Sergio Mattarella, il cui arrivo viene accolto con un applauso.
In mezzo, tra l’una e l’altra navata, si materializza però la grande incognita del futuro che riguarda Forza Italia ma che potrebbe incrociare anche il destino delle aziende. Ci sono tante delle donne della sua vita: Veronica Lario, seduta in seconda fila, Francesca Pascale che, a differenza di altri dichiaratori seriali presenti al funerale, dice soltanto che in una giornata come questa non c’è alternativa al silenzio. Ma gli occhi sono puntati su due donne in particolare, sedute una accanto all’altra in prima fila: Marta Fascina e Marina, l’una che piange a più riprese e fissa il feretro, l’altra che le tiene la mano. Di certo, l’immagine di loro due affiancate e strette nel dolore è una delle più forti e simboliche di questa giornata.
Ma per gli orfani di Berlusconi, quelli che adesso si chiedono soprattutto che fine farà la loro carriera parlamentare, quell’istantanea porta con sé una serie di domande: Che ruolo avranno ora? La primogenita continuerà a tenere in vita il partito? Economicamente almeno, perché su un impegno politico in prima persona ha già deciso tempo fa. E la quasi moglie ora si farà garbatamente da parte dopo aver assolto al suo compito di compagna fino all’ultimo respiro oppure proverà ad allungare la sua ombra sulle sorti di un partito che ora teme di avere davanti a sé solo il rischio della dissoluzione o dell’annessione in una sorta di Pdl 2.0? Il tentativo, che sarà affidato ad Antonio Tajani, sarà – per un accordo preso tra la stessa Marina e Giorgia Meloni – quello di tenere in vita il partito fino alle Europee sperando che superi la soglia del 4% anche senza il suo padre e padrone. Ma perché questa pax si mantenga è necessario che si mettano da parte le faide che hanno segnato Forza Italia negli ultimi mesi di Berlusconi. La minoranza, quella dei cosiddetti ronzulliani, si aspetta che ci sia una gestione equilibrata del potere, di certo non blitz come quelli che hanno portato a fine marzo alla defenestrazione di Alessandro Cattaneo da capogruppo alla Camera. Ma i dieci mesi che separano questo momento dalle elezioni per Strasburgo sono tanti, un’era geologica in una polveriera come Forza Italia. Passato il momento del lutto e del rispetto c’è già chi si chiede se non ci possa essere un nuovo re all’orizzonte.
Il nome che comincia a circolare è quello di Urbano Cairo, che in questi giorni si è fatto notare per la generosità con cui ha ricordato di essere “allievo” di Berlusconi e la voglia di raccontare di averlo incontrato ben tre volte a gennaio. Il particolare che non riferisce è di essere stato a un passo dal comprare ‘Il Giornale’, uno dei simboli dell’impero mediatico al servizio dell’impegno politico, alla fine passato nelle mani degli Angelucci. E, poi, ci sono quelle voci di un interessamento addirittura nei confronti di Mediaset. Se tutto ciò è davvero prodromico a una ‘discesa’ nell’agone politico al momento non è dato sapere. Di certo, resta agli atti la lunghissima chiacchierata avuta al termine della cerimonia dallo stesso Cairo con Licia Ronzulli. E, per quello che vale, anche la risposta di un’ esponente della minoranza: “Lui in campo? Magari”.